I sondaggi politici elettorali del 5 dicembre 2019

Il centrodestra sfiora il 50% mentre le forze di governo si fermano al 41%. Crescono Lega e Fratelli d'Italia. Male Pd e M5s. Le rilevazioni di Emg Acqua.

Secondo un sondaggio Emg Acqua presentato il 5 ad Agorà, se si votasse oggi la Lega sarebbe il primo partito con il 32,5%, seguito dal Pd al 19,5% e dal M5s al 16,3%. Poi Fratelli d’Italia al 10,1%, Forza Italia al 6,9%. Italia Viva è al 5,3%, La Sinistra 1,8%, Azione(Calenda) al 1,8%, +Europa al 1,6%, Europa Verde al 1,2% e Cambiamo! (Toti) al 0,9%. Complessivamente il centrodestra sfiora il 50% fermandosi al 49,5%, mentre l’area giallorossa (Pd+M5s-Iv) si ferma al 41,1%.

LE VARIAZIONI RISPETTO ALL’ULTIMA SETTIMANA

Rispetto alle rilevazioni del 28 novembre il Carroccio conquista un altro 0,1%, mentre i dem perdono lo 0,2%, stesso calo registrato anche dai grillini. Balzo di 0,2 punti per il partito di Giorgia Meloni mentre nel centrodestra perde quota Forza Italia, in sette giorni perso lo 0,4%. Stabile Italia viva mentre scende ancora +Europa dopo l’1,9% del 28.

COME È STATO CONDOTTO IL SONDAGGIO

Autore: EMG Acqua Committente/Acquirente: RAI PER AGORA’ Criteri seguiti per la formazione del campione: Campione rappresentativo della popolazione italiana maggiorenne per sesso, età, regione, classe d’ampiezza demografica dei comuni Metodo di raccolta delle informazioni: Rilevazione telematica su panel Numero delle persone interpellate, universo di riferimento, intervallo fiduciario: Universo: popolazione italiana maggiorenne; campione: 1.623 casi; intervallo fiduciario delle stime: ±2,3%; totale contatti: 2.000 (tasso di risposta: 81%); rifiuti/sostituzioni: 377 (tasso di rifiuti: 19%). Periodo in cui è stato realizzato il sondaggio: 04 DICEMBRE 2019

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Il presidente di Amsa ama la pulizia. Anche in bagno

Dopo l'inchiesta che ha coinvolto l'ex municipalizzata milanese che si occupa della raccolta rifiuti, al vertice è arrivato D’Andrea. Che deve aver preso alla lettera il suo incarico: dopo aver cambiato i mobili dell'ufficio, si è subito fatto rifare la toilette.

L’Amsa è la ex municipalizzata di Milano che gestisce i servizi di raccolta delle immondizie nel capoluogo e in altri comuni delI’hinterland. Dal 2010 è posseduta da A2a, società controllata dai comuni di Milano e Brescia.

Da qualche mese è nella bufera per una inchiesta della magistratura milanese che, come spesso accade, ha trovato particolari connivenze tra la politica locale, qualche dirigente dell’azienda e alcuni fornitori della società.

L’accusa dei magistrati è quella classica, ovvero che il politico si sarebbe fatto portatore degli interessi del privato presso l’Amsa agevolando alcune operazioni. Nella fattispecie il politico (Pietro Tatarella, ex consigliere comunale milanese ed ex vicecoordinatore lombardo di Forza Italia) avrebbe ricevuto denaro dalla Ecol Service di Daniele D’Alfonso, per forniture varie che alcuni dirigenti, in particolare il sindacalista e dipendente Amsa Sergio Salerno, avrebbero facilitato.

L’ARRIVO ALLA PRESIDENZA DI FEDERICO MAURIZIO D’ANDREA

Che cosa hanno fatto allora i vertici di A2a, spinti da Beppe Sala, per cercare di superare una situazione che imbarazzava Amsa, la capogruppo, tra l’altro quotata, e il buon nome del sindaco di Milano? La soluzione, probabilmente anche suggerita dal tribunale di Milano, è stata trovata lo scorso settembre, quando alla presidenza di Amsa è arrivato Federico Maurizio D’Andrea, 59 anni, un passato nella Guardia di Finanza (è stato comandante a Monza e in provincia di Bergamo), poi manager al centro di un robusto network di relazioni con privati e pubblica amministrazione che vanno dalla presidenza della Sangalli di Monza (azienda che opera nello stesso settore dell’igiene urbana) e della Pedemontana Lombarda, fino alla partecipazione negli organismi di vigilanza del Banco Bpm, di Smeralda Holding, del Sole 24 Ore, di Metropolitane Milanesi e di A2a.

