Reddito e pensione di cittadinanza valgono in media 484 euro

In Campania sale a 554 euro. Ma per oltre 200 mila destinatari la somma percepita si ferma a 200 euro.

Reddito e Pensione di cittadinanza per oltre un milione di nuclei. L’importo per famiglia viaggia sui 484 euro, con un massimo in Campania, dove sale a 554 euro. Ma per oltre 200 mila destinatari la somma percepita si ferma a 200 euro.È il quadro che emerge dall’Osservatorio dell’Inps sulla misura introdotta con la manovra dal precedente governo M5s-Lega, con i dati aggiornati all’inizio di dicembre. Tra aprile e novembre sono 1.066.000 le domande di Reddito e Pensione di cittadinanza (il beneficio riconosciuto agli over 67) accolte dall’Istituto di previdenza, ma di queste 51.681 sono decadute e quindi le famiglie beneficiarie di Reddito (890.756) e Pensione di cittadinanza (123.673) sono nel complesso 1.014.429. Le richieste respinte sono 444.494, mentre oltre 112.000 risultano in lavorazione.

A NAPOLI E PROVINCIA QUASI 120 MILA BENEFICIARI

È il Sud che continua a prevalere e Napoli risulta la provincia con più percettori di Reddito e Pensione di cittadinanza con quasi 120.000 beneficiari (118.193): tanto che il capoluogo campano risulta avere più beneficiari rispetto all’insieme di Lombardia (84.952) e Veneto (30.531). Nel complesso, la Campania ne conta quasi 200.000 (196.494) concentrando quasi un quinto di tutti i percettori in Italia. Se si guardano gli importi, la somma varia in base al numero dei componenti ma la gran parte degli ‘assegni’ per le famiglie si ferma sotto i 600 euro. anche considerando che in media la somma pagata per la Pensione di cittadinanza è decisamente più bassa del Reddito (219 euro euro contro 522). Oltre il 20% dei nuclei beneficiari del Reddito o della Pensione di cittadinanza percepisce una somma fino a 200 euro: si tratta di oltre 207 mila nuclei (207.372) rispetto al totale che supera un milione (1.014.429).

1200 EURO AD OLTRE 5MILA NUCLEI

All’opposto, ad oltre 5 mila nuclei (5.226) vengono corrisposti oltre 1.200 euro. Quasi 177 mila nuclei (176.956) percepiscono tra i 200 e i 400 euro; oltre 303 mila (303.854) tra i 400 e i 600 euro. Sommando quindi queste fasce più basse, emerge che 688.182 nuclei arrivano fino a 600 euro, ovvero il 67,8% del totale. Le altre classi di importo più alte sono meno numerose: quasi 185 mila (184.097) si collocano tra i 600 e gli 800 euro; 100.962 tra 800 e mille euro; 35.962 tra mille e 1.200 euro. Nel complesso, dai 600 euro ad oltre 1.200 euro ci sono quindi 326.247 nuclei, il 32,1% del totale.

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Non solo cannabis light: la manovra esce col lifting

Il Senato approva la Finanziaria con 166 sì e 128 no. Che però è trasformata. Quindici norme stralciate, a partire dalla legalizzazione della canapa. E po i 3 miliardi in meno di tasse sul lavoro, ma anche plastic e sugar tax e nuove clausole Iva.

Il primo sì è finalmente arrivato. Il Senato ha dato il via libera alla fiducia sulla legge di bilancio con 166 voti favorevoli e 128 no. Gianluigi Paragone, del M5s, come annunciato ha votato no. Al momento della proclamazione del voto, la maggioranza in Aula ha applaudito.

LEGGI ANCHE: La manovra blindata approvata dal Senato

STRALCIATE IN EXTREMIS 15 NORME

A due mesi esatti dal Consiglio dei ministri che la varò, la manovra riceve il primo via libera parlamentare. Il Senato la approva con voto di fiducia dopo settimane assai turbolente, lo stralcio in extremis di 15 norme e una settantina di correzioni finali. Fa discutere la decisione di Elisabetta Casellati di dichiarare inammissibile la norma per legalizzare la cannabis leggera: il centrodestra la applaude, maggioranza e governo protestano e il M5s chiede le dimissioni da presidente del Senato. Il testo deve ora essere approvato dalla Camera blindato, senza più modifiche, per essere approvato a ridosso del Natale. Salvo imprevisti, la manovra non cambia più: passa senza la legalizzazione della canapa, con lo stop all’aumento dell’Iva, con un taglio da 3 miliardi delle tasse per i lavoratori, con plastic e sugar tax ma anche con una nuova tegola da 47 miliardi di aumenti di Iva e accise nel 2021 e nel 2022 che dovranno essere disinnescati.

SÌ CONVINTO DI PD E LEU, SALVINI CONTRO LO “STATO SPACCIATORE”

Il voto del Senato sulla manovra arriva con il “sì convinto” di Pd e Leu, con un sì con riserva di Iv e con un sì condito da qualche mal di pancia per i Cinque stelle: una manciata di senatori 5s fino all’ultimo si mostra in dubbio se partecipare al voto e Gianluigi Paragone vota no. In Aula il clima si surriscalda davvero solo a inizio di seduta, quando Casellati dichiara inammissibili 15 norme, tra cui quella introdotta da un emendamento M5s che avrebbe l’effetto di legalizzare la cannabis light. Il centrodestra applaude il presidente. La maggioranza protesta: «una scelta tecnica» perché le norme ordinamentali non possono andare in manovra, se questa misura per voi è importante fatevi un disegno di legge“, ribatte il presidente. “Ci tengo a ringraziarla ‘tecnicamente’ per aver evitato la vergogna dello Stato spacciatore”, sorride Matteo Salvini.

IL M5S CHIEDE LE DIMISSIONI DI CASELLATI

Dal governo il ministro Federico D’Incà protesta con garbo: “Rispetto la decisione ma sono amareggiato, non era una liberalizzazione ma una regolamentazione del mercato della canapa”. Il capogruppo Pd Andrea Marcucci dice di “non capire” la scelta. Il M5s, con Giuseppe Brescia, chiede le dimissioni di Casellati. E per tutto il giorno i senatori continuano ad accapigliarsi sul tema. “Drogato!”, urla Ignazio La Russa a un senatore M5s. Mentre Loredana De Petris sfida tutti i senatori del centrodestra a fare un test antidroga dopo le vacanze. Il viceministro 5s Stefano Buffagni sfida Salvini: “Facciamo il test, non solo sulla cannabis”. Intanto però la norma salta. Il vaglio finale della Ragioneria dello Stato sul maxi emendamento su cui il governo mette la fiducia porta anche altre novità. Sono circa 70 le norme che vengono cambiate in extremis per errori di forma o mancanza di coperture. Salta il rinvio da luglio 2020 a gennaio 2022 della fine del mercato tutelato per l’energia e salta anche la sospensione del reddito di cittadinanza in caso di lavori brevi, così come l’estensione ai pediatri dei fondi per avere macchinari per gli esami in studio.

