La Rai curerà da sola la comunicazione di Sanremo

Dopo le polemiche legate all'ipotesi del conflitto di interessi di Giannotti con MN Italia, la tv di Stato decide di curarsi da sola la promozione del Festival.

Dopo le polemiche sui rapporti “incestuosi” con Mn Italia, alla fine Fabrizio Salini avrebbe deciso: niente appalto esterno per la comunicazione del Festival di Sanremo che sarà affidata in toto alla Direzione Comunicazione della Rai.

CONFLITTO DI INTERESSI

La decisione dell’amministratore delegato della tivù pubblica arriva dopo che Striscia la Notizia, Lettera43, e poi la Commissione parlamentare di vigilanza avevano sollevato l’ipotesi di un conflitto di interessi tra MN Italia – la societa’ che si sarebbe dovuta aggiudicare l’appalto (era già partita la richiesta, poi annullata) – e il Direttore della Comunicazione di viale Mazzini Marcello Giannotti – portato in azienda da Salini – e che fino a un anno fa lavorava proprio in MN.

SUL TAVOLO C’ERANO 40 MILA EURO

Un’inversione totale quella di Salini e di Giannotti, che quindi implicitamente conferma l’esistenza del conflitto di interessi tra Giannotti e MN e che contemporaneamente metterebbe in luce anche una gestione non trasparente delle risorse Rai: perché se l’ufficio stampa del festival “ora” può essere “fatto” internamente dalla Comunicazione Rai, una settimana fa l’azienda era pronta a sborsare fino a 40 mila euro per appaltarlo a un esterno?

LA PREOCCUPAZIONE DI GIANNOTTI

Fonti di corridoio vicine alla direzione comunicazione raccontano di un Giannotti chiuso nel suo ufficio a controllare e ricontrollare le mail inviate e ricevute sull’affaire MN, al centro di un altro appalto: quello per il nuovo programma di Fiorello su Raiplay. Un contratto arrivato in corsa per chiamata diretta, anche questo annullato dopo le polemiche.

Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it

Gli Altri, storie di burqa, amore e rabbia nel secolo del Jihad

Quello di Nicastro e Mineo è uno spettacolo ibrido, tra teatro e giornalismo. Che attraverso storie mostra la paura per un guerrigliero che ti punta contro un’arma, la pietà per una famiglia di profughi, l’incredulità davanti a un aspirante kamikaze.

Settanta anni fa erano i kamikaze giapponesi a sacrificare la propria vita per l’imperatore e oggi sono gli shahid islamisti a farlo in nome di Allah. L’interrogativo, però, è molto difficile da affrontare per la nostra cultura illuminista, ed è sempre lo stesso: perché lo fanno? La risposta più semplice è quella che si sente a ogni tigì quando un uomo-bomba si fa esplodere. È la risposta più rassicurante, quella, in fondo, che ci auto-assolve: sono dei pazzi. Semplicemente dei pazzi. 

UNO SPETTACOLO IBRIDO TRA CRONACA E TEATRO

Per 80 minuti, invece, i due autori-interpreti dello spettacolo Gli Altri, storie di burqa, amore e rabbia nel secolo del Jihad, in scena al teatro Officina di Milano, fanno di tutto per contestualizzare, problematizzare, rendere la complessità del reale in tutte le sue sfaccettature. Uno zigzagare tra luoghi, date, guerre alla ricerca di una risposta più elaborata. Possiamo noi occidentali, con la nostra razionalità, ma anche con le nostre rimozioni collettive davanti a una storia che non ci rende orgogliosi, capire tale sacrificio? Così, nel corso dello spettacolo, le ragioni umane, ma anche storiche e politiche del terrorismo islamista, prendono forma una dopo l’altra, incarnate in storie di persone reali, incontrate in Cecenia, Egitto, Iraq, AfghanistanGli Altri è uno spettacolo “ibrido”, di fusione tra cronaca e drammaturgia, e prova a rispondere a quella scomoda domanda «perché lo fanno?», con tutte le modalità espressive del genere. Non sono poche le lacrime alla fine della rappresentazione. Dal Vajont di Marco Paolini in avanti, le “orazioni civili” sembrano essere diventate l’elemento di maggiore impatto della scena teatrale contemporanea. In genere è l’attore o il drammaturgo che si spingono nel terreno dell’informazione. Nel caso de Gli Altri, storie di burqa, amore e rabbia nel secolo del Jihad sono invece due giornalisti a fare il percorso dalla cronaca verso le scene. Con tutti i limiti, ma anche i pregi del caso.

