Flogofilm, la nutraceutica che migliora la vita

Sul podio della categoria Agritech un’innovazione rivoluzionaria nella gestione delle infezioni batteriche, presto disponibile anche a uso pediatrico. Ce ne parla Gianni Luccheo, R&D manager Anvest Health

 

Primi nella categoria Agritech dell’edizione 2023 del Premio BPI di Confindustria Salerno: ci racconta in cosa consiste la vostra innovazione, qual è la vision e quali frontiere supera?

È Flogofilm® l’innovazione presentata al Best Practices per l’Innovazione 2023. Si tratta di una soluzione nutraceutica contenente la tecnologia brevettata Flogomicina®, nata dall’ambizione della ricerca scientifica Anvest Health di offrire una terapia multimodale per la gestione delle infezioni batteriche con biofilm. L’80% delle infezioni causate da batteri presentano biofilm, uno strato che riveste la colonia batterica al fine di proteggerla dal nostro sistema immunitario. Il biofilm causa quella che viene definita “resistenza agli antibiotici”, dal momento che essi non riescono fisicamente ad oltrepassarlo. Si stima che un batterio in biofilm sia da 10 a 1000 volte meno sensibile all’antibiotico. L’efficacia di Flogofilm è validata da uno studio pre-clinico condotto in collaborazione con il Dipartimento di Farmacia dell’Università degli Studi di Salerno, studio pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica Life®. Inoltre, un documento clinico realizzato in collaborazione con il Policlinico di Napoli Federico II e pubblicato sulla rivista Journal of Clinical Medicine, ha dimostrato l’efficacia di Flogofilm® in combinazione a Fluorochinolonici nel trattamento delle prostatiti batteriche. Il concetto di affiancare alla terapia antibiotica un trattamento mirato per disgregare il biofilm ha inoltre raccolto il gradimento da parte di Urologi, Ortopedici, Otorini e Ginecologi. Flogofilm® supera le precedenti frontiere terapeutiche e determina benefici per il sistema sanitario, dal momento che l’utilizzo tradizionale di antibiotici in mono-terapia, senza considerare la presenza di biofilm, causa troppo spesso il fallimento terapeutico con il conseguente aumento dei tempi di ospedalizzazione, della spesa sanitaria e dello sviluppo di ceppi batterici resistenti. Nel Gennaio 2023 Flogofilm ha acquisito lo status di Brevetto Europeo grazie alla novità e originalità di tutti i punti evidenziati nella ricerca.

Che tipo di difficoltà – burocratiche, normative, economiche – avete incontrato sul vostro percorso e come le avete superate?

La principale difficoltà riscontrata è stata la ricerca, tra le essenze già impiegate in altri ambiti, dei principi attivi utili alla formulazione di questo nutraceutico. È seguito lo sforzo della nostra area Informazione scientifica nello stimolare la conoscenza clinica delle implicazioni derivanti dalla presenza del biofilm nel sito di infezione e nell’illustrare ai medici i vantaggi della sua disgregazione grazie a Flogofilm, vista l’assenza in commercio di un nutraceutico finalizzato alla disgregazione del biofilm batterico.

Progetti per il futuro?

Le innovazioni Anvest Health nell’ambito della ricerca di nuovi preparati rappresentano spesso formule genitore, a partire dalle quali si proseguono gli studi per trovare nuove applicazioni terapeutiche.

Nel caso di Flogofilm®, siamo attualmente impegnati nella ricerca di una formula destinata all’uso pediatrico, utile alla risoluzione delle infezioni batteriche con biofilm e, contestualmente, a ridurre i sintomi ad esse correlati come febbre, otiti, faringotonsilliti, ecc.. Un percorso che richiede sforzi notevoli in termini di risorse finanziarie e intellettuali, ma che sosteniamo con slancio, consapevoli dell’impatto positivo che innovazioni come la nostra possono avere sulla qualità della vita delle persone.

