Il governo cerca di salvare la banca Popolare di Bari

Consiglio dei ministri sull'istituto di credito, dopo che il consiglio di amministrazione era stato convocato da Banca d'Italia.

A Palazzo Chigi un Consiglio dei ministri sul dossier della Popolare di Bari. Il cda dell’istituto secondo quanto si apprende da fonti finanziarie, è stato convocato nel tardo pomeriggio dalla Vigilanza della Banca d’Italia. In serata sul sito della banca è stato dato l’annuncio: «La Banca d’Italia ha disposto lo scioglimento degli organi con funzioni di amministrazione e controllo e la sottoposizione della stessa alla procedura di amministrazione straordinaria, ai sensi degli articoli 70 e 98 del Testo Unico Bancario, in ragione delle perdite patrimoniali». In sostanza, la banca è stata commissariata. E in seguito è stata convocato un vertice di governo. A cui però ItaliaViva ha annunciato di non voler partecipare.

IL FONDO DI TUTELA DEI DEPOSITI PRONTO A INTERVENIRE

Il 12 dicembre il board della Popolare di Bari ha avviato le procedure per una azione di responsabilità nei confronti dell’ex amministratore delegato e di ex dirigenti dell’Istituto. Il Fondo interbancario di tutela dei depositi (Fitd) sta monitorando l’evoluzione della crisi della Banca Popolare di Bari, in attesa di capire come dovrà intervenire nel salvataggio della banca pugliese. In ogni caso il Fitd per intervenire ha bisogno di un «compagno di viaggio», un soggetto che si assuma il ruolo di partner industriale, come è stato Ccb per Carige. Per ora il nome che è circolato è stato quello di Mediocredito centrale, soggetto pubblico, controllato indirettamente dal Mef. Ma il premier Giuseppe Conte aveva detto nel pomeriggio che «al momento non c’è nessuna necessità di intervenire con nessuna banca».

ITALIA VIVA: «UN GRAVISSIMO PUNTO DI ROTTURA»

Successivamente il caso è diventato politico con Italia Viva che ha contestato il consiglio dei ministri: «La convocazione improvvisa di un Consiglio dei ministri sulle banche, senza alcuna condivisione e dopo aver espressamente escluso ogni forzatura o accelerazione su questa delicata materia, segna un gravissimo punto di rottura nel metodo e nel merito», ha dichiarato Luigi Marattin, vicepresidente di ItaliaViva.

AJELLO E BLANDINI COMMISSARI

L’istituto di credito ha rassicurato la clientela:«La banca prosegue regolarmente la propria attività. La clientela può pertanto continuare ad operare presso gli sportelli con la consueta fiducia». Bankitalia ha intanto nominato Enrico Ajello e Antonio Blandini commissari straordinari e Livia Casale, Francesco Fioretto e Andrea Grosso componenti del comitato di sorveglianza. A questi ultimi, si legge nella nota, è affidato il presidio della situazione aziendale, la predisposizione delle attività necessarie alla ricapitalizzazione della banca nonché la finalizzazione delle negoziazioni con i soggetti che hanno già manifestato interesse all’intervento di rilancio della banca.

CARIGE RIAMMESSA IN BORSA

Intanto per un salvataggio che si apre, uno si avvia alla chiusura. Si è conclusa oggi l’offerta in opzione dell’aumento di capitale di Carige. Le adesioni dei vecchi, pari al 19,7% della tranche dell’aumento offerta loro, sono sufficienti a ricostituire un flottante superiore al 10%, scongiurando il rischio che Carige fosse esclusa da Piazza Affari.

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Processo per 28 militanti di CasaPound: «Riorganizzavano il partito fascista»

La Procura di Bari ha disposto la citazione diretta in giudizia per gli attivisti di estrema destra con l'accusa di aver violato la legge Scelba e di usare la violenza squadrista come metodo di lotta politica.

Trentatre persone a giudizio, di cui 28 militanti di CasaPound, con l’accusa di aver provato a riorganizzare il partito fascista. La procura di Bari ipotizza che i militanti neofascisti abbiano infatti «attuato il metodo squadrista come strumento di partecipazione politica». E che, in violazione degli articoli 1 e 5 della legge Scelba (645/1952), «abbiano partecipato a pubbliche riunioni, compiendo manifestazioni usuali del disciolto partito fascista».

L’AGGRESSIONE AGLI ATTIVISTI ANTIFASCISTI

Il processo nasce dall’aggressione del 21 settembre 2018 nel quartiere Libertà di Bari a manifestanti antifascisti che avevano partecipato ad un corteo organizzato dopo la visita in città dell’allora ministro dell’Interno, Matteo Salvini. La Procura di Bari ha disposto la citazione diretta a giudizio di tutti gli indagati, contestando a dieci di loro anche il reato di lesioni personali aggravate.

