Taglio dei parlamentari, la battaglia sul referendum allunga la vita al governo

A tre giorni dalla scadenza del 12 gennaio, si tirano indietro quattro senatori di Forza Italia vicini a Mara Carfagna. Ma le defezioni sono almeno otto. Ora diventa cruciale il ruolo della Lega, che potrebbe decidere di invertire la rotta.

Il destino del referendum contro il taglio dei parlamentari è appeso a una manciata di firme. A tre giorni dalla scadenza del termine per la presentazione della richiesta, prevista per il 12 gennaio, si sono infatti tirati indietro quattro senatori di Forza Italia vicini a Mara Carfagna. Ma le defezioni sarebbero di più, almeno otto. E sono pronti al ritiro anche tre senatori del Pd.

La consultazione rischia quindi di saltare: se ciò accadesse, la legge entrerebbe subito in vigore. Ma a “salvare” il referendum potrebbero pensarci altri senatori di Forza Italia, o più probabilmente della Lega. Perché in un intreccio pericolossimo per le sorti del governo, solo se ci sarà il referendum sul taglio dei parlamentari ha buone probabilità di tenersi anche il referendum promosso dal Carroccio per il maggioritario in tema di legge elettorale, su cui il 15 gennaio è chiamata a esprimersi la Corte Costituzionale.

La maggioranza vuole provare a evitarli entrambi. Da una parte pressa i senatori per il ritiro delle firme, dall’altra deposita il “Germanicum”, una proposta di legge elettorale proporzionale. Mentre prosegue il lavoro sotterraneo per “blindare” la maggioranza e metterla al riparo dagli smottamenti nel M5s, magari con l’ingresso di un gruppetto di senatori in uscita da Forza Italia.

LE APERTURE DI CONTE

Tra i parlamentari non sono passate inosservate le parole con cui il premier Giuseppe Conte ha risposto a una domanda del quotidiano Il Foglio sulla possibilità che una parte degli azzurri possa appoggiare maggioranza, votando con Pd e M5s come già avvenuto al parlamento europeo: «Se si dovesse verificare questa condizione la valuteremo. Sarebbe un passaggio senz’altro significativo». Antonio Tajani ha subito parlato di «ipotesi dell’irrealtà», ma di un gruppo di deputati e senatori cosiddetti “responsabili” si vocifera con insistenza.

IL GESTO DEGLI AZZURRI VICINI ALLA CARFAGNA

Del resto i quattro senatori Franco Dal Mas, Massimo Mallegni, Laura Stabile e Barbara Masini, che hanno annunciato di aver ritirato le firme sulla richiesta di referendum per «impedire a qualcuno di farsi prendere dalla tentazione di andare a votare senza ridurre prima il numero degli eletti», sono tutti di Forza Italia. Il gesto prelude allo sbarco in maggioranza degli azzurri che fanno riferimento a Mara Carfagna? Fonti vicine alla vice presidente della Camera, per il momento, negano: «Voce libera vuole che il governo cada. Ma non si può andare a votare con mille parlamentari, alimentando ancora il M5s anti casta».

I CALCOLI CHE STANNO DIETRO AI GIOCHI POLITICI

La tesi prevalente è che se venisse indetto il referendum, si aprirebbe una finestra per far saltare il governo e andare a votare per eleggere 630 deputati e 315 senatori, prima che vengano ridotti a 400 e 200. In tal caso chi vince vincerebbe di più, e chi perde perderebbe di meno. Ma nei giochi politici di queste ore viene fatto anche un altro calcolo: per un cavillo giuridico, se verrà indetto il referendum costituzionale, avrà più probabilità di essere ammesso anche il referendum promosso dalla Lega per una legge elettorale maggioritaria. A quel punto potrebbe essere indetto un election day capace di far fibrillare l’esecutivo, in coincidenza con le elezioni regionali di primavera.