ZINGARETTI RIVENDICA: MANOVRA SALVA ITALIA

Nicola Zingaretti a nome del Pd mette l’accento su quanto di buono si è fatto: “E’ una manovra ‘Salva Italia’ e il risultato sul piano economico è positivo: l’obiettivo, con fatica, è stato raggiunto ed è utile per chiudere una stagione e aprirne una che ridia speranza”. Molto più critici i toni di Matteo Renzi, che prende la parola nell’Aula del Senato e – citando implicitamente una vecchia frase del premier Giuseppe Conte – dice che “non è stato un anno bellissimo”. Poi annuncia già la prossima battaglia in Parlamento per abolire la sugar tax e la plastic tax (che è stata già ridotta e rinviata, portando alle casse dello stato non più 1 miliardo ma 140 milioni). Poi attacca: “Il 2020 è l’anno delle scelte: il governo deve cambiare passo”. Per ora, denuncia dall’opposizione Emma Bonino: “Non c’è stata discontinuità: è una pseudofarsa indecorosa, come l’anno scorso fece il Conte 1, per rispetto del Parlamento non voto”.(ANSA).

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Non solo cannabis light: la manovra esce col lifting

Il Senato approva la Finanziaria con 166 sì e 128 no. Che però è trasformata. Quindici norme stralciate, a partire dalla legalizzazione della canapa. E po i 3 miliardi in meno di tasse sul lavoro, ma anche plastic e sugar tax e nuove clausole Iva.

Il primo sì è finalmente arrivato. Il Senato ha dato il via libera alla fiducia sulla legge di bilancio con 166 voti favorevoli e 128 no. Gianluigi Paragone, del M5s, come annunciato ha votato no. Al momento della proclamazione del voto, la maggioranza in Aula ha applaudito.

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STRALCIATE IN EXTREMIS 15 NORME

A due mesi esatti dal Consiglio dei ministri che la varò, la manovra riceve il primo via libera parlamentare. Il Senato la approva con voto di fiducia dopo settimane assai turbolente, lo stralcio in extremis di 15 norme e una settantina di correzioni finali. Fa discutere la decisione di Elisabetta Casellati di dichiarare inammissibile la norma per legalizzare la cannabis leggera: il centrodestra la applaude, maggioranza e governo protestano e il M5s chiede le dimissioni da presidente del Senato. Il testo deve ora essere approvato dalla Camera blindato, senza più modifiche, per essere approvato a ridosso del Natale. Salvo imprevisti, la manovra non cambia più: passa senza la legalizzazione della canapa, con lo stop all’aumento dell’Iva, con un taglio da 3 miliardi delle tasse per i lavoratori, con plastic e sugar tax ma anche con una nuova tegola da 47 miliardi di aumenti di Iva e accise nel 2021 e nel 2022 che dovranno essere disinnescati.

SÌ CONVINTO DI PD E LEU, SALVINI CONTRO LO “STATO SPACCIATORE”

Il voto del Senato sulla manovra arriva con il “sì convinto” di Pd e Leu, con un sì con riserva di Iv e con un sì condito da qualche mal di pancia per i Cinque stelle: una manciata di senatori 5s fino all’ultimo si mostra in dubbio se partecipare al voto e Gianluigi Paragone vota no. In Aula il clima si surriscalda davvero solo a inizio di seduta, quando Casellati dichiara inammissibili 15 norme, tra cui quella introdotta da un emendamento M5s che avrebbe l’effetto di legalizzare la cannabis light. Il centrodestra applaude il presidente. La maggioranza protesta: «una scelta tecnica» perché le norme ordinamentali non possono andare in manovra, se questa misura per voi è importante fatevi un disegno di legge“, ribatte il presidente. “Ci tengo a ringraziarla ‘tecnicamente’ per aver evitato la vergogna dello Stato spacciatore”, sorride Matteo Salvini.

IL M5S CHIEDE LE DIMISSIONI DI CASELLATI

Dal governo il ministro Federico D’Incà protesta con garbo: “Rispetto la decisione ma sono amareggiato, non era una liberalizzazione ma una regolamentazione del mercato della canapa”. Il capogruppo Pd Andrea Marcucci dice di “non capire” la scelta. Il M5s, con Giuseppe Brescia, chiede le dimissioni di Casellati. E per tutto il giorno i senatori continuano ad accapigliarsi sul tema. “Drogato!”, urla Ignazio La Russa a un senatore M5s. Mentre Loredana De Petris sfida tutti i senatori del centrodestra a fare un test antidroga dopo le vacanze. Il viceministro 5s Stefano Buffagni sfida Salvini: “Facciamo il test, non solo sulla cannabis”. Intanto però la norma salta. Il vaglio finale della Ragioneria dello Stato sul maxi emendamento su cui il governo mette la fiducia porta anche altre novità. Sono circa 70 le norme che vengono cambiate in extremis per errori di forma o mancanza di coperture. Salta il rinvio da luglio 2020 a gennaio 2022 della fine del mercato tutelato per l’energia e salta anche la sospensione del reddito di cittadinanza in caso di lavori brevi, così come l’estensione ai pediatri dei fondi per avere macchinari per gli esami in studio.

ZINGARETTI RIVENDICA: MANOVRA SALVA ITALIA

Nicola Zingaretti a nome del Pd mette l’accento su quanto di buono si è fatto: “E’ una manovra ‘Salva Italia’ e il risultato sul piano economico è positivo: l’obiettivo, con fatica, è stato raggiunto ed è utile per chiudere una stagione e aprirne una che ridia speranza”. Molto più critici i toni di Matteo Renzi, che prende la parola nell’Aula del Senato e – citando implicitamente una vecchia frase del premier Giuseppe Conte – dice che “non è stato un anno bellissimo”. Poi annuncia già la prossima battaglia in Parlamento per abolire la sugar tax e la plastic tax (che è stata già ridotta e rinviata, portando alle casse dello stato non più 1 miliardo ma 140 milioni). Poi attacca: “Il 2020 è l’anno delle scelte: il governo deve cambiare passo”. Per ora, denuncia dall’opposizione Emma Bonino: “Non c’è stata discontinuità: è una pseudofarsa indecorosa, come l’anno scorso fece il Conte 1, per rispetto del Parlamento non voto”.(ANSA).

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Il contratto di matrimonio tra Fca e Psa si firma il 18 dicembre

Sul testo hanno lavorato 50 persone, La fusione vale 50 miliardi. Ancora da capire se i cinesi di Dongfeng usciranno dall'azionariato del gruppo automobilistico francese.