DOPO L’AUTISTA PERSONALE, IL BAGNO NUOVO

Appena arrivato in Amsa, per prima cosa, ha richiesto un autista personale. D’Andrea deve aver preso poi alla lettera il suo incarico e ha cominciato a fare pulizia: ha cambiato tutti i mobili del suo ufficio e si è fatto rifare il bagno, il bagno personale. Con una spesa importante e soprattutto inutile. Del resto sulla pulizia non si transige, a cominciare dagli ambienti di lavoro. Pulizia e sicurezza, perché se non si fa attenzione nei bagni si può anche scivolare.

Quello di cui si occupa la rubrica Corridoi lo dice il nome. Una pillola al giorno: notizie, rumors, indiscrezioni, scontri, retroscena su fatti e personaggi del potere.

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Il Fisco contesta a Fca più di un miliardo di tasse arretrate

Per l'Agenzia delle Entrate il gruppo avrebbe sottostimato il valore dell'acquisizione di Chrysler nel 2014.

L’Agenzia delle Entrate ha contestato a Fca di aver sottostimato le attività americane di Chrysler per 5,1 miliardi di euro. Il gruppo rischia quindi di dover pagare gli arretrati al Fisco per circa 1,3 miliardi di euro, anche se un eventuale accordo per chiudere il contenzioso in tempi rapidi potrebbe ridurre in maniera significativa la cifra.

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Morta di meningite a Brescia, sette medici indagati

La Procura ha aperto un fascicolo contro i dottori che hanno seguito la 19 morta il 2 dicembre scorso. L'ipotesi è di omicidio colposo. I Pm: atto dovuto per accertare i fatti.

Sarà eseguita questa mattina agli Spedali civili di Brescia l’autopsia sul corpo della 19enne stroncata dalla meningite lunedì 3 dicembre a Brescia. Intanto la Procura ha iscritto nel registro degli indagati sette medici con l’accusa di omicidio colposo. Atto dovuto quello della magistratura per permettere tutti gli accertamenti medici necessari. I medici indagati sono professionisti che hanno preso in carico la paziente dal momento dell’arrivo al pronto soccorso fino al decesso.

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Morta di meningite a Brescia, sette medici indagati

La Procura ha aperto un fascicolo contro i dottori che hanno seguito la 19 morta il 2 dicembre scorso. L'ipotesi è di omicidio colposo. I Pm: atto dovuto per accertare i fatti.

Sarà eseguita questa mattina agli Spedali civili di Brescia l’autopsia sul corpo della 19enne stroncata dalla meningite lunedì 3 dicembre a Brescia. Intanto la Procura ha iscritto nel registro degli indagati sette medici con l’accusa di omicidio colposo. Atto dovuto quello della magistratura per permettere tutti gli accertamenti medici necessari. I medici indagati sono professionisti che hanno preso in carico la paziente dal momento dell’arrivo al pronto soccorso fino al decesso.

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Da questo Pd immobile si attende un gesto di orgoglio

I dem non possono stare fermi, aspettare il giorno per giorno, l' opinione pubblica si è stufata dell’attendismo e di prendere schiaffi. Serve una controffensiva contro i bugiardi di Bibbiano: Di Maio, Salvini, Meloni.

Immagino che nel Pd si confrontino due linee (magari di più, ma sto all’essenziale). Quella che pensa che sia più giusto tirare avanti con il governo facendo ogni tanto la voce grossa (non proprio grossa, un po’ alterata) perché conviene prendere tempo e non dare subito il Paese in mano ai bugiardi di Bibbiano, Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Poi c’è sempre la speranza che qualcosa accada, che Salvini faccia la sua cazzata eccetera eccetera.

L’altra linea dice che non se ne può più, che questo tira e molla con i cinque stelle ha superato ogni decenza, che Luigi Di Maio è totalmente inaffidabile e il povero Beppe Grillo non lo controlla e che quindi il Pd non può consegnare al Paese l’immagine di sé come forza irresoluta, che sta al governo per disperazione, che teme il voto.

In tutto questo c’è anche la partita con Matteo Renzi, visibilmente nei guai giudiziari che ogni tanto (ormai sempre meno) alza la voce, ma ha una paura matta del voto che lascerebbe a casa quasi tutti i suoi parlamentari.

