La Perla, c’è l’accordo sulla cassa integrazione sino al 31 ottobre

L'intesa raggiunta riguarda 65 dipendenti. L'ammortizzatore sociale permetterà ai lavoratori una copertura sino quasi alla fine del corrente anno.

È stato raggiunto al ministero del Lavoro l’accordo per la prosecuzione del trattamento di Cassa Integrazione Straordinaria fino al 31 ottobre 2020 per i dipendenti di La Perla Global Management UK Limited. L’ammortizzatore sociale è stato rinnovato «senza soluzione di continuità, fino a concorrenza dei 12 mesi concedibili». In considerazione della cessazione di attività, i lavoratori sono sospesi a zero ore senza rotazione, come stabilito dal precedente tavolo.

CHI COLPISCE LA CASSA INTEGRAZIONE

L’intesa raggiunta riguarda in tutto 65 dipendenti: 58 per La Perla Manufacturing srl, operativi nelle linee «uomo» e «ready to wear», e sette per La Perla Global Management UK Limited, impegnati soltanto nella «ready to wear». L’Agenzia Regionale per il Lavoro dell’Emilia-Romagna, nell’impossibilità di essere presente all’incontro di oggi, ha inviato una nota ufficiale in cui ha confermato gli impegni già assunti il 30 ottobre scorso riguardo le misure di «politiche attive legate all’attivazione dell’ammortizzatore sociale».

DI COSA SI OCCUPA LA PERLA

La Perla è un’azienda italiana attiva nella moda di lusso, fondata nel 1954 a Bologna dalla sarta Ada Masotti. Storicamente è nata come un marchio di lingerie e in seguito è entrata nei settori dei costumi da bagno, della biancheria da notte, del prêt-à-porter e accessori.

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Comunicato della redazione di Lettera43.it e LetteraDonna.it

I giornalisti proclamano tre giorni di sciopero dopo la decisione della società di procedere alla richiesta di Cassa integrazione guadagni straordinaria a zero ore per riorganizzazione aziendale.

L’8 gennaio 2020 la società editoriale News3.0 ha presentato ai redattori un documento scritto sull’apertura della procedura di richiesta della Cassa integrazione guadagni straordinaria a zero ore per riorganizzazione aziendale. Un provvedimento pronto a colpire otto giornalisti sugli attuali 14 assunti, che con le dimissioni di un altro lavoratore ridurrebbero l’organico a sole cinque unità.

La redazione considera gravissime e sproporzionate le misure, che tra l’altro non sono stato oggetto di discussione o trattativa con l’azienda per cercare eventuali alternative possibili. In gioco, oltre al posto dei giornalisti, c’è anche la sopravvivenza delle testate Lettera43.it e LetteraDonna.it che dopo anni di lavoro vengono così di fatto smantellate o chiuse.

Le motivazioni addotte alla decisione di chiedere la Cigs, e cioè la necessità di sistemare i conti in un contesto di crisi generalizzata del settore dell’editoria, vengono usate come scuse per nascondere incapacità manageriali e per falcidiare in questa misura il corpo redazionale, che tra l’altro negli anni e tra diverse difficoltà, ripetute riduzioni di organico e licenziamenti improvvisi non ha mai fatto mancare il suo apporto e la sua professionalità, a ogni ora del giorno e della notte, in ogni giorno dell’anno e fuori dalle mansioni contrattuali.

Ora i redattori pagano sulla loro pelle le ripercussioni di vecchie esperienze fallimentari, come FreeJourn, Pagina99, Sextelling, ExpoNotizie e altri progetti abortiti negli anni che hanno portato allo sperpero di risorse e alla perdita di opportunità di investimenti, a cui si sono sommate le ultime scelte che si sono rivelate profondamente sbagliate, come la decisione di affidarsi a un inefficace restyling del sito e a un disastroso Content management system che ha impattato negativamente sulle prestazioni del quotidiano online, sul lavoro dei giornalisti e sui risultati in termini di traffico, mentre nessuno di chi ha preso le suddette decisioni ha subìto conseguenze.

La società nella sua comunicazione si è data l’obiettivo di recuperare con il nuovo assetto un «gap di competenze» identificando «personale con soft skill» legate all’«ambiente digitale», che però la redazione attuale possiede già, a differenza di quanto dimostrato dalla dirigenza negli anni.

La redazione, già in stato di agitazione da mesi dopo la richiesta mai soddisfatta di ottenere un piano editoriale, condanna la decisione presa dall’azienda, che nelle figure del direttore e dell’amministratore delegato non ha avuto neanche la decenza di comunicare direttamente ai redattori l’avvento della Cigs, e proclama sciopero per le giornate di venerdì 10 gennaio, lunedì 13 e martedì 14.

Il cdr di Lettera43.it e LetteraDonna.it

LA RISPOSTA DELL’AZIENDA

Prendiamo atto del comunicato della redazione, non ne condividiamo ovviamente l’analisi e soprattutto le conseguenze adombrate sul futuro della casa editrice, che non ha alcuna intenzione di chiudere. Anzi, il ricorso alla cassa integrazione a fronte del progressivo deterioramento del settore è un modo per assicurarne la continuità. Ricordiamo alla redazione che ne suoi oramai dieci anni di vita questa azienda non è mai ricorsa a nessun ammortizzatore, caso forse unico nel panorama editoriale italiano, né ha goduto di finanziamenti pubblici. Il comunicato della redazione, nei toni e nella strumentalità delle accuse, preclude evidentemente qualsiasi forma di dialogo.

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