Le nozze tra Fiat Chrysler e Psa sono sempre più vicine. È attesa per mercoledì la firma del Memorandum of understanding, il documento vincolante che delinea i prossimi passi verso la fusione delle due case automobilistiche. Un’operazione che dovrebbe concretizzarsi entro un anno. Il Memorandum, che in pratica riprende i contenuti delle comunicazioni ufficiali diffuse il 31 ottobre, non conterrà i dettagli su produzione, fabbriche, modelli e sinergie perché di questo si comincerà a parlare dopo l’accordo. In rialzo a Piazza Affari il titolo Fca (+1%).

AL LAVORO 50 PERSONE E NOVE GRUPPI SUL TESTO

Il testo dell’accordo, dopo un fine settimana di lavoro per tentare di chiudere le ultime questioni in sospeso, sarà presentato al consiglio di sorveglianza di Psa. Lo Stato francese conferma, intanto, il suo parere favorevole all’operazione. Fonti del ministero dell’Economia sottolineano che, come già dichiarato nelle scorse settimane, «questa operazione ha senso» perché permette «costruire un nuovo campione di statura mondiale per rispondere alle sfide della mobilità sostenibile». Alla definizione del Memorandum hanno lavorato 50 persone in nove gruppi, guidati da Doung Ostermann, tesoriere e direttore delle operazioni di Fca, e da Olivier Bourges, direttore dei programmi e delle strategie di Psa. All’operazione guardano con attenzione anche gli Stati Uniti, mentre hanno espresso un giudizio positivo il governo italiano e i sindacati europei del gruppo. Dalla fusione, che vale 50 miliardi, nascerà il quarto gruppo mondiale dell’auto.

UNA FUSIONE DA 50 MILIARDI

La nuova società sarà paritetica 50% Fca e 50% Psa (la holding Exor al 14,5%, mentre lo Stato francese, la famiglia Peugeot e il socio cinese Dongfeng Motor avranno il 5,9% ciascuno), avrà sede in Olanda e sarà quotata a Milano, Parigi e Wall Street. Le sedi operative saranno a Torino, Parigi e Auburn Hills. Alla guida del gruppo ci saranno Carlos Tavares, amministratore delegato e John Elkann, presidente. Il consiglio di amministrazione sarà formato da cinque rappresentanti dei soci Psa e cinque dei soci Fca, mentre l’undicesimo consigliere sarà Tavares che avrà un mandato iniziale di 5 anni. Non ancora chiarito il ruolo di Mike Manley, attuale amministratore delegato di Fca, che dovrebbe continuare a lavorare a stretto contatto con Tavares. Le sinergie annuali a breve termine sono stimate intorno ai 3,7 miliardi di euro, ma non chiuderanno stabilimenti. Resta da definire il ruolo dei cinesi di Dongfeng che nelle scorse settimane hanno paventato la possibilità di uscire dall’azionariato di Psa. Per i suoi azionisti Fca prevede, prima del perfezionamento dell’operazione, che porterà alla nascita di un gruppo con ricavi pari a quasi 170 miliardi di euro e un utile operativo di oltre 11 miliardi, un dividendo spe

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Il contratto di matrimonio tra Fca e Psa si firma il 18 dicembre

Sul testo hanno lavorato 50 persone, La fusione vale 50 miliardi. Ancora da capire se i cinesi di Dongfeng usciranno dall'azionariato del gruppo automobilistico francese.

Le nozze tra Fiat Chrysler e Psa sono sempre più vicine. È attesa per mercoledì la firma del Memorandum of understanding, il documento vincolante che delinea i prossimi passi verso la fusione delle due case automobilistiche. Un’operazione che dovrebbe concretizzarsi entro un anno. Il Memorandum, che in pratica riprende i contenuti delle comunicazioni ufficiali diffuse il 31 ottobre, non conterrà i dettagli su produzione, fabbriche, modelli e sinergie perché di questo si comincerà a parlare dopo l’accordo. In rialzo a Piazza Affari il titolo Fca (+1%).

AL LAVORO 50 PERSONE E NOVE GRUPPI SUL TESTO

Il testo dell’accordo, dopo un fine settimana di lavoro per tentare di chiudere le ultime questioni in sospeso, sarà presentato al consiglio di sorveglianza di Psa. Lo Stato francese conferma, intanto, il suo parere favorevole all’operazione. Fonti del ministero dell’Economia sottolineano che, come già dichiarato nelle scorse settimane, «questa operazione ha senso» perché permette «costruire un nuovo campione di statura mondiale per rispondere alle sfide della mobilità sostenibile». Alla definizione del Memorandum hanno lavorato 50 persone in nove gruppi, guidati da Doung Ostermann, tesoriere e direttore delle operazioni di Fca, e da Olivier Bourges, direttore dei programmi e delle strategie di Psa. All’operazione guardano con attenzione anche gli Stati Uniti, mentre hanno espresso un giudizio positivo il governo italiano e i sindacati europei del gruppo. Dalla fusione, che vale 50 miliardi, nascerà il quarto gruppo mondiale dell’auto.

UNA FUSIONE DA 50 MILIARDI

La nuova società sarà paritetica 50% Fca e 50% Psa (la holding Exor al 14,5%, mentre lo Stato francese, la famiglia Peugeot e il socio cinese Dongfeng Motor avranno il 5,9% ciascuno), avrà sede in Olanda e sarà quotata a Milano, Parigi e Wall Street. Le sedi operative saranno a Torino, Parigi e Auburn Hills. Alla guida del gruppo ci saranno Carlos Tavares, amministratore delegato e John Elkann, presidente. Il consiglio di amministrazione sarà formato da cinque rappresentanti dei soci Psa e cinque dei soci Fca, mentre l’undicesimo consigliere sarà Tavares che avrà un mandato iniziale di 5 anni. Non ancora chiarito il ruolo di Mike Manley, attuale amministratore delegato di Fca, che dovrebbe continuare a lavorare a stretto contatto con Tavares. Le sinergie annuali a breve termine sono stimate intorno ai 3,7 miliardi di euro, ma non chiuderanno stabilimenti. Resta da definire il ruolo dei cinesi di Dongfeng che nelle scorse settimane hanno paventato la possibilità di uscire dall’azionariato di Psa. Per i suoi azionisti Fca prevede, prima del perfezionamento dell’operazione, che porterà alla nascita di un gruppo con ricavi pari a quasi 170 miliardi di euro e un utile operativo di oltre 11 miliardi, un dividendo spe

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I sondaggi politici elettorali del 16 dicembre 2019

Fratelli d'Italia al 10,7% ormai pesa come Forza Italia e Italia viva messi insieme. La Lega e il Pd in calo al 32,3% e al 17,5%. Il M5s in lieve ascesa al 15,7%.

Giorgia Meloni, ormai stabilmente al 10%, continua nella sua ascesa nel panorama politico italiano. Secondo l’ultimo sondaggio di Swg per il TgLa7, Fratelli d’Italia sarebbe passato dal 9,8% al 10,7% in una settimana. Una percentuale pari a quella di Forza Italia e Italia viva messi insieme. Il partito di Silvio Berlusconi passa dal 5,3% al 5,7%, mentre quello di Matteo Renzi dal 4,6% al 5,1%. In calo la Lega dal 33% al 32,2% e il Pd dal 18% al 17,5%. Il M5s è in leggera salita e passa dal 15,5% al 15,7%.