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Rigel, la piattaforma per una intelligente gestione dei rifiuti

Corre veloce, senza fermarsi, il progetto innovativo targato Flugantia. Come racconta Bruno Uccello, presidente del C.d.A.: «Ci stiamo preparando alla produzione su scala industriale e, al contempo, stiamo svolgendo le attività di ricerca e sviluppo relative ad un nuovo sensore che andrà ad allargare la gamma»

Primi nella categoria Digitalizzazione dell’edizione 2023 del Premio BPI di Confindustria Salerno: ci racconta in cosa consiste la vostra innovazione, qual è la vision e quali frontiere supera?

Condividiamo la vision della European Environment Agency: la capacità di applicare la tecnologia dei sensori a qualsiasi contenitore sarà essenziale per migliorare le pratiche di gestione dei rifiuti. Da questa riflessione è nata Rigel, una piattaforma cloud con sensori IoT per monitorare e gestire rifiuti urbani e industriali, pensata per i Comuni, le aziende di gestione dei rifiuti, i trasportatori e i facility manager. Per realizzare Rigel sono state impiegate le canoniche Tecnologie 4.0: Industrial Internet of Things, Cloud Computing, Big Data & Analytics, Intelligenza artificiale, Blockchain. I nostri sensori sono progettati per essere posizionati all’interno dei contenitori dei rifiuti, rilevano lo stato di riempimento dei contenitori e trasmettono i dati alla IA che, prevedendo il momento del riempimento, ottimizza per tempo i percorsi di raccolta. I sensori forniscono inoltre letture utili a reagire a situazioni impreviste come riempimenti anomali, furti, incendi o atti vandalici. Il sistema software e i sensori sono autonomi e non impegnano infrastrutture dei clienti. I risultati ottenuti in campo sono interessanti: miglioramento del servizio con riduzione dei costi, maggiore produttività degli automezzi, riduzione del consumo di carburante e dunque delle emissioni di CO2.

Che tipo di difficoltà – burocratiche, normative, economiche – avete incontrato sul vostro percorso e come le avete superate?

Bruno Uccello, presidente del C.d.A. Flugantia

Il progetto è stato portato avanti da un raggruppamento composto da Flugantia, B.Energy, Netcom Engineering ed EITD, con la collaborazione esterna del DIETI dell’Università Federico II. Inoltre, Meditech, centro di competenza per l’industria 4.0, ha cofinanziato Rigel come progetto di innovazione, ricerca industriale e sviluppo sperimentale 4.0. La forza del raggruppamento ci ha consentito di superare le inevitabili difficoltà, legate soprattutto allo sviluppo dei sensori e al loro adattamento ad un ambiente operativo “ostile” come sono i contenitori di rifiuti.

Per il futuro?

Il riconoscimento ottenuto alla XVII edizione del Premio Best Practices per l’Innovazione è stato per noi motivo di grande soddisfazione. In questi mesi ci stiamo preparando alla produzione su scala industriale della soluzione attuale e allo stesso tempo stiamo svolgendo le attività di ricerca e sviluppo relative ad un nuovo sensore che andrà ad allargare la gamma Rigel.

 

 

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Space Frontier, verso l’infinito con gli scarti vegetali

Vincitore assoluto dell’edizione 2023 del Premio Best Practices per l’Innovazione la startup napoletana che progetta e sviluppa sistemi di propulsione ibrida a emissioni zero. Ambizione e zero paura di fallire nelle parole dell’ad Tommaso De Angelis

Primi nella categoria Aerospazio e vincitori assoluti dell’edizione 2023 del Premio BPI di Confindustria Salerno: ci racconta in cosa consiste la vostra innovazione, qual è la vision e quali frontiere supera?

È stato un grande onore per noi poter partecipare al premio BPI, la concorrenza era di elevato livello e la giuria di grande spessore, per cui siamo davvero contenti di essere riusciti a vincere grazie alla nostra tecnologia di propulsione a razzo. Si tratta di un motore ibrido (liquido-solido) assolutamente non esplosivo e ad impatto zero di CO2, poiché utilizza scarti organici stampati in 3D come combustibile. Il nostro obiettivo è poter offrire soluzioni di propulsione sicure, efficienti, affidabili e 100% green in un mercato che sarà protagonista di una crescita vertiginosa nei prossimi anni. È assolutamente necessario, per non incorrere negli errori del passato, che gli impatti di questa crescita sul nostro pianeta siano sostenibili. Un sistema di propulsione non esplosivo, come il nostro, mitiga il rischio del lancio orbitale avendo, in aggiunta, le potenzialità per salvare vite umane. Purtroppo, lo spazio continua ad essere un business che non perdona.

