La finale delle Atp Finals tra Jannik Sinner e Novak Djokovic verrà trasmessa in diretta su Rai 1 e non su Rai 2 come originariamente previsto. Così ha deciso Viale Mazzini vista l’importanza del match e l’impresa del tennista italiano, primo nella storia del torneo ad arrivare così in alto. Il palinsesto dell’ammiraglia verrà quindi modificato, con Domenica Inche andrà in onda regolarmente fino alle 17.15 e Da noi… a ruota liberache terminerà alle 17.55 (invece che alle 18.45).
Saltano Reazione a Catena e Affari tuoi per lasciar spazio alla finale delle Atp Finals
Dopodiché il testimone passerà alla diretta dal PalaAlpitour di Torino, con la telecronaca di Marco Fiocchetti supportato in postazione di commento tecnico da Adriano Panatta. Saltano dunque Reazione a Catena e, con ogni probabilità, Affari Tuoi. Anche se tutto dipenderà dalla durata della gara. Il Tg1 dovrebbe andare in onda al termine della partita mentre resta confermata la trasmissione della fiction Lea – I nostri figli.
La decisione dopo i buoni ascolti delle partite precedenti
Il cambio di programmazione è stato deciso anche sulla base dei buoni dati di ascolto registrati dai match giocati da Sinner. Su Rai 2 la semifinale contro il tennista russo Medvedev ha tenuto davanti ai televisori 2 milioni e 370 mila spettatori (18.3 per cento di share). Su Sky Sport la stessa gara ha registrato 819 mila teste con un 5.4 per cento di share. Complessivamente, considerando quindi sia gli ascolti Rai che quelli Sky, si parla di oltre 3 milioni di persone sintonizzate. La partita contro il danese Rune fu seguita da 2 milioni e 581.000 spettatori su Rai 2 e 653 mila su Sky.
«Sono a Ballando con le stelle per vincere». Così parlava al settimanale OggiWanda Nara a poche ore dal suo debutto in pista. E quelli che la aspettavano con i fucili puntati si sono dovuti subito rassegnare: la tanto chiacchierata showgirl argentina ha chiuso la prima puntata del programma del sabato sera di Rai1 al terzo posto. Una settimana dopo tutti i giudici le hanno dato 10 per un totale di 50 punti che le sono valsi la medaglia d’argento solo perché Teo Mammuccari ha ricevuto il ‘tesoretto’. Secondo posto confermato anche nella terza e nella quarta puntata. Risultati che l’hanno catapultata nel ristretto gruppetto dei super favoriti alla vittoria finale. Anzi, nella super favorita secondo gli scommettitori: come riportato da La Gazzetta dello sport, su Gazzabet e Planetwin365 è quotata a 1.85, su Goldbet a 2.00 e su Sisal a 1.50.
Non solo Wanda Nara, Ballando con le stelle è all’insegna delle donne
Segue poi l’altra rivelazione del talent: Simona Ventura che vale 3.00 per Gazzabet, 2.50 per Goldbet, 3.25 per Sisal e 2.65 per PlanetWin365. Medaglia di bronzo invece per Carlotta Mantovan che viaggia a 7.00 su Gazzabet, Goldbet e PlanetWin365 e a 7.50 su Sisal. Insomma, un’edizione all’insegna delle donne per Ballando 2023 che, nonostante lo scontro con il Golia di Canale 5, Tú sí que vales, regge. Certo una piccola flessione rispetto al 2022 c’è stata. Perché, se la stagione iniziata il 21 ottobre 2023 viaggia su una media del 22,2 per cento con 3 milioni e 200 mila persone davanti alla tivù, quella precedente, alla quarta puntata, aveva una media superiore di due punti e circa 300 mila ascoltatori di più.
Gli ascolti premiano comunque Tú sí que vales su Canale 5
Numeri comunque importanti, ma non paragonabili a quelli della corazzata di Maria De Filippi che, nelle quattro settimane di scontro con il programma di Milly Carlucci, ha portato a casa un risultato superiore al 27 per cento con circa quattro milioni di fan alla visione. Certo il percorso di Ballando è ancora lungo: dopo la finale di Tú sí que vales (in palinsesto il 18 novembre), la pista da ballo di Rai1 rimane aperta per altre cinque settimane durante le quali potrebbe alzare la media stagionale.
Gli haters hanno da sempre accusato Wanda di non saper fare nulla
Non è ancora detta l’ultima parola quindi per Wanda Nara e la sua, a oggi, probabile vittoria. Nel frattempo è innegabile come lei sia riuscita a prendersi una serie di rivincite. La prima quella nei confronti degli haters che, negli anni, l’hanno attaccata in qualsiasi modo. In particolare di coloro che l’hanno accusata di non saper far davvero nulla se non gossip. La showgirl argentina sa ballare. Si impegna e si è presa un posto di primo piano in un programma in cui, al netto degli stracci che volano tra alcuni giudici e concorrenti (vedi Selvaggia Lucarelli e Mammucari) o tra gli stessi concorrenti (Mammucari e Antonio Caprarica), quello che dovrebbe contare sono le esibizioni e il talento.
La paura per la leucemia: «Mando un messaggio di normalità ai miei figli»
La marea di punti che ogni settimana riceve e il titolo di super favorita sono anche una sorta di rivalsa anche nei confronti della leucemia che, come ha raccontato a Oggi, sta ancora affrontando: «Da quando l’ho saputo, da quando le infermiere mi sono corse incontro in lacrime, con i risultati in mano, non sono ancora riuscita a “elaborare” questo nome». Il suo impegno a Ballando è supervisionato da Buenos Aires dal suo medico che le dice quello che può e quello non può fare: «Gli sforzi, la tensione, la gara, gli allenamenti: posso sopportare tutto. Sono qui anche per mandare un messaggio di normalità ai miei figli. Vedono che ho grinta, che non sto chiusa in casa, che posso saltare, fare le piroette. Spero capiscano che la mamma è invincibile».
«Se non ti vedono in ospedale moribonda pensano che tu stia bene»
Una malattia, la sua, che è stata su tutti i giornali. E sulla quale, a detta degli haters, la showgirl avrebbe speculato: «Esiste la gente cattiva, non puoi farci nulla. Ai miei cinque bambini sto insegnando a essere forti, voglio che crescano con la corazza che mi sono fatta io. Non ho mai “giocato” con la malattia. Non ho mai parlato di salute, non ho mai detto cos’ho. Il problema è che se non ti vedono “inchiodata” a un letto, in ospedale, moribonda, senza capelli, pensano che tu stia bene. Ma che ne sanno di come sto, delle medicine che prendo, della paura che mi viene quando mi fermo?».
Mauro Icardi e Wanda Nara pronti a tornare (di nuovo) all’altare
A non mancarle, nonostante le cicliche voci di crisi e tradimenti, è il supporto del marito Mauro Icardi: «È stato in grado di realizzare tutto prima di me e si è preso cura di me, mi ha protetto e, allo stesso tempo, si è occupato di portare avanti la routine quotidiana dei bambini mentre mi accompagnava dal medico. Era – ed è – la persona che mi sostiene di più. Una notte, in clinica, mi sono svegliata e l’ho trovato, nelle prime ore del mattino, a cercare la cura per la leucemia e il posto migliore al mondo per curarla, e questo è l’esempio più chiaro di chi è lui», ha spiegato a Gente.
«Nel bel mezzo di un allenamento metteva la sveglia per mandarmi un messaggio: “Non dimenticarti di prendere le medicine”». E quando le hanno chiesto se la malattia li abbia avvicinati di più, lei non ha lasciato spazio ai dubbi: «Ci amavamo già ed eravamo vicini, non c’era bisogno di questo per confermarlo. Ma è vero che si vede quanto sia reale l’impegno che si prende quando ci si sposa di “sostenersi l’un l’altro sia in salute che in malattia”…». Un legame che, secondo quanto svelato da Wanda Nara, potrebbe riportarli all’altare: «Mauro mi ha chiesto di sposarlo di nuovo. Dopo 10 anni insieme! Non abbiamo ancora definito nulla, ma è stato bello ricevere la tua proposta».
Tiki Taka, il Grande Fratello Vip, MasterChef Argentina
Certo, il loro legame, sentimentale e lavorativo, ha spesso esposto la showgirl agli attacchi della stampa e dei social. Vuoi per come è nato: lei era sposata con Maxi Lopez, compagno di squadra di Icardi alla Sampdoria, con quale poi scattò una battaglia fatta di vicendevoli accuse di infedeltà. Vuoi per come si è evoluto: Wanda Nara è diventata anche procuratrice sportiva del secondo marito finendo nel mirino dei tifosi per qualsiasi passo falso della carriera di Maurito. In parallelo lei ha portato avanti la sua carriera televisiva che, iniziata in Argentina con la partecipazione ad alcuni talent, in Italia è passata dal ruolo di co-conduttrice, a fianco di Pierluigi Pardo, di Tiki Taka, quello di opinionista della quarta edizione del Grande Fratello Vip, condotto da Alfonso Signorini. In patria nell’autunno del 2022 è, invece, entrata nella giuria del programma ¿Quién es la máscara?, versione locale de Il cantante mascherato. Un impegno che le è valso il Premio Martín Fierro come rivelazione dell’anno della televisione argentina che l’ha accompagnata direttamente alla conduzione della terza edizione di MasterChef Argentina nell’estate 2023.