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La ristrutturazione di Alitalia la fa il commissario, ma deve piacere a Lufthansa

Atteso al Mise il nuovo amministratore Leogrande. A cui è affidata la riorgnizzazione della compagnia. Che però guarda a Lufthansa come solo partner possibile

Lufthansa resta a bordo per il salvataggio di Alitalia: il governo ha ufficialmente aperto al controllo straniero e ora il piano per rilanciare la compagnia di bandiera deve vedere la luce. Con il super commissario Giuseppe Leogrande che domani farà il suo esordio al tavolo al Mise convocato dal ministro Patuanelli con i sindacati, si attende di capire come si tradurrà nei prossimi mesi la nuova rotta della compagnia, all’insegna della riorganizzazione, dopo due anni e 7 mesi di inutili tentativi di vendita.

I TEDESCHI: GIUSTO PARTNER, GIUSTA RISTRUTTURAZIONE

La prima indicazione l’ha data il Governo aprendo al controllo straniero. Si pensa sempre a Lufthansa, che con tempismo torna a farsi sentire, suggerendo la propria ricetta: giusto partner e giusta ristrutturazione. Una sorta di candidatura indiretta, che però resta vincolata a quello che per Francoforte è un imperativo: prima di investire, serve una compagnia ristrutturata e profittevole. «Perché Alitalia abbia un futuro di lungo termine, avere il giusto partner è importante quanto avere la giusta ristrutturazione», afferma il presidente e ceo di Lufthansa Carsten Spohr parlando ad alcuni giornalisti italiani. «Questa è la mia logica quando ho parlato ai player italiani nelle scorse settimane. Altrettanto importante» è sapere che questi due fattori non possono andare «uno senza l’altro», prosegue il manager con la licenza da pilota, che dal maggio 2014 guida un Gruppo con oltre 135 mila dipendenti, un fatturato vicino ai 36 miliardi e che ha già acquisito altre compagnie europee in crisi come Swiss e Austrian airlines.

LUFTHANSA ASPETTA LE MOSSE DEL COMMISSARIO

Lufthansa è da anni con gli occhi puntati su Alitalia ma non ha mai cambiato il proprio mantra: prima la si ristruttura, poi vi si può iniettare denaro. Inoltre serve un partner, perché qualunque compagnia in Europa da sola è troppo piccola: quindi o si trovano tanti partner o se ne trova uno come Lufthansa che te ne garantisce tanti, ragionano a Francoforte, dove pensano invece che con Delta Alitalia verrebbe sacrificata. Quindi al momento l’ipotesi di comprare una quota di maggioranza di Alitalia va rimandata: l’interesse c’è ma prima va completamente ristrutturata. Nel frattempo la strada potrebbe essere quella di una partnership commerciale, che però difficilmente si concretizzerà a gennaio: i tedeschi vogliono prima vedere che la ristrutturazione la si sta facendo davvero, a quel punto si potrebbe guardare ad un accordo commerciale senza investire forse a maggio (il 31 scade il termine fissato dal decreto per la vendita). Su come questa ristrutturazione vada fatta l’idea dei tedeschi, che non intendono sostituirsi al neo commissario con il quale comunque avrebbero già preso dei primi contatti, parte da una considerazione: più si abbassano i costi, più le rotte diventano profittevoli e più servono posti di lavoro.

LO SCORPORO DELLE ATTIVITÀ DI VOLO

L’idea è che il numero giusto per Alitalia sarebbe una flotta di 90 aerei (dai 113 di fine 2019) che potrà in un secondo momento anche crescere, come già fatto con Swiss. Guardando al perimetro della nuova Alitalia, invece, i tedeschi pensano ad una newco con dentro attività di volo (passeggeri e cargo) e manutenzione di linea, asset che oggi impiegano più o meno 5-6000 dipendenti. Fuori invece il resto della manutenzione e l’handling, che comunque Francoforte considera un valore. Intanto mentre si attende la messa a punto della squadra di Leogrande, che starebbe preparando un tandem con Giancarlo Zeni come direttore generale, i sindacati guardano all’incontro di domani su Alitalia al Mise per capire le intenzioni del Governo. Domani parte anche la trattativa tra azienda e sindacati sulla nuova procedura di cigs per 1.180 dipendenti fino al 23 marzo 2020: accordo da raggiungere entro il 31 dicembre, quando scade l’attuale cassa.

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La ristrutturazione di Alitalia la fa il commissario, ma deve piacere a Lufthansa

Atteso al Mise il nuovo amministratore Leogrande. A cui è affidata la riorgnizzazione della compagnia. Che però guarda a Lufthansa come solo partner possibile

Lufthansa resta a bordo per il salvataggio di Alitalia: il governo ha ufficialmente aperto al controllo straniero e ora il piano per rilanciare la compagnia di bandiera deve vedere la luce. Con il super commissario Giuseppe Leogrande che domani farà il suo esordio al tavolo al Mise convocato dal ministro Patuanelli con i sindacati, si attende di capire come si tradurrà nei prossimi mesi la nuova rotta della compagnia, all’insegna della riorganizzazione, dopo due anni e 7 mesi di inutili tentativi di vendita.

I TEDESCHI: GIUSTO PARTNER, GIUSTA RISTRUTTURAZIONE

La prima indicazione l’ha data il Governo aprendo al controllo straniero. Si pensa sempre a Lufthansa, che con tempismo torna a farsi sentire, suggerendo la propria ricetta: giusto partner e giusta ristrutturazione. Una sorta di candidatura indiretta, che però resta vincolata a quello che per Francoforte è un imperativo: prima di investire, serve una compagnia ristrutturata e profittevole. «Perché Alitalia abbia un futuro di lungo termine, avere il giusto partner è importante quanto avere la giusta ristrutturazione», afferma il presidente e ceo di Lufthansa Carsten Spohr parlando ad alcuni giornalisti italiani. «Questa è la mia logica quando ho parlato ai player italiani nelle scorse settimane. Altrettanto importante» è sapere che questi due fattori non possono andare «uno senza l’altro», prosegue il manager con la licenza da pilota, che dal maggio 2014 guida un Gruppo con oltre 135 mila dipendenti, un fatturato vicino ai 36 miliardi e che ha già acquisito altre compagnie europee in crisi come Swiss e Austrian airlines.