Il team di Space Frontier

Perché lo spazio? Come ci siete arrivati?

È il grande pallino di Francesco Renzulli, l’ingegnere aerospaziale (giovanissimo) che ha costruito il primo prototipo funzionante e oggi nostro responsabile tecnico. Ci siamo incontrati quasi per caso al Fab Lab di Napoli; la sua idea e la sua determinazione ci hanno convinti e coinvolti. Dalla nostra abbiamo offerto il valore della nostra esperienza pregressa in ambito startup. Insieme abbiamo l’obiettivo di rendere lo spazio più accessibile al mercato privato, attraverso delle soluzioni tecnologiche a basso impatto e basso costo.

È un modello scalabile quello realizzato?

Certo. Poco dopo la vittoria del premio abbiamo deciso di premere il piede sull’acceleratore, utilizzando questa tecnologia come base per la costruzione del primo micro-lanciatore orbitale per satelliti non esplosivo e a emissioni zero. Siamo attivamente a lavoro per costruire dei motori più potenti, con l’obiettivo entro due anni di lanciare il nostro primo dimostratore tecnologico in volo suborbitale. In questa scelta audace abbiamo trovato il supporto di Volodymyr Usov, Co-founder di Kurs Orbital e di Orbit Boy ed ex presidente dell’Agenzia Spaziale Ucraina, del team di propulsione di Avio, dei nostri mentor di ASI ed ESA incontrati grazie a Takeoff, con i quali collaboriamo attivamente per lo scaling up della nostra tecnologia. A loro un immenso grazie. Continuano a darci il coraggio di osare.

Che tipo di ostacoli avete incontrato sul vostro percorso e come li avete superati?

Ci sono da un lato le difficoltà comuni a chiunque decida di fare azienda, legate principalmente alla validazione della propria idea, e dall’altro i problemi dell’accesso ai capitali. Per quanto riguarda le prime, credo che un buon imprenditore debba essere in grado di fare il meglio con le risorse che ha, ottenendo il massimo sapendo valutare oggettivamente il rischio.

Forti delle nostre esperienze precedenti (e – in qualche caso – dei fallimenti) abbiamo lavorato per minimizzare l’investimento al fine di validare la nostra tecnologia dal punto di vista scientifico. In due anni e con poche decine di migliaia di euro, siamo riusciti a costruire più prototipi funzionanti e raccogliere dati certi. Questo ci ha permesso di risolvere il secondo grande problema sopracitato di accesso ai capitali, reggendo il confronto con professionisti del settore e riuscendo a interessare un fondo come CDP al nostro progetto, che ha investito nella nostra realtà a metà maggio. Credo che a questi, si aggiungano alcuni temi propri dell’aerospazio e di chi in questo settore si occupa di propulsione o di hardware. È molto complesso accedere alle infrastrutture utili per testare le tecnologie. Ma siamo stati fortunati. Abbiamo un vicino di casa simpatico e molto disponibile, che come noi ha intrapreso un difficile ma visionario percorso nel settore dello spazio. Mattia Barbarossa, CEO e CTO di Sidereus, si è da subito dimostrato disponibile nel mettere a nostra disposizione le sue strutture per permetterci di migliorare. Non è da tutti, a lui va un sincero grazie da parte di tutto il nostro team.

Sembra un campo lontano per definizione ma l’economia dello Spazio che contributo può dare alla società?

In realtà lo spazio è da sempre molto vicino alla vita di tutti i giorni. Tutti da piccoli abbiamo avuto delle scarpe con il velcro, ad esempio. Questo materiale, prima di semplificare la vita di tanti genitori e bambini, veniva utilizzato dagli astronauti per fissare gli oggetti nelle cabine mentre si trovavano in orbita. Lo spazio è più che vicino. In futuro le principali infrastrutture di comunicazione e internet potrebbero essere trasferite in orbita, con enormi vantaggi in termini di efficienza e di costo per gli utenti finali.

Più in generale cosa serve e cosa manca al sistema innovativo italiano?