Corrado Augias è sì approdato a La7, dove sarà al timone di un programma settimanale in prima serata intitolato La torre di Babele. Ma non dirà del tutto addio alla Rai. Raccogliendo l’invito dell’amministratore delegato Roberto Sergio, il giornalista ha infatti accettato di preparare e condurre 20 puntate del programma La Gioia della Musica, considerando anche il lavoro già svolto dagli autori e gli impegni presi con l’Orchestra Nazionale Sinfonica della Rai. Lo si apprende da una nota di Viale Mazzini.
Si tratta di una decisione a sorpresa, visto il botta e risposta con il direttore generale Rossi
Si tratta di un clamoroso dietrofront dopo l’addio al veleno che si è (o meglio era) consumato. Augias, prendendosela con il governo Meloni, «approssimativo e incompetente», nonché in grado di produrre «il massimo di efficienza nella progressiva distruzione della Radiotelevisione italiana», aveva detto addio alla Rai rendendosi protagonista di un un caldissimo botta e risposta con il direttore generale Giampaolo Rossi. «Se la Rai è sopravvissuta all’addio di Pippo Baudo, sopravviverà anche a quello di Augias», aveva detto quest’ultimo nel corso di un’audizione in commissione Cultura alla Camera, aggiungendo: «Il nostro obiettivo non è salvaguardare lo stipendio di Augias, ma occuparci di 12 mila dipendenti». Dalle pagine di Repubblica, il giornalista aveva risposto: «Le parole con le quali il direttore generale della Rai Giampaolo Rossi ha commentato la mia uscita dall’azienda sono così improprie da suonare come smarrite, gravate per di più da un’ombra di volgarità», sottolineando di non aver mai parlato di soldi. E poi aveva rincarato la dose: «Un alto dirigente dovrebbe trovare il modo di polemizzare senza però lasciarsi andare all’ingiuria. Rispondere nel merito non è impossibile se si ha netta coscienza del proprio operato e delle proprie scelte culturali». Ora la marcia indietro.
Si chiude un’era. In occasione della puntata trasmessa su Rai Uno la scorsa domenica, 18 giugno, Flavio Insinna ha detto ufficialmente addio ai milioni di telespettatori che fin dal 2018 seguivano fedeli L’Eredità, l’amato quiz che ha condotto negli ultimi 5 anni.
Il saluto commosso di Flavio Insinna a L’Eredità
Appena entrato in studio, il pubblico ha accolto Flavio Insinna con un fragoroso applauso. Terminati i convenevoli, il presentatore ha dichiarato: «Famiglia, è l’ultima puntata della stagione. Grazie, grazie, grazie a tutti. In tutte le lingue del mondo. Grazie alla famiglia de l’Eredità». A questo punto il pubblico presente in studio gli ha regalato una standing ovation, alla quale Insinna ha risposto, commosso: «Basta non si può fare. Grazie famiglia, questa dal vivo e quelle nelle case. In Italia e nel mondo. Grazie con tutto il cuore, mi imbarazzo».
A fine puntata, inoltre, Flavio Insinna ha ripreso con i ringraziamenti, rivolgendosi alla società di produzione Banijay ma ricordando anche tutto quello che lui e gli spettatori hanno vissuto negli ultimi anni, dalle «puntate più corte» ai Mondiali di calcio passando per la guerra in Ucraina tuttora in corso. Qui il video con i saluti finali di Insinna.
Il futuro dell’Eredità: spunta l’ipotesi Pino Insegno
Da ormai diverso tempo si vocifera che molto presto Rai Uno avrà un nuovo volto di punta, quello di Pino Insegno, vicino agli ambienti meloniani. Stando alle ultime indiscrezioni apparse su Dagospia riportate da Giuseppe Candela, sembra che il testimone dell’Eredità sarà preso proprio da Insegno, a partire dal prossimo 1° gennaio 2024.
In base alle ultime indiscrezioni, tra l’altro, Pino Insegno potrebbe ricevere ben presto in Rai uno spazio ancor maggiore. Parlando del futuro di Insegno il giornale di Roberto D’Agostino ha riportato: «C’è chi ipotizza un ritorno alla fiction ma anche uno show in prime time su Rai 1, uno spettacolo in qualche modo legato al mondo della tv. Lavori in corso».
Ancora pochissime ore e i telespettatori di Mediaset scopriranno chi sarà il vincitore dell‘Isola dei Famosi 2023. La finale in onda lunedì 19 giugno vedrà trionfare un naufrago fra i concorrenti rimasti in gara, ovvero Pamela Camassa, Andrea Lo Cicero, Marco Mazzoli, Cristina Scuccia, Luca Vetrone, Alessandra Drusian, ecco chi tra di loro potrebbe portarsi a casa la vittoria finale e tutte le anticipazioni.
Le anticipazioni sulla finale dell’Isola dei Famosi 2023
La puntata andrà come sempre in onda su Canale 5 a partire dalle 21:30 circa. Nel corso della serata gli spettatori scopriranno prima di tutto chi ha avrà avuto la peggio all’ultimo televoto di questa edizione tra i nominati Cristina Scuccia e Luca Vetrone. I naufraghi ancora in gara, inoltre, non si aspettano che all’ultimo rientrerà in gara anche un altro elemento, ovvero Alessandra Drusian, rimasta in questi giorni sull’Ultima Spiaggia.
Rispetto all’episodio in onda a breve, inoltre, già sappiamo che i concorrenti rimasti in gara potranno finalnente riabbracciare i loro affetti più cari, volati in Honduras proprio in occasione di questa tanto attesa finale. Vale, infine, ricordare che c’è il fantasma del meteo che aleggia sulla diretta: l’inviato Alvin ha tenuto a sottolineare che le previsioni per le prossime ore sull’Isola non sono delle migliori, raccontando: «Domani la finale, oggi le prove della finale. Però, le previsioni non sono per niente belle. Oggi sta iniziando già a essere nuvoloso, c’è mare grosso. Le previsioni per domani non sono buone. Quindi ci stiamo preparando per questo. Dopo due mesi e mezzo che siamo qui e ne abbiamo vissute di ogni, anche molto brutte, facciamo la finale col sole? No. Poi non è detta l’ultima parola, ma le previsioni sono catastrofiche. Quindi vedremo, sarà un’avventura anche domani, come ogni giorno. Non vediamo l’ora. La diretta della finale sarà una diretta importante, piena di emozioni, ancora più delle altre dirette. Anche perché è l’ultima, è finita questa avventura».
I pronostici: Marco Mazzoli vincitore annunciato?
A breve distanza temporale dalla finale dell’Isola i principali siti di scommesse, come per esempio SNAI, puntano tutti a un solo nome per quanto riguarda il possibile vincitore: è quello di Marco Mazzoli, entrato in gara al fianco del collega dello Zoo di 105 Paolo Noise, ritiratosi dal gioco per motivi di salute.
Il panorama editoriale televisivo italiano sembra una maionese impazzita. A livello di retroscena, più o meno smentiti, si rincorrono voci d’ogni sorta: Cairo-Rcs che secondo Dagospia sarebbe interessato ad acquistare Mediaset con una cordata di imprenditori, approfittando dell’inevitabile tramonto di Silvio Berlusconi; il gruppo Discovery che potrebbe a sua volta fiondarsi sul Biscione o che (in alternativa?) starebbe lavorando alla fusione tra Nove e La7. In ogni caso, il broadcaster che vanta 17 canali, oltre a Discovery+, tra cui Real Time, Food Network e soprattutto Nove, è sugli scudi in queste ore dopo il trasloco di Fabio Fazio e della squadra di Che Tempo Che Fa, “epurati” dalla nuova Rai targata Meloni.
Il vero regista del trasloco di Fazio a Nove guidato da Araimo è Beppe Caschetto
Un passaggio che, secondo molti, accredita in prospettiva proprio Nove quale nuovo canale generalista in competizione con i principali che normalmente scorriamo sul nostro telecomando. Dopo la migrazione di Maurizio Crozza, l’accordo con Fazio è il secondo “colpo” che fa rumore per l’azienda della Warner Bros che in Italia è guidata da Alessandro Araimo, un passato in Fininvest nel suo ricco curriculum. Ma il vero demiurgo dietro le quinte dell’operazione, il nome che collega la satira non allineata all’intrattenimento dei “Belli ciao” sbeffeggiati da Matteo Salvini è quello di Beppe Caschetto, agente che non casualmente rappresenta gli interessi professionali sia di Crozza che di Fazio. E non solo. Basti pensare al gruppo di giornalisti che fa capo al Fatto Quotidiano: Marco Travaglio, Andrea Scanzi e Peter Gomez animano una piattaforma tv, Loft, i cui contenuti vanno proprio su Nove. E guarda caso si tratta di firme ospiti con regolarità nei vari talk de La7. Del gruppo faceva parte anche Francesca Fagnani con il suo Belve, prima di passare in Rai: la giornalista è anche compagna di Enrico Mentana, direttore del telegiornale della stessa emittente di Urbano Cairo.
La scuderia del “Richelieu della tv” e i link tra Nove e La7
Dunque, i link che tengono insieme La7 e la Nove sono molto stretti. E Caschetto ne è protagonista di default, data la grande e capillare rete di artisti, giornalisti e autori tv che a lui fanno capo. Tutto iniziò 30 anni fa con Alba Parietti, ma oggi i nomi illustri in bouquet spaziano da Virginia Raffaele a Sabrina Ferilli, da Stefano De Martino ad Andrea Delogu, da Geppi Cucciari a Luca e Paolo, senza dimenticare Enrico Brignano, Maurizio Lastrico, Pif, Neri Marcorè, Brenda Lodigiani, Geppi Cucciari, Fabio Volo e Alessia Marcuzzi, quest’ultima ormai da 30 anni. Ma l’elenco potrebbe continuare: in portfolio c’è anche l’altro nome celebre di Che Tempo Che Fa, Luciana Littizzetto, oltre a Federico Russo, Enrico Bertolino, Maddalena Corvaglia o Miriam Leone per la sola carriera televisiva. E poi i giornalisti: Roberto Saviano, Lucia Annunziata, Giovanni Floris, Lilli Gruber, Corrado Formigli, Massimo Gramellini, Cristina Parodi, Salvo Sottile, Ilaria D’Amico, Daria Bignardi, Luca Telese, Enrico Lucci, Mia Ceran, Roberta Rei, Alice Martinelli, Domenico Iannaccone. E in passato anche Nicola Porro, che ora potrebbe sbarcare trionfante in Rai, magari proprio al posto di Fazio (ma Mediaset vuole tenerselo stretto). Non manca poi qualche autore tv di prestigio, come il braccio destro dello stesso Crozza, Andrea Zalone, e una delle “menti” sia di Crozza che di Fazio, Piero Guerrera che ha lavorato con gli stessi Luca e Paolo e Cucciari, oltre ad aver scritto per la coppia comica Ale e Franz che lo stesso Caschetto ha prodotto in teatro. Come si vede dai nomi, il talent scout emiliano, classe 1957, ha in mano un bel pezzo dei palinsesti Rai, ma forse è persino più “invasivo” nell’informazione de La7. Adesso sta lavorando dietro le quinte alla costruzione della Nove e l’arrivo di Fazio-Littizzetto (con i loro ospiti fissi della scuderia, da Saviano a Brignano) è un pezzo di questa strategia. Un tempo i fuoriusciti Rai erano tutti destinati ad approdare dalle parti di Cairo. Ora il vento potrebbe cambiare? Singolare coincidenza: la presidente della tv pubblica, Marinella Soldi, è stata in passato Ceo di Discovery. Oggi il suo voto è stato decisivo per il via libera al nuovo assetto meloniano in Rai e una fonte di Viale Mazzini chiosa: «Non farà resistenza perché tra l’altro è di area renziana e a Renzi non dispiace il nuovo vento che spira».
Il dominio di Caschetto, Presta, Ballandi e l’autoregolamentazione di Salini rimasta lettera morta
In tutti i casi c’è molto lavoro per la bolognese Itc 2000, azienda di famiglia Caschetto: una quindicina di dipendenti, appartiene a Beppe per il 70 per cento, mentre il restante 30 è diviso tra la moglie Rossana Mignani e la figlia Federica. Il fatturato 2021 è a quota 3,3 milioni di euro, in calo rispetto ai 4,6 milioni del 2019, ma i numeri non restituiscono il senso dell’influenza esercitata dal “Richelieu della tv”, come Caschetto viene definito. Un potere condiviso con l’altro grande curatore delle star, Lucio Presta, e con la società Ballandi che fu fondata dal celebre Bibi, scomparso cinque anni fa. Vedremo adesso a quali riassetti porterà il cambio di stagione in Rai. Certo, a Viale Mazzini ricordano come appaia lettera morta l’autoregolamentazione che risale ai tempi dell’ad Fabrizio Salini, secondo cui ciascun agente esterno non dovrebbe rappresentare più del 30 per cento degli artisti di una stessa produzione e non potrebbe curare gli interessi di personaggi tv impegnati in trasmissioni da lui prodotte. Insomma, Tele-Caschetto o Tele-Presta, c’è da giurarci, continueranno a farla da padroni.
Retromarcia di Viale Mazzini: la giornalista salirà sul palco dell'Ariston con un monologo dedicato alla violenza contro le donne. Si chiude il caso legato ai presunti veti alla sua partecipazione.
Ennesimo dietrofront a Viale Mazzini. Rula Jebreal sarà al Festival di Sanremo. La notizia, confermata da una nota pubblicata dalla Rai, si è diffusa al termine di un vertice che ha visto partecipare l’amministratore delegato Fabrizio Salini, la direttrice di RaiUno Teresa De Santis e il conduttore Amadeus. La giornalista salirà sul palco dell’Ariston con un suo monologo dedicato alla violenza contro le donne.
CONFERMATO L’INTERO CAST DI OSPITI
Si chiude così il caso dell’esclusione che la stessa Jebreal aveva attribuito a un veto di Matteo Salvini o ai vertici Rai di area sovranista. In difesa della giornalista si era schierata in particolare Italia viva, con interrogazioni parlamentari e denunce. Nel corso della riunione di aggiornamento sulla 70esima edizione del Festival è stato confermato l’intero cast di ospiti proposto dal direttore artistico Amadeus che sarà presentato nel corso della conferenza stampa del prossimo 14 gennaio.
Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it
L'annuncio dato da Amadeus ha infiammato Twitter, ancora caldo dopo il no di Viale Mazzini alla partecipazione di Rula Jebreal.
Rita Pavone sul palco del Festival di Sanremo. E no, non è un frammento di Techetechete. Com’era prevedibile, l’annuncio dato in diretta dal direttore artistico della kermesse Amadeus durante I soliti ignoti – Speciale Lotteria Italia ha riscaldato i soliti social ancora bollenti dopo le porte chiuse da Viale Mazzini a Rula Jebreal.
LA TEMPESTA SUI SOCIAL
Già pronto il jingle per il ritorno all’Ariston dopo 48 anni della Gianburrasca della tivù italiana ormai giunta alle 74 primavere: «Viva la pa-pa-patria col po-po-po-po-po-pulismo», c’è chi scherza in Twitter.
Per qualche utente il bilancio è pronto: più che il reddito di cittadinanza, poté la fede sovranista.
I TWEET FILO-SOVRANISTI
In effetti alcune uscite social di Rita Pavone hanno fatto parecchio discutere. A partire dalla polemica innescata contro i Pearl Jam che nel loro ultimo live in Italia, il 26 giugno 2018, cantando Imagine di John Lennon avevano chiesto con tanto di hashtag di aprire i porti. Pavone non ci ha più visto e condividendo il servizio dedicato alla loro performance se ne era uscita con un: «Ma farsi gli affari loro no?».
«E il mio: “Ma farsi gli affari loro, no ?”, era inteso come: “Con tutte le rogne che hanno a casa loro negli USA, vengono a fare le pulci a noi?», aveva cinguettato. «Puoi essere il più grande artista del mondo, ma ciò non toglie che sei un ospite e come tale dovresti comportarti. Amen».
Una presa di posizione che fece guadagnare alla signora del Geghegè il plauso dell’allora ministro degli Interni Matteo Salvini in persona. «Onore a Rita Pavone, che non si inchina al pensiero unico!».
Per questo ora c’è chi consiglia ad Amadeus di invitare come super ospiti proprio i Pearl jam.
LA GAFFE CON GRETA THUNBERG E LE SCUSE
Più recentemente Pavone, che retwitta Salvini e Lorenzo Fontana, se l’era presa pure con Greta Thunberg. «Quella ‘bimba’ con le treccine che lotta per il cambio climatico, non so perché ma mi mette a disagio. Sembra un personaggio da film horror…», aveva twittato la cantante. Salvo poi fare retromarcia. «Ho fatto una gaffe enorme perché non sapevo che avesse la sindrome di Asperger, nessuno l’ha mai detto in televisione». Detto questo aveva risposto agli attacchi con un: «Cosa vogliono? Che mi impicchi o che mi che mi tagli le vene? Non pensavo di creare questo scompiglio, se qualcuno ha detto una battuta in più non l’ho detta io. È diventato un mondo di lupi».
Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it
A poco più di un mese dall'inizio del Festival, manca ancora un accordo fra tutti i soggetti coinvolti. E la Federazione industria musicale italiana potrebbe decidere di non far partecipare i propri artisti. Il retroscena.
Dopo l’eloquente passaggio sulla Rai da parte del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ha rammentato ruolo e funzioni del servizio pubblico, il 2020 della tivù di Stato non è iniziato bene. Stavolta la grana si chiama Sanremo ed è scoppiata a poco più di un mese dall’inizio del Festival, da sempre punto di forza della Rai e della sua rete ammiraglia.
RIUNIONE AD ALTA TENSIONE
Secondo quanto risulta a Lettera43, il 23 dicembre si è tenuta una riunionemolto tesa, coordinata via telefono dal Direttore generale Corporate Alberto Matassino, per tentare di recuperare e risolvere l’ultima crisi nata in azienda: si tratta del nuovo regolamento della kermesse musicale. Su alcune delle regole legate ai diritti dei cantanti che si esibiranno, non è stato ancora trovato l’assenso di tutti i soggetti coinvolti.
In particolare la Fimi (Federazione industria musicale italiana), per bocca del suo presidente Enzo Mazza, non avrebbe ancora dato il semaforo verde al nuovo regolamento, in quanto non sarebbero state soddisfatte alcune sue richieste. Da qui l’ipotesi di non far partecipare i cantanti legati alla Federazione. Sono ore convulse e di comprensibile agitazione, perché il Festival in questo momento è privo di un regolamento ufficiale che stabilisca con chiarezza le regole della competizione.
Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it
La serie creata da Matt Groening ha debuttato il 17 dicembre 1989. Da allora ha conquistato il mondo diventando un cult. Ecco il nostro modo di celebrare Homer & Co.
Trenta anni de ISimpson: il 17 dicembre 1989 sbarcava in prima serata nelle tivù americane il cartoon firmato da Matt Groeninge James L. Brooks destinato a entrare nella storia.
A fine novembre però un’indiscrezione ha fatto tremare i polsi ai fan: il compositore Danny Elfman, autore della sigla, in una intervista al sito Joe ha lasciato intendere che la serie sarebbe agli sgoccioli. «Da quello che ho sentito», sono state le sue parole, «si avvicina la fine». Aggiungendo che la prossima stagione potrebbe essere l’ultima.
Notizia presto smentita dal produttore esecutivoAl Jean: «Stiamo realizzando la 32esima stagione, non ci sono piani per fermarci». Rasserenati dalla smentita, celebriamo il 30ennale della famiglia gialla di Springfield con 10 curiosità.
1. IL LIBRO CELEBRATIVO DI FINK
I Simpson. Trent’anni di un mito di Moritz Fink è arrivato puntuale in libreria come regalo di compleanno. Il libro (Leone Editore) ripercorre la storia della famiglia che ha fatto da apripista a diverse serie a cartoni come I Griffin, South Park o Bob’s Burger. Questo di Fink non è certo il primo libro che analizza il successo del cartoon. Nel 2012 uscì La vera storia dei Simpson – La famiglia più importante del mondo di John Ortved.
2. L’EPISODIO PILOTA DEDICATO AL NATALE
Era dedicato al Natale l’episodio pilota che andò in onda in America il 17 dicembre 1989 sul canale Fox. Si intitolava Simpson Roasting on an Open Fire, in italiano Un Natale da Cani: 30 minuti di spasso puro, con Homer alle prese con la tredicesima tagliata dal malvagio Signor Burns.
3. DAL FUMETTO ALLA TIVÙ
In realtà, prima di diventare una serie indipendente nel 1989, I Simpson apparvero come cortometraggio animato nel 1987, all’interno del Tracey Ullman Show come adattamento del fumetto underground settimanale Life in Hell ideato da Groening.
4. LA CRITICA DI GEORGE BUSH
I Simpson furono presi di mira dal presidente degli Stati Uniti George Bush che disse di «voler continuare a rafforzare la famiglia americana, renderla più come i Walton e meno come i Simpson». Lo show, neanche a dirlo, continuò con success. E mentre oggi tutti sanno chi sono Bart, Marge, Lisa o Maggie, quasi tutti googolano ‘Walton’ in cerca di lumi.
5. UNA FAMIGLIA PIÙ TRADIZIONALE DI QUELLO CHE SI POSSA PENSARE
Nel saggio di Paul A. Cantor nel libro I Simpson e la filosofia (Isbn Edizioni) la famiglia di Springfield è definita «ri-creazione post moderna della prima generazione delle sit-com familiari televisive». È ovvio, è il ragionamento, «che non si tratti di un semplice ritorno agli Anni 50 ma il programma fornisce elementi di continuità che lo rendono molto più tradizionale di quello che si possa pensare».
Non è trascurabile il fatto che i Simpson vivano in una cittadina di provincia. «Nonostante lo show si incentri sulla famiglia nucleare», si legge nel saggio, «mette in relazione la famiglia con le grandi istituzioni della vita americana, con la Chiesa, la scuola e persino le stesse istituzioni politiche, come il governo municipale». E anche i Simpson se ne fanno beffe, facendole sembrare ridicole e prive di valore, il cartoon riconosce la loro importanza rispetto alla famiglia. Anche l’avversione di Bart alle regole sotto sotto rispetta l’«archetipo americano» visto che gli Usa sono fondati su un «atto di ribellione».
6. LA VERA SPRINGFIELD
La cittadina in cui vivono i Simpson, come tutti sanno, è Springfield. Matt Groening ha dichiarato di averla chiamata così proprio perché è un nome piuttosto comune negli States. Per questo, nello spettatore scatta facilmente l’identificazione. Ma Springfield – si è scoperto solo in seguito – è anche la città natale dello stesso Groening. La Spingfield di Groening oggi – grazie ai Simpson – è diventata davvero la Springfield di tutti.
7. UN PALMARES DA RECORD
Nella loro trentennale carriera, i Simpson hanno collezionato un ricco bottino di premi. Il Time li ha definiti la «Miglior serie tivù del secolo»; l’Economist ha scritto che «un qualsiasi fenomeno può dirsi entrato nella cultura di massa solo dopo che è stato rappresentato satiricamente nei Simpson». Del resto, nel suo curriculum, la famiglia gialla vanta 31 Primetime Emmy Awards, 30 Annie Awards e un Peabody Awards. Potevano mai mancare i Simpson sulla Walk of Fame di Hollywood? Certamente no. Ed ecco che Homer&Co si sono beccati la stella. La loro popolarità è sempre stata ripagata dagli ascolti, seppure oggi nettamente inferiori rispetto all’inizio: negli anni 90 veleggiavano su una media di 20 milioni.
8. LA TRASFORMAZIONE DEI PERSONAGGI NEGLI ANNI
Dall’inizio della serie a oggi i personaggi dei Simpson sono parecchio cambiati, sia caratterialmente sia graficamente. I protagonisti hanno acquisito maggiore rotondità. E Homer, in particolare, è lentamente diventato più pigro che irascibile.
9. LA PASSIONE PER LA SCIENZA
Uno degli aspetti più affascinanti della serie sono i tanti rimandi a teoremi, missioni spaziali, e argomenti di attualità tecnico-scientifica. Non a caso fra gli autori della serie ci sono laureati in matematica e fisica. Sull’argomento sono usciti anche due volumi:La formula segreta dei Simpson: Numeri, teoremi e altri enigmi di Simon Singh (Rizzoli, 2014) e La scienza dei Simpson. Guida non autorizzata all’universo in una ciambella di Marco Malaspina (Sirone Editore, 2015). Per lettori un po’ geek.
10. UN ESERCITO DI GUEST STAR
Tante, tantissime le guest star della serie: si parla di più di 600. Da Meryl Streep a Liz Taylor, da Dustin Hoffman a Michelle Pfeiffer passando per Micheal Jackson, Susan Sarandon, Gleen Glose, Katy Perry, Tom Hanks, Ron Howard, Stephen King, tanto per citarne alcuni. Tra i no più eclatanti Bruce Springsteen e Clint Eastwood.
Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it
Il simbolo del Cagliari nell'anno del centenario protagonista della mini docu-serie in onda su Sky. Una storia di resistenza e riservatezza. Che restituisce un'immagine inedita di uno dei più grandi bomber della storia.
Raccontare Gigi Riva non è cosa semplice. Di lui, del suo sinistro potentissimo, dei 35 gol in 42 presenze con la Nazionale, di quello scudetto assurdo conquistato 49 anni e mezzo fa col Cagliari, si è detto e scritto di tutto. Per farlo bisogna lavorare di cesello, andare per sottrazione, scavare in profondità, trovare una chiave originale. Federico Buffa lo ha fatto, partendo dai luoghi della sua vita e dai rapporti interpersonali, dai volti di chi gli è stato vicino e di chi, invece, con la sua assenza, ha saputo avere un peso enorme sulla sua formazione.