LA MAGGIORANZA PROVA A SMINARE IL CAMPO SULLA LEGGE ELETTORALE

«Rischierebbe di essere un mega-referendum su Salvini», osservano fonti del Pd. E anche per non dare all’ex ministro dell’Interno altre armi di propaganda, il governo prova a tenersi fuori dalla battaglia. Conte e i capi delegazione di maggioranza hanno deciso infatti di non costituire l’esecutivo in giudizio di fronte alle Corte costituzionale. Per “sminare” la questione e dimostrare alla Consulta che sul sistema di voto sta già legiferando il parlamento, è stata accelerata anche la presentazione del Germanicum, nato da un primo accordo di maggioranza che non convice in pieno Liberi e uguali.

IL SEGNALE SALVINI: «FAREI REFERENDUM SU TUTTO»

Il testo è stato depositato da Giuseppe Brescia del M5s. Prevede un sistema con soglia di sbarramento al 5% (nell’iter parlamentare, complici i voti segreti, c’è il rischio che scenda) e diritto di tribuna per i piccoli partiti. Anche in nome di questa prima bozza di legge elettorale tre senatori del Pd, Roberto Rampi e gli orfiniani Francesco Verducci e Vincenzo D’Arienzo, potrebbero ritirare le firme sul taglio dei parlamentari. I senatori dem che hanno firmato in tutto sono sette, gli altri quattro resistono. Il 10 gennaio anche i Radicali presenteranno i risultati della loro raccolta. Ma adesso sarà determinante il ruolo della Lega: «Io farei referendum su tutto», ha detto in serata Salvini. E sembra un segnale chiaro rivolto ai suoi: invertire la rotta sul tema della riduzione del numero dei parlamentari, firmare e metterci la faccia.

Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it

Cosa succede ora col referendum sul taglio dei parlamentari

Raggiunte le firme di 65 senatori per convocare la consultazione confermativa sulla riforma approvata dalle Camere a maggioranza assoluta a ottobre 2019. Salvini: «Ho votato sì, ma far scegliere ai cittadini è la cosa migliore». Così il bivio può avere ripercussioni sulla legislatura.

E ora gli anti-Casta diranno che i politici vogliono salvare le “poltrone“. Il referendum sul taglio del numero dei parlamentari diventato legge a ottobre 2019 infatti è cosa (quasi) fatta. Secondo quanto hanno riferito fonti della Fondazione Einaudi, promotrice della raccolta firme, l’obiettivo dei 65 senatori necessario a indire il referendum costituzionale è stato raggiunto. Il 12 gennaio 2020, snodo da tempo segnalato come cruciale per la legislatura, era il termine ultimo fissato dalla legge per il raggiungimento dell’obiettivo.

IL PD: «DARE UN SENSO AL TAGLIO LINEARE»

Il senatore del Partito democratico Tommaso Nannicini, che ha promosso la raccolta delle firme insieme con i colleghi di Forza Italia Andrea Cangini e Nazario Pagano, ha detto che si tratta di «una buona notizia, perché l’ultima parola spetterà ai cittadini e potremo finalmente aprire una discussione pubblica sul tema». Sul piano politico Nannicini ha aggiunto che bisogna «dare un senso a un taglio lineare della rappresentanza politica che al momento un senso non ce l’ha».

IL MINISTRO D’INCÀ (M5S): «NESSUN PERICOLO PER IL GOVERNO»

La questione può avere ripercussioni anche sulla tenuta del governo? Non per il Movimento 5 stelle. Il ministro dei Rapporti con il parlamento Federico D’Incà ha detto che «si continuerà a lavorare come governo e maggioranza per raggiungere risultati come l’approvazione del decreto scuola al Senato e la chiusura della manovra alla Camera. Non vedo alcun problema all’orizzonte».