Sicuramente ciò che non manca sono i talenti. Quello che potrebbe migliorare è l’ecosistema in grado di valorizzarli, avvicinandoli all’imprenditoria. Nonostante i grandi passi avanti fatti negli ultimi anni, rimangono moltissime barriere per l’accesso al credito nelle prime fasi di attività. Un imprenditore che vuole utilizzare il debito come leva, oggi ha più probabilità di riuscirci con una pizzeria che con un progetto innovativo.

Progetti per il futuro?

Costruire il primo accesso allo spazio completamente italiano, a basso costo e impatto zero. L’importanza di questo settore dal punto di vista strategico è massima, e nei prossimi anni lo sviluppo di una tecnologia come la nostra potrebbe aiutare l’Italia ad acquisire un ruolo centrale.

Un passo alla volta, però. Prima ci concentreremo nel trovare nuovi finanziatori, uno spazio per i nostri test da chiamare casa, e nuove intelligenze per completare il nostro team. Professionisti ambiziosi senza la paura di fallire, come noi.

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Serravalle: «L’innovazione è un lavoro di squadra»

Nell’edizione del Premio Best Practices per l’Innovazione di Confindustria Salerno di quest’anno coinvolto anche SRM, Centro Studi di Intesa Sanpaolo, che ha curato i paper scientifici utili per sapere come e dove investire risorse nei settori aerospazio, green e agritech. Un bilancio entusiasta nelle parole del project leader Francesco Serravalle 

 

Edizione 2023 del Premio Best Practices per l’Innovazione di Confindustria Salerno: in cosa si è distinta dalle precedenti?

Differente è stata quest’anno la premessa: nell’organizzare la competizione ci siamo messi alla ricerca delle opportunità inespresse, piuttosto che concentrarci sull’individuazione degli ostacoli. Innanzitutto, abbiamo spinto perché arrivasse in gara il meglio dell’innovazione già disponibile nelle 4 categorie scelte quest’anno, ovvero greentech, aerospazio, digitalizzazione e agritech.

Pertanto, degli oltre cento progetti rispondenti alla call, ne abbiamo selezionati 40 – 10 per ambito – capaci di rafforzare rapidamente la competitività e l’autonomia tecnologica dei settori di pertinenza, permettendo anche lo sviluppo di nuovi servizi e applicazioni a valle.

Abbiamo poi voluto ancor di più incoraggiare lo spirito di condivisione, elemento costitutivo del Premio Best Practices per l’Innovazione.

Diversamente dagli altri anni, infatti, nessuno dei 40 progetti in gara è stato presentato in modo isolato ma integrato in uno spazio tematico più ampio.

Francesco Serravalle, project leader Premio Best Practices per l’Innovazione di Confindustria Salerno

Il metodo della cross fertilization ha fatto sì che innovatori, investitori, big player, specialisti ed esperti dell’innovazione abbattessero gli steccati – che pure esistono tra le differenti discipline – per aprire, sconfinare e ragionare in termini sistemici e creare, di rimando, aumentato valore. Del resto i progetti sono per natura un’esperienza collettiva, la cui realizzazione ha effetti accrescitivi per una comunità, non certo per il singolo. Anche per questo abbiamo deciso di evidenziare lo stato di innovazione dell’aerospazio, filiera produttiva che riveste un ruolo strategico nel sistema economico-territoriale campano, rappresentando un elemento di sviluppo sia per insediamenti industriali, sia per l’elevato contenuto di innovazione tecnologica possibile anche grazie alla presenza di un’eccellente rete di ricerca scientifica e di alta formazione.

A proposito di ricerca scientifica di elevato valore, una delle novità più rilevanti è stato quest’anno il coinvolgimento di SRM, cui è stata affidata l’elaborazione di paper scientifici. Perché questa scelta?

Sempre in nome e in ragione del miglioramento del format complessivo e dei suoi esiti. Grazie al prestigioso contributo scientifico di SRM il Centro Studi del Gruppo Intesa Sanpaolo, partendo da un’analisi molto accurata dei bisogni di innovazione rilevati, i paper che presenteremo nelle prossime settimane – richiamando alcune innovazioni selezionate in questa edizione come esemplari – diranno con chiarezza come e dove investire risorse ed energie in 3 ambiti che avevano in gara: aerospazio, agritech, greentech. Risultanze da cui prendere le mosse per orientare e incidere significativamente sullo sviluppo dell’intero Paese.