IL VUOTO MAI COLMATO DELLA SCOMPARSA DEI GENITORI
#SkyBuffaRacconta Gigi Riva, la mini docu-serie in due parti il cui primo episodio va in onda il 13 dicembre alle 21, approccia la vita di un campione partendo dal legame con la madre persa a 16 anni, da una mancanza che si è sommata a un’altra, quella del padre morto quando di anni Riva ne aveva solo nove, lasciando spazio a un vuoto mai del tutto colmato. Riva, il fioeu che alla fine dell’estate scappa sul fico per non tornare al collegio di Viggiù in cui è costretto per tre anni dopo la morte del padre, influenza l’evoluzione di Riva, il fuoriclasse che ha scritto il suo nome nella storia del calcio italiano.
UN SAGGIO DI RESISTENZA ATTRAVERSO LE GENERAZIONI
E se raccontare Riva è un’impresa, farlo rivolgendosi a un pubblico di 15enni-20enni lo è ancora di più. Che cosa può dire, ai giovani di oggi, una storia in bianco e nero di mezzo secolo fa? Cosa può raccontare un campione così distante dai modelli attuali, dalle ribalte social, dai divismi contemporanei? «Credo che ci siano dei valori eterni nella storia del genere umano», spiega Buffa, «come la capacità di reagire al destino, e la storia di Gigi Riva vale in eterno per la capacità che ha avuto di reagire alle situazioni negative come quelle che gli veniva proposte dalla sua vita». Valori di «un’Italia diversa e che si aiutava di più».
DALLA VOGLIA DI SCAPPARE ALLA SCELTA DI RESTARE PER SEMPRE
Cose come perdere due genitori, perdere il proprio paese e il proprio lago, ritrovarsi all’improvviso in una terra sconosciuta e temuta, in un’isola per gran parte senza illuminazione artificiale, in un aeroporto collegato alla città più importante e vicina da una strada ancora in gran parte sterrata. Cose come pensare di voler scappare e poi, quasi all’improvviso, decidere di restare per non andare più via, dopo essersi reso conto che quel mare non è poi così distante dal lago sulle sponde del quale si è cresciuti.
IL PALLONE PER DESCRIVERE CIÒ CHE LE PAROLE NON DICONO
In mezzo c’è il pallone, sì, ma appare solo un accessorio attraverso cui raccontare tutto ciò che le parole non dicono, ma che può essere espresso con un’alzata di spalle o una smorfia dell’estremità sinistra delle labbra. Riva è un uomo di poco parole, lo è sempre stato, per questo quelle poche che vengono inserite dentro al racconto di Buffa hanno un peso specifico particolare e suonano preziose come l’oro. Uno storytelling costruito di «ciò che si fa, non di ciò che si dice».
L’EMOZIONE NEL RACCONTO DI BUFFA
C’è un’emozione diversa, stavolta nella voce di Buffa: «Racconto solo storie che vorrei raccontare, non quelle che non mi piacciono. Ci metto sempre una componente personale, in questo caso anche troppa, forse». Perché il piccolo Federico, cresciuto a qualche centinaia di metri di distanza dalla casa di Leggiuno di Riva, ogni pomeriggio d’estate scappava con la bicicletta per recarsi sotto il suo balcone, aspettando che uscisse a fumare per avere il privilegio di osservarlo soltanto, quell’uomo che un gol dopo l’altro, un silenzio dopo l’altro, scriveva la sua leggenda.
GLI ANEDDOTI INEDITI RIVELATI DALLA SORELLA E DAL FIGLIO
Lo guardava senza parlarci mai. e ancora oggi, nonostante tutto, non l’ha mai incontrato ed è felice di non averlo fatto perché «diversamente mi avrebbe intimidito con la sua presenza». A fornirgli il materiale per aneddoti inediti e aspetti ancora inesplorati della vita di Rombo di Tuono sono stati gli amici e i parenti più stretti, la sorella Fausta o il figlio Nicola, presente all’anteprima per poter dire alla fine: «Pensavo di conoscere la vita di mio padre e invece non la conoscevo ancora tutta».
PRESIDENTE ONORARIO NELL’ANNO DEL CENTENARIO
Ed è la sensazione che si ha pur essendoci cresciuti dentro a quel mito, in un’isola e una città in cui uno scudetto di 50 anni fa è tramandato oralmente come l’epica di un tempo e l’uomo che l’ha portato è venerato come una semidivinità pagana vivente, presente eppure allo stesso tempo distante, come un dio dell’Olimpo che sempre più di rado scende tra la gente. Una mistica alimentata da una vita pubblica ormai quasi inesistente, perché «papà», racconta il figlio Nicola, «è tornato sul fico». Eppure ne scenderà ancora, almeno una volta, per diventare presidente onorario del Cagliari il 18 dicembre e coronare così l’anno del centenario del club e del cinquantenario dello scudetto. Una storia che ha scritto in prima persona e che non può certamente esimersi dal suggellare.
Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it
Dopo l'ultimatum di Damasco alla messa in onda del servizio curato da Monica Maggioni, la stampa filo-governativa lancia nuove accuse: «Media italiani sottomessi agli Stati Uniti»
Non si placano le polemiche sulla mancata trasmissione dell’intervista realizzata da Monica Maggioni al presidente siriano Bashar al Assad, a breve distanza dall’ultimatum col quale Damasco ha concesso 48 ore alla Rai per la messa in onda del documento. A insorgere ora sono anche i media filo-governativi del regime siriano, che hanno accusato viale Mazzini di sottomissione agli Stati Uniti dietro la scelta di non provvedere alla trasmissione dell’intervista.
«SOTTOMISSIONE ALLA VOLONTÀ AMERICANA»
Al Watan ha infatti titolato in prima pagina “Un canale tv di notizie italiano rifiuta di trasmettere un’intervista con il presidente”. Per il giornale si tratta di una «sottomissione, in un modo o nell’altro, alla volontà americana e ai suoi progetti distruttivi».Il quotidiano in questione è di proprietà di Rami Makhlouf, cugino di Assad, che ha accusato esplicitamente la Rai di aver «avuto paura delle parole di verità del presidente Assad». «L’atto commesso dalla tv italiana», prosegue il pezzo, «rivela l’entità del coinvolgimento dei media occidentali nella cospirazione contro i siriani».
Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it
Il rapper, intervistato da Peter Gomez a La confessione sul Nove, ha rivelato di averlo scoperto facendo una risonanza magnetica.
Fedez rischia di ammalarsi di sclerosi multipla, ma per ora sta bene. Il rapper, intervistato da Peter Gomez a La confessione sul Nove, ha rivelato di essersi sottoposto a una risonanza magnetica durante la quale «mi è stata trovata una cosa chiamata demielinizzazione nella testa, che è quello che avviene quando hai la sclerosi multipla».
Si tratta di una «piccola cicatrice bianca, sono dovuto restare sotto controllo perché, clinicamente, quello che mi hanno riscontrato è una sindrome radiologicamente verificata». Una scoperta che lo avrebbe portato a ridefinire le priorità della sua vita: «Questo è stato per me il motivo di iniziare un percorso per migliorare e per scegliere le mie battaglie».
Su Instagram, Fedez ha comunque voluto rassicurare i suoi fan: «Ho visto che sono già usciti tanti articoli, alcuni con dei titoli molto allarmanti. Purtroppo o per fortuna (dipende dai punti di vista) sto bene. Vi chiedo di guardare l’intervista completa. Quello che dico non si riesce a riassumere in un titolo. Ribadisco che sto bene».
Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it
Il rapper, intervistato da Peter Gomez a La confessione sul Nove, ha rivelato di averlo scoperto facendo una risonanza magnetica.
Fedez rischia di ammalarsi di sclerosi multipla, ma per ora sta bene. Il rapper, intervistato da Peter Gomez a La confessione sul Nove, ha rivelato di essersi sottoposto a una risonanza magnetica durante la quale «mi è stata trovata una cosa chiamata demielinizzazione nella testa, che è quello che avviene quando hai la sclerosi multipla».
Si tratta di una «piccola cicatrice bianca, sono dovuto restare sotto controllo perché, clinicamente, quello che mi hanno riscontrato è una sindrome radiologicamente verificata». Una scoperta che lo avrebbe portato a ridefinire le priorità della sua vita: «Questo è stato per me il motivo di iniziare un percorso per migliorare e per scegliere le mie battaglie».
Su Instagram, Fedez ha comunque voluto rassicurare i suoi fan: «Ho visto che sono già usciti tanti articoli, alcuni con dei titoli molto allarmanti. Purtroppo o per fortuna (dipende dai punti di vista) sto bene. Vi chiedo di guardare l’intervista completa. Quello che dico non si riesce a riassumere in un titolo. Ribadisco che sto bene».
Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it
L'influencer guardando foto fake di una campagna pubblicitaria ha sbottato: «Io per 80 mila euro non mi alzo nemmeno dal letto al mattino e mi pettino». Poi sempre su Instagram ha chiarito: «Mai sputerei sul denaro anche perché lavoro e mi mantengo da 10 anni».
«Io per 80 mila euro non mi alzo nemmeno dal letto al mattino e mi pettino». La boutade di Chiara Biasi, influencer da 2,4 milioni di follower su Instagram, durante uno scherzo delle Iene ha scatenato un putiferio in Rete.
«Questo è uno schiaffo a gente che si alza alle 3 di notte per andare a lavorare e portare a casa 1000 euro stentati, in molti casi anche di meno. Vergognoso», ha twittato Daisy.
Biasi nello scherzo organizzato dalla trasmissione Mediaset appariva in alcuni scatti fake in pose decisamente poco glamour. Su tutti, uno mentre surfa su un enorme assorbente. «Questa cosa mi danneggia», ha sbottato Biasi, «è un danno di immagine enorme. Ok, accetto di andare su un assorbente, ma per 80 mila euro? Io per 80 mila euro manco mi alzo la mattina e mi pettino».
LE CAMPAGNE PER DEFOLLOWARE CHIARA BIASI
Molti su Twitter hanno lanciato campagne di boicottaggio o, meglio, di “defolowizzazione” dei profili dell’influencer. E anche chi come don Tonio, parroco di Capurso, nel Barese, ha commentato: «Ho scoperto che esiste @chiarabiasi e la mia vita non è più la stessa. Chiara, facciamo che per 80.000€ mi alzo io al posto tuo? Mi servono per lavori alla Parrocchia. Tanto non ho manco i capelli da pettinarmi. E tu continui a dormire».
LA RISPOSTA: «MAI SPUTEREI SUL DENARO»
Biasi ha risposto alla valanga di critiche con una story su Instagram: «Ragazzi state molto sereni per cortesia che mai sputerei sul denaro anche perché lavoro e mi mantengo da 10 anni», ha detto. «Quello che intendevo io è che per quella cifra non sarei mai voluta diventare famosa per stare seduta su un water appesa al Duomo o per volare su un assorbente».
Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it
L'influencer guardando foto fake di una campagna pubblicitaria ha sbottato: «Io per 80 mila euro non mi alzo nemmeno dal letto al mattino e mi pettino». Poi sempre su Instagram ha chiarito: «Mai sputerei sul denaro anche perché lavoro e mi mantengo da 10 anni».
«Io per 80 mila euro non mi alzo nemmeno dal letto al mattino e mi pettino». La boutade di Chiara Biasi, influencer da 2,4 milioni di follower su Instagram, durante uno scherzo delle Iene ha scatenato un putiferio in Rete.
«Questo è uno schiaffo a gente che si alza alle 3 di notte per andare a lavorare e portare a casa 1000 euro stentati, in molti casi anche di meno. Vergognoso», ha twittato Daisy.
Biasi nello scherzo organizzato dalla trasmissione Mediaset appariva in alcuni scatti fake in pose decisamente poco glamour. Su tutti, uno mentre surfa su un enorme assorbente. «Questa cosa mi danneggia», ha sbottato Biasi, «è un danno di immagine enorme. Ok, accetto di andare su un assorbente, ma per 80 mila euro? Io per 80 mila euro manco mi alzo la mattina e mi pettino».
LE CAMPAGNE PER DEFOLLOWARE CHIARA BIASI
Molti su Twitter hanno lanciato campagne di boicottaggio o, meglio, di “defolowizzazione” dei profili dell’influencer. E anche chi come don Tonio, parroco di Capurso, nel Barese, ha commentato: «Ho scoperto che esiste @chiarabiasi e la mia vita non è più la stessa. Chiara, facciamo che per 80.000€ mi alzo io al posto tuo? Mi servono per lavori alla Parrocchia. Tanto non ho manco i capelli da pettinarmi. E tu continui a dormire».
LA RISPOSTA: «MAI SPUTEREI SUL DENARO»
Biasi ha risposto alla valanga di critiche con una story su Instagram: «Ragazzi state molto sereni per cortesia che mai sputerei sul denaro anche perché lavoro e mi mantengo da 10 anni», ha detto. «Quello che intendevo io è che per quella cifra non sarei mai voluta diventare famosa per stare seduta su un water appesa al Duomo o per volare su un assorbente».
Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it
Dopo le polemiche legate all'ipotesi del conflitto di interessi di Giannotti con MN Italia, la tv di Stato decide di curarsi da sola la promozione del Festival.
Dopo le polemiche sui rapporti “incestuosi” con Mn Italia, alla fine Fabrizio Salini avrebbe deciso: niente appalto esterno per la comunicazione del Festival di Sanremo che sarà affidata in toto alla Direzione Comunicazione della Rai.
CONFLITTO DI INTERESSI
La decisione dell’amministratore delegato della tivù pubblica arriva dopo che Striscia la Notizia, Lettera43, e poi la Commissione parlamentare di vigilanza avevano sollevato l’ipotesi di un conflitto di interessi tra MN Italia – la societa’ che si sarebbe dovuta aggiudicare l’appalto (era già partita la richiesta, poi annullata) – e il Direttore della Comunicazione di viale Mazzini Marcello Giannotti – portato in azienda da Salini – e che fino a un anno fa lavorava proprio in MN.
SUL TAVOLO C’ERANO 40 MILA EURO
Un’inversione totale quella di Salini e di Giannotti, che quindi implicitamente conferma l’esistenza del conflitto di interessi tra Giannotti e MN e che contemporaneamente metterebbe in luce anche una gestione non trasparente delle risorse Rai: perché se l’ufficio stampa del festival “ora” può essere “fatto” internamente dalla Comunicazione Rai, una settimana fa l’azienda era pronta a sborsare fino a 40 mila euro per appaltarlo a un esterno?
LA PREOCCUPAZIONE DI GIANNOTTI
Fonti di corridoio vicine alla direzione comunicazione raccontano di un Giannotti chiuso nel suo ufficio a controllare e ricontrollare le mail inviate e ricevute sull’affaire MN, al centro di un altro appalto: quello per il nuovo programma di Fiorello su Raiplay. Un contratto arrivato in corsa per chiamata diretta, anche questo annullato dopo le polemiche.
Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it
Davide, uno dei concorrenti più dotati, al ballottaggio. Sofia è azzoppata da Sfera Ebbasta. Scandalosa la promozione di Eugenio. Il talent perde credibilità di puntata in puntata. I voti.
Un fatto apparentemente logico: Giordana l’Arpa che uccide e Nicola il parà-gnosta fuori.
Da non credere: entrambi si giocano uno sballottaggio (lo chiamiamo così perché quest’anno gli spareggi li hanno resti quanto mai cervellotici) con Davide, il più prossimo a un talento.
Ci crediamo, che dipende tutto e solo dal pubblico? Se uno come Eugenio fa una esibizione da circo o da galera, e lo tengono su perché «una serata storta può capitare a tutti», ed è una frase ribalda, vergognosa questa di Cattelan, che credibilità resta?
INDEDITI DELUDENTI
Comunque limitiamoci a constatare il risultato, e anche a rimarcare che gli inediti, architrave commerciale di XF, sono poca cosa, per andare di eufemismo, anche se sono quelli che ufficialmente, sulla base delle preferenze del pubblico, determinano una scala di probabilità: tu resti, tu te ne vai. E se la piccola Sofia ha dalla sua l’attenuante dell’età, fino a un certo punto, gli altri non trovano alibi: davvero i tanto strombazzati «autori internazionali» non avevano di meglio che questi scarti evidenti da offrire? Davvero è questo il gusto, il linguaggio musicale di XF? E cosa dovrebbe mai sortire da tanta piattezza?
Se così è, la sentenza è senza appello: quivi si pensa solo all’immediato, quivi si cerca solo chi è venduto, subito, adesso, senza complicazioni, senza implicazioni. Ma nessuno può credere che talenti in boccio come Sofia, come Davide, possano venire allevati, gestiti da una Ayane, da uno Sfera Ebbasta; e già solo l’apparenza offende. Va pur detto, va lasciato nero su bianco, non credete?
GIUDICI SOTTO LA MEDIA
ALESSANDRO CATTELAN: 5. Stavolta manco la sufficienza gli do: più spento, più svogliato, più distratto e vacuo del solito.
MARA MAIONCHI: 4. Spiace, ma ormai è vecchia. Vecchia. I suoi concorrenti, dà l’idea di abbandonarli a loro stessi, ci pensi qualcun altro, se uno ha le spalle coperte, come l’insopportabile Eugenio, continua, se no precipita (il parà-pendio Nicola). E forse è proprio così. Non sa i titoli, si perde, si incasina e allora dice: cazzo!, e tutti ridono. Anche basta, per rispetto suo e nostro.