LUFTHANSA ASPETTA LE MOSSE DEL COMMISSARIO

Lufthansa è da anni con gli occhi puntati su Alitalia ma non ha mai cambiato il proprio mantra: prima la si ristruttura, poi vi si può iniettare denaro. Inoltre serve un partner, perché qualunque compagnia in Europa da sola è troppo piccola: quindi o si trovano tanti partner o se ne trova uno come Lufthansa che te ne garantisce tanti, ragionano a Francoforte, dove pensano invece che con Delta Alitalia verrebbe sacrificata. Quindi al momento l’ipotesi di comprare una quota di maggioranza di Alitalia va rimandata: l’interesse c’è ma prima va completamente ristrutturata. Nel frattempo la strada potrebbe essere quella di una partnership commerciale, che però difficilmente si concretizzerà a gennaio: i tedeschi vogliono prima vedere che la ristrutturazione la si sta facendo davvero, a quel punto si potrebbe guardare ad un accordo commerciale senza investire forse a maggio (il 31 scade il termine fissato dal decreto per la vendita). Su come questa ristrutturazione vada fatta l’idea dei tedeschi, che non intendono sostituirsi al neo commissario con il quale comunque avrebbero già preso dei primi contatti, parte da una considerazione: più si abbassano i costi, più le rotte diventano profittevoli e più servono posti di lavoro.

LO SCORPORO DELLE ATTIVITÀ DI VOLO

L’idea è che il numero giusto per Alitalia sarebbe una flotta di 90 aerei (dai 113 di fine 2019) che potrà in un secondo momento anche crescere, come già fatto con Swiss. Guardando al perimetro della nuova Alitalia, invece, i tedeschi pensano ad una newco con dentro attività di volo (passeggeri e cargo) e manutenzione di linea, asset che oggi impiegano più o meno 5-6000 dipendenti. Fuori invece il resto della manutenzione e l’handling, che comunque Francoforte considera un valore. Intanto mentre si attende la messa a punto della squadra di Leogrande, che starebbe preparando un tandem con Giancarlo Zeni come direttore generale, i sindacati guardano all’incontro di domani su Alitalia al Mise per capire le intenzioni del Governo. Domani parte anche la trattativa tra azienda e sindacati sulla nuova procedura di cigs per 1.180 dipendenti fino al 23 marzo 2020: accordo da raggiungere entro il 31 dicembre, quando scade l’attuale cassa.

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Il piano di Elkann per trasformare il gruppo Gedi

Maurizio Scanavino nuovo direttore generale al posto di Laura Cioli, che resta ad fino al completamento della vendita di Cir a Exor. La nuova gestione punterà tutto sulla transizione al digitale. L'obiettivo: raddoppio degli utenti in «pochi mesi».

«Per il settore sono stati anni molto difficili. Per rispondere a queste difficoltà abbiamo deciso di impegnarci in un progetto in cui personalmente credo tantissimo. Un progetto non nostalgico, ma che anzi guarda avanti per accelerare le trasformazioni in Gedi», ha spiegato John Elkann alla redazione della Stampa, nel giorno in cui Laura Cioli ha lasciato il ruolo di direttore generale che il cda ha affidato a Maurizio Scanavino. Cioli mantiene invece la carica di amministratore delegato fino all’esecuzione della cessione della quota detenuta da Cir in Gedi a Exor. Il comitato di redazione di Repubblica ha diffuso un comunicato in cui critica la buonuscita elargita alla Cioli di 1.950.000 euro lordi. «Pur trattandosi di riconoscimenti in linea con regole e consuetudini diffuse nelle dinamiche manageriali di ogni società», scrive il cdr, «non possiamo sottrarci al dovere di sottolineare che i risultati raggiunti dal management del Gruppo Gedi sono stati possibili in larga misura grazie al sacrificio economico e professionale dei lavoratori dipendenti».

IL RILANCIO DEL DIGITALE

Scanavino – già direttore generale di Itedi e poi amministratore delegato di Gnn, per la divisione La Stampa e Il Secolo XIX – ha messo l’accento sulla transizione digitale: «L’informazione digitale a pagamento sarà la nostra principale sfida: in molti Paesi e anche in Europa il passaggio al digitale sta avvenendo con successo e si stanno consolidando modelli editoriali sostenibili».

L’OBIETTIVO DEL RADDOPPIO DEGLI UTENTI

Oltre ai casi di successo come il New York Times, ricorda Scanavino «il gruppo svedese Bonnier e gli svizzeri di Tamedia hanno superato i 300 mila abbonati digitali e Le Monde ha annunciato la scorsa settimana la previsione di arrivare a 230 mila a fine anno. I quotidiani del gruppo Gedi hanno superato i 100 mila e dobbiamo puntare a raddoppiarli nei prossimi mesi, facendo leva sul grande potenziale delle nostre testate. Repubblica ha superato i 3 milioni di audience complessiva nel giorno medio ed ha una community di quasi 7 milioni di fan, mentre La Stampa ne conta 1,1 milioni e 2,5 milioni di fan».

«CREARE PRODOTTI DI QUALITÀ»

«Il futuro è nelle nostre mani», ha concluso Elkann, «dipende da come ciascuno di noi saprà cogliere la sfida della trasformazione. L’obiettivo è generare maggiore interesse nei lettori, quelli di oggi e quelli di domani, creando prodotti di grande qualità. Siamo portatori di un giornalismo serio, indipendente e fatto con grande senso di responsabilità: e questo continuerà a essere il nostro punto di riferimento. Dobbiamo cambiare la nostra prospettiva e affrontare il 2020 come una grande opportunità: l’occasione per ritornare a cogliere nuove soddisfazioni».

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Prorogate al 31 dicembre le mostre d’arte del circuito Acamm

Saranno prorogate fino al 31 gennaio le quattro le mostre del circuito ACAMM per il 2019 dedicate a quattro personaggi dell’arte europea del XX secolo: Pericle Fazzini, Toti Scialoja, Henri Goetz, Assadour.

“Inaugurate tra il 26 e il 29 agosto scorso rispettivamente ad Aliano, Castronuovo Sant’Andrea, Moliterno e Montemurro, le quattro mostre – si legge in una nota diffusa dalla Fondazione Sinisgalli - hanno riscosso un grande successo di pubblico, raccogliendo dipinti, sculture, disegni, acquarelli, opere grafiche, libri d’artista, datati 1936-2013, che mostrano il rapporto dei quattro artisti con la Basilicata e i personaggi legati a questa terra come Carlo Levi, Sant’Andrea Avellino, Ferdinando Petruccelli della Gattina, Leonardo Sinisgalli. Ad accrescere il valore delle mostre sono anche i nomi dei quattro curatori, presenti in occasione delle rispettive inaugurazioni: lo storico e critico dell’arte per la mostra su Pericle Fazzini ad Aliano, il teorico e critico d’arte Antonello Tolve per quella su Toti Scialoja a Castronuovo, la docente universitaria Stefania Zuliani per quella su Henri Goetz a Moliterno e il giornalista de Il Manifesto- Alias, Federico De Melis per la mostra su Assadour a Montemurro. A ciò si aggiunge la visita, nei giorni scorsi, dello stesso Assadour nel paese di Leonardo Sinisgalli, di cui era grande amico, in duetto con il giornalista Mario Trufelli, che lo intervistò nel 1995 a Matera”.

