I Racconti di Leonardo Sinisgalli negli Oscar Moderni Mondadori

Dopo l’uscita del Furor Mathematicus lo scorso 8 ottobre, tornano in libreria dal 14 gennaio anche i Racconti di Leonardo Sinisgalli, nel volume a cura, e con un saggio introduttivo, di Silvio Ramat dell’Università di Pavia, per gli Oscar Moderni Mondadori. Nel volume confluiscono le raccolte mondadoriane Belliboschi del 1979 (che include Fiori pari, fiori dispari del 1945) e Un disegno di Scipione e altri racconti del 1975, vincitore del Premio Basilicata. “Racconti di memoria, in cui l’elemento autobiografico – si legge in una nota della Fondazione Sinisgalli - emerge a partire dall’infanzia nella sua terra, Montemurro, in Lucania, di cui Sinisgalli tratteggia scorci di luoghi, volti di persone, storie a metà fra il realismo e l’onirico, in un dialogo costante fra mondo dei vivi e dei morti. Una terra che è fonte primigenia della sua ispirazione e da cui dovrà malinconicamente distaccarsi per proseguire gli studi – «Io dico qualche volta per celia che sono morto a nove anni, dico a voi amici che il ponte sull’Agri crollò un’ora dopo il nostro transito», scrive in Fiori pari, fiori dispari. Ritornano quindi i ricordi degli anni del collegio, prima a Caserta poi a Benevento, e poi quelli legati ai luoghi - primi fra tutti Roma e Milano -, abitati durate gli studi universitari, per lavoro o per obblighi militari, alle amicizie e agli amori, in un fecondo e copioso interscambio tra poesia e prosa”.

“Il Sinisgalli prosatore, o meglio narratore – prosegue la nota - , non è in antagonismo con il Sinisgalli poeta, forse maggiormente conosciuto. L’autobiografia e la memoria personale compaiono oltre che nelle sue prose scientifiche, si pensi al Furor Mathematicus, anche nei suoi disegni. Sulla copertina dei Racconti campeggia un disegno "La casa con l'orto delle zucche" (1978, pastello e inchiostro, 24 x 33 cm) realizzato nel suo borgo, a riprova della grande originalità del nostro Leonardo Novecentesco. Il volume dei Racconti è il secondo della trilogia voluta dalla Fondazione Leonardo Sinisgalli di Montemurro per restituire a studiosi e appassionati le opere del poeta-ingegnere. A completamento del progetto editoriale entro marzo prossimo, usciranno Tutte le poesie, sempre per Mondadori, a cura di Franco Vitelli dell’Università di Bari”.  

Libia, l’incontro tra Conte ed Erdogan ad Ankara

Il 19 gennaio 2020 ci sarà un vertice a Berlino a cui parteciperanno entrambi insieme a Vladimir Putin e agli attori libici.

Il presidente del Consiglio italiano Giuseppe Conte ha incontrato ad Ankara, il capo di Stato turco Recep Tayyip Erdogan per discutere della situazione in Libia. Uno dei punti centrali del meeting è stato proprio l’incontro di Mosca tra i due leader libici Fayez al-Sarraj e Khalifa Haftar che dovrebbero firmare una tregua. «Mi auguro che si arrivi al più presto al cessate il fuoco permanente», ha detto Erdogan. Una posizione condivisa anche dal premier Conte che però ha mostrato una maggiore preoccupazione: «Il cessate il fuoco può risultare una misura molto precaria se non inserito in uno sforzo della comunità internazionale per garantire stabilità alla Libia».

IL VERTICE DI BERLINO DEL 19 GENNAIO

Proprio per questo, il primo ministro italiano e il capo di Stato turco hanno annunciato che il 19 gennaio 2020 ci sarà un vertice a Berlino a cui parteciperanno entrambi insieme al presidente della Federazione russa Vladimir Putin. Ma non solo. Conte ha aggiunto che in Germania «ci saranno anche gli attori libici: non è possibile parlare di Libia se non ci sarà un approccio inclusivo. Qui si tratta di un processo politico». E, a proposito di “processo politico”, il presidente del Consiglio ha sottolineato che l’Italia sostiene per la Libia il «percorso già disegnato sotto egida Onu».

L’APPELLO DI CONTE AI CITTADINI LIBICI

Al termine del meeting con Erdogan, il presidente del Consiglio Conte ha fatto un appello a tutti i cittadini che vivono il Libia: «Ogni giorno con ogni comportamento che assumono decidono del loro futuro, se ne vogliono uno di prosperità e benessere e vogliono aprirsi alla piena vita democratica troveranno sempre nell’Italia un alleato, perché non mira a interferenze che possano condizionare uno scenario futuro di piena autonomia e stabilità».

ERDOGAN: «L’ITALIA È UN PARTNER STRATEGICO E ALLEATO»

Durante l’incontro con Conte, Erdogan non ha parlato solo di Libia. Il capo di Stato turco, infatti, si è anche augurato «che questa visita intensifichi i nostri rapporti. Quest’anno terremo un vertice intergovernativo, non ne facciamo uno dal 2012. L’Italia è il terzo partner della Turchia per quanto riguarda le esportazioni ed il quinto per le importazioni. Abbiamo raggiunto un interscambio di 20 miliardi di dollari. Siamo contenti ma questo volume di affari non ci basta: precedentemente avevamo fissato l’obiettivo di 30 miliardi di dollari». Erdogan, poi, ha parlato anche di calcio: «Italia e Turchia giocheranno la partita inaugurale dell’Europeo di calcio 2020. Sono già d’accordo con il premier Conte che la guarderemo insieme».

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Tutte le nomination agli Oscar 2020

Joker è il film con maggiori candidature. A sorpresa escluso Robert De Niro anche se The Irishman conquista nove papabili piazzamenti.

Il 9 febbraio il Dolby Theatre di Hollywood si appresta a ospitare la cerimonia di premiazione degli Oscar edizione 2020. In vista di uno degli eventi più attesi del mondo, l’Academy ha reso note nella giornata di lunedì 13 gennaio le nomination per il conseguimento della prestigiosa statuetta. di film, registi e attori candidati a una statuetta. Joker, il film di Todd Phillips con Joaquin Phoenix nei panni del rivale di Batman, è stato candidato a 11 statuette. Segue con 10 C’era una volta Hollywood di Quentin Tarantino e The Irishman di Martin Scorsese con nove nomination. Ma non sono mancate nemmeno le sorprese. Come ad esempio l’assenza di Robert De Niro tra i papabili vincitori di una statuetta o le sei candidature per 1917.

LE NOMINATION AGLI OSCAR 2020

Miglior film
1917
The Irishman
Piccole donne
Jojo Rabbit
Joker
Storia di un matrimonio
C’era una volta… a Hollywood
Parasite
Le Mans 66 – La grande sfida

Miglior attore protagonista
Joaquin Phoenix – Joker
Adam Driver – Storia di un matrimonio
Leonardo DiCaprio – C’era una volta… a Hollywood
Jonathan Pryce – I due papi
Antonio Banderas – Dolor y Gloria

Miglior regia
Martin Scorsese – The Irishman
Sam Mendes – 1917
Quentin Tarantino –  C’era una volta… a Hollywood
Bon Joon Ho – Parasite
Todd Phillips – Joker

Miglior attrice protagonista
Scarlett Johansson – Storia di un matrimonio
Saorsie Ronan – Piccole donne
Charlize Theron – Bombshell
Renee Zellweger – Judy
Cynthia Erivo – Harriett

Miglior attore non protagonista
Tom Hanks – Un amico straordinario
Anthony Hopkins – I due papi
Al Pacino – The Irishman
Joe Pesci – The Irishman
Brad Pitt – C’era una volta… a Hollywood

Miglior attrice non protagonista
Laura Dern – Storia di un matrimonio
Scarlett Johansson – Jojo Rabbit
Margot Robbie – Bombshell
Kathy Bathes – Richard Jewell
Florence Pugh – Piccole donne

Miglior sceneggiatura originale
C’era una volta… a Hollywood
Storia di un matrimonio
Parasite
Cena con delitto – Knives Out
1917

Miglior sceneggiatura non originale
Jojo Rabbit
Joker
Piccole donne
The Irishman
I due papi

Miglior film di animazione
Dov’è il mio corpo?
Klaus
Dragon Trainer – Il mondo nascosto
Toy Story 4
Missing Link

Migliore film straniero
Les Misérables (Francia)
Honeyland (Macedonia del Nord)
Corpus Christi (Polonia)
Parasite (Corea del Sud)
Dolor y Gloria (Spagna)

Miglior documentario
American Factory
The Cave
The Edge of Democracy
For Sama
Honeyland

Miglior cortometraggio documentario
In the Absence
Learning to Skateboard in a Warzone (Id You’re a Girl)
Life Overtakes Me
St. Louis Superman
Walk Run Cha-Cha

Miglior cortometraggio
Brotherhood
Nefta Football Club
The Neighbor’s Widow
Saria
A Sister

Miglior cortometraggio animato
Dcera
Hair Love
Kitbull
Memorable
Sister

Migliore colonna sonora
Joker
Piccole Donne
Storia di un matrimonio
1917
Star Wars: L’ascesa di Skywalker

Migliore canzone originale
“I’m standing With You” da Atto di fede
“Into the Unknown” da Frozen II – Il segreto di Arendelle
“Stand Up” da Harriet
“(I’m Gonna) Love Me Again” da Rocketman
“I Can’t Let You Throw Yourself Away” da Toy Story 4

Miglior fotografia
1917
C’era una volta… a Hollywood
Joker
The Irishman
The Lighthouse

Miglior effetti speciali (“visual effects”)
Avengers: Endgame
The Irishman
Il re leone
1917
Star Wars: L’ascesa di Skywalker

Miglior trucco e acconciature
Bombshell
Joker
Judy
Maleficent – Signora del Male
1917

Migliore scenografia
The Irishman
1917
C’era una volta… a Hollywood
Parasite
Jojo Rabbit

Migliori costumi
Joker
Piccole donne
C’era una volta… a Hollywood
The Irishman
Jojo Rabbit

Miglior montaggio
Le Mans 66 – La grande sfida
The Irishman
Parasite
Jojo Rabbit
Joker

Miglior sonoro (“sound editing”)
1917
Le Mans 66 – La grande sfida
Joker
C’era una volta… a Hollywood
Star Wars: L’ascesa di Skywalker

Miglior montaggio sonoro (“sound mixing”)
1917
Le Mans 66 – La grande sfida
Joker
C’era una volta… a Hollywood
Ad Astra

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Per i Sussex strappo anche nella comunicazione

Da qualche mese Meghan e Harry si sono affidati alla Sunshine Sachs. Società statunitense che tra i suoi clienti ha Di Caprio, la famiglia Jackson e Jennifer Lopez. Ed è esperta in crisi di immagine.

La scissione da Buckingham Palace è ormai compiuta: Harry e Meghan, i duchi del Sussex, sono pronti a trasferirsi dall’altra parte dell’Atlantico verso – dicono – la libertà economica. E pure la comunicazione.

Il divorzio dalla Corona è stato uno strappo impegnativo da gestire anche per la 93enne Elisabetta II a cui i due, sposati nel 2018 e genitori di Archie (un anno il prossimo maggio), hanno comunque assicurato «continuo sostegno».

Ma anche per William, il fratello maggiore di Harry e secondo in linea di successione al trono dopo Carlo. In una intervista al Sunday Times il duca di Cambridge ha vuotato il sacco: «Ho tenuto il braccio sulle spalle di mio fratello per tutta la vita», ha detto, «adesso non posso più farlo, siamo entità separate».

LA BATTAGLIA CONTRO I TABLOID E L’ADDIO AL ROTA ROYAL

La rottura con The Firm (la Corona) – resta da capire se si tratterà di una soft o di una hard Megxit – segue quella con la stampa britannica su cui pesa ancora lo spettro della morte di Lady D. Non è un caso che Harry abbia combattuto l’insistenza dei tabloid sulla moglie: prima a parole e poi in tribunale. A ottobre è arrivato l’annuncio dell’azione legale della coppia contro il Sun, il Daily Mirror e il domenicale del Mail: accusati rispettivamente di hackeraggio telefonico, pubblicazione di audio privati e di una lettera scritta da Meghan a suo padre.

LEGGI ANCHE: La strana rivoluzione di Meghan e Harry

Una battaglia solitaria, seppur nei ranghi della Casa Reale, in linea con l’altra decisione, arrivata ora: l’addio al Rota Royal. Si tratta del sistema che da 40 anni gestisce le immagini, le dichiarazioni e la copertura di eventi di tutti i membri dei Windsor.

Una battaglia solitaria, seppur nei ranghi della Casa Reale, in linea con l’altra decisione, arrivata ora: l’addio al Rota Royal. Si tratta del sistema che da 40 anni gestisce le immagini, le dichiarazioni e la copertura di eventi di tutti i membri dei Windsor.

LEGGI ANCHE: I reprobi della Royal Family, da Edoardo VIII a oggi

Nel circuito ci sono le principali testate britanniche (tra cui quelle accusate di scorrettezze) che poi a loro volta condividono il materiale con altri media internazionali. Ebbene, questo è il punto. I due credono in «un’industria dei media libera, forte e aperta, che sostiene l’accuratezza e favorisce l’inclusione, la diversità e la tolleranza». Ma, spesso – sostengono – le cronache dei corrispondenti accreditati sono state manipolate, con un effetto altoparlante globale.

IL RAPPORTO DIRETTO CON IL PUBBLICO

I duchi hanno già la soluzione: ed è il fai-da-te. L’obiettivo dichiarato è il filo diretto – in sintonia con la connessione no stop – con il pubblico. Senza i filtri dei protocolli reali, e senza l’esclusiva con il Rota che imponeva di fatto lo stop alla diffusione di qualsiasi contenuto in modo autonomo. E infatti anche l’addio è stato pubblicato come messaggio personale sul loro sito web ufficiale Sussexroyal.com rilanciato subito sull’omonimo account Instagram (certificato) con quasi 11 milioni di follower.

Ad accompagnare le parole sul sito la loro foto mano nella mano, sguardo complice di lui verso lei, entrambi in movimento. Avanti, verso il futuro. Le pose si ripetono simili in altri contesti: boschi, incontri di beneficenza e viaggi nei Paesi del Commonwealth. Colori tenui, grafica semplice ed elegante, tra le tre sezioni c’è spazio (ancora) per «Serving the monarchy», servire la monarchia. Come in qualsiasi sito di un’organizzazione o di una società c’è poi la sezione Faq, le domande frequenti. Soprattutto l’addio e le relazioni con i media. È qui che Harry e Meghan affermano di voler coinvolgere giovani giornalisti esordienti, di voler diversificare la copertura degli eventi in cui sono protagonisti, ancora con «cronache obiettive». Rivendicando la gestione dei canali social, travolti in pochi giorni dai meme e i post a tema. Twitter, su tutti, è stato invaso dagli hashtag #HarryandMeghan e #Megxit.

Il matrimonio di Harry e Meghan, il 19 maggio 2018 (Getty Images).

L’AIUTO DELLA SUNSHINE SACHS

Ovviamente non sono soli. Da settembre la coppia si è affidata per la comunicazione a una prestigiosa agenzia americana, la Sunshine Sachs con sedi a New York, Washington e ovviamente Los Angeles che deve il suo nome all’omonimo fondatore, Ken, ora 71enne, amico dei Clinton. Una vecchia conoscenza di Meghan che all’agenzia aveva affidato già in passato la sua immagine, quando era protagonista della serie Suits. Nel portfolio dell’agenzia più vip che politici o celebrità. Da Naomi Campbell a Leonardo Di Caprio, da Jennifer Lopez alla famiglia di Michael Jackson. Non una scelta qualsiasi: perché il Pr (e il suo staff di professionisti) è esperto nell’affrontare crisi di immagine ed è conosciuto per le sue strategie aggressive. Più che utilizzare i media, il patron aveva più volte dichiarato che si possono anche «colpire». Ufficialmente la Sunshine Sachs si occupa di pubblicizzare le attività benefiche dei Sussex in Usa, ma pare abbia anche seguito per Meghan la direzione della September Issue di British Vogue: iniziativa che era stata bollata nel Regno Unito come troppo hollywoodiana.

LE ACCUSE DI AVER MODIFICATO WIKIPEDIA

Ma non è finita qui. Nel 2015 la squadra della Sunshine era stata accusata di aver modificato Wikipedia in modo scorretto. Qualche manina aveva ripulito le voci dei clienti da qualche macchia o fatto da nascondere. Uno stile apparentemente distante da quello dei duchi di Sussex, almeno finora.

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Revoca concessione Autostrade, Zingaretti: «Si decida sulla base del merito»

Il segretario del Pd torna sul tema caro al M5s. Toti attacca il governo: «Il Mit è assente da tanto tempo: nessuno controlla».

Il governo è ancora diviso sulla revoca della concessione ad autostrade. Se il Movimento 5 stelle è compatto sul “sì” ed Italia viva sul “no”, il Pd non ha ancora preso una posizione netta. Il segretario Nicola Zingaretti, dall’Abbazia di San Pastore nel Reatino, dove si svolge una due giorni dem con ministri e parlamentari in vista della verifica di governo, ha dichiarato: «il governo, Conte e i ministri approfondiscano questo argomento e poi si decida sulla base del merito. In uno Stato di diritto si fa così».

TOTI ATTACCA IL GOVERNO: «AUTOSTRADE? IL MIT È ASSENTE DA TANTO TEMPO»

Intanto, sempre sullo stesso argomento, il presidente della regione Liguria Giovanni Toti ha detto la sua: «Vedo che continua un dibattito sul ritiro della concessione a Aspi sì, ritiro della concessione, ad Aspi ritiro no. Mi permetto di sottolineare che a Bergamo è caduto un altro calcinaccio da una galleria e non mi pare fosse in concessione, era gestita da Anas. Se si tolgono le concessioni, vorrei capire: chi gestisce le autostrade? Mi sembra – ha aggiunto Toti – che il governo annaspi senza dare delle risposte. Se ci sono le condizioni, si ritirino le concessioni, ma ieri è crollato qualcosa anche in una galleria di Anas e alcune persone sono morte lungo la strada statale per Lecco perché è crollato un ponte di Anas. Il presidente della Liguria ha anche attaccato il governo, in particolare il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti: «Finora le concessionarie autostradali si sono auto-controllate per un lunghissimo periodo di tempo ma nessuno al Mit ha controllato. Già a ottobre – ha continuato Toti – avevo chiesto alla Direzione generale delle concessioni del Mit di avere notizie sulla situazione della gallerie in Liguria e francamente nessuno mi ha risposto. In Liguria dei controlli se ne sta facendo carico la Procura, che però non è un organismo ispettivo del Governo. Il Ministero è assente da tanto tempo».

BUFFAGNI ATTACCA AUTOSTRADE: «NON SI PUÒ FARE CASSA SULLA SICUREZZA DEI CITTADINI»

Anche il governo è intervenuto sull’ipotesi di revoca della concessione ad autostrade. «Queste persone – ha detto il vice ministro allo Sviluppo economico, Stefano Buffagni – hanno gestito talmente male l’azienda che un ponte è caduto. Le responsabilità verranno accettate dalla magistratura ai fini penali, ma ai fini manageriali e gestionali credo che il problema sia conclamato. Un governo serio come il nostro, indipendentemente dal partner con cui stiamo al governo, deve garantire che i cittadini possano viaggiare sicuri perché paghiamo una marea di soldi di autostrade che, secondo noi sono sovradimensionati. A me interessa che questa azienda che ha una concessione pubblica, o chiunque la avrà, garantisca la sicurezza. Non si può fare cassa sulla sicurezza dei cittadini».

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La Perla, c’è l’accordo sulla cassa integrazione sino al 31 ottobre

L'intesa raggiunta riguarda 65 dipendenti. L'ammortizzatore sociale permetterà ai lavoratori una copertura sino quasi alla fine del corrente anno.

È stato raggiunto al ministero del Lavoro l’accordo per la prosecuzione del trattamento di Cassa Integrazione Straordinaria fino al 31 ottobre 2020 per i dipendenti di La Perla Global Management UK Limited. L’ammortizzatore sociale è stato rinnovato «senza soluzione di continuità, fino a concorrenza dei 12 mesi concedibili». In considerazione della cessazione di attività, i lavoratori sono sospesi a zero ore senza rotazione, come stabilito dal precedente tavolo.

CHI COLPISCE LA CASSA INTEGRAZIONE

L’intesa raggiunta riguarda in tutto 65 dipendenti: 58 per La Perla Manufacturing srl, operativi nelle linee «uomo» e «ready to wear», e sette per La Perla Global Management UK Limited, impegnati soltanto nella «ready to wear». L’Agenzia Regionale per il Lavoro dell’Emilia-Romagna, nell’impossibilità di essere presente all’incontro di oggi, ha inviato una nota ufficiale in cui ha confermato gli impegni già assunti il 30 ottobre scorso riguardo le misure di «politiche attive legate all’attivazione dell’ammortizzatore sociale».

DI COSA SI OCCUPA LA PERLA

La Perla è un’azienda italiana attiva nella moda di lusso, fondata nel 1954 a Bologna dalla sarta Ada Masotti. Storicamente è nata come un marchio di lingerie e in seguito è entrata nei settori dei costumi da bagno, della biancheria da notte, del prêt-à-porter e accessori.

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Il 2020 sarà un anno pieno di incognite per il Medio Oriente

Iran, Libia, Iraq, Yemen, Egitto: molti Paesi sono in fibrillazione e vedono il ritorno del protagonismo della piazza. Ma la situazione, anche se è gravida di criticità, può aprire orizzonti di positività.

Se è vero che «il buon giorno si vede dal mattino», come recita il detto, il 2020 si prospetta gravido di incognite, non necessariamente gravide di criticità e anzi suscettibili di aprire orizzonti di positività. Non è cominciato bene per l’Iran questo 2020: ha perso un uomo che era un simbolo ma anche uno strumento di penetrazione politico-militare in Medio Oriente sotto le bandiere della rivoluzione islamica iraniana, dal Libano alla Siria all’Iraq a Gaza allo Yemen e ovunque vi fossero comunità sciite in terre a maggioranza sunnita.

Mi riferisco ovviamente a Soleimani, ucciso dal fuoco di droni acceso dal presidente degli Stati Uniti – un omicidio mirato come vengono chiamati asetticamente questi atti di guerra asimmetrici e di dubbia legittimabilità – per una serie di ragioni : di politica interna (l’attacco all’ambasciata Usa a Baghdad, l’uccisione di un combattente americano, l’impeachment) e di politica regionale (il rischio di apparire incapace di reagire a una serie di operazioni aggressive imputabili a Teheran e a suoi proxies come l’abbattimento di un drone americano, i missili sui siti petroliferi sauditi, etc.) e l’opportunità offerta del suo arrivo a Baghdad nelle vesti di un agitatore armato in casa altrui.

Mi riferisco alla clamorosa bugia degli 80 morti provocati dalla rappresaglia ordinata per dare una prima risposta all’omicidio di Soleimani messa a nudo dai servizi di diversi Paesi, in testa gli Usa naturalmente ma anche l’Iraq; bugia che non ha certo giovato all’immagine di determinazione, tempestività e forza che il regime degli Ayatollah intendeva valorizzare nel contesto regionale e oltre. Mi riferisco alle bugie usate per negare qualsivoglia responsabilità nell’abbattimento dell’aereo ucraino – con pesante bilancio di 176 vittime innocenti – e al rifiuto di consegnare la scatola nera che lo stesso regime ha dovuto in qualche modo ammettere seppure col condimento di un rinnovato attacco agli Usa.

A FEBBRAIO TEHERAN VA ALLE ELEZIONI POLITICHE

Penso che queste circostanze, al netto delle responsabilità dell’Amministrazione Trump, e non sono poche, abbiano sporcato l’immagine di un regime cui l’Europa guarda forse con un garbo non del tutto giustificato dai pur rilevanti suoi interessi economici e di sicurezza e dal rispetto della grandiosa storia di questo Paese. Immagine certo appannata sul piano internazionale. Il tutto in un contesto di grandi difficoltà interne, frutto in larga misura dal nodo scorsoio delle sanzioni Usa, che hanno provocato anche forti reazioni popolari represse nel sangue; contesti che in questi giorni si sono arricchite di sonore manifestazioni contro lo stesso Khomeini. Mentre il regime sembra incerto sul da farsi e privilegi, al momento, la logica del contenimento nella sgradevole attesa degli effetti delle nuove sanzioni di Trump. A febbraio sono previste le elezioni: saranno il primo termometro della situazione.