SALVINI: «CHIEDERE AI CITTADINI È LA SCELTA MIGLIORE»

Anche i Radicali si erano spesi per promuovere la convocazione di un referendum confermativo, secondo quanto previsto dall’articolo 138 della Costituzione. E proprio a Radio radicale ha spiegato il suo punto di vista Matteo Salvini: «Sono d’accordo sui referendum in generale, ho votato quella riforma, quando i cittadini confermano o smentiscono una riforma approvata dal parlamento secondo me è sempre la scelta migliore».

MELONI: «DIREMO DI VOTARE SÌ»

Giorgia Meloni ha dichiarato che «Fratelli d’Italia ha votato a favore del taglio del numero dei parlamentari, sia alla Camera sia al Senato, e il nostro contributo è stato decisivo per approvare questa riforma attesa da anni dai cittadini. Manterremo la nostra coerenza anche in caso di referendum confermativo e annunciamo, sin da ora, che chiederemo agli italiani di andare alle urne e votare sì».

Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it

Cosa succede ora col referendum sul taglio dei parlamentari

Raggiunte le firme di 65 senatori per convocare la consultazione confermativa sulla riforma approvata dalle Camere a maggioranza assoluta a ottobre 2019. Salvini: «Ho votato sì, ma far scegliere ai cittadini è la cosa migliore». Così il bivio può avere ripercussioni sulla legislatura.

E ora gli anti-Casta diranno che i politici vogliono salvare le “poltrone“. Il referendum sul taglio del numero dei parlamentari diventato legge a ottobre 2019 infatti è cosa (quasi) fatta. Secondo quanto hanno riferito fonti della Fondazione Einaudi, promotrice della raccolta firme, l’obiettivo dei 65 senatori necessario a indire il referendum costituzionale è stato raggiunto. Il 12 gennaio 2020, snodo da tempo segnalato come cruciale per la legislatura, era il termine ultimo fissato dalla legge per il raggiungimento dell’obiettivo.

IL PD: «DARE UN SENSO AL TAGLIO LINEARE»

Il senatore del Partito democratico Tommaso Nannicini, che ha promosso la raccolta delle firme insieme con i colleghi di Forza Italia Andrea Cangini e Nazario Pagano, ha detto che si tratta di «una buona notizia, perché l’ultima parola spetterà ai cittadini e potremo finalmente aprire una discussione pubblica sul tema». Sul piano politico Nannicini ha aggiunto che bisogna «dare un senso a un taglio lineare della rappresentanza politica che al momento un senso non ce l’ha».

IL MINISTRO D’INCÀ (M5S): «NESSUN PERICOLO PER IL GOVERNO»

La questione può avere ripercussioni anche sulla tenuta del governo? Non per il Movimento 5 stelle. Il ministro dei Rapporti con il parlamento Federico D’Incà ha detto che «si continuerà a lavorare come governo e maggioranza per raggiungere risultati come l’approvazione del decreto scuola al Senato e la chiusura della manovra alla Camera. Non vedo alcun problema all’orizzonte».

SALVINI: «CHIEDERE AI CITTADINI È LA SCELTA MIGLIORE»

Anche i Radicali si erano spesi per promuovere la convocazione di un referendum confermativo, secondo quanto previsto dall’articolo 138 della Costituzione. E proprio a Radio radicale ha spiegato il suo punto di vista Matteo Salvini: «Sono d’accordo sui referendum in generale, ho votato quella riforma, quando i cittadini confermano o smentiscono una riforma approvata dal parlamento secondo me è sempre la scelta migliore».

MELONI: «DIREMO DI VOTARE SÌ»

Giorgia Meloni ha dichiarato che «Fratelli d’Italia ha votato a favore del taglio del numero dei parlamentari, sia alla Camera sia al Senato, e il nostro contributo è stato decisivo per approvare questa riforma attesa da anni dai cittadini. Manterremo la nostra coerenza anche in caso di referendum confermativo e annunciamo, sin da ora, che chiederemo agli italiani di andare alle urne e votare sì».

Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it