In occasione delle inaugurazioni, le Edizioni della Cometa hanno pubblicato quattro distinti cataloghi che accompagnano le mostre.

Dettagli mostre
Pericle Fazzini. Piccole sculture, disegni, opere grafiche, libri d’artista, immagini, documenti, 1936-1985.
ALIANO, Palazzo De Leo

Toti Scialoja. Tempere, disegni, opere grafiche, libri d’artista, immagini, documenti, 1940-1984 CASTRONUOVO SANT’ANDREA, MIG. Museo Internazionale della Grafica.

Henry Goetz. Pastelli, opere grafiche, libri d’artista, immagini, documenti, 1940- 1980
MOLITERNO, Biblioteca Comunale G. Racioppi

Assadour. Dipinti, acquarelli, disegni, opere grafiche, libri d’artista, immagini, documenti, 1967-2013.
MONTEMURRO, Casa delle Muse di Leonardo Sinisgalli 

Polemica sulla campagna con le scimmie della Serie A contro il razzismo

L'opera dell'artista Simone Fugazzotto commissionata per sensibilizzare sulla discriminazione negli stadi è stata considerata da molti di cattivo gusto.

È polemica sull’opera dipinta dall’artista Simone Fugazzotto e commissionata dalla Lega Serie A per la campagna sulla lotta al razzismo. Il Trittico presentato da Fugazzotto è composto da tre quadri affiancati raffiguranti tre scimmie, e in teoria avrebbe l’obiettivo di diffondere i valori dell’integrazione, della multiculturalità e della fratellanza. Sarà esposta permanentemente nella sala assemblea della Lega Serie A. «Dipingo solo scimmie», ha spiegato Fugazzotto, «come metafore dell’essere umano. Da qui parte tutto, la teoria evolutiva dice questo. La scimmia come scintilla per insegnare a tutti che non c’è differenza e che siamo tutti scimmie». La campagna ha subito acceso la discussione sui social, con molti utenti convinti del cattivo gusto della Lega Serie A nel scegliere come soggetto proprio una scimmia.

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Eni, i diritti umani al centro con “Eni For Human Rights”

La società guidata da Claudio Descalzi ha pubblicato il primo report che fornisce informazioni dettagliate sul suo impegno in materia di diritti umani. Nel 2018 formati oltre diecimila dipendenti.

I diritti umani prima di tutto. Evidentemente è la priorità anche di Eni, che in occasione della Giornata Internazionale dei Diritti Umani ha rilasciato un documento di 96 pagine, “Eni For Human Rights”, che fornisce informazioni trasparenti e concrete sul suo impegno per il rispetto dei diritti umani. Il rapporto rende conto delle attività portate avanti in questo ambito e si basa sul lavoro svolto negli ultimi anni con la collaborazione e il contributo di esperti internazionali e organizzazioni di settore. I numeri dell’impegno sono cresciuti di anno in anno, a partire dalla formazione di una cultura aziendale comune sul tema dei diritti umani. A tal punto che, solo nel 2018, sono state erogate 10.653 ore di lezione sui diritti umani a oltre 10.557 persone Eni: di cui 164 in classe e 10.489 da remoto. “Questo documento mostra come il rispetto dei diritti umani sia integrato in ogni nostra attività, coinvolgendo le oltre 30.000 persone Eni e definendo il modo in cui ci relazioniamo con i nostri partner e fornitori, oltre che con le comunità locali che ci ospitano”, ha dichiarato Claudio Descalzi, amministratore delegato di Eni. “L’integrazione del rispetto dei diritti umani è un processo in continua evoluzione: per questo ci impegniamo per il miglioramento continuo e crediamo che la trasparenza e la responsabilità supportino i nostri sforzi per salvaguardare e diffondere una cultura dei diritti umani”, ha quindi aggiunto Descalzi.

ENI AL TOP GLOBALE PER IL RISPETTO DEI DIRITTI UMANI

A novembre 2019, Eni si è classificata nel top 4% tra le 200 società valutate dal Corporate Human Rights Benchmark (CHRB) ed è risultata essere best performer nella sezione “Company Human Rights Practices”. A settembre 2019, Eni è stata confermata tra le imprese Global Compact LEAD  individuate per l’elevato livello di impegno nell’iniziativa Global Compact delle Nazioni Unite – un movimento globale di aziende e stakeholder che si assumono responsabilità condivise per creare un futuro sostenibile.

ENI ANNUNCIA LA SUA NUOVA MISSION

Come dichiara la società attraverso i suoi canali ufficiali, il rispetto dei diritti umani è il prerequisito per sostenere una transizione energetica equa ed è radicato nel modello di business di Eni. Salvaguardare la dignità di tutti è fondamentale per poter operare nel lungo periodo e supportare lo sviluppo dei paesi ospitanti. L’approccio di Eni ai diritti umani è un elemento centrale della nuova missione aziendale, ispirata dai 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite (SDGs). A dicembre 2018 il Consiglio di Amministrazione ha approvato la Dichiarazione Eni sul rispetto dei Diritti Umani che, seguendo i Principi Guida delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani (UNGPs), riflette le questioni più rilevanti (salienti) in materia di diritti umani dell’azienda. Il top management di Eni è attivamente impegnato nella sua promozione.

LA DUE DILIGENCE SUI DIRITTI UMANI

Inoltre, Eni ha sviluppato un’ampia gamma di processi e strumenti per valutare i rischi e gestire gli impatti e le questioni rilevanti in materia di diritti umani, in particolare in merito al lavoro, la catena di fornitura, i rapporti con le comunità e le attività di security. La società si impegna a progettare, implementare e rendicontare il proprio processo di Due diligence sui diritti umani. Per trasformare questa visione in azioni concrete, Eni ha messo in atto iniziative e programmi di sensibilizzazione e formazione con il supporto del top management. Ad esempio, il programma di formazione erogato da Eni negli ultimi 3 anni ha visto la partecipazione di 31.000 persone, mentre il 100% dei fornitori è stato valutato in linea con i parametri di responsabilità sociale.

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Niente Gay pride, il Pirellone è solo per il Family day

Il Consiglio regionale della Lombardia ha bocciato a maggioranza un ordine del giorno del M5s che chiedeva di illuminare il grattacielo con una scritta a favore del Pride 2020. Il consigliere leghista Bastoni: «Una baracconata».

Niente Pirellone per il gay pride, luci solo sul Family Day. Il Consiglio regionale della Lombardia ha bocciato a maggioranza un ordine del giorno al bilancio di previsione presentato dal Movimento 5 Stelle che chiedeva all’Ufficio di Presidenza l’impegno a illuminare la facciata di Palazzo Pirelli con una scritta a sostegno del Milano Pride del 2020. A votare contro la proposta tutta la maggioranza di centrodestra, favorevoli M5S e Pd e gli altri gruppi di opposizione. Durante le dichiarazioni di voto in Aula, ha preso la parola il consigliere della Lega Massimiliano Bastoni che ha definito il Gay Pride «una baracconata che non rappresenta nemmeno tutti gli omosessuali». «Abbiamo votato contro perché queste richieste, come il patrocinio, vengono valutate da prassi dall’Ufficio di Presidenza» ha motivato invece il capogruppo di Forza Italia Gianluca Comazzi. Dura la reazione del capogruppo del Movimento 5 Stelle Marco Fumagalli che ha parlato di “Consiglio razzista”.

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Salta la norma sulla cannabis light: l’Italia resta senza una legge chiara

L'emendamento in manovra stralciato dalla presidente del Senato Casellati. Persa l'occasione per riempire un vuoto giuridico che lascia i produttori senza certezze. Esulta il centrodestra.

La cannabis legale esce dalla manovra per ragioni apparentemente tecniche, ma con conseguenze pesantemente politiche. La presidente del Senato Elisabetta Casellati ha comunicato all’Aula il giudizio di inammissiblità delle norme alla manovra che riguardano la cannabis light, scatenando le proteste in particolare del Movimento 5 stelle e la soddisfazione del centrodestra.

Due esponenti del Movimento hanno chiesto alla presidente Casellati di dimostrare che la scelta non sia stata frutto della «pressione della sua parte politica». La presidente ha replicato spiegando che è stata una «decisione meramente tecnica», aggiungendo: «Se ritenete questa misura importante per la maggioranza fatevi un disegno di legge».

LA NORMA PER FISSARE LIMITI CHIARI ALLA VENDITA

L’emendamento a firma M5s avrebbe riscritto la legge sugli stupefacenti stabilendo definitivamente le percentuali di Thc per cui è legale la vendita di canapa. «La norma definiva che una pianta con un Thc non superiore allo 0,5% non può essere considerata stupefacente», ha detto il senatore pentastellato Alberto Airola, «la canapa industriale non ha potere drogante e viene usata in tanti ambiti, tra cui il tessile. Questo è un dibattito artefatto perché chiunque sa che le varietà di cannabis con potere stupefacente contengono un Thc molto più alto, parliamo di valori che si aggirano intorno al 10%».

ESULTANO SALVINI E IL CENTRODESTRA

«Ci tengo a ringraziare tecnicamente la presidente del Senato a nome di tutte le comunità di recupero dalle dipendenze che lavorano in Italia e a nome delle famiglie italiane per aver evitato la vergogna dello Stato spacciatore», ha detto Matteo Salvini intervenendo in Senato.

Attualmente la cannabis light è commercializzabile in Italia con scarsissima chiarezza normativa. A maggio 2019 una sentenza della Cassazione aveva bloccato la vendita o la cessione a qualunque titolo dei prodotti «derivati dalla coltivazione della cannabis», come l’olio, le foglie, le infiorescenze e la resina.

IL VUOTO NORMATIVO LASCIATO DALLA CASSAZIONE

La commercializzazione di “cannabis sativa L” non rientra nell’ambito di applicazione della legge n.242 del 2016 che qualifica come lecita unicamente l’attività di coltivazione di canapa delle varietà per uso a fini medici. «Pertanto integrano reato», affermava la Cassazione nella sua sentenza, «le condotte di vendita e, in genere, la commercializzazione al pubblico, a qualsiasi titolo, dei prodotti derivati dalla coltivazione della ‘cannabis sativa L.’, salvo che tali prodotti siano in concreto privi di efficacia drogante». Proprio quest’ultima precisazione ha lasciato un grosso buco normativo, lasciando al singolo giudice la facoltà di valutare se un prodotto ha “efficacia drogante” o meno. La Cassazione stessa aveva manifestato al mondo della politica l’urgenza di riscrivere una legge chiara. In Italia il settore occupa circa 10 mila persone, che dovranno aspettare ancora per avere la certezza di lavorare secondo la legge.

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Matera 2019, illustrato programma manifestazione conclusiva

Si è svolta questa mattina a Milano la conferenza stampa di presentazione del programma di “Open Future, Together!” la cerimonia conclusiva di Matera 2019 che si terrà il 20 dicembre alle ore 19,00 nella Cava del Sole a Matera. All’incontro con i giornalisti sono intervenuti il coordinatore artistico Manuel Agnelli, Rodrigo D’Erasmo degli Afterhours e il direttore generale della Fondazione Matera Basilicata 2019, Paolo Verri.

“Gli Afthours – ha spiegato Agnelli - saranno la band che farà da collante rispetto agli altri artisti che saliranno sul palco e che suoneranno con noi. Non sarà una semplice esibizione ma uno scambio di esperienze musicali. Un ringraziamento va a Stefano Senardi, consulente per la programmazione artistica della serata, per avermi coinvolto in questa esperienza magica”.

Rodrigo D’Erasmo ha illustrato la scaletta della serata: “Per primo – ha detto - daremo spazio al grande ospite internazionale, Damon Albarn, una presenza particolarmente significativa che ha fatto della sua musica un messaggio caratterizzato dalla contaminazione. A seguire Lous and the Yakuza, la quota di contemporaneità sia musicale che generazionale, una giovane promessa destinata ad un grande percorso. Poi si susseguiranno gli altri, Fatoumata Diawara, Carmen Consoli, Daniele Silvestri e Rancore, per chiudere tutti insieme con un gran finale che farà da collante sia in termini tematici che di storia della musica rock degli ultimi 40 anni. Non vediamo l’ora di salire sul palco di questo appuntamento così importante, che chiude un anno di grande lavoro, anche perché durante il nostro sopralluogo abbiamo trovato una città bellissima, tra le cui strade si respira tutto quello che di bello è stato fatto”.

“Anche per la serata di chiusura – ha spiegato Paolo Verri - non abbiamo voluto importare produzioni, ma realizzarle sul territorio. Crediamo infatti in un ripopolamento del Sud attraverso iniziative che siano calibrate sulle caratteristiche dei luoghi che le ospitano. Le immagini di tutti gli eventi del 2019 verranno montate da Giorgio Testi in modalità immersiva all’interno della Cava, che risuonerà così di musica e di immagini, grazie anche alla sua conformazione di cassa armonica che consente alle onde di propagarsi. Come di consueto, l’evento sarà altamente sostenibile, con l’attivazione del servizio navette dal centro città. Prima delle performance ci sarà un momento istituzionale con la presenza del Presidente del Parlamento Europeo, David Sassoli. Per questo momento distribuiremo a tutti i partecipanti le bandiere dell’Europa e la Cava diventerà tutta blu a stelle gialle, per dare un messaggio forte: non possiamo immaginare un futuro senza l’Europa. Per tutti coloro che per ragioni di capienza non potranno essere in Cava, l’intero evento potrà essere seguito su un maxischermo presente già da diversi giorni in Piazza Vittorio Veneto che trasmetterà la diretta streaming. La mattina del 20 dicembre si aprirà con una diretta alle 6:19 su Radio2 con Filippo Solibello, nel pomeriggio ci sarà invece una diretta di Radio3”.

All’evento "Open Future, Together!" si accede con Passaporto per Matera 2019 e prenotazione. Oggi alle 15:00 si sono riaperte le prenotazioni sia online, sulla piattaforma MateraEvents, sia in Infopoint. Il 18 dicembre, sempre alle 15:00, saranno prenotabili dei posti last minute disponibili solo presso l'Infopoint.   

Nel 2018 calano i migranti in arrivo, boom di italiani all’estero

I dati dell'Istat smentiscono l'invasione dal continente africano. Per la prima volta da quattro anni calano gli arrivi. Crescono invece gli expat: in 10 anni oltre 800 mila persone hanno lasciato l'Italia.

Immigrati per la prima volta in calo in Italia (-17% l’anno scorso quelli provenienti dall’Africa), mentre aumentano (+1,9%) invece i connazionali che si trasferiscono all’estero alla ricerca di un lavoro. Nel solo 2018 sono stati 117mila, cifra che fa lievitare a 816mila gli espatriati nell’ultimo decennio. È il quadro, per certi aspetti sorprendente, che emerge dal report dell’Istat sulle iscrizioni e cancellazioni anagrafiche della popolazione residente relativo al 2018.

SEGNO MENO SUI FLUSSI DALL’ESTERO

Le iscrizioni anagrafiche dall’estero (immigrazioni) sono state circa 332 mila, per la prima volta in calo rispetto all’anno precedente (-3,2%) dopo i costanti incrementi registrati tra 2014 e 2017. Più di cinque su sei riguardano cittadini stranieri (286 mila, -5,2%). In particolare sono in netta diminuzione,anche se restano consistenti le immigrazioni provenienti dal continente africano, soprattutto da Nigeria (18 mila, -24%), Senegal (9 mila, -20 %), Gambia (6 mila, -30%), Costa d’Avorio (5 mila, -27%) e Ghana (5 mila, -25%) che durante il 2017 avevano fatto registrare aumenti record. Con la Lombardia che resta la regione più ospitale: è infatti la meta di un immigrato su 5.

BOOM DI EXPAT DALL’ITALIA

L’esercito di italiani che fa le valige verso l’estero è composto soprattutto di giovani (l’età media è sui 30 anni, 2 su 3 hanno tra i 20 e i 49 anni) e qualificati: quasi 3 su 4 hanno un livello di istruzione medio-alto e in cifre è pari a circa 182mila il numero dei laureati che negli ultimi 10 anni hanno fatto le valigie. La destinazione preferita è il Regno Unito e la regione in assoluto con più partenze è la Lombardia. Ma è soprattutto il Sud a essere depauperato di risorse umane preziose, anche a vantaggio delle regioni del Centro-Nord: solo l’anno scorso ha perso oltre 16mila laureati, oltre la metà (8.500) provenivano da Sicilia e Campania.

REGNO UNITO, GERMANIA E FRANCIA DESTINAZIONI TOP

Secondo i dati, nel 2018 sono state 157mila (+1,25 nel 2017) le cancellazioni dall’anagrafe e quasi 3 su 4 hanno riguardato emigrati italiani. A spiegare la ripresa dell’emigrazione sono le difficoltà del mercato del lavoro in Italia , soprattutto per giovani e donne, ma anche il mutato atteggiamento nei confronti del vivere in un altro Paese , proprio delle generazioni nate e cresciute nell’epoca della globalizzazione, che spinge i giovani più qualificati a investire con maggior facilità il proprio talento nei paesi esteri in cui sono maggiori le opportunità di carriera e di retribuzione. E se è il Regno Unito ad accogliere la maggioranza degli italiani che vanno all’estero (21 mila), fanno la loro parte anche Germania (18 mila), Francia (circa 14 mila), Svizzera (quasi 10 mila) e Spagna (7 mila). Mentre tra i paesi extra-europei, le principali mete di destinazione degli emigrati italiani sono Brasile, Stati Uniti, Australia e Canada (nel complesso 18 mila).

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Ue come Auschwitz: Raggi revoca l’incarico al vignettista

Il disegnatore Mario Improta aveva scatenato la polemica con un'illustrazione in cui paragonava l'Unione europea al campo di concentramento realizzata per il Campidoglio.

La sindaca Virginia Raggi ha revocato l’incarico al disegnatore Mario Improta dopo il caso esploso sulla vignetta in cui la Ue viene paragonata al lager di Auschwitz. La sindaca, secondo quanto si apprende, ha sentito telefonicamente il disegnatore e gli ha chiesto di interrompere immediatamente la collaborazione a titolo gratuito con Roma Capitale.

La vignetta sulla Brexit realizzata dal disegnatore Mario Improta (S), e la versione modificata (D) dallo stesso disegnatore in seguito alle polemiche.

Nella vignetta il fumettista paragonava l’Ue al lager nazista di Auschwitz e l’Uk ad un piccolo deportato che fugge. La vignetta è stata poi modificata dal disegnatore paragonando la Ue ad una latrina. Sul caso è arrivato anche il messaggio di condanna del’Auschwitz memorial con un tweet: «Arbeit macht frei era un’illusione cinica che le SS davano ai prigionieri di #Auschwitz. Quelle parole sono diventate una delle icone dell’odio umano. È doloroso per la memoria di Auschwitz e delle sue vittime vedere questo simbolo strumentalizzato e vergognosamente abusato».

«Fare satira utilizzando Auschwitz è un errore pericoloso. Non si può relativizzare la Memoria per fini politici sopratutto quando ci si assume la responsabilità di produrre materiale per gli studenti. Spero che la collaborazione con il Comune termini quanto prima», aveva scritto su Twitter la presidente della Comunità Ebraica di Roma Ruth Dureghello.

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Le valutazioni della Banca d’Italia sulla crisi della Banca Popolare di Bari

Secondo Palazzo Koch l'eventuale liquidazione dell'istituto potrebbe causare danni rilevanti. Sul piatto almeno 4,5 miliardi per rimborsare i piccoli correntisti. Già 10 anni fa un primo controllo aveva dato esito sfavorevole. La situazione.

Mentre il governo è corso ai ripari con un procedimento ad hoc per puntallare la Banca popolare di Bari, sono arrivate anche le valutazioni della Banca d’Italia. Palazzo Koch ha rilasciato un “documento di approfondimento” con diverse valutazioni sullo stato dell’istituto pugliese, dai controlli del 2010 allo stato dei conti.

DANNI RILEVANTI SE L’ISTITUTO DOVESSE ESSERE LIQUIDATO

Nel documento si legge chiaramente che «nell’ipotesi in cui si dovesse pervenire a uno scenario liquidatorio con rimborