Avvocati, se l’intelligenza artificiale bussa allo studio
L’ultima frontiera della tecnologia si chiama legaltech. Uno sguardo agli intrecci tra giustizia e algoritmo.
Sembra impossibile collegare l’intelligenza artificiale alla giustizia, che è materia umana per definizione, soggetta a variazioni nel tempo e nello spazio, come anche da persona a persona. Eppure, l’ultima frontiera della tecnologia riguarda proprio il legaltech, come si dice in gergo. Non si parla certo di giudici-robot, ma dell’equivalente del fintech in ambito giuridico. La Commissione europea per l’efficienza della giustizia (Cepej, 2018) ha anche pubblicato una “Carta etica europea sull’Intelligenza Artificiale applicata ai sistemi giudiziari”, ma poi è costretta ad ammettere di essere indietro. Va meglio, invece nel privato. Studi di avvocati e direzioni affari legali si stanno progressivamente dotando di strumenti informatici che semplificano il lavoro “legale”; software che, come il migliore dei praticanti, in pochi minuti ricercano, confrontano e analizzano le sentenze e i precedenti. O che, grazie ad un algoritmo, ordinano pile di documenti, i vecchi faldoni.
UN SETTORE DALLE GRANDI PROSPETTIVE DI CRESCITA
Già esistono diversi strumenti per un settore dalle grandi prospettive di crescita e che già oggi rappresenta un mercato da 7,5 miliardi di dollari. Qualche mese fa la società canadese che sviluppa law practice management Clio ha incassato 250 milioni di dollari di finanziamento per i suoi progetti. La statunitense Onit si è fermata a 200 milioni. La multinazionale della consulenza Gartner Group – qualcuno la definisce la Standard & Poor’s dell’Information Technology – ha stilato una classifica dei migliori prodotti nel suo Market Guide di Enterprise Legal Management Solution. E tra i primi dieci al mondo ci ha infilato anche l’italiano Teleforum SaaS in modalità cloud, sviluppata dalla Eustema guidata da Enrico Luciani in collaborazione con il Cnr e la Bicocca di Milano. Si tratta di uno strumento che consente di svolgere alcune funzioni decisamente utili, come recuperare velocemente, in digitale, e ordinare, tutti i precedenti simili in uno studio legale. E successivamente verificare in che direzione sono andate le decisioni precedenti. E quali linee difensive hanno funzionato e quali invece no.
L’intelligenza artificiale applicata al settore legale consente anche – specie negli Stati Uniti – di capire quanta riserva si deve accantonare per le pratiche aperte. E che parcelle preparare ai clienti
Certo, poi è sempre umana la decisione ultima, la capacità di giudicare le variabili imprevedibili e non riducibili ad un codice binario. Ma il lavoro è facilitato. A seguito dell’adozione del “processo telematico”, sia civile che amministrativo, si possono per esempio controllare da remoto e da app su cellulare i procedimenti aperti e il loro stato di avanzamento. Insomma, uno strumento del genere fa molto del lavoro time-consuming del praticante. L’intelligenza artificiale applicata al settore legale consente anche – specie negli Stati Uniti – di capire quanta riserva si deve accantonare per le pratiche aperte. E che parcelle preparare ai clienti. In Italia, con il prevedibile aumento dei fallimenti e dell’insolvenza di molte imprese, uno strumento come Teleforum può aiutare a gestire il contenzioso, soprattutto tra le molte banche che avranno degli NPL. E le applicazioni possono essere molteplici: cause civili, recupero crediti, cause di lavoro, utilities, asl, diritto societario.
TERRENO DI GIOVANI E START-UP
In un settore giovane e popolato di start-up, però questo strumento ha una storia ormai lunga, come anche Eustema, l’azienda di sviluppo software che lo ha creato e lo produce. Tra i molti clienti avuti (Ministeri, Inps, Eni, Enel, Atac, Ama, Poste, Ferrovie, Q8), negli Anni 90 una squadra di giovani legali dell’azienda avviò una ingegnerizzazione dei processi dell’avvocatura dell’Inail. «Quando è arrivato internet abbiamo unificato le due cose ed è nato Teleforum» racconta a Lettera43 il titolare di Eustema, Enrico Luciani. «Da qualche anno insieme al Cnr e alla Bicocca ci siamo messi a lavorare sull’area di semantica – prosegue – cioè su come interfacce digitali possano mettere in collegamento il linguaggio umano con il digitale». Quella che si chiama intelligenza artificiale. «In questa fase di improvviso smart working diventa fondamentale dotarsi di strumenti che favoriscano l’organizzazione delle informazioni – prosegue Luciani – la condivisione e la collaborazione, il monitoraggio e il controllo delle attività svolte». Leggi in codici binari.
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