Curiosità, competenza e confronto: quale di queste tre peculiarità interdipendenti ritiene venga accelerata dalla partecipazione a competizioni come il Premio BPI?

Si cresce senz’altro con la curiosità e con lo studio ma solo aprendo la propria azienda a pareri, posizioni e contributi esterni si migliora davvero. Il Premio Best Practices nel tempo ha consolidato un network con attori come università, startup, incubatori, banche, associazioni e istituti pubblici e privati, capace di creare un flusso di informazione e scambio costante, reciproco, continuo che consente di crescere. L’innovazione del resto è un lavoro di squadra e solo con la collaborazione e l’integrazione delle competenze tra soggetti diversi un progetto può avere futuro. L’appuntamento è alla prossima estate, con l’edizione numero 18.

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Muoversi facile con Babilot

Una migliore mobilità urbana grazie alle soluzioni proposte dalla startup napoletana guidata da Giuseppe Carannante, prima nella categoria IoT del Premio Best Practices per l’Innovazione 2022

 

Babilot è stata la startup vincitrice della categoria IoT dell’edizione 2022 del Premio dedicato all’innovazione di Confindustria Salerno. Come funziona il vostro dispositivo e quali esigenze soddisfa?

Babilot è una startup innovativa che rende l’Internet of Things una realtà concreta attraverso la Progettazione e lo Sviluppo di sistemi intelligenti per semplificare la vita quotidiana, creando nuovi modelli di mobilità urbana per le Smart City. Le soluzioni proposte promettono di rendere città, dispositivi e veicoli completamente interconnessi grazie all’alto livello di integrazione dei servizi.  La nostra architettura di sistema è strutturata in tre moduli: P-carpet affidabile Dispositivo IoT brevettato che rileva la presenza delle auto e dimensiona autonomamente lo spazio libero disponibile, informando in tempo reale sullo stato degli stalli di sosta e parcheggi; P-cloud la piattaforma gestionale per i nostri clienti, Comuni e parcheggi privati, che grazie alla suite di servizi offerti, garantisce un impatto rapido sulla gestione e controllo della mobilità, aumentandone la redditività, grazie alla lotta contro l’evasione dei pagamenti e la lotta contro la sosta selvaggia e non autorizzata; App dedicata che assiste i nostri user alla guida, automobilista – disabile – p. auto elettrica, contro gli inconvenienti della mobilità quotidiana, gestendo il tutto con semplici click dal proprio smartphone.

Il vostro target di riferimento qual è e quale, invece, il vostro tasso di crescita?

La startup è partner chiave delle città e delle strutture private di parcheggio, proponendo soluzioni innovative che tutelano in primis i disabili. Grazie alle interazioni con i potenziali clienti, municipalità e proprietari/gestori di parcheggi privati, oltre al target di utenti, automobilisti e disabili, abbiamo constatato che il problema è reale e sentito, nonostante le soluzioni ad oggi presenti. Ne mancava una che facesse dell’interconnessione e della digitalizzazione i propri valori aggiunti in quanto i servizi attualmente disponibili propongono informazioni e servizi frammentati, ripartiti tra le tante piattaforme e realtà. I servizi che la Babilot dedica ai disabili forniscono gli strumenti necessari per rispondere agli abusi, disagi e garantire pronta assistenza contro la “sosta non autorizzata e selvaggia” relativa all’occupazione indebita degli stalli a loro adibiti. Bisogni ed esigenze che si sono trasformati, dopo i primi confronti, in crescenti manifestazioni di interesse da parte di enti pubblici, privati e associazioni nazionali di categoria, interessati alle nostre soluzioni innovative.

Rispetto ad applicativi concorrenti in cosa si distingue il vostro?

Ad oggi per poter trovare un posto auto libero impegniamo più di 15 minuti, per non parlare delle segnalazioni relative alla sosta selvaggia subita dai disabili e disservizi vari. L’obiettivo è alleviare l’automobilista dal frustrante onere della ricerca di uno stallo di sosta libero, giusto e vicino alla propria destinazione, supportando i disabili contro la sosta non autorizzata e, allo stesso tempo, apportare benefici alle Città e ai privati attraverso dispositivi e sistemi innovativi che possano migliorare la qualità della Mobilità quotidiana. I nostri dispositivi e sensori risultano essere i più economici presenti sul mercato, i primi a essere riciclati in quanto siamo molto attenti alle politiche green e di sostenibilità, possono adattarsi a qualsiasi forma e tipologia di area di sosta. La digitalizzazione dei servizi permette un’interconnessione tra tutti questi e quindi non più singole soluzioni a “silos”, aumentando la tempestività di intervento, controllo e sicurezza stradale. Il settore della sosta è importante economicamente in quanto se il sistema generale dispone dei giusti equilibri e un Modello di business sostenibile, oltre ad assicurare un importante flusso di ricavi, è anche in grado di generare investimenti bancabili per permettere l’ampliamento dell’offerta di strutture di sosta pubblica con un ricorso minimo ai contributi pubblici. Insomma se da una parte una migliorata gestione della mobilità in ambito parking può ridurre l’inquinamento, lo stress, la qualità della vita in città e lo spreco di denaro e tempo per le municipalità, dall’altro, e non in contrapposizione, c’è la semplice voglia di non girare in tondo alla ricerca di un posto auto libero o ancor peggio vederlo occupato ingiustamente.

Generalmente tra gli elementi per avere credito il team che idea e anima un progetto risulta determinante. Il vostro da chi è costituito e che forza crede abbia oggi e, ancor di più, in prospettiva?

Il nostro team è composto da uomini e donne che amano il proprio lavoro e che ogni giorno si mettono alla prova con nuove sfide, cercando di dare il loro contributo a rendere la nostra realtà ogni giorno sempre migliore. Attualmente siamo pronti ad accogliere anche una persona affetta da disabilità, in veste di disability manager, perché chi più di chi ogni giorno subisce questi disagi può apportare un notevole valore aggiunto al team. Insomma un gruppo dinamico e in continua evoluzione!

C’è più tecnologia o più “umanità” nella vostra innovazione?

Per noi non c’è innovazione senza umanità. Siamo particolarmente attenti verso i nostri utenti cui diamo voce puntualmente attraverso questionari, interviste e campagne di sensibilizzazione.

In ambito innovazione in cosa siamo bravi in Italia?

Come popolo abbiamo una spiccata dote di creatività che, supportata da competenze tecniche, genera grandi risultati. Spirito di sacrificio e capacità di adattamento ci aiutano poi a superare le barriere create dalla burocrazia, dalla mancanza di infrastrutture e dallo scetticismo.

Di cosa ha bisogno il sistema dell’innovazione italiano per creare realtà imprenditoriali che possano avere futuro, mercato e tempo?

Tre elementi essenziali: riduzione della burocrazia, maggiore supporto alle startup in una fase di “early stage” e, infine, agevolazioni dirette a chi cerca di creare impresa innovativa.

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Siamo appena agli inizi della digital revolution

I cambiamenti sperimentati finora sono solo un assaggio. La vera trasformazione avverrà nei prossimi 20 anni. E porterà a un’economia Ict driven in tutti i settori.

Se qualcuno pensa oggi che il digitale abbia già apportato un grande cambiamento nelle nostre vite, rimarrà sorpreso di sapere che stiamo vivendo solamente l’inizio di una radicale trasformazione nel business e nella società. I cambiamenti degli ultimi 20 anni di digital revolution avranno pieno impatto nei prossimi 20 e più, fino ad avere un’economia ed una società Ict driven in tutti i settori. Infatti, mentre finora i cambiamenti più visibili erano nelle aree consumer, la rivoluzione e le opportunità digitali si stanno spostando negli ambiti operations, supply chain e nel business to business e business to government, settori più lenti nei cambiamenti ma che quando si muovono lo fanno con una scala che genera impatti molto profondi nel tessuto economico.

NESSUN SETTORE SARÀ RISPARMIATO DALLA RIVOLUZIONE

Non vi è settore che non sarà rivoluzionato. La digital revolution toccherà anche servizi finanziari ed assicurativi, di sicurezza, ma anche l’IT stesso, fino ad arrivare a quei settori considerati “maturi”, quali la logistica, l’agricoltura, l’industria. Ma, concretamente, quali sono i cambiamenti a cui le aziende nei vari settori dovranno prepararsi? Primo fra tutti il business model, cioè il modello fondamentale con cui oggi ottengono profitto. Inoltre, l’evoluzione dovrà tenere conto dei concorrenti attuali, di nuovi possibili entranti, nativi digitali, ma anche degli altri attori nella catena del valore attuale come clienti, distributori e fornitori. Il motto è “il tuo margine è la mia opportunità”. La lotta sarà per il controllo del cliente finale, degli asset strategici, delle competenze critiche e così via.

POCHISSIME AZIENDE ITALIANE TENGONO IL PASSO

Un altro cambiamento fondamentale sarà nella scala minima, nella massa critica, necessaria per restare competitivi in un mondo di giganti. In relazione alla struttura dei costi, agli investimenti in R&D ed in tecnologia, alla scala richiesta per acquisire e controllare competenze, brevetti, dati, accesso a materie prime, asset strategici, canali distributivi. Praticamente, tutti i fattori strategici e competitivi del futuro. Questo non solo per vincere nei mercati di sbocco, ma anche per essere attrattivi nel mercato dei capitali. Nel concreto, poche, pochissime aziende italiane – nei settori non regolamentati – hanno oggi la scala per essere protagonisti nei prossimi 20 anni. A tal fine, il tasso di innovazione del prodotto e di tutti i servizi ad esso collegati che definiscono la customer experience dovranno necessariamente accelerare. L’innovazione dovrà essere continua anche nei processi produttivi, nella gestione della supply chain e delle operations, per poter migliorare costantemente il livello di servizio al cliente mentre, riducendo il cost-to-serve.

Anche i ruoli aziendali saranno stravolti, ci sarà maggiore enfasi sulle figure professionali a contatto con il cliente e quelle legate alla tecnologia e all’innovazione

Tutti i cambiamenti elencati finora non potranno che mettere in discussione i modelli organizzativi aziendali tradizionali e verticalmente rigidi. I confini stessi dell’azienda verranno ridefiniti, con un processo di integrazione con l’ecosistema in cui l’azienda opera. Anche i ruoli aziendali saranno stravolti, ci sarà maggiore enfasi sulle figure professionali a contatto con il cliente e quelle legate alla tecnologia e all’innovazione, con uno stravolgimento nel ruolo e negli approcci dei manager, che rischieranno di diventare un elemento di rigidità in un sistema che dovrà essere molto fluido. I cambiamenti nei sistemi di gestione delle persone e del capitale umano, saranno ancora più drastici. A parte la sostituzione degli “umani” e dei decisori con robot e con machine learning, dovranno cambiare le modalità di attrazione e ritenzione del talento, delle nuove competenze, così come gli approcci alla divisione del lavoro, al team-working, alla fissazione degli obiettivi e alla misurazione dei risultati e delle modalità di compenso.

L’EVOLUZIONE DEL RAPPORTO CON GLI AZIONISTI

Ultimo cambiamento, ma non meno importante, sarà nel rapporto con i fornitori di capitale, azionisti in primis. Servono nuovi soggetti, che affianchino gli imprenditori, in grado di comprendere i nuovi modelli di rischio-rendimento, di creare sinergie e modelli di collaborazione all’interno di un certo ecosistema, di accompagnare le aziende in questo percorso di crescita continuo ed incerto con capitali “fedeli” ma anche flessibili nel lungo termine. Grandi sfide, grandi opportunità.

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Siamo appena agli inizi della digital revolution

I cambiamenti sperimentati finora sono solo un assaggio. La vera trasformazione avverrà nei prossimi 20 anni. E porterà a un’economia Ict driven in tutti i settori.

Se qualcuno pensa oggi che il digitale abbia già apportato un grande cambiamento nelle nostre vite, rimarrà sorpreso di sapere che stiamo vivendo solamente l’inizio di una radicale trasformazione nel business e nella società. I cambiamenti degli ultimi 20 anni di digital revolution avranno pieno impatto nei prossimi 20 e più, fino ad avere un’economia ed una società Ict driven in tutti i settori. Infatti, mentre finora i cambiamenti più visibili erano nelle aree consumer, la rivoluzione e le opportunità digitali si stanno spostando negli ambiti operations, supply chain e nel business to business e business to government, settori più lenti nei cambiamenti ma che quando si muovono lo fanno con una scala che genera impatti molto profondi nel tessuto economico.