IN IRAQ AUMENTANO LE PROTEST ANTI USA E ANTI IRAN

L’altra incognita riguarda l’Iraq, dove un governo dimissionario fa la voce grossa con gli Usa ma fino a un certo punto visto che nel Paese e soprattutto nell’area sciita cresce la volontà di scrollarsi da dosso le influenze straniere, compresa quella iraniana oltre a quella americana, naturalmente. Le ultime mosse di Teheran non hanno favorito la sua pressione anti-americana su Baghdad e si attendono le determinazioni del presidente Barham Salih che ha rifiutato la nomina di Asaad al-Idani perché troppo ossequiente nei riguardi dei desiderata iraniani. Anche qui il Paese manifesta una diffusa aspettativa di recupero di una “identità irachena” al di là e al di sopra delle distinzioni settarie.

Un governo più rappresentativo delle principali componenti di questo Stato (sciiti, sunniti e curdi) potrebbe rimettere sui binari più costruttivi il futuro di questo Paese

Anche qui con un impressionante bilancio di vittime fra i protestatari mentre Washington non intende farsi mettere alla porta in un momento in cui il governo vigente deve cedere il passo e la minaccia del terrorismo è tutt’altro che superata. Un governo più rappresentativo delle principali componenti di questo Stato (sciiti, sunniti e curdi) potrebbe rimettere sui binari più costruttivi il futuro di questo Paese di nevralgica importanza per gli equilibri della regione e non solo per la sua ricchezza energetica. Ma sarà realistico ipotizzarlo?

LIBIA IN SUBBUGLIO E IL LAVORO PER UNA PACICAZIONE DIFFICILE

Il 2020 è iniziato in Libia con la minaccia di Haftar di sfondare nella capitale e liberarla della presenza dei terroristi, con ciò intendendo la Fratellanza musulmana, fermata dall’annuncio/ordine dl cessate il fuoco venuto da Putin ed Erdogan. Era prevedibile che questi due leader, attestati su posizioni contrapposte – Putin con Haftar (Tobruk) e Erdogan con Serraj (Tripoli) -, arrivassero a una tale intesa, evitando il rischio di un confronto militare che in realtà nessuno dei due voleva correre. Prevedibile pure che Haftar accettasse il cessate il fuoco all’ultimo giorno utile (il 12 gennaio) nell’evidente intento di marcare tutto il terreno conquistabile per poterlo capitalizzare, anche politicamente. Altrettanto prevedibile che lo stesso Haftar abbia minacciato una dura rappresaglia in caso di violazione della tregua (le poche sono apparentemente a lui addebitabili) e che Serraj abbia chiesto l’impossibile e cioè il ritiro del suo avversario che ovviamente non ne ha tenuto minimamente conto.

Intendiamoci, la tregua è la premessa per un’ipotesi di stabilizzazione-soluzione politica che è ancora lontana. È una sorta di parentesi che occorre riempire, auspicabilmente con la politica. Una politica che archivi l’esclusione proclamata da Haftar nei riguardi di una parte libica in ossequio ai suoi sponsor tra i quali stanno l’Egitto, che ha fatto della lotta contro l’Islam politico della Fratellanza musulmana la sua crociata, gli Emirati Arabi, l’Arabia saudita, la Francia, etc. e solo in parte la Russia. Una politica che escluda anche l’invadenza politica ed economica di una Turchia “ottomana”, che tra l’altro non sarebbe ben accolta neppure dai libici. Tutto ciò sullo sfondo di una sistemazione delle tessere sociali di un Paese che, prive del collante gheddafiano, sciolto nell’acido della sua uccisione nel 2011, si sono pericolosamente dissociate in assenza di un nuovo fattore collante. Mosca e Ankara, ancorché forti, non sono i risolutori veri e non tanto perché non siano affidabili quanto perché vi sono altri attori che debbono entrare nella partita. All’interno e all’esterno.

L’ITALIA DEVE RECUPERE IL SUO RUOLO IN MEDIO ORIENTE

Su questo sfondo conforta solo in parte il recupero di ruolo che l’attuale governo italiano sta tentando e che a mio giudizio non dev’essere contrastato dal tradizionale ricorso a un’autoflagellazione che rischia solo di appesantire la posta in gioco, che è politica, economica e di sicurezza. La Germania, con il vertice dell’Unione europea, è nostra importante compagna di viaggio e con l’ombrello delle Nazioni Unite sta lavorando ad una Conferenza internazionale che paradossalmente trova la sua forza proprio nella sua scelta di campo a favore della “soluzione politica”. Ma si corre ancora sul filo del rasoio.

In Medio oriente è tornato il protagonismo della piazza, pesantemente contrastato dal potere locale, ma che merita attenzione perché rappresenta una luce che l’Occidente dovrebbe sostenere

Il 2020 è iniziato anche nel segno di un nuovo protagonismo della “piazza” come si usa dire, in diversi Paesi del Medio Oriente, dall’Iraq al Libano all’Algeria e, carsicamente, anche in Egitto. Sono piazze diverse ma anche almeno tre punti in comune: la scelta della non violenza, la lotta alla corruzione e al mal governo, il recupero di un’identità nazionale liberata dal settarismo. Si tratta di un protagonismo embrionale, forse, e pesantemente contrastato dal potere locale, che merita attenzione perché rappresenta una luce che l’Occidente dovrebbe sostenere sgombrando il campo da ambigui e controproducenti paternalismi. Il 2020 si apre inoltre nell’incerta dinamica yemenita, nell’attesa delle prossime elezioni in Israele, nell’incipiente crisi governativa in Tunisia. Sarà comunque lo si voglia vedere un anno impegnativo.

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Nelle Filippine ha eruttato il vulcano Taal

Le autorità hanno disposto l'evacuazione totale nel raggio di 17 chilometri. Le ceneri hanno lambito anche la capitale Manila.

Mattina di paura nelle Filippine per l’attività del vulcano Taal. Alte colonne di cenere illuminate dai fulmini e strisce di lava hanno mostrato tutta la potenza distruttiva della natura.

Taal Volcano Timelapse

WATCH: Taal Volcano continues to spew a thick column of ash in this time lapse video at 1 p.m. as seen from Laurel Batangas, the ash cloud drifting towards Agoncilllo and Lemery. | via Raffy Tima/GMA NewsRELATED STORY: http://bit.ly/36PrU9h

Posted by GMA News on Monday, January 13, 2020

Le autorità filippine hanno attuato una evacuazione totale nel raggio di 17 chilometri e che ha coinvolto oltre mezzo milione di abitanti vicini alla capitale Manila. Le ceneri si sono spinte fino a 14 chilometri di distanza. Il vulcano è considerato dagli esperti tra i più pericolosi del mondo, a causa del gran numero di persone che vivono nelle sue immediate vicinanze.

DOVE SI TROVA IL VULCANO TAAL

Il vulcano Taal è situato in mezzo a un lago dell’isola di Luzon. Negli ultimi 450 anni ha registrato 34 eruzioni di cui l’ultima risale al 1977. L’eruzione più drammatica, che riguarda il Monta Pinatubo, risale al 19991 a circa cento chilometri a nord-ovest di Manila e che ha provocato la morte di oltre 800 persone. L’attività vulcanologica delle Filippine è molto elevata dato che si trovano sulla cosiddetta ‘cintura di fuoco’ del Pacifico. Qui le placche tettoniche entrano in collisione frequentemente e provocando terremoti e attività vulcaniche.

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Nomine Rai, l’ad Salini formalizza le proposte in vista del cda

Stefano Coletta alla guida di Ra1 e Intrattenimento prime time, Ludovico Di Meo alla direzione di Rai2, Cinema e serialità, mentre a Silvia Calandrelli tocca Rai3 e Cultura. Ecco tutti i nomi.

L’amministratore delegato della Rai Fabrizio Salini ha formalizzato le proposte di nomina dell’azienda, in vista del cda in programma per il 14 gennaio 2020. Stefano Coletta alla direzione di Rai1 e dell’Intrattenimento di prime time, Ludovico Di Meo alla guida di Rai2 e della direzione Cinema e serialità, Silvia Calandrelli a Rai3 e alla direzione Cultura, Franco Di Mare all’Intrattenimento del day time, Angelo Teodoli al Coordinamento generi, Duilio Giammaria ai Documentari, Eleonora Andreatta alla direzione Fiction, Luca Milano alla direzione Ragazzi.

LEGGI ANCHE: I veti incrociati tra M5s e Pd bloccano le nomine Rai

NEW FORMAT, APPROFONDIMENTO E DISTRIBUZIONE

Per i New Format si farà il job posting, mentre sarà assegnata in seguito la direzione Approfondimento. Alla guida della Distribuzione, altra figura chiave prevista dal piano industriale, sarà indicato Marcello Ciannamea.

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Libia, Haftar e Sarraj a Mosca per firmare la tregua

Il capo del governo libico di unità nazionale, Fayez al-Sarraj, e il suo rivale, il maresciallo Khalifa Haftar, uomo forte..

Il capo del governo libico di unità nazionale, Fayez al-Sarraj, e il suo rivale, il maresciallo Khalifa Haftar, uomo forte dell’est della Libia, sono attesi oggi a Mosca per firmare una tregua, sui termini del cessate il fuoco tra le loro truppe, entrato in vigore il 12 gennaio 2020. Dopo oltre nove mesi di micidiali combattimenti alle porte della capitale libica Tripoli, la firma di questo accordo (è l’obiettivo di Russia e Turchia) deve diventare un ulteriore passo per abbassare i toni del conflitto, scongiurandone un’ulteriore internazionalizzazione.

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NON È DETTO CHE HAFTAR E SARRAJ SI INCONTRINO DIRETTAMENTE

Ma non è detto che Haftar e Sarraj si incontreranno direttamente. Secondo quanto dichiarato dal capo del gruppo di contatto russo in Libia, Lev Dengov, i leader libici «avranno incontri separati con i funzionari russi e gli emissari della delegazione turca che sta collaborando con la Russia su questo tema. I rappresentanti degli Emirati Arabi Uniti e dell’Egitto saranno probabilmente presenti come osservatori ai colloqui».

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GLI ACCOMPAGNATORI DI HAFTAR E SARRAJ

I due leader libici non arriveranno in Russia da soli. Haftar, che ad aprile 2019 ha tentato senza successo di impadronirsi di Tripoli, sarà accompagnato dal suo alleato Aguila Salah, presidente del parlamento libico con base in Oriente. Assieme a Sarraj ci sarà invece Khaled al-Mechri, presidente del Consiglio di Stato. A Mosca sono attesi anche i ministri degli Esteri e della Difesa turchi, Mevlut Cavusoglu e Hulusi Akar.

MACRON A PUTIN: «CESSATE IL FUOCO SIA CREDIBILE, DUREVOLE E VERIFICABILE»

Dalla Francia arriva il primo commento sull’incontro tra Haftar e Sarraj a Mosca. Durante una chiamata con Vladimir Putin, il presidente Emmanuel Macron ha detto di volere che il cessate il fuoco in Libia sia «credibile, durevole e verificabile».

LA SITUAZIONE IN LIBIA

Il cessate il fuoco in Libia, richiesto da Russia e Turchia, è entrato in vigore alla mezzanotte del 12 gennaio 2020, con il plauso di Unione europea, Stati Uniti, Nazioni Unite e Lega Araba. La Libia, ricca di petrolio, è nel caos dall’autunno del 2011 quando fu rovesciato il regime di Muammar Gheddafi con una rivolta popolare, sostenuta da un intervento militare guidato da Francia, Regno Unito e Stati Uniti.

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Basilicata|Basilicataonline.com, Nicola Orsi, il manager che supporta Orsini nella corsa al dopo Boccia

Vicino a Cl e all'ex ministro Maurizio Lupi, è lui che ha convinto il numero uno di Federlegno Arredo a scendere in campo per la presidenza di Confindustria. Nonostante il tiepido supporto del suo territorio: l'Emilia-Romagna.

Si chiama Nicola Orsi ed è il direttore dei rapporti istituzionali, a livello nazionale come a livello comunitario, di FederlegnoArredo, l’associazione di categoria di cui è presidente Emanuele Orsini, uno dei candidati alla presidenza nazionale di Confindustria.

Vicino a Comunione e Liberazione Orsi è da sempre uomo dell’ex ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi (ex Forza Italia, ora deputato nel gruppo Misto, cui toccò di dimettersi da ministro per lo scandalo relativo a Ercole Incalza che coinvolse suo figlio), che l’ha voluto membro del Consiglio Generale di Fondazione Fiera Milano.

E anche segretario generale della fondazione di Lecco “Costruiamo il Futuro” che Lupi presiede e che ha come soci fondatori oltre 100 esponenti del mondo imprenditoriale, artigianale, culturale, liberi professionisti e amministratori della provincia di Lecco e di Monza e Brianza. 

L’INVENTORE DELLA CANDIDATURA DI ORSINI PER IL DOPO BOCCIA

Orsi è l’inventore della candidatura di Orsini alla successione di Vincenzo Boccia. È lui che ha convinto il suo presidente a mettersi in gioco, nonostante (ma dall’entourage dell’interessato si afferma il contrario) il tiepido supporto del suo territorio – l’Emilia-Romagna non ha ancora deciso su quale dei diversi candidati andare – spiegandogli che in tutti i casi avrebbe comunque guadagnato un posizionamento d’immagine molto più di quello che la presidenza di Federlegno (dal 2017) e il Salone del Mobile finora gli hanno dato. 

L’APPOGGIO DEL MONDO CIELLINO

Orsini, 46 anni, titolare di una piccola impresa, la Sistem Costruzioni di Solignano Nuovo in provincia di Modena, che progetta e realizza case e edifici in legno su misura, è molto supportato dal mondo ciellino. È grazie a esso, per esempio che a suo tempo ha avuto, unitamente al personale impegno di Fabrizio Palenzona, la nomina a vicepresidente – oggi è presidente – di Unicredit Leasing. 

Quello di cui si occupa la rubrica Corridoi lo dice il nome. Una pillola al giorno: notizie, rumors, indiscrezioni, scontri, retroscena su fatti e personaggi del potere.

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BASILICATA | www.basilicataonline.com,Guasto a Roma Termini: treni soppressi e ritardi fino a due ore

Sul sito web, Trenitalia ha spiegato che è «in corso la riprogrammazione dell'offerta commerciale». La situazione.

Il 13 gennaio 2020 è iniziato con gravi disagi per i pendolari. A causa di un guasto tra Orte e Roma Termini, infatti, alcuni treni sono stati soppressi, mentre altri stanno viaggiando con ritardi fino a due ore. Sul sito web di Trenitalia, alla pagina “Notizie infomobilità“, la società ha stilato un elenco di tutti i convogli coinvolti direttamente e ha specificato che è «in corso la riprogrammazione dell’offerta commerciale». Al momento, la circolazione allo scalo di Roma Termini è in graduale ripresa. Da questa mattina, informa Trenitalia, sono stati cancellati cinque treni. La situazione più delicata riguarda i convogli in arrivo a Termini.

I TRENI COINVOLTI

TRENI IN RITARDO

FR 9512 Napoli Centrale (5:45) – Milano Centrale (10:50)
FR 9501 Roma Termini (7:00) – Napoli Centrale (8:12)
FR 9610 Roma Termini (7:20) – Milano Centrale (10:35)
FR 9691 Roma Termini (7:25) – Napoli Centrale (8:33)
FB 35606 Roma Termini (6:57) – Torino Porta Nuova (13:40)
IC 703 Roma Termini (7:28) – Bari Centrale (14:00)
RV 3244 Roma Termini (7:05) – Fiumicino Aeroporto (7:37)
R 12226 Roma Termini (6:42) – Civitavecchia (8:04)
R 2379 Roma Termini (6:56) – Napoli Centrale (9:50)
R 7144 Roma Tuscolana (7:03) – Ladispoli-Cerveteri (7:52)
R 26260 Roma Termini (7:15) – Avezzano (9:47)

TRENI CANCELLATI

RV 3248 Roma Termini (7:50) – Fiumicino Aeroporto (8:22)
RV 3251 Fiumicino Aeroporto (8:38) – Roma Termini (9:10)
R 21984 Colleferro (7:37) – Roma Termini (8:34)
R 22844 Latina (8:10) – Roma Termini (8:54)
R 22845 Roma Termini (9:06) – Latina (9:50)

TRENI PARZIALMENTE CANCELLATI

IC 588/589 Roma Termini (10:22) – Trieste Centrale (18:37) : origine da Orte (11:02)
IC 533 Ancona (5:47) – Roma Termini (9:35): limitato a Orte (8:50)
RV 2305 Firenze Santa Maria Novella (6:40) – Roma Tiburtina (10:49): limitato a Chiusi Chianciano Terme (8:29)
RV 2308 Roma Termini (9:02) – Firenze Santa Maria Novella (12:50): origine da Chiusi Chianciano Terme (10:58)
R 7571 Viterbo Porta Fiorentina (6:50) – Roma Termini (8:27): limitato ad Orte (7:43)
R 7145 Ladispoli-Cerveteri (7:10) – Roma Termini (8:03): limitato a Roma Aurelia (7:33)
R 7147 Ladispoli-Cerveteri (7:37) – Roma Termini (8:33): limitato a Maccarese (7:49)
R 12234 Roma Termini (8:42) – Civitavecchia (9:59): origine da Roma Aurelia (9:08)

TRENI INSTRADATI SU PERCORSO ALTERNATIVO TRA ROMA TIBURTINA E ROMA PRENESTINA

FR 9308 Napoli Centrale (7:58) – Torino Porta Nuova (14:20)
FR 9520/9522 Salerno (6:51) – Milano Centrale (12:50)

TRENO INSTRADATO SU PERCORSO ALTERNATIVO TRA ROMA PRENESTINA E ROMA TIBURTINA

FR 9595/9597 Milano Centrale (5:10) – Salerno (11:27)
FR 9603 Milano Centrale (6:00) – Napoli Centrale (10:33)
FR 9511/9513 Milano Centrale (6:10) – Salerno (12:06)

TRENO INSTRADATO SU PERCORSO ALTERNATIVO VIA FORMIA, CON MAGGIO TEMPO DI PERCORRENZA FINO A 60 MINUTI

FR 19400/9414 Napoli Centrale (8:05) – Venezia Santa Lucia (13:34)

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BASILICATA | www.basilicataonline.com,Versamenti e restituzioni: i conti dei partiti

Con lo Spazzacorrotti le donazioni sono pubbliche. Anche quelle dei parlamentari. Ma tra polemiche, scissioni e cambi casacca non tutti sono puntuali con i pagamenti. E spesso si tratta di big: da Renzi a Bossi. Il Movimento 5 stelle ha chiuso l’anno con la polemica sulle restituzioni. Tra chi si è messo in regola all’ultimo istante e chi invece sarà sottoposto al giudizio dei probiviri, il tema tiene banco. «L’85% dei parlamentari è in regola con le restituzioni ai cittadini», hanno fatto sapere i capigruppo cinque stelle di Camera e Senato Davide Crippa e Gianluca Perilli, annunciando l’avvio dei procedimenti per chi non è in regola. Ma la questione non riguarda solo i pentastellati: anche gli altri partiti fanno spesso i conti con le somme che i parlamentari dovrebbero versare alle rispettive tesorerie. E talvolta in primo piano ci sono nomi di peso, come insegna la vicenda dell’ex presidente del Senato, Pietro Grasso, che si è scontrato con il Pd, suo ex partito: a fine 2017 l’allora tesoriere Francesco Bonifazi gli aveva fatto notificare un decreto ingiuntivo per recuperare oltre 80 mila euro. Ma ci sono esempi più recenti, da Matteo Renzi a Umberto Bossi.  LEGGI ANCHE: Le sfide del 2020 su cui il governo si gioca la sopravvivenza Lettera43.it ha infatti esaminato i documenti sui sostenitori delle forze politiche: con il cosiddetto Spazzacorrotti ogni partito deve pubblicare i nomi, parlamentari compresi, di chi fa una donazione maggiore di 500 euro. E qualsiasi partito chiede almeno quella cifra.

IL PD CHIEDE 1.500 EURO AL MESE

Le situazioni più critiche sono legate a strappi politici. Da quanto si legge sul sito del Pd, alla sezione “trasparenza“, Renzi ha fatto un solo versamento nel 2019: è di 6.500 euro e risale al 25 febbraio. Il Pd chiede ai suoi parlamentari di destinare alle casse del partito 1.500 euro al mese: l’ex presidente del Consiglio, almeno fino a novembre (e da quanto risulta sul file pubblico), ha quindi saldato poco più di quattro quote, nonostante fosse un esponente dem fino ad agosto. Nel documento, poi, il nome di Maria Elena Boschi ricorre una sola volta per un contributo, dell’11 settembre scorso, pari a 6 mila euro, un quadrimestre esatto. L’ex ministra ha però sempre ribadito di essere «in regola con i pagamenti».
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Matteo Renzi, leader di Italia viva.

ITALIA VIVA…GIÀ AD AGOSTO

Nell’agosto del 2019, quando Italia viva non era stata lanciata ufficialmente, Renzi ha versato 10 mila euro sul conto della nascente creatura politica. Anche Boschi, con due diverse donazioni (una da mille euro e un’altra da 500) ha dato un contributo di partenza a Iv per un totale di 1.500. Una quota che ha coperto un intero trimestre: il minimo di versamento richiesto dal partito renziano è infatti di 500 euro. Singolare è invece il caso accaduto con l’attuale viceministra dell’Istruzione, Anna Ascani: continua a destinare con precisione la sua quota al Pd, ma ad agosto ha optato per una doppia contribuzione. Una ai dem e un’altra, sempre da 1.500, proprio a Iv. Ascani è tra le renziane che hanno preferito non lasciare il Pd: così dall’estate scorsa non risultano altri versamenti a Italia viva.
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Matteo Salvini.

I CONTI DELLE DUE LEGHE

I parlamentari della Lega danno un sostegno importante: 3 mila euro. Cifra decisamente alta che, secondo quanto si è lasciato sfuggire il senatore Ugo Grassi (ex M5s), servirebbe «per contribuire alla progressiva restituzione dei 49 milioni di euro». Per risalire alle donazioni occorre consultare due diversi documenti: quello della Lega Nord e l’altro della Lega per Salvini Premier. Il vecchio Carroccio conta pochi aficionados tra i deputati e senatori: nei vari mesi ricorrono nomi di peso come l’ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti, il senatore di lungo corso, Roberto Calderoli, e l’ex sottosegretario all’Economia, Massimo Garavaglia. Sono loro, insieme a un altro sparuto gruppo di sostenitori, a rimpinguare le casse della vecchia Lega. Un’ampia maggioranza di leghisti, invece, contribuisce al rafforzamento economico del nuovo partito, quello tutto a trazione salviniana. In entrambi i casi, stando a quanto pubblicato ufficialmente sui siti, il leader storico, Umberto Bossi, non figura tra i contributori. C’è solo il suo omonimo, il senatore Simone Bossi.

LE DIFFICOLTÀ DI FORZA ITALIA

Da tempo Forza Italia è alle prese con ristrettezze economiche, tanto che il tesoriere, Alfredo Messina, ha dovuto far sentire la propria voce lo scorso anno. «Pagare è un obbligo morale, chi non paga deve capire che è un inadempiente, non si deve sentire un furbo», ha tuonato, spiegando di dover stare dietro a tutti per ottenere la quota mensile che nel caso degli azzurri ammonta a 900 euro al mese. Il documento sui contributi, che si ferma a novembre, riporta che l’ex ministro Renato Brunetta ha fatto un solo bonifico, ad aprile, di 3.600 euro, a copertura del primo quadrimestre. Plausibile che arrivi un altro maxi pagamento a saldo del resto, visto che predilige soluzioni “uniche”. Anche l’ex leader dell’Ugl ed ex presidente della Regione Lazio Renata Polverini è ferma al primo ottobre con un contributo che però ha coperto il mese di settembre, in cui non figurano versamenti. Il deputato Osvaldo Napoli ha invece dato il suo ultimo contributo il 30 luglio (per coprire agosto), mentre la collega a Montecitorio Daniela Ruffino è ferma al 27 giugno. Un altro deputato, Sestino Giacomoni, ha versato in totale per il 2019 solo due quote, entrambe a ottobre. Un quadro complicato per gli azzurri, che però fa in parte tirare un sospiro di sollievo: secondo Messina solo una parte residuale è indietro con i versamenti. Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it