Quello di Nicastro e Mineo è uno spettacolo ibrido, tra teatro e giornalismo. Che attraverso storie mostra la paura per un guerrigliero che ti punta contro un’arma, la pietà per una famiglia di profughi, l’incredulità davanti a un aspirante kamikaze.
Settanta anni fa erano i kamikaze giapponesi a sacrificare la propria vita per l’imperatore e oggi sono gli shahid islamisti a farlo in nome di Allah. L’interrogativo, però, è molto difficile da affrontare per la nostra cultura illuminista, ed è sempre lo stesso: perché lo fanno? La risposta più semplice è quella che si sente a ogni tigì quando un uomo-bomba si fa esplodere. È la risposta più rassicurante, quella, in fondo, che ci auto-assolve: sono dei pazzi. Semplicemente dei pazzi.
UNO SPETTACOLO IBRIDO TRA CRONACA E TEATRO
Per 80 minuti, invece, i due autori-interpreti dello spettacolo Gli Altri, storie di burqa, amore e rabbia nel secolo del Jihad, in scena al teatro Officina di Milano, fanno di tutto per contestualizzare, problematizzare, rendere la complessità del reale in tutte le sue sfaccettature. Uno zigzagare tra luoghi, date, guerre alla ricerca di una risposta più elaborata. Possiamo noi occidentali, con la nostra razionalità, ma anche con le nostre rimozioni collettive davanti a una storia che non ci rende orgogliosi, capire tale sacrificio? Così, nel corso dello spettacolo, le ragioni umane, ma anche storiche e politiche del terrorismo islamista, prendono forma una dopo l’altra, incarnate in storie di persone reali, incontrate in Cecenia, Egitto, Iraq, Afghanistan. Gli Altri è uno spettacolo “ibrido”, di fusione tra cronaca e drammaturgia, e prova a rispondere a quella scomoda domanda «perché lo fanno?», con tutte le modalità espressive del genere. Non sono poche le lacrime alla fine della rappresentazione. Dal Vajont di Marco Paolini in avanti, le “orazioni civili” sembrano essere diventate l’elemento di maggiore impatto della scena teatrale contemporanea. In genere è l’attore o il drammaturgo che si spingono nel terreno dell’informazione. Nel caso de Gli Altri, storie di burqa, amore e rabbia nel secolo del Jihad sono invece due giornalisti a fare il percorso dalla cronaca verso le scene. Con tutti i limiti, ma anche i pregi del caso.
IL VIAGGIO DI NICASTRO E MINEO
Andrea Nicastro è inviato del Corriere della Sera, Francesca Mineo la voce di tante Ong che lavorano per lo sviluppo dei Paesi più poveri. Assieme hanno scritto e ideato un viaggio (immobile, ma coinvolgente) nei luoghi e nelle situazioni dove vivono gli Altri. Il loro peso attoriale non regge il confronto con i professionisti della scena, ma l’esposizione non ne risente perché gode della forza della verità. Come dice Massimo De Vita, direttore artistico dell’Officina, «i bravi attori devono essere capaci di “ascoltare e osservare” i personaggi che vogliono riprodurre in scena. Il duo Mineo-Nicastro non ha bisogno di padroneggiare la tecnica perché “recitano” semplicemente loro stessi. La paura per un guerrigliero che ti punta contro un’arma, la pietà per una famiglia di profughi, l’incredulità davanti a un aspirante uomo-bomba, non sono recitate, sono solo rievocate rispetto a episodi provati in prima persona. Non c’è bisogno di interpretare, basta che raccontino». Il risultato è un effetto verità che nessun attore può raggiungere. Aiuta anche la presenza di un enorme schermo che inonda l’intera scena con piccole clip o anche solo foto che mostrano le persone e gli eventi che si vogliono evocare. Tutti i sensi vengono così coinvolti. La regia è di Fabio Bettonica, le foto, intense e commoventi, di sguardi e volti “Altri” sono di Romano Cagnoni, Lorenzo Merlo e Mauro Sioli. Un intervento in audio è del direttore di Radio Popolare Massimo Bacchetta. Tre serate, tre sold out. Se c’era bisogno di verificare la fame di informazione di qualità nel nostro Paese, questo Gli Altri lo ribadisce con forza.
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