In Piemonte voto di scambio con la ‘ndrangheta, arrestato l’assessore di Fdi Rosso

Responsabile dei diritti civili nella giunta di centrodestra, a lungo era stato parlamentare di Forza Italia. Eseguite altre sette misure di custodia cautelare.

Il blitz contro la ‘ndrangheta non si ferma e dopo la maxi operazione del 19 dicembre e gli arresti eseguiti in Valle D’Aosta, questa volta le indagini toccano il Piemonte. Roberto Rosso, assessore ai Diritti civili della Regione Piemonte, a lungo parlamentare di Forza Italia, per cui all’inizio degli anni ’90 è stato candidato sindaco di Torino, e ora in Fratelli d’Italia, è stato arrestato la mattina del 20 dicembre dalla guardia di di Finanza nell’ambito di un’inchiesta sulla ‘ndrangheta che ipotizza anche il voto di scambio.

ACCORDO CON I BOSS PER LE ULTIME ELEZIONI REGIONALI

Le accuse nei suoi confronti riguarderebbero le ultime elezioni regionali. «Secondo le risultanze delle indagini Roberto Rosso è sceso a patti con i mafiosi. E l’accordo ha avuto successo», ha detto Francesco Saluzzo, procuratore generale del Piemonte. Gli investigatori hanno documentato – anche con immagini – diversi incontri tra Rosso e alcuni presunti boss, tra cui Onofrio Garcea, esponente del clan Bonavota in Liguria, anche in piazza San Carlo a Torino. Oltre all’arresto di Rosso le Fiamme gialle hanno eseguito altre sette ordinanze di custodia cautelare e sequestri di beni nei confronti di soggetti legati alla ‘ndrangheta e operanti a Torino.

ALLONTANATO DAL PARTITO

Fratelli d’Italia, da parte sua, ha allontanato Rosso dal partito. Apprendiamo che stamattina è stato arrestato con l’accusa più infamante di tutte: voto di scambio politico-mafioso. Mi viene il voltastomaco», ha dichiarato Giorgia Meloni. «Mi auguro dal profondo del cuore che dimostri la sua innocenza, ma annuncio fin da ora che Fratelli d’Italia si costituirà parte civile nell’eventuale processo a suo carico. Ovviamente, fin quando questa vicenda non sarà chiarita, Rosso è da considerarsi ufficialmente fuori da Fdi».

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In Piemonte voto di scambio con la ‘ndrangheta, arrestato l’assessore di Fdi Rosso

Responsabile dei diritti civili nella giunta di centrodestra, a lungo era stato parlamentare di Forza Italia. Eseguite altre sette misure di custodia cautelare.

Il blitz contro la ‘ndrangheta non si ferma e dopo la maxi operazione del 19 dicembre e gli arresti eseguiti in Valle D’Aosta, questa volta le indagini toccano il Piemonte. Roberto Rosso, assessore ai Diritti civili della Regione Piemonte, a lungo parlamentare di Forza Italia, per cui all’inizio degli anni ’90 è stato candidato sindaco di Torino, e ora in Fratelli d’Italia, è stato arrestato la mattina del 20 dicembre dalla guardia di di Finanza nell’ambito di un’inchiesta sulla ‘ndrangheta che ipotizza anche il voto di scambio.

ACCORDO CON I BOSS PER LE ULTIME ELEZIONI REGIONALI

Le accuse nei suoi confronti riguarderebbero le ultime elezioni regionali. «Secondo le risultanze delle indagini Roberto Rosso è sceso a patti con i mafiosi. E l’accordo ha avuto successo», ha detto Francesco Saluzzo, procuratore generale del Piemonte. Gli investigatori hanno documentato – anche con immagini – diversi incontri tra Rosso e alcuni presunti boss, tra cui Onofrio Garcea, esponente del clan Bonavota in Liguria, anche in piazza San Carlo a Torino. Oltre all’arresto di Rosso le Fiamme gialle hanno eseguito altre sette ordinanze di custodia cautelare e sequestri di beni nei confronti di soggetti legati alla ‘ndrangheta e operanti a Torino.

ALLONTANATO DAL PARTITO

Fratelli d’Italia, da parte sua, ha allontanato Rosso dal partito. Apprendiamo che stamattina è stato arrestato con l’accusa più infamante di tutte: voto di scambio politico-mafioso. Mi viene il voltastomaco», ha dichiarato Giorgia Meloni. «Mi auguro dal profondo del cuore che dimostri la sua innocenza, ma annuncio fin da ora che Fratelli d’Italia si costituirà parte civile nell’eventuale processo a suo carico. Ovviamente, fin quando questa vicenda non sarà chiarita, Rosso è da considerarsi ufficialmente fuori da Fdi».

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Ambrosini paga i guai di Astaldi e deve lasciare Finpiemonte

L'avvocato coinvolto nel suo ruolo di commissario giudiziale nelle indagini sulla procedura di concordato preventivo del colosso delle costruzioni è stato messo alla porta da Cirio. Che per la presidenza della finanziaria regionale pensa a Ravanelli.

Costa caro a Torino l’essere finita sotto inchiesta a Roma. Parliamo di Stefano Ambrosini, il professionista piemontese che è stato coinvolto con l’accusa di corruzione, nel suo ruolo di commissario giudiziale del gruppo Astaldi, nelle indagini relative alla procedura di concordato preventivo della grande impresa di costruzioni, ora in procinto di essere salvata da Cdp nell’ambito del piano che la vede unirsi a Impregilo in Progetto Italia. Ambrosini sarà infatti costretto a lasciare la presidenza di Finpiemonte, la finanziaria della Regione. 

LEGGI ANCHE: Buia e Salini, la ministra De Micheli tra due fuochi

IL GOVERNATORE CIRIO STA PENSANDO A RAVANELLI

Il governatore Alberto Cirio gli ha brutalmente chiesto di farsi da parte e per accelerare le operazioni di uscita – il cda in programma alla fine della settimana prossima potrebbe essere l’occasione giusta – sta già pensando al successore. Si tratta dell’imprenditore novarese Fabio Ravanelli, attuale presidente di Confindustria Piemonte. Amministratore delegato della Mirato, azienda leader nel settore dei prodotti per l’igiene e la bellezza con marchi famosi come Intesa e Malizia, Ravanelli ha in curriculum una presenza nel cda del Banco Popolare, cosa che lo rende adatto a coniugare le esigenze delle imprese e quelle della banche, che è appunto il cup of tea di Finpiemonte, specie ora che sta smaltendo le scorie dello scandalo dei 50 milioni passati dalla Regione alla filiale Vontobel Bank per il quale tra poco inizia a Torino il processo contro l’allora presidente della finanziaria Fabrizio Gatti, di cui Ambrosini era sodale. 

IL PRIMO PESANTE STOP

Ed è proprio per colpa di un Gatti, questa volta di nome Corrado, attestatore di Astaldi accusato insieme allo stesso Ambrosini e a un altro commissario, Francesco Rocchi, per una parcella da 36 milioni di euro, che l’uomo a suo tempo scelto da Sergio Chiamparino è finito nei guai. Cinquantenne, figlio di un giudice costituzionale, avvocato rampante da 4 milioni di redditi personali annui e dalle decine di incarichi, già commissario straordinario di Alitalia e Tirrenia, e presidente di Veneto Banca per un breve periodo, per Ambrosini è arrivato un primo pesante stop.

Quello di cui si occupa la rubrica Corridoi lo dice il nome. Una pillola al giorno: notizie, rumors, indiscrezioni, scontri, retroscena su fatti e personaggi del potere.


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