IL PD TRAVOLTO DAL TROPPO ATTENDISMO

Lo scontro fra queste due linee ha anche una base di contrasto culturale. La prima linea, quella dell’attendere, fa capo all’idea che bisogna farsi carico dei problemi del Paese fino al proprio sacrificio, che bisogna difendere l’Europa dai barbari, che l’opinione pubblica alla fine capirà la generosità di una linea responsabile.

Resto dell’avviso che i bugiardi di Bibbiano reggeranno al governo pochi mesi

La seconda linea, invece, crede che sia irresponsabile affidare l’Italia per tanti mesi alle scorrerie dei bugiardi di Bibbiano, che l’Europa si salva da sé e che di fronte alle intimidazioni di Di Maio, Salvini, Alberto Bagnai e Claudio Borghi scoppiano risate continentali. Infine che la funzione di un partito è salvaguardare il proprio blocco elettorale per la vittoria o, di fronte alla minaccia della sconfitta, per costruire la rivincita. Io, lo ripeto, resto dell’avviso che i bugiardi di Bibbiano reggeranno al governo pochi mesi e fra qualche giorno cercherò di spiegare perché ne sono convinto.

IL PROSSIMO PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SARÀ DI DESTRA

Il Pd dunque deve scegliere fra il suicidio o il combattimento che potrà finire con mille ferite ma che lo lascerà sul campo di battaglia pronto per la prossima guerra. Nicola Zingaretti non dovrebbe avere dubbi al proposito. Votare subito significa dare al centrodestra la possibilità di eleggere il nuovo capo dello Stato? Sia se vince la prima linea sia se vincesse la seconda, il prossimo presidente della Repubblica sarà di destra. Vorrei dire ai candidati di sinistra di rassegnarsi. Semmai accetterei il consiglio di Enrico Mentana di cercare fra la gente di destra uno/a adatta a salire al Colle. Ce n’è. Per il resto si inizi la guerra totale contro i bugiardi di Bibbiano e contro Di Maio nella speranza che nel M5s emerga una leadership dignitosa, almeno dignitosa.

TRA I DEM SERVE UN GESTO DI ORGOGLIO

Mi immagino un Natale con il Pd lancia in resta sul fronte salva-Stati, che faccia casino sull’Ilva, che sbugiardi i due imbroglioni di Bibbiano su tutte le fake news che propalano con l’aiuto di giornalisti arruffapopoli. Il Pd non può stare fermo, aspettare il giorno per giorno, la sua opinione pubblica si è stufata dell’attendismo e di prendere schiaffi. Si risale con un gesto di orgoglio, con una controffensiva mediatica, con mille piazze, milioni di messaggi sui social, in cui si mette l’Italia di fronte alla cialtronaggine della destra che vuole portare il Paese fuori dall’Europa per consegnarlo a Vladimir Putin. Se dovesse accadere togliete i monumenti a Garibaldi, traditori che non siete altro.

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Appalti pilotati e corruzione, 10 arresti a Roma

Imprenditori e funzionari pubblici sono finiti in manette con l'accusa di corruzione, truffa ai danni dello Stato e turbata libertà degli incanti.

Dieci persone, tra imprenditori e funzionari pubblici, sono stati arrestati a Roma le accuse di corruzione, truffa ai danni dello Stato e turbata libertà degli incanti. Coinvolti tre imprenditori operanti nel settore dell’edilizia, manager privati e funzionari pubblici dell’Agenzia delle dogane e monopoli. Gli agenti della sezione “Anticorruzione” della Squadra Mobile hanno provveduto anche al sequestro preventivo per un valore di oltre 9 milioni di euro.

L’indagine avrebbe riguardato rapporti illeciti tra un gruppo imprenditoriale e alcuni funzionari nell’aggiudicazione di appalti sulla gestione e ristrutturazione di immobili del fondo di previdenza del Mef. L’operazione nasce da un’attività investigativa svolta dalla Squadra Mobile, insieme con l’Ufficio Antifrode dell’Agenzia delle Entrate, e coordinata dalla Procura di Roma.

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Gualtieri esulta per il rinvio della riforma del Mes

Il ministro: «Giornata positiva, abbiamo un accordo di principio». La firma slitta al 2020. Ora la parola passa al Consiglio europeo del 13 dicembre, che non sarà decisivo. Cala la tensione nella maggioranza.

Dopo un lunghissimo negoziato notturno a Bruxelles, il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri è soddisfatto. L’Italia, a suo giudizio, ha ottenuto le tre cose che chiedeva all’Eurogruppo sulla riforma del Mes e sulla road map verso lo Schema europeo di garanzia dei depositi bancari.

«Giornata positiva, abbiamo un accordo di principio», ha commentato il titolare del Tesoro. Soprattutto perché i partner europei hanno accettato di rinviare la firma del trattato ai primi mesi del 2020 (gennaio-febbraio) e il parlamento italiano avrà quindi tutto il tempo per esprimersi. Il rinvio della firma e il fatto che il tema potrebbe non essere oggetto del Consiglio europeo del 13 dicembre, che non sarà decisivo in quanto destinato a ricomporre le divergenze politiche fra gli Stati membri, sono due elementi che dovrebbero contribuire a far calare di molto la tensione nella maggioranza.

Il governo Conte bis dovrebbe quindi superare senza intoppi il voto in parlamento previsto l’11 dicembre sulla risoluzione che il M5s sta mettendo a punto. «Gualtieri ha tenuto fede all’accordo, non ha dato luce verde al Mes. Ora risoluzione di maggioranza in parlamento. Noi non firmiamo finché non conosceremo le altre riforme nel dettaglio. Ci vorranno mesi per capire se il pacchetto va a favore dell’Italia», ha detto il 5 dicembre il sottosegretario agli Affari europei Laura Agea, incaricata da Luigi Di Maio di mettere a punto la risoluzione.

LEGGI ANCHE: Cos’è il Mes e perché Salvini e Meloni attaccano il governo

LE MODIFICHE ALLE CLAUSOLE DI AZIONE COLLETTIVA

Gualtieri, entrando nei dettagli, ha spiegato che sulle clausole di azione collettiva l’Italia ha ottenuto «un meccanismo che rende le cosiddette single lib cacs più simili alle double limb. Per noi è una cosa importante e questo aspetto richiederà un lavoro aggiuntivo, solo dopo il quale sarà possibile la finalizzazione dell’accordo e poi la firma e le procedure di ratifica». Tradotto, significa che il nuovo meccanismo di maggioranza semplice (single limb) deciso per rivalutare i titoli di Stato in caso di ristrutturazione del debito potrà contenere dei sotto-insiemi per garantire tutti gli investitori e non solo alcuni. La richiesta verrà accordata su base volontaria, ogni Stato potrà decidere se dotarsi oppure no di queste sub-aggregazioni.

RESPINTE LE IPOTESI DI CONDIZIONALITÀ SUL BACKSTOP

Il ministro ha inoltre sottolineato che «per il backstop sono state respinte tutte le ipotesi di condizionalità, quindi ci sarà una condivisione di risorse senza condizionalità, primo caso in Ue». Sull’Unione bancaria, tuttavia, la cosiddetta logica di pacchetto non è passata: «La discussione è stata lunga e difficile, dovremo continuare a lavorare su questo tema. Abbiamo ottenuto l’eliminazione dalla roadmap di riferimenti al trattamento prudenziale dei titoli sovrani, quindi il lavoro dovrà continuare». La ponderazione dei titoli di Stato, ha aggiunto Gualtieri, «sarebbe stata per noi assolutamente negativa e questo obiettivo è stato raggiunto, assieme alla sub-aggregazione e a quello di non raggiungere un accordo oggi, cosicché il parlamento possa esprimersi». Ma per la garanzia europea sui depositi bancari bisognerà attendere almeno il mese di giugno.

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Legge elettorale, la maggioranza converge sul proporzionale

Il ministro per le Riforme d'Incà ha confermato che entro a fine anno arriverà un testo definitivo. Si tratta sul modello spagnolo. Restano le incognite per il referendum sul taglio dei parlamentari.

La maggioranza ha deciso: se una riforma della legge elettorale ci deve essere sarà in chiave proporzionale. Lo ha confermato il ministro per le Riforme Federico D’Incà al termine del vertice di maggioranza spiegando che «entro la fine dell’anno» la maggioranza produrrà un testo definitivo e che si privilegia un «proporzionale con un meccanismo antiframmentazione».

La maggioranza si trova ora davanti ad un doppio bivio: il primo è quello sul tipo di proporzionale, per cercare o meno di allargare il consenso anche a qualche partito di opposizione; il secondo riguarda invece l’eventuale voto anticipato in primavera che farebbe saltare la riforma con il taglio dei parlamentari e non obbligherebbe a uno nuova legge elettorale.

Questi i punti centrali del confronto al vertice serale di maggioranza del 4 dicembre al quale il ministro Federico D’Incà si è presentato con delle simulazioni con i diversi sistemi elettorali e in cui si è confermato l’impegno a presentare un testo entro il 20 dicembre.

Il doppio turno nazionale, proposto dal Pd, sembra infatti archiviato, vista la contrarietà di M5s, Iv e Leu. Infatti alla riunione con i capigruppo in serata D’Incà ha portato – come concordato in precedenza – una serie di proiezioni con i soli sistemi proporzionali, riconducibili a due principali varianti: con soglia nazionale (al 4 e al 5%) o con soglia circoscrizionale, cioè il cosiddetto sistema spagnolo. Quest’ultimo garantisce ai partiti in bilico nel raggiungimento di una soglia nazionale (appunto 4-5%) di poter eleggere dei parlamentari almeno nelle grandi circoscrizioni urbane, garantendogli un diritto di tribuna, specie in Senato.

IL NODO DELLE LISTE BLOCCATE

Il Pd preferisce un sistema con soglia unica nazionale, ma tra i Dem c’è anche chi – come Andrea Orlando – guarda con favore al sistema spagnolo: garantendo i partiti più piccoli, favorisce le alleanze anche negli Enti locali. A questo primo bivio se ne accoppia un secondo sul contenuto della legge: voto di preferenza, brevi listini bloccati o ancora collegi uninominali come il modello in vigore per il Senato fino al 2006.

LA QUESTIONE DEI TEMPI E L’EVENUTALE RITORNO ALLE URNE

L’altra scelta di fondo, di natura squisitamente politica, è la velocità con cui procedere con la riforma elettorale. Infatti mandarla avanti rapidamente per taluni rischia di accelerare la fine della legislatura, mentre c’è chi paventa un pericolo simmetricamente opposto: se per una qualsiasi ragione dovesse invece cadere a breve la legislatura, prima di avere la nuova legge, si voterebbe con il Rosatellum, un vantaggio per la Lega di Salvini che, se Pd e M5s non si alleano, potrebbe vincere quasi tutti i collegi uninominali.

A RISCHIO IL REFERENDUM SUL TAGLIO DEI PARLAMENTARI

Il tema dei tempi si intreccia con quello della eventuale richiesta di referendum sul taglio dei parlamentari che va presentata entro il 12 gennaio. Se verranno raccolte le 65 firme necessarie in Senato (ad oggi hanno firmato in 52 senatori), l’entrata in vigore del taglio dei parlamentari slitterà a dopo lo svolgimento del referendum (aprile-maggio). Ma ciò potrebbe indurre qualche partito a far cadere la legislatura prima per poter rieleggere un Parlamento con 945 eletti anziché 600. Un dubbio che ha frenato la raccolta di firme inizialmente partita a piè sospinto. Nessun partito dichiara questa intenzione ma molti parlamentari riferiscono che vi sono diffidenze su accordi in tal senso tra leader di partiti.

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Sparatoria nella base Usa di Pearl Harbour: due morti

Un marinaio della Us Navy ha aperto il fuoco contro dei colleghi uccidendo due persone per poi togliersi la vita. L'episodio avvenuto a pochi giorni dalle commemorazioni per l'attacco giapponese durante la Seconda guerra mondiale.

Paura a Pearl Harbour, la storica base navale a 13 chilometri da Honolulu, nelle Hawaii, che ospita la flotta statunitense nel Pacifico. Nel primo pomeriggio un militare ha aperto improvvisamente il fuoco uccidendo due persone e ferendone una terza prima di togliersi la vita sparandosi alla testa.

Si sa ancora poco della dinamica e del movente dell’episodio, che è caduto tre giorni prima del 78/mo anniversario dell’attacco aereo giapponese alla base: quel 7 dicembre 1941 in cui morirono oltre 2.300 americani e che segnò l’ingresso degli Stati Uniti nella Seconda guerra mondiale.

Proprio in queste ore, come ogni anno, erano già in corso i preparativi per le celebrazioni che coinvolgono gran parte delle migliaia di militari e civili che operano e vivono nella base con le loro famiglie. Secondo i testimoni a sparare, nei pressi dell’ingresso sud dell’enorme area militare, è stata una persona che indossava la divisa della Us Navy, la marina militare statunitense.

SITO IN LOCKDOWN PER DIVERSE ORE

Una versione poi confermata dalle autorità militari che però non hanno ancora identificato l’uomo. Le due vittime e il ferito sono tre dipendenti civili del dipartimento alla Difesa. Nulla si sa per ora sulle loro generalità e se fossero persone legate all’uomo che ha sparato. Il sito di Pearl Harbour – che ospita sia la Us Navy che l’Air Force con 10 navi da guerra e 15 sottomarini – è stato per quasi due ore in lockdown, con tutti gli accessi e le vie di uscita bloccati.

PAURA ANCHE PER I TURISTI NELL’AREA

Sul posto sono intervenuti centinaia tra vigili del fuoco, soccorritori e uomini della polizia militare e delle forze speciali. Momenti di terrore e di angoscia anche tra i tanti turisti in visita, la maggior parte nell’area dove si trova il Pearl Harbour National Monument: a tutti è stato detto di mettersi immediatamente al riparo, così come è stato ordinato al personale della base. Il presidente americano Donald Trump, di ritorno in quelle ore a Washington da Londra dove ha partecipato al vertice dei leader della Nato, è stato immediatamente informato dell’accaduto. E il governatore delle Hawaii David Ige ha reso noto come la Casa Bianca ha offerto la sua assistenza attraverso le agenzie federali.

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Il caso Alpa e le ombre di conflitto d’interessi su Conte

Un documento proverebbe la pregressa collaborazione tra il premier e il suo insegnante-mentore, che fu anche esaminatore al concorso per la nomina a professore associato. Palazzo Chigi smentisce. Ma non c'è chiarezza su parcelle e presunto studio legale comune. La storia.

In un Paese dai mille paradossi come l’Italia, divorato dall’evasione fiscale, può persino accadere che a creare imbarazzo al presidente del Consiglio sia una fattura. Anzi, un «progetto di parcella», come puntualizzato da Palazzo Chigi. Insomma, il documento che dimostrerebbe una pregressa collaborazione tra Giuseppe Conte, all’epoca semplice avvocato (non «degli italiani») e il professor Guido Alpa che, oltre a essere suo insegnante e mentore, fu pure il suo esaminatore al concorso all’Università Vanvitelli di Caserta per la nomina a professore associato.

CARTA INTESTATA TROVATA DA LE IENE

La Lega cerca la parcella da mesi, Le Iene sembrano essere riuscite a recuperarla e su quella carta intestata potrebbe giocarsi il futuro della legislatura. Tanto che Matteo Salvini a Stasera Italia, su Rete 4, non si è lasciato sfuggire l’occasione di infierire: «Se c’è il dubbio che il premier abbia vinto un concorso pubblico in modo non corretto è qualcosa di grave. Spero che la racconti tutta e non finisca in una bolla di sapone. In un qualunque altro Paese europeo si sarebbe già dimesso, non solo un premier ma anche un sindaco o un ministro sospettato di aver raccontato una bugia o una parziale verità». Ma andiamo con ordine.

QUESTIONE SOLLEVATA DA LA REPUBBLICA

Fu il quotidiano la Repubblica, il 5 ottobre 2018, a porre per primo la questione. «Per la nomina a professore ordinario nel 2002», riportava il giornale, «il premier venne esaminato da Guido Alpa con cui, secondo il curriculum ufficiale, condivideva uno studio legale. La replica del maestro: “Eravamo solo coinquilini“». Secondo la tesi del giornale il concorso per diventare professore ordinario vinto da Conte sarebbe stato viziato da una grave incompatibilità rintracciabile nel pregresso rapporto lavorativo tra esaminatore ed esaminato.

concorso conte alpa iene
Il documento trovato da Le Iene.

L’EX VICEPREMER SALVINI IGNORÒ LA VICENDA…

Pochi giorni dopo il Partito democratico partì all’attacco depositando in Senato una interrograzione parlamentare. «Si chiede di sapere», scrivevano i senatori dem rivolgendosi direttamente a Conte, «se non ritenga che tale vicenda esponga ulteriormente la sua carica di presidente del Consiglio dei ministri a un discredito che nuoce all’interesse generale del Paese». All’epoca Salvini non diede peso alla vicenda, del resto era vicepremier.

ALTRI TRASCORSI UNIVERSITARI IN COMUNE

In realtà quella non fu nemmeno la prima volta che Conte inciampò su una questione legata ai suoi trascorsi universitari e con Guido Alpa. Poche settimane prima, a fine settembre, venne infatti fuori che il premier, nel mese di febbraio (ben prima di ottenere l’incarico che lo portò a Palazzo Chigi) aveva presentato domanda per la cattedra di Diritto privato alla Sapienza di Roma.

QUELLA CATTEDRA LASCIATA LIBERA PROPRIO DA ALPA

Risultato idoneo assieme ad altri tre candidati, il presidente del Consiglio avrebbe dovuto sostenere un esame di inglese legale il 10 settembre. «Avremo un premier a mezzo servizio», tuonarono dal Pd ventilando ipotesi di conflitto di interessi. La notizia, riportata da Politico.eu, creò qualche imbarazzo soprattutto alla parte cinque stelle dell’esecutivo (da sempre in lotta contro la Casta, le baronie e il moltiplicarsi delle poltrone) e spinse Conte ad annunciare che non sarebbe andato a sostenere la prova «per impegni istituzionali». Il collegamento con Alpa? La cattedra lasciata libera era proprio quella del professore, andato in pensione.

concorso conte alpa iene
Il premier Giuseppe Conte intervistato da un inviato de Le Iene.

ANCHE IL SALVATAGGIO DI CARIGE IMBARAZZÒ IL GOVERNO

E ci fu almeno un terzo caso che costrinse Conte a spiegare il suo rapporto con Alpa. All’inizio del 2019 il governo fu investito della questione del salvataggio pubblico di Banca Carige, deciso nel Consiglio dei ministri nella serata del 7 gennaio 2019. Le opposizioni tornarono all’attacco con la questione di un presunto conflitto di interessi che germinava, ancora una volta, dai trascorsi tra Conte e Alpa. Il suo mentore, infatti, dal 2009 al 2013 fu membro del consiglio di amministrazione di Carige; dal dicembre 2013 al febbraio 2014 si sedette a quello di Fondazione Carige. E, ancora, da aprile 2013 a dicembre 2013 ricoprì il ruolo di presidente di Carige Assicurazioni e Carige Vita nuova, oltre a essere stato legale di uno dei soci di minoranza dell’istituto, Raffaele Mincione, che, peraltro, in passato si è avvalso anche della consulenza dello stesso Giuseppe Conte.

PAGAMENTO DI 26 MILA EURO SU UN UNICO CONTO CORRENTE

Tornando invece al presunto conflitto di interessi che rischierebbe persino di invalidare il concorso per diventare professore ordinario di Diritto privato, la nuova prova presentata dal Le Iene sarebbe una fattura congiunta con in calce le firme del premier e di Alpa. Si tratta di un documento redatto su carta intestata a entrambi, che riporta la richiesta di pagamento di 26.830,15 euro da effettuare su un unico conto corrente di una filiale di Genova di Banca Intesa, quindi cointestato.

LA PROVA DI INTERESSI PROFESSIONALI COINCIDENTI?

Si tratterebbe di quanto dovuto per i servizi professionali resi per l’assunzione, nel 2001 (un anno prima del concorso) della difesa del Garante per la privacy in una controversia legale con Rai e Agenzia delle entrate, aperta al tribunale civile di Roma. Insomma, la tesi è che quel documento proverebbe comuni interessi professionali ed economici preesistenti al concorso tra l’allora candidato Giuseppe Conte e un membro della commissione.

LE LEGHISTA BORGONZONI FECE UN’INTERROGAZIONE

Sarebbe insomma il famoso preavviso di fattura che la Lega cerca ininterrottamente da quando Salvini ha fatto cadere il governo e ha eletto come proprio bersaglio proprio Giuseppe Conte. L’8 ottobre 2019, infatti, in una interrogazione parlamentare presentata da Lucia Borgonzoni, il partito di Salvini rispolverando le questioni del Pd domandava al presidente del Consiglio se potesse «escludere l’esistenza di progetti di parcella firmati da entrambi e su carta cointestata riferiti ai patrocini prestati al Garante per la protezione dei dati personali». «In caso contrario», veniva chiesto, «come ciò possa conciliarsi con la più volte ribadita autonomia e se reputi opportuno che un presidente del Consiglio dei ministri, nell’escludere un conflitto, ricostruisca i fatti omettendo di esplicitare elementi decisivi».

LETTERA D’INCARICO INVIATA A UN SOLO INDIRIZZO

Secondo gli autori del servizio, quel documento venuto infine alla luce – unito alla lettera d’incarico del Garante per la privacy rivolta a entrambi – proverebbe appunto ciò che sostenne a suo tempo la Repubblica. «Conte», hanno scritto Le Iene, «ha sempre negato la comunanza di interessi economici con Alpa, nonostante nel suo curriculum vitae lui stesso avesse scritto: “Dal 2002 ha aperto con il prof. avv. Guido Alpa un nuovo studio legale dedicandosi al diritto civile, diritto societario e fallimentare”». Poi hanno sottolineato: «La lettera ha un unico numero di protocollo, è inviata a un unico studio legale, presso un unico indirizzo: al prof. Guido Alpa e al prof Avv. Giuseppe Conte, Via Sardegna 38, Roma».

SOLO COINQUILINI? O CONTE ERA OSPITE?