MALIKA AYANE: 4. Kraftwerk, banana, albero di Natale, lampadario: il look è più umano e più seducente. Ma giusto per questo, per i look, resterà all’archivio di XF. E per come non ha saputo gestire i suoi concorrenti, Davide su tutti, dall’alto della sua incompetenza condita di fumosi birignao pretenziosi.
SFERA EBBASTA: 3. Niente. Nuttata persa e figlia fimmena, come direbbe Montalbano. Quando non capisce una scelta, un brano antico, cioè il 99% delle volte, lui dice: ma dove vai, io non so dove vai. È un ragazzino che non ha storia, non ha cultura musicale, vive in un presente fatto di soldi svelti e di non-musica, di inganni sonori. Niente. Il niente.
SAMUEL: 5. «C’è gente che studia una vita!», scandisce l’Umarell, riferito ai musicisti. Roba da maestro Perboni. Dà consigli, instrada, orienta: certo, il carisma è rasoterra, e chissà l’imbarazzo, in bagno, la mattina, quando si fa la barba, parlar bene di cose come i Booda o “la” Sierra. Ma forse la barba non se la fa, e così risolve.
CHE SCANDALO LA PROMOZIONE DI EUGENIO
NICOLA CAVALLARO (The sound of silence – Simon & Garfunkel): 4. La celeberrima canzone del silenzio come la farebbe Tom Waits. Ah, no, aspetta, come la farebbe Springsteen. Ah, no, aspetta, come la farebbe un camionista sull’A14. Tanti auguri, Cavallaro, ma forse non è neanche questa la tua strada.
SOFIA TORNAMBENE (I love you – Woodkid): 6+. Canzone sbagliata, arrangiamento sbagliato, look sbagliato. Hanno già cominciato a violentarla. Ecco cosa è un talent: strangolare in culla il talento. Ma non è colpa sua, lei è giusta, è sempre giusta. Troppo brava, le dicono i “giudici”: sì, troppo per voi che la strangolate così, e solo una Malika può dirle: «Brava stai crescendo».
SIERRA (The exstasy of gold – Ennio Morricone): 4. Colpo bassissimo, una cinesinfonia di Morricone. Sfigurata ovviamente dal testo, per giunta in autotune da bimbiminkia. Ma dai, su, ma che davero davero vogliamo pigliarci per i fondelli? Sarebbero questi i campioncini, «sia me che te siamo dinamite, io volevo avere solo tue notizie»? Penoso (risultano “i più scelti” dai regazzini social: detto tutto).
DAVIDE ROSSI (Treat you better – Shawn Mendes): 6+. Ma perché debbono trasformarlo per forza in un Mika? Vale quando detto per Sofia: siamo all’assurdo, al parossismo. Ma lascialo libero. E questi ragazzi scontano l’incompetenza di chi dovrebbe farli nascere. Ma cosa è mai diventata, ma che razza di pazzia è mai diventata la discografia italiana?
BOODA (Hold up – Beyoncé): 5-. Più erotici, più erotici, li incita nonna Maionchi. I Booda han rotto: ma basta! Ma cosa sarebbero questi tre? Cosa avrebbero? Sì, va bene, è bello sognare da ragazzi, ma insomma non è che poi i sogni li debba per forza scontare un pubblico.
EUGENIO CAMPAGNA (Cosa mi manchi a fare – Calcutta): 2. Rubo le parole a Mara: «Nel nostro tour cantautorale ci mancava Calcutta». Ecco, ci mancava proprio. Calcutta di Campagna: una matrioska di spocchiette. Il ragazzo se la tira molto, già dalla faccetta, ma stecca da plotone d’esecuzione, altro che promessa: sì, di sventura. «Perché una serata storta può capitare»: ma se vince lui, non è uno scandalo: è una porcata.
ANASTASIO DA 9
DARDUST: 3. Ricordati di Yanni. O, per i più stagionati, come chi scrive, anche del Guardiano del Faro. Che però, quanto a sigle, gli dava la polvere a questo qui.
FRANCESCA MICHIELIN: 2. Alzi la mano chi sa dire in cosa spicchi questa lagnosetta senza senso; l’hanno spinta in tutti i modi, ci hanno buttato valanghe di soldi, non ha combinato niente: e il pubblico se n’è accordo, anzi non se n’è accorto, non se la fila proprio.
ANASTASIO: 9. In quest’anno è stato dappertutto, si è inflazionato, adesso è pronto l’atteso primo disco, intanto propone una scelta spiazzata, Er Fattaccio der vicolo del Moro di Americo Giuliani, cavallo di battaglia di Gigi Proietti: renditi conto, questo tira fuori un testo del 1911. Lo riscrive (splendida anche la risoluzione sonora). E ti distrugge. Sei uscito da un talent tuo malgrado: per l’amor di Dio non normalizzarti, non lasciarti guidare, sbaglia sempre di testa tua, che c’è bisogno del nuovo antico che sei.
Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it
Tutt'altro che sopiti i contrasti nella maggioranza. Il Pd accusa il M5s di aver fatto saltare l'accordo per il veto posto sul nome di Orfeo. E con Italia viva mette nel mirino anche l'ad.
Nomine rimandate, come annunciato, ma il clima attorno alla Rai resta di tensione. I contrasti nella maggioranza, all’indomani dello stop alla rosa di nomi per reti e testate che sembrava pronta a essere presentata nel Consiglio d’amministrazione del 28 novembre, sono tutt’altro che sopiti.
IL PD ACCUSA IL M5S DI AVER FATTO SALTARE L’ACCORDO
Il Pd accusa i cinque stelle, in particolare Luigi Di Maio, di aver fatto saltare l’accordo per il veto posto sul nome del candidato alla direzione del Tg3, Mario Orfeo. E ora mette nel mirino anche l’ad Fabrizio Salini, scelto proprio dagli alleati di governo. «È ormai evidente a tutti che l’azienda è bloccata, ostaggio delle incertezze del suo amministratore delegato», dice Lorenza Bonaccorsi, sottosegretaria al Mibact, da sempre attenta alle questioni Rai. «Stanno emergendo» – continua – «tutte le conseguenze dell’incapacità di prendere delle decisioni nei momenti importanti. Al momento la realtà racconta un calo di ascolti, soprattutto sulla rete ammiraglia, che è difficile nascondere. Per non dire poi dei dati impietosi resi noti dall’Agcom sul pluralismo mancato. Far trapelare, poi, da parte dell’ad, un problema di parità di genere è del tutto strumentale. Chiediamo un immediato cambio di passo, forte».
MALUMORI ANCHE DA PARTE DI ITALIA VIVA
Malumori anche in Italia viva, che chiede a Di Maio di smentire le indiscrezioni su un suo veto a Orfeo. «Se non smentisce, allora a dimettersi dovrebbe essere tutto il Consiglio d’amministrazione, compreso l’amministratore delegato Salini», afferma Michele Anzaldi. Oggi l’ad in Consiglio di amministrazione ha ribadito tutta la sua preoccupazione per il possibile taglio delle risorse alla tv pubblica, previsto in alcuni emendamenti alla Finanziaria, spiegando, come aveva fatto in Commissione di Vigilanza, che senza certezze economiche anche l’attuazione del piano industriale, comprese le nomine a direzioni e canali, verrebbe messa in discussione. Quindi niente avvicendamenti a reti e testate o nomine alle direzioni di genere. L’unica novità è l’interim a RaiDue, assunto dallo stesso ad, dopo la fine del mandato di Carlo Freccero, che è stato invitato in Consiglio d’amministrazione per i saluti e i ringraziamenti per il lavoro svolto. Di nomine si riparlerà forse il 10 dicembre, quando è in programma la prossima riunione del cda.
Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it
Più che a testare il talento dei concorrenti, la puntata degli inediti serve a capire la loro vendibilità. Al ballottaggio torna Giordana. Davide, nonostante la trappola di un brano non memorabile, è sempre il migliore con Sofia. I voti.
Finalmente ci siamo, finalmente il gioco di X Factor entra nella sua carne viva: eccoci agli inediti, importanti non perché decisivi a stabilire la consistenza artistica degli autori e/o interpreti, ma semplicemente perché sono quelli che finiscono nelle raccolte che poi finiscono sulle piattaforme digitali che poi finiscono nei clic di chi li scarica che poi finiscono nelle tasche di chi sta all’estremo della catena alimentare.
Il business sta qui. I produttori di grido, i compositori, i demurghi del futuro prossimo delle orecchie dei consumatori giovani e giovanissimi: sta tutto qui.
D’ora in avanti, il nome che conta è quello dell’inedito, cui attaccare una faccia, un nome, un possibile vincitore.
TRA I FAVORITI EUGENIO, SOFIA E I SIERRA
E, dai resoconti del giorno dopo, ma in qualche frettoloso caso pure del giorno prima, si coglie anche il senso di una segnalazione condivisa: c’è questo Eugenio, per esempio, salutato come un nuovo De Gregori, Tenco, Bindi o De André o Dalla o Gaetano, non si capisce come, o magari si capisce benissimo; c’è la piccola Sofia, che dotata la è, ma bisognerà pure capire come plasmarla, come stravolgerla; e ci sono i Sierra, che per forza di cose passano da prossima grande cosa della trap. Così, per profezia, per discreto passaparola. Sono i nomi più martellati, quelli considerati più in grado di vendere da domani. Anche alla luce delle prime reazioni dai social.
Al più bravo in assoluto, invece, Davide Rossi, han dato un pezzullo un po’ andante, giusto per bruciarlo, nella migliore tradizione di X Factor: perché questa è anche una trappola, e soprattutto una trappola, per i più bravi, per i più meritevoli, che non necessariamente coincidono con i più spendibili. Lo stesso ballottaggio stavolta si gioca sul mercato ed è la prima volta: lo decide la suggestione di un pubblico praticamente chiamato a raccolta su Spotify, sui social, convocato per consumare. Mai vista una meritocrazia così dipendente dal successo prima ancora che sia decretato. Ma i tempi sono questi: è bello ciò che piace, subito, senza assimilazione, senza pensiero, è bello cosa colpisce, tramortisce e hai 100 ore per colpire, dopodiché sei fuori.
CHE FINE FANNO IL TALENTO E L’ORIGINALITÀ?
E si parla di artisti, e si prestano artisti-giudici che giurano di anteporre l’attimo fuggente della creazione, l’essenza, la sincerità al calcolo e alla cassetta. Diciamolo, fa un po’ schifo. Ma Sony e Fremantle puntano tutto su questo e non lo nascondono: non hanno lesinato e si attendono grandi ritorni o almeno soddisfacenti. La qualità, il talento, l’originalità? Ehi, bro, yo, fra, ma tu, che sei, venuto qua a cercare rogne? Chi credi di essere, il bell’addormentato nel talent?
IN GIURIA SAMUEL SEMPRE PIÙ SIMILE A UN UMARELL
ALESSANDRO CATTELAN: 6. Ma si possono perdere cinque minuti, un’eternità in televisione, con la gag del pronostico di Antonio Conte? E lui li perde proprio, ce la mette tutta, non sarà neanche colpa sua, ma è proprio tempo perso, senza ironia, senza sale, senza niente.
MARA MAIONCHI: 5+. Anche lei, poranonna, dice tante di quelle banalità avvolte nella stagnola dell’esperienza! Almeno nel suo caso c’è davvero, a differenza di Malika.
MALIKA AYANE: 5-. Tutto questo sfoggio di competenza, di scienza infusa, non sarà solo birignao? Perché se è così brava a capire tutto, non si spiega che le sue proposte le abbia ammazzate tutte e le resti solo Davide, che il più bravo ma pure tanto, ma tanto malgestito.
SFERA EBBASTA: 5-. «Tutto bene, raga?». E certo, raga, ‘n sai fa gnente, come direbbe Alberto Sordi, raga, e chi te la guasta, raga? Che insostenibile leggerézza, con la e aperta come una padella, mi raccomando.
SAMUEL: 5. Ma solo a me pare terribilmente invecchiato dalla prima puntata? Sembra il nonno di Mara. Abbozza qualche polemica sugli inediti: lo trattano come un Umarell. Perfino Mara, che pare sua nipote, e non ha alcun rispetto per l’understatement piemontese falso e cortese.
MAHMOOD DA PROMESSA AL RISCHIO CLICHÉ
MAHMOOD: 6. Un anno fa con quel canto da muezzin seduceva, ora comincia già a romper le palle. Certo, quantum mutatum ab illo: il ragazzo insicuro è svanito, appena un anno dopo c’è un professionista fin troppo consumato che rischia già di chiudersi nel suo cliché.
VENDITTI-DE GREGORI: S.V. Dite la verità: li avreste immaginati, 40 anni fa, bomba non bomba, arrivare a Monza? Il duo più spocchioso della spocchiosa scuola romana, per non dire italiana? Ma bisogna vendere, vendersi, evitiamo d’infierire: Antonello pare zio Tibia, Francesco, Kit Karson sulle montagne rocciose. Eppure, che storia sono loro: fuori categoria, in tutti i sensi. Malgrado voi.
GEMITAIZ-MADMAX: S.V. Anche questi, che storia sono. Diciamo il contrario di due artisti veri. Tu senti la poesia di Francesco, di Antonello, poi ascolti «col culo che pare un esagono» e ti vien voglia di suicidarti. Perché capisci che a vivere una vita ci hai rimesso. Però una cosa giusta la dicono, anzi la rappano: «Siamo un Paese di falliti».
SI SALVANO SEMPRE E SOLO SOFIA E DAVIDE
BOODA – Elefante (Alessio Sberzella, Martina Bertini, Federica Buda, Samuel Romano, Davide Napoleone, Alessandro Bavo): 5. Come un elefante non in cristalleria ma sul palco del talent. Sembra Cristina d’Avena che fa i Puffi allo zoo sotto anfetamina. Tutta una roba strampalata, ma basta far casino, bum burubumbumbum.
GIORDANA PETRALIA – Chasing Paper (Sia Furler, Pineapple Lasagne, Samuel Ronald Dixon): 4. Giordana l’arpa che uccide (le palle, anzitutto), non fa prigionieri neanche senza l’arpa: all’ennesima conferma, e all’ennesimo ballottaggio, che probabilmente vincerà, diciamolo: ma perché non torna all’arpa e tace? Perché canta come una sirena portuale. La tengon su, fatica non da poco, e lei minaccia di credersi davvero una vocalist. Circonvenzione d’arpista.
SIERRA – Enfasi (Giacomo Ciavoni, Massimo Gaetano): 4. «Cantano la strada che si rompe sotto i piedi e ti fa cadere in motorino». Così parlò Samuel, che dev’essere caduto lui, da ragazzo. Di testa. Bòn, avranno anche «il respiro contemporaneo, la penna contemporanea», ma il dramma è proprio questo: non è un gran tempo, questo contemporaneo. «Prima o poi ritornerà/E dei graffi mi libererà». Un altra rimetta in verbo al futuro da parrocchia, ce l’abbiamo? Se questa è scrittura, Calabrese, Evangelisti, Bigazzi, Endrigo cosa sono? Ma forse l’Umarell non li conosce. Sbadiglio con enfasi: due maroni come quelli di un toro, olè.
NICOLA CAVALLARO – Like I Could (Tom Walker, Jon Green, Jordan Riley): 4. Francamente, si continua a non capire cosa sia (beata Malika, che invece giura d’averlo finalmente capito). Non si capisce lui, né la canzoncina che fa schifo perché i tanto pompati Sia, Walker e compagnia bella fanno pena o almeno qui ci lasciano gli scarti; né il look, né il senso, né ‘sta voce che gorgoglia come una caffettiera, né che ci faccia qua, dopo aver fatto il marine, lo studente di Medicina e chissà diavolo che altro. Pure, va avanti.
SOFIA TORNAMBENE – A Domani Per Sempre (S. Tornambene, Valeria Romitelli): 7.Adolescenziale, e per forza. Una Edie Brickell, l’abbiamo detto, che fosse americana, sai quanto folk: sta invece al centro d’Italia, dove solo può aver senso un verso come «La Nazionale sembra una frontiera». Ed è un bel verso, la Nazionale essendo la Statale Adriatica che divide l’abitato dal nulla. Non siamo mica gli americani: ma va bene lo stesso, il brano (scritto a 14 anni) regge, anche se l’arrangiamento è stucchevole.
DAVIDE ROSSI – Glum (Roberto Vernetti, Michele Clivati): 7-. «È pieno di ossimori», dice Malika, che anche lei, in un certo senso, è un ossimoro, anzi un’aporia. Il 20enne (scrissi 16enne, faccio ammenda) swinga, il brano non è granché. Robetta Anni 80. Lui è bravissimo malgrado voi, maledetti tutti.
EUGENIO CAMPAGNA – Cornflakes (Eugenio Campagna): 4. Faccia da Tiromancino, da Zampaglione. Più fumo che arrosto, infatti. Il fratello maggiore di Ultimo, che proprio non ci mancava. Dicono tutti: ah, vince lui. Noi ce ne catafottiamo. Dici che il voto è troppo duro? Allora pensa che questo a 28 anni canta Cornflakes, «io faccio ohi tu fai ahi», che è pure preoccupante come lirica. A 28 anni i Rolling Stones facevano Wild Horses (e Hendrix era già andato).
BALLOTTAGGIO: la solita Giordana, contro il meno “votato” da qui a martedì. Si decide giovedì prossimo…
Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it