«VIOLENZA SQUADRISTA COME METODO POLITICO»

Il gruppo di estrema destra aveva, infatti, radunato davanti alla sede di CasaPound, il circolo Kraken di Bari a pochi passi dal luogo del corteo che da allora è sotto sequestro, «ben 30 militanti, 14 dei quali provenienti da altre province pugliesi». Al termine della manifestazione «di impronta dichiaratamente antifascista», alcuni militanti di CasaPound, «schierati a braccia conserte e posizionati di traverso in modo da occupare l’intera sede stradale», avrebbero «brutalmente aggredito» gli attivisti di sinistra di ritorno dal corteo. Il pestaggio sarebbe stato attuato, stando agli atti giudiziari, «con esplicite rivendicazioni del predominio territoriale e ideologico». L’uso della violenza «squadrista» come strategia di repressione di appartenenti «a gruppi sociali e politici portatori di una diversa ideologia» e quindi «come metodo di lotta politica», avrebbe poi trovato conferma nelle successive perquisizioni fatte dalla Digos all’interno della sede di CasaPound e in casa degli indagati.

ARMI IMPROPRIE, BUSTI DI MUSSOLINI E IL MEIN KAMPF

Lì gli agenti trovarono alcune delle armi improprie usate durante l’aggressione (sfollagente, manubri da palestra, manganello telescopico), un busto di Benito Mussolini, bandiere nere con fascio littorio, oltre a libri su nazismo e fascismo, come il ‘Mein Kampf‘ di Hitler. Nell’aggressione rimasero feriti quattro manifestanti antifascisti, tra i quali l’assistente parlamentare dell’ex eurodeputata Eleonora Forenza, presente al pestaggio. Dinanzi ai giudici baresi saranno processati anche cinque compagni delle vittime, accusati di violenza e minaccia a pubblico ufficiale, perché dopo l’aggressione, «nel tentativo di sfondare il cordone dei militari», avrebbero minacciato e colpito con calci, pugni e spintoni poliziotti e carabinieri.

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Processo per 28 militanti di CasaPound: «Riorganizzavano il partito fascista»

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Trentatre persone a giudizio, di cui 28 militanti di CasaPound, con l’accusa di aver provato a riorganizzare il partito fascista. La procura di Bari ipotizza che i militanti neofascisti abbiano infatti «attuato il metodo squadrista come strumento di partecipazione politica». E che, in violazione degli articoli 1 e 5 della legge Scelba (645/1952), «abbiano partecipato a pubbliche riunioni, compiendo manifestazioni usuali del disciolto partito fascista».

L’AGGRESSIONE AGLI ATTIVISTI ANTIFASCISTI

Il processo nasce dall’aggressione del 21 settembre 2018 nel quartiere Libertà di Bari a manifestanti antifascisti che avevano partecipato ad un corteo organizzato dopo la visita in città dell’allora ministro dell’Interno, Matteo Salvini. La Procura di Bari ha disposto la citazione diretta a giudizio di tutti gli indagati, contestando a dieci di loro anche il reato di lesioni personali aggravate.

«VIOLENZA SQUADRISTA COME METODO POLITICO»

Il gruppo di estrema destra aveva, infatti, radunato davanti alla sede di CasaPound, il circolo Kraken di Bari a pochi passi dal luogo del corteo che da allora è sotto sequestro, «ben 30 militanti, 14 dei quali provenienti da altre province pugliesi». Al termine della manifestazione «di impronta dichiaratamente antifascista», alcuni militanti di CasaPound, «schierati a braccia conserte e posizionati di traverso in modo da occupare l’intera sede stradale», avrebbero «brutalmente aggredito» gli attivisti di sinistra di ritorno dal corteo. Il pestaggio sarebbe stato attuato, stando agli atti giudiziari, «con esplicite rivendicazioni del predominio territoriale e ideologico». L’uso della violenza «squadrista» come strategia di repressione di appartenenti «a gruppi sociali e politici portatori di una diversa ideologia» e quindi «come metodo di lotta politica», avrebbe poi trovato conferma nelle successive perquisizioni fatte dalla Digos all’interno della sede di CasaPound e in casa degli indagati.

ARMI IMPROPRIE, BUSTI DI MUSSOLINI E IL MEIN KAMPF

Lì gli agenti trovarono alcune delle armi improprie usate durante l’aggressione (sfollagente, manubri da palestra, manganello telescopico), un busto di Benito Mussolini, bandiere nere con fascio littorio, oltre a libri su nazismo e fascismo, come il ‘Mein Kampf‘ di Hitler. Nell’aggressione rimasero feriti quattro manifestanti antifascisti, tra i quali l’assistente parlamentare dell’ex eurodeputata Eleonora Forenza, presente al pestaggio. Dinanzi ai giudici baresi saranno processati anche cinque compagni delle vittime, accusati di violenza e minaccia a pubblico ufficiale, perché dopo l’aggressione, «nel tentativo di sfondare il cordone dei militari», avrebbero minacciato e colpito con calci, pugni e spintoni poliziotti e carabinieri.

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