Quindi non lo studio su due piani di via Cairoli già oggetto della replica che il presidente del Consiglio indirizzò a la Repubblica l’8 ottobre 2018. «Io e il prof. Alpa», si giustificò il premier, «non abbiamo mai avuto uno studio professionale associato né mai abbiamo costituito un’associazione tra professionisti. Sarebbe bastato ai giornalisti chiedere in giro». Il premier anche su Facebook scrisse che «Alpa, all’epoca dei fatti, aveva sì uno studio associato, ma a Genova. Mentre a Roma siamo stati “coinquilini” utilizzando una segreteria comune». Ora «il documento», secondo Le Iene, «conferma un’altra circostanza, su cui Guido Alpa e Giuseppe Conte non avrebbero detto la verità». E cioè che «prima del concorso universitario, come ha riferito Alpa, Conte era ospite in via Sardegna e non come aveva detto il premier con un contratto d’affitto separato per il suo studio al piano di sopra di quello di Alpa, in piazza Cairoli, dove si trasferirà alcuni anni dopo».

PALAZZO CHIGI RIDIMENSIONA I CASI FATTURA E CONCORSO

Conte, da parte sua, ha smentito ancora una volta ogni accusa. A iniziare dal fatto che quel documento non costituirebbe fattura, ma un «progetto di parcella» e non esisterebbero parcelle congiunte. Non solo, a quel preavviso sarebbe seguita un’unica fattura, di Alpa. Conte non avrebbe chiesto alcunché al cliente in quanto «il suo apporto all’istruzione e alla conduzione della causa sarebbe stato assolutamente marginale rispetto a quello del professor Alpa». Mentre, sul concorso, ha ribadito: «Era un concorso per titoli, vuol dire che si mandano le pubblicazioni e vengono valutate», sottolineando di averlo «superato con l’unanimità della commissione, Alpa era uno dei cinque commissari».

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Le quotazioni di Borsa e spread del 5 dicembre 2019

Avvio piatto per Piazza Affari dopo la chiusura positiva di mercoledì 4 dicembre. Spread a 161 punti. I mercati in diretta.

Apertura del 5 dicembre 2019 poco mossa per Borsa italiana dopo la buona giornata di mercoledì 4. Piazza Affari avviato le contrattazione a +0,07% con l’indice Ftse Mib a 23.049 punti. Avvio cauto per le Borse europee: Francoforte +0,03%, Parigi +0,15% mentre Londra fatica a -0,08%.

LO SPREAD RIPARTE DA 161 PUNTI

Lo spread tra Btp e Bund è sostanzialmente stabile in avvio di giornata a quota 161,3 punti, a fronte dei 160,5 della chiusura del 4 dicembre. Il rendimento del titolo decennale italiano è pari all’1,287%.

BORSE ASIATICHE POISITIVE IN VISTA DELL’INTESA SUI DAZI

Seduta positiva per le Borse asiatiche dove il clima resta ottimista su un accordo Usa-Cina per fine mese. Tokyo (+0,71%) è stata inoltre sostenuta dai rialzi dei titoli dell’acciaio dopo che il governo ha annunciato un pacchetto di misure a sostegno della crescita del settore. Bene anche Hong Kong (+0,66% a sessione ancora aperta) e i listini cinesi di Shanghai (+0,74%) e Shenzhen (+1,15%). Da segnalare invece che gli indici della Borsa indiana sono al palo e pressoché invariati dopo che la banca centrale ha deciso di tenere fermi i tassi di interesse alla luce di un’inflazione superiore alle attese.

LA GIORNATA DEI MERCATI IN DIRETTA

9.11 – EUROPA CAUTA IN AVVIO

A Francoforte l’indice Dax è poco mosso (+0,03%), a Parigi il Cac 40 sale dello 0,15% mentre a Londra il Ftse 100 alle prime battute arretra di un marginale -0,08%.

9.10 – APERTURA BORSA DI MILANO POCO MOSSA

Avvio di seduta poco mosso per Piazza Affari. L’indice Ftse Mib segna un aumento marginale dello 0,07% a 23.049 punti

8.04 – CHIUSURA BORSA DI TOKYO IN RIALZO

La Borsa di Tokyo ha chiuso la seduta in positivo, in scia all’andamento a Wall Street, quando ritorna l’entusiasmo tra gli investitori sulle aspettative di una firma della prima fase dell’accordo commerciale tra Cina e Stati Uniti. L’indice Nikkei segna un progresso dello 0,71% a quota 23.300,09, con un guadagno di 164 punti. Sui mercati valutari lo yen arresta la fase di apprezzamento sul dollaro, con scambi a 108,80, e sulla moneta unica a 120,50.

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