IL VIAGGIO DI NICASTRO E MINEO

Andrea Nicastro è inviato del Corriere della Sera, Francesca Mineo la voce di tante Ong che lavorano per lo sviluppo dei Paesi più poveri. Assieme hanno scritto e ideato un viaggio (immobile, ma coinvolgente) nei luoghi e nelle situazioni dove vivono gli Altri. Il loro peso attoriale non regge il confronto con i professionisti della scena, ma l’esposizione non ne risente perché gode della forza della verità. Come dice Massimo De Vita, direttore artistico dell’Officina, «i bravi attori devono essere capaci di “ascoltare e osservare” i personaggi che vogliono riprodurre in scena. Il duo Mineo-Nicastro non ha bisogno di padroneggiare la tecnica perché “recitano” semplicemente loro stessi. La paura per un guerrigliero che ti punta contro un’arma, la pietà per una famiglia di profughi, l’incredulità davanti a un aspirante uomo-bomba, non sono recitate, sono solo rievocate rispetto a episodi provati in prima persona. Non c’è bisogno di interpretare, basta che raccontino». Il risultato è un effetto verità che nessun attore può raggiungere. Aiuta anche la presenza di un enorme schermo che inonda l’intera scena con piccole clip o anche solo foto che mostrano le persone e gli eventi che si vogliono evocare. Tutti i sensi vengono così coinvolti. La regia è di Fabio Bettonica, le foto, intense e commoventi, di sguardi e volti “Altri” sono di Romano Cagnoni, Lorenzo Merlo e Mauro Sioli. Un intervento in audio è del direttore di Radio Popolare Massimo Bacchetta. Tre serate, tre sold out. Se c’era bisogno di verificare la fame di informazione di qualità nel nostro Paese, questo Gli Altri lo ribadisce con forza.

Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it

Perché la terza stagione di Mindhunter potrebbe uscire dopo il 2020

La serie Netflix ideata da David Fincher potrebbe prendersi una pausa. Parola del protagonista Groff. Il regista è infatti impegnato sul set del suo nuovo film.

Mindhunter è una serie che si prende i suoi tempi. Non solo per raccontare le ricerche degli agenti Fbi Holden Ford e Bill Tench, ma anche per la sua stessa realizzazione. Tra la prima e seconda stagione la gestazione è stata di almeno 2 anni, e adesso per la terza potrebbe passare anche più tempo.

FINCHER IMPEGNATO SUL SUO NUOVO FILM

La conferma arriva da un’intervista di Jonathan Groff, l’attore che interpreta l’agente Ford, all’Hollywood Reporter. Groff non ha fatto cenno a conferme o inizio delle riprese, ma ha spiegato che per riprendere i lavori bisognerà attendere che David Fincher, creatore della serie, finisca il suo prossimo film. Il regista di Fight Club e The Social Network, sta lavorando a Mank, un biopic su Herman J. Mankiewicz, sceneggiatore di Quarto Potere.

COSA DI DICE DI MANK

Il film, che nel cast annovera Gary Oldman, Amanda Seyfried e Lily Collins, è attualmente in lavorazione e le riprese dovrebbero terminare all’inizio del 2020, con possibile diffusione in autunno, in tempo per prendere parte alla corsa a Golden Globe e Oscar. Questo significa che difficilmente Mindhunter vedrà la luce prima del 2021, forse addirittura nel 2022.

GLI ALTRI LAVORI DI FINCHER CON NETFLIX

Su tutto questo ovviamente manca ancora il via libera di Netflix e dei produttori della serie, tra i quali Charlize Theron. Secondo John Douglas, l’autore del libro che ispirato la serie, ci sarebbero ancora molti crimini e serial killer da raccontare ed esplorare. Ma a preoccupare i fan della serie ci sono anche altri programmi di Fincher. Secondo il sito Deadline il cineasta di Denver potrebbe lavorare alla realizzazione come sceneggiatore e produttore esecutivo di una nuova serie Netflix ispirata Chinatown, film del 1974 di Roman Polanski.

Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it

Quanto vale il mercato dei video in streaming dopo il lancio di Disney+

Secondo gli analisti entro il 2025 il settore supererà i 500 milioni di abbonati. Netflix in testa con 235, seguita da Amazon Video 135 e dalla nuova piattaforma a 101.

Con l’arrivo del servizio Disney+ riparte tra i big della tecnologia la sfida sullo streaming video, un settore in crescita per utenti e propensione alla spesa. Stando ad un’analisi di Digital Tv Research, il settore raddoppierà entro il 2025 e andrà ben oltre la cifra di 500 milioni di abbonati nel mondo.

Netflix guiderà la lista, seguita a distanza da Amazon Prime Video. Per la neonata Disney+ si prevede un exploit. Nello specifico, gli analisti prevedono, entro sei anni, che Netflix raggiungerà 235,6 milioni di abbonati (un incremento di 70 milioni, solo 6 milioni negli Stati Uniti); Amazon Prime Video raggiungerà quota 135,9 milioni di utenti paganti; Disney+ 101,2 milioni; HBO Max 30,1 milioni e Apple TV+ 27,1 milioni. Per un totale di 529,9 milioni di abbonati nel mondo ai servizi video in streaming e a pagamento.

Gli Stati Uniti, sottolinea Digital Tv Research, sono «di gran lunga il paese più importante per queste piattaforme», ma anche «il più maturo» con «i mercati internazionali che stanno diventando sempre più significativi». «La concorrenza è intensa con una guerra dei prezzi in atto e offerte di distribuzione esclusive», ha spiegato Simon Murray, analista della società.

AMERICANI DISPOSTI A SPENDERE 44 DOLLARI AL MESE

Per i big della tecnologia statunitensi, quindi, il resto del mondo sarà sempre più importante e dovranno lottare per ogni abbonamento con un occhio ai prezzi. Basti pensare ad Apple, entrata di recente nel settore della tv in streaming con una politica commerciale aggressiva, proponendo abbonamenti a 5 dollari al mese. Secondo il Wall Street Journal, gli americani sono disposti a spendere 44 dollari al mese già da ora, prima che tutte le piattaforme decollino. Un aumento di 14 dollari rispetto all’attuale spesa media.

LA CRESCITA DELLO STRAMING IN ITALIA

I fruitori dello streaming video sono in forte aumento anche in Italia. Nel 2018 – secondo l’Osservatorio Internet Media del Politecnico di Milano – il 19% della popolazione Internet italiana ha utilizzato servizi di ‘Subscription video on demand’ rispetto all’8% dell’anno precedente, per un valore di mercato pari a 177 milioni di euro, in crescita del 46%. Si stima che già nel 2019 il numero di sottoscrizioni possa superare quello degli abbonamenti alla PayTv. Nei prossimi anni, inoltre, la banda ultralarga e la diffusione del 5G potrebbero migliorare la fruizione e incrementare ulteriormente il numero di abbonati.

Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it

È morto Fred Bongusto

Il cantante, malato da tempo, si è spento all'età di 84 anni. La sua canzone più famosa era "Una rotonda sul mare".

È morto la notte scorsa, nella sua abitazione a Roma, Fred Buongusto. Il cantante, che aveva 84 anni, era malato da tempo. A renderlo noto il suo ufficio stampa. La sua canzone più famosa era Una rotonda sul mare.

In una nota l’ufficio stampa del cantante scrive che «la notte scorsa, alle 3,30 circa, ha cessato di battere il cuore di Fred Bongusto». Il celebre artista, nato a Campobasso, e il cui nome all’anagrafe era Alfredo Antonio Carlo Buongusto.

I funerali saranno celebrati a Roma, lunedì 11 novembre, alle 15, nella Basilica di Santa Maria in Montesanto, la Chiesa degli artisti in piazza del Popolo. Bongusto fu molto popolare negli anni Sessanta e Settanta come il classico cantante confidenziale che spopolava in quegli anni.

Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it