Space Frontier, verso l’infinito con gli scarti vegetali

Vincitore assoluto dell’edizione 2023 del Premio Best Practices per l’Innovazione la startup napoletana che progetta e sviluppa sistemi di propulsione ibrida a emissioni zero. Ambizione e zero paura di fallire nelle parole dell’ad Tommaso De Angelis

Primi nella categoria Aerospazio e vincitori assoluti dell’edizione 2023 del Premio BPI di Confindustria Salerno: ci racconta in cosa consiste la vostra innovazione, qual è la vision e quali frontiere supera?

È stato un grande onore per noi poter partecipare al premio BPI, la concorrenza era di elevato livello e la giuria di grande spessore, per cui siamo davvero contenti di essere riusciti a vincere grazie alla nostra tecnologia di propulsione a razzo. Si tratta di un motore ibrido (liquido-solido) assolutamente non esplosivo e ad impatto zero di CO2, poiché utilizza scarti organici stampati in 3D come combustibile. Il nostro obiettivo è poter offrire soluzioni di propulsione sicure, efficienti, affidabili e 100% green in un mercato che sarà protagonista di una crescita vertiginosa nei prossimi anni. È assolutamente necessario, per non incorrere negli errori del passato, che gli impatti di questa crescita sul nostro pianeta siano sostenibili. Un sistema di propulsione non esplosivo, come il nostro, mitiga il rischio del lancio orbitale avendo, in aggiunta, le potenzialità per salvare vite umane. Purtroppo, lo spazio continua ad essere un business che non perdona.

Il team di Space Frontier

Perché lo spazio? Come ci siete arrivati?

È il grande pallino di Francesco Renzulli, l’ingegnere aerospaziale (giovanissimo) che ha costruito il primo prototipo funzionante e oggi nostro responsabile tecnico. Ci siamo incontrati quasi per caso al Fab Lab di Napoli; la sua idea e la sua determinazione ci hanno convinti e coinvolti. Dalla nostra abbiamo offerto il valore della nostra esperienza pregressa in ambito startup. Insieme abbiamo l’obiettivo di rendere lo spazio più accessibile al mercato privato, attraverso delle soluzioni tecnologiche a basso impatto e basso costo.

È un modello scalabile quello realizzato?

Certo. Poco dopo la vittoria del premio abbiamo deciso di premere il piede sull’acceleratore, utilizzando questa tecnologia come base per la costruzione del primo micro-lanciatore orbitale per satelliti non esplosivo e a emissioni zero. Siamo attivamente a lavoro per costruire dei motori più potenti, con l’obiettivo entro due anni di lanciare il nostro primo dimostratore tecnologico in volo suborbitale. In questa scelta audace abbiamo trovato il supporto di Volodymyr Usov, Co-founder di Kurs Orbital e di Orbit Boy ed ex presidente dell’Agenzia Spaziale Ucraina, del team di propulsione di Avio, dei nostri mentor di ASI ed ESA incontrati grazie a Takeoff, con i quali collaboriamo attivamente per lo scaling up della nostra tecnologia. A loro un immenso grazie. Continuano a darci il coraggio di osare.

Che tipo di ostacoli avete incontrato sul vostro percorso e come li avete superati?

Ci sono da un lato le difficoltà comuni a chiunque decida di fare azienda, legate principalmente alla validazione della propria idea, e dall’altro i problemi dell’accesso ai capitali. Per quanto riguarda le prime, credo che un buon imprenditore debba essere in grado di fare il meglio con le risorse che ha, ottenendo il massimo sapendo valutare oggettivamente il rischio.

Forti delle nostre esperienze precedenti (e – in qualche caso – dei fallimenti) abbiamo lavorato per minimizzare l’investimento al fine di validare la nostra tecnologia dal punto di vista scientifico. In due anni e con poche decine di migliaia di euro, siamo riusciti a costruire più prototipi funzionanti e raccogliere dati certi. Questo ci ha permesso di risolvere il secondo grande problema sopracitato di accesso ai capitali, reggendo il confronto con professionisti del settore e riuscendo a interessare un fondo come CDP al nostro progetto, che ha investito nella nostra realtà a metà maggio. Credo che a questi, si aggiungano alcuni temi propri dell’aerospazio e di chi in questo settore si occupa di propulsione o di hardware. È molto complesso accedere alle infrastrutture utili per testare le tecnologie. Ma siamo stati fortunati. Abbiamo un vicino di casa simpatico e molto disponibile, che come noi ha intrapreso un difficile ma visionario percorso nel settore dello spazio. Mattia Barbarossa, CEO e CTO di Sidereus, si è da subito dimostrato disponibile nel mettere a nostra disposizione le sue strutture per permetterci di migliorare. Non è da tutti, a lui va un sincero grazie da parte di tutto il nostro team.

Sembra un campo lontano per definizione ma l’economia dello Spazio che contributo può dare alla società?

In realtà lo spazio è da sempre molto vicino alla vita di tutti i giorni. Tutti da piccoli abbiamo avuto delle scarpe con il velcro, ad esempio. Questo materiale, prima di semplificare la vita di tanti genitori e bambini, veniva utilizzato dagli astronauti per fissare gli oggetti nelle cabine mentre si trovavano in orbita. Lo spazio è più che vicino. In futuro le principali infrastrutture di comunicazione e internet potrebbero essere trasferite in orbita, con enormi vantaggi in termini di efficienza e di costo per gli utenti finali.

Più in generale cosa serve e cosa manca al sistema innovativo italiano?

Sicuramente ciò che non manca sono i talenti. Quello che potrebbe migliorare è l’ecosistema in grado di valorizzarli, avvicinandoli all’imprenditoria. Nonostante i grandi passi avanti fatti negli ultimi anni, rimangono moltissime barriere per l’accesso al credito nelle prime fasi di attività. Un imprenditore che vuole utilizzare il debito come leva, oggi ha più probabilità di riuscirci con una pizzeria che con un progetto innovativo.

Progetti per il futuro?

Costruire il primo accesso allo spazio completamente italiano, a basso costo e impatto zero. L’importanza di questo settore dal punto di vista strategico è massima, e nei prossimi anni lo sviluppo di una tecnologia come la nostra potrebbe aiutare l’Italia ad acquisire un ruolo centrale.

Un passo alla volta, però. Prima ci concentreremo nel trovare nuovi finanziatori, uno spazio per i nostri test da chiamare casa, e nuove intelligenze per completare il nostro team. Professionisti ambiziosi senza la paura di fallire, come noi.

L'articolo Space Frontier, verso l’infinito con gli scarti vegetali proviene da Costozero, magazine di economia, finanza, politica imprenditoriale e tempo libero - Confindustria Salerno.

Serravalle: «L’innovazione è un lavoro di squadra»

Nell’edizione del Premio Best Practices per l’Innovazione di Confindustria Salerno di quest’anno coinvolto anche SRM, Centro Studi di Intesa Sanpaolo, che ha curato i paper scientifici utili per sapere come e dove investire risorse nei settori aerospazio, green e agritech. Un bilancio entusiasta nelle parole del project leader Francesco Serravalle 

 

Edizione 2023 del Premio Best Practices per l’Innovazione di Confindustria Salerno: in cosa si è distinta dalle precedenti?

Differente è stata quest’anno la premessa: nell’organizzare la competizione ci siamo messi alla ricerca delle opportunità inespresse, piuttosto che concentrarci sull’individuazione degli ostacoli. Innanzitutto, abbiamo spinto perché arrivasse in gara il meglio dell’innovazione già disponibile nelle 4 categorie scelte quest’anno, ovvero greentech, aerospazio, digitalizzazione e agritech.

Pertanto, degli oltre cento progetti rispondenti alla call, ne abbiamo selezionati 40 – 10 per ambito – capaci di rafforzare rapidamente la competitività e l’autonomia tecnologica dei settori di pertinenza, permettendo anche lo sviluppo di nuovi servizi e applicazioni a valle.

Abbiamo poi voluto ancor di più incoraggiare lo spirito di condivisione, elemento costitutivo del Premio Best Practices per l’Innovazione.

Diversamente dagli altri anni, infatti, nessuno dei 40 progetti in gara è stato presentato in modo isolato ma integrato in uno spazio tematico più ampio.

Francesco Serravalle, project leader Premio Best Practices per l’Innovazione di Confindustria Salerno

Il metodo della cross fertilization ha fatto sì che innovatori, investitori, big player, specialisti ed esperti dell’innovazione abbattessero gli steccati – che pure esistono tra le differenti discipline – per aprire, sconfinare e ragionare in termini sistemici e creare, di rimando, aumentato valore. Del resto i progetti sono per natura un’esperienza collettiva, la cui realizzazione ha effetti accrescitivi per una comunità, non certo per il singolo. Anche per questo abbiamo deciso di evidenziare lo stato di innovazione dell’aerospazio, filiera produttiva che riveste un ruolo strategico nel sistema economico-territoriale campano, rappresentando un elemento di sviluppo sia per insediamenti industriali, sia per l’elevato contenuto di innovazione tecnologica possibile anche grazie alla presenza di un’eccellente rete di ricerca scientifica e di alta formazione.

A proposito di ricerca scientifica di elevato valore, una delle novità più rilevanti è stato quest’anno il coinvolgimento di SRM, cui è stata affidata l’elaborazione di paper scientifici. Perché questa scelta?

Sempre in nome e in ragione del miglioramento del format complessivo e dei suoi esiti. Grazie al prestigioso contributo scientifico di SRM il Centro Studi del Gruppo Intesa Sanpaolo, partendo da un’analisi molto accurata dei bisogni di innovazione rilevati, i paper che presenteremo nelle prossime settimane – richiamando alcune innovazioni selezionate in questa edizione come esemplari – diranno con chiarezza come e dove investire risorse ed energie in 3 ambiti che avevano in gara: aerospazio, agritech, greentech. Risultanze da cui prendere le mosse per orientare e incidere significativamente sullo sviluppo dell’intero Paese.

Curiosità, competenza e confronto: quale di queste tre peculiarità interdipendenti ritiene venga accelerata dalla partecipazione a competizioni come il Premio BPI?

Si cresce senz’altro con la curiosità e con lo studio ma solo aprendo la propria azienda a pareri, posizioni e contributi esterni si migliora davvero. Il Premio Best Practices nel tempo ha consolidato un network con attori come università, startup, incubatori, banche, associazioni e istituti pubblici e privati, capace di creare un flusso di informazione e scambio costante, reciproco, continuo che consente di crescere. L’innovazione del resto è un lavoro di squadra e solo con la collaborazione e l’integrazione delle competenze tra soggetti diversi un progetto può avere futuro. L’appuntamento è alla prossima estate, con l’edizione numero 18.

L'articolo Serravalle: «L’innovazione è un lavoro di squadra» proviene da Costozero, magazine di economia, finanza, politica imprenditoriale e tempo libero - Confindustria Salerno.