NESSUN SETTORE SARÀ RISPARMIATO DALLA RIVOLUZIONE

Non vi è settore che non sarà rivoluzionato. La digital revolution toccherà anche servizi finanziari ed assicurativi, di sicurezza, ma anche l’IT stesso, fino ad arrivare a quei settori considerati “maturi”, quali la logistica, l’agricoltura, l’industria. Ma, concretamente, quali sono i cambiamenti a cui le aziende nei vari settori dovranno prepararsi? Primo fra tutti il business model, cioè il modello fondamentale con cui oggi ottengono profitto. Inoltre, l’evoluzione dovrà tenere conto dei concorrenti attuali, di nuovi possibili entranti, nativi digitali, ma anche degli altri attori nella catena del valore attuale come clienti, distributori e fornitori. Il motto è “il tuo margine è la mia opportunità”. La lotta sarà per il controllo del cliente finale, degli asset strategici, delle competenze critiche e così via.

POCHISSIME AZIENDE ITALIANE TENGONO IL PASSO

Un altro cambiamento fondamentale sarà nella scala minima, nella massa critica, necessaria per restare competitivi in un mondo di giganti. In relazione alla struttura dei costi, agli investimenti in R&D ed in tecnologia, alla scala richiesta per acquisire e controllare competenze, brevetti, dati, accesso a materie prime, asset strategici, canali distributivi. Praticamente, tutti i fattori strategici e competitivi del futuro. Questo non solo per vincere nei mercati di sbocco, ma anche per essere attrattivi nel mercato dei capitali. Nel concreto, poche, pochissime aziende italiane – nei settori non regolamentati – hanno oggi la scala per essere protagonisti nei prossimi 20 anni. A tal fine, il tasso di innovazione del prodotto e di tutti i servizi ad esso collegati che definiscono la customer experience dovranno necessariamente accelerare. L’innovazione dovrà essere continua anche nei processi produttivi, nella gestione della supply chain e delle operations, per poter migliorare costantemente il livello di servizio al cliente mentre, riducendo il cost-to-serve.

Anche i ruoli aziendali saranno stravolti, ci sarà maggiore enfasi sulle figure professionali a contatto con il cliente e quelle legate alla tecnologia e all’innovazione

Tutti i cambiamenti elencati finora non potranno che mettere in discussione i modelli organizzativi aziendali tradizionali e verticalmente rigidi. I confini stessi dell’azienda verranno ridefiniti, con un processo di integrazione con l’ecosistema in cui l’azienda opera. Anche i ruoli aziendali saranno stravolti, ci sarà maggiore enfasi sulle figure professionali a contatto con il cliente e quelle legate alla tecnologia e all’innovazione, con uno stravolgimento nel ruolo e negli approcci dei manager, che rischieranno di diventare un elemento di rigidità in un sistema che dovrà essere molto fluido. I cambiamenti nei sistemi di gestione delle persone e del capitale umano, saranno ancora più drastici. A parte la sostituzione degli “umani” e dei decisori con robot e con machine learning, dovranno cambiare le modalità di attrazione e ritenzione del talento, delle nuove competenze, così come gli approcci alla divisione del lavoro, al team-working, alla fissazione degli obiettivi e alla misurazione dei risultati e delle modalità di compenso.

L’EVOLUZIONE DEL RAPPORTO CON GLI AZIONISTI

Ultimo cambiamento, ma non meno importante, sarà nel rapporto con i fornitori di capitale, azionisti in primis. Servono nuovi soggetti, che affianchino gli imprenditori, in grado di comprendere i nuovi modelli di rischio-rendimento, di creare sinergie e modelli di collaborazione all’interno di un certo ecosistema, di accompagnare le aziende in questo percorso di crescita continuo ed incerto con capitali “fedeli” ma anche flessibili nel lungo termine. Grandi sfide, grandi opportunità.

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