Il Gratterismo è la malattia senile del giustizialismo
Il magistrato calabrese Gratteri si lamenta di come i giornali hanno trattato la retata contro la 'ndrangheta. Ma chi non si inchina e attende l'esito del processo non va demonizzato. Siamo l'unico Paese che affronta il rapporto giudici-politici in modo non sobrio.
Nicola Gratteri è un magistrato calabrese in prima fila contro la ‘ndrangheta. Clamorose sono le sue inchieste e nell’ultima ha portato in galera alcune centinaia di persone offrendo alla pubblica opinione nomi di politici eccellenti che sarebbero collusi. Un minuto dopo ha dedicato il suo tempo a lamentarsi per come i grandi giornali hanno trattato la mega-retata. Nel frattempo è tornata circolare la notizia, in verità una indiscrezione mai accertata, che a suo tempo il presidente Giorgio Napolitano non lo avrebbe voluto come ministro della Giustizia, dove, dice ora Gratteri, avrebbe smontato e rimontato tutto.
FALCONE ERA UN UOMO DI DIRITTO, UNO SCIENZIATO
Io sono rimasto a Giovanni Falcone. Ho letto i suoi libri e le sue interviste e mi restano ancora in mente la qualità di uomo di diritto, un vero scienziato, e la sobrietà del suo modo di intendere il ruolo. Paolo Borsellino diventò più loquace nelle settimane successive all’assassinio del suo amico e compagno (si può dire “compagno” a uno che era di destra?) che ritenne vittima anche di una sottovalutazione dello Stato. Dopo loro due, la magistratura ha avuto moti magistrati bravi, molti “tragediatori” con le mani fra i capelli, molti dalle manette facilissime, alcuni che volevano rovesciare l’Italia come un guanto.
TANTI MAGISTRATI FINITI IN POLITICA
Tanti di loro sono finiti in politica, diventati ministri, presidenti di Regione e sindaci o hanno avuto incarichi apicali in parlamento. Non c’è categoria che non sia sta più premiata dei magistrati, anche se sono numerosi ormai i casi di inchieste fallite che non hanno retto la prova dei processi e persino, prima, del controllo del giudice istruttore.
DI MATTEO E GRATTERI VOGLIONO CHE L’ITALIA SI INCHINI
Eppure il siciliano Nino Di Matteo e il calabrese Gratteri vogliono che l’Italia gli si inchini, qualunque cosa loro dicano e qualunque bizzarra teoria espongano nelle loro indagini. Si crea, dopo le loro parole, una immediata corrente di sostenitori che li elegge a eroi moderni contro i politici, fra i quali vi sono tanti colleghi di Gratteri e di Di Matteo.
MA SI PUÒ NON PARTECIPARE AL CORO CONFORMISTA
La speranza è che lo Stato protegga loro due e tanti altri più di quanto abbia fatto con Falcone, Borsellino e i magistrati eroi silenziosi. Tuttavia chi non sente di partecipare al coro conformista pro Gratteri, attendendo l’esito delle indagini e dello stesso processo, non va demonizzato. Né la deputata calabrese del Partito democratico che critica Gratteri e difende il consorte invischiato nell’inchiesta deve perdere il diritto di parola per lesa “gratterità”. Il dilagare dei magistrati ha portato allo sfascio del sistema politico e all’avanzare di questa orribile destra che oggi è diventata garantista per paura.
SIAMO L’UNICO PAESE SENZA SPIRITO ISTITUZIONALE
Siamo l’unico Paese che non ha sobrietà e spirito istituzionale nell’affrontare il rapporto fra magistratura e politica. In Israele, per fare un solo esempio, sono caduti pezzi grossi e l’opinione pubblica non ha sospettato di protagonismo i magistrati che ne hanno falciato la carriera. In Brasile, invece, un magistrato legato a doppio filo alla presidenza ha mandato in galera ingiustamente Lula, ora scarcerato.
SI DIA UNA CALMATA: PIÙ CARTE E MENO INTERVISTE
Gratteri si dia una calmata. Se ha ragione, l’opinione pubblica se ne convincerà. Prosegua nel suo lavoro, produca carte invece che parole per interviste. Di queste ultime è affollato il sistema mediatico e ormai non le legge più alcuno. Buon Natale a tutti, arrivederci al 27 dicembre.
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