Bach non brancola nel buio

Dall’amore per Sebastian, a cui si deve il linguaggio di tutta la musica che conosciamo, ai segreti dei suoi famosi dark concert. L’estroso maestro Cesare Picco si racconta a Roma InConTra.

La musica al buio. Quello vero, profondo, in cui neanche uno spiraglio di luce è concesso, dove le tenebre avvolgono tutto e tutti lasciando spazio solo al suono sprigionato dalle sapienti mani del maestro Cesare Picco.

È una dimensione affascinante quella che si vive nei Blind date – Concert in the Dark, che il compositore e improvvisatore classico porta in giro nei teatri di tutta Italia, valorizzando la melodia con il fascino imperscrutabile del buio. Tutto parte da regole precise, a cui il pubblico è conscio di doversi attenere: i primi minuti con una luce fioca che pian piano si spegne, fino a diventare per circa una mezz’ora buio assoluto, quello visibile – si fa per dire – solo nelle caverne o nelle profondità estreme del mare.

Ecco, è quello lo stadio in cui la musica viene espressa nella sua purezza, quasi viscerale, in cui lo spettatore viene calato in un’esperienza sensoriale autentica. Non per tutti, sia chiaro, sconsigliata agli apprensivi o chi soffre di attacchi di panico, ma adatta certamente a coloro che intendono affrontare attraverso il buio le proprie paure vivendo la musica per la musica, senza bisogno di altro.

CESARE PICCO, ARTISTA FUORI DAGLI SCHEMI

Una scelta originale, che rende Picco un artista fuori dagli schemi, oltre che un improvvisatore vero, con la barba da dandy, folta ma armonica, e la voce piena, corposa, forse modellata sulla qualità della musica che suona. A partire da quella di Joan Sebastian Bach, o solo Sebastian, come è intitolato il suo libro scritto per Rizzoli, presentato da Enrico Cisnetto a Roma InConTra. Bach per Picco è un riferimento imprescindibile, un genio, un supereroe, un’autentica rockstar, a cui l’intera musica, non solo quella classica, deve praticamente tutto.

Da sinistra, Enrico Cisnetto e Cesare Picco.

DOPO BACH TUTTA LA CONCEZIONE DELLA MUSICA È CAMBIATA

Bach, infatti, è il padre della codificazione del linguaggio del suono come lo conosciamo ora, su cui si basa la scrittura della musica. Un linguaggio quasi matematico, certamente frutto di uno sforzo sovraumano, realizzato in tempi in cui la musica veniva scritta per 18-20 ore al giorno, a orecchio, senza poter mettere le mani sullo strumento, senza l’ausilio di nessuna tecnologia e, nel caso di Bach, con la perdita graduale della vista, che lo rese cieco sin dalla giovane età. Eppure non esiste alcuna musica arrivata dopo Sebastian che non abbia fatto i conti con i codici da lui inventati, una sorta di dizionario di regole grammaticali che permettono di affrontare qualunque tipo di musica: dal blues al jazz, passando per il pop e per quella dei Beatles.

Cesare Picco.

UN CONCERTO AL BUIO CHE FA VIAGGIARE AD OCCHI APERTI

Ma l’omaggio che Picco rende al genio tedesco non è affatto la solita biografia tecnico-celebrativa, bensì un vero romanzo, che conduce il lettore, non per forza musicista, alla scoperta del giovane Bach, negli anni della scintilla che lo porterà a diventare uno dei riferimenti della storia della musica classica. Un viaggio a occhi aperti, questo sì, magari da alternare con le melodie che lo stesso Picco consiglia. Musica scritta, messa nero su bianco, da eseguire con minuziosa precisione, tutt’altra cosa rispetto al flusso imprevedibile generato sul momento nei suoi dark concert. Quello è pura creazione di suono in tempo reale, ogni sera diversa, espressa in un percorso che dalla luce va verso il buio, per poi ritornare alla luce. Un’esperienza coinvolgente. Persino illuminante.

Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it