Parlamentari pro-democrazia arrestati a Hong Kong
Accusati di aver ostacolato i lavori parlamentari durante la discussione sulla legge sull'estradizione in Cina, sono stati rilasciati dopo qualche ora su cauzione. Se condannati, rischiano fino a un anno di carcere.
Sei parlamentari pro-democrazia sono stati arrestati ad Hong Kong con l’accusa di aver ostacolato i lavori parlamentari a maggio 2019, quando era discussione la contestata legge sull’estradizione in Cina che ha innescato cinque mesi di proteste e violenze tra polizia e manifestanti nell’ex colonia britannica. Nonostante siano stati rilasciati su cauzione dopo qualche ora, la mossa, all’indomani della morte di uno studente ferito nelle manifestazioni, rischia di far crescere ulteriormente la rabbia nell’attesa dell’11 novembre, giorno in cui i parlamentari dovranno presentarsi in tribunale. Se saranno condannati, rischiano fino ad un anno di carcere.
PREGHIERE, FIORI E CANDELE PER LO STUDENTE MORTO
Il 9 novembre la collera ha lasciato il posto al dolore per Chow Tsz-lok, lo studente di 22 anni morto per le gravi ferite riportate alla testa cadendo da un parcheggio una settimana prima, durante l’ennesima notte di scontri con la polizia. Migliaia di persone si sono riunite in preghiera e hanno lasciato candele, fiori bianchi e gru di carta, diventate uno dei simboli della proteste. «Hong Kong libera», «La gente di Hong Kong vuole vendetta», gridavano i partecipanti tra i quali qualche irriducibile col volto coperto. «La gente di Hong Kong può essere colpita ma mai sconfitta», ha detto uno di questi rivolgendosi alle persone riunite. La veglia, una delle poche autorizzate dalle forze dell’ordine nelle ultime settimane di manifestazioni, si è svolta in modo pacifico nonostante la notizia poche ore prima dell’arresto dei sei parlamentari, rilasciati poche ore dopo su cauzione. Un settimo, Lam Cheuk-ting, è stato invitato a presentarsi in una stazione di polizia ma si è rifiutato. «Se credete che io abbia violato qualche legge, venite a prendermi», ha dichiarato alla stampa accusando la polizia di aver agito ad arte per posporre o cancellare le elezioni per il rinnovo del consiglio distrettuale in programma il 24 novembre, considerato un banco di prova per il governo di Carrie Lam e un messaggio a Pechino. Accusa alla quale ha replicato il ministro di Hong Kong per gli affari costituzionali, Patrick Nip, spiegando come gli arresti siano stati eseguiti sulla base di indagini e non hanno nulla a che vedere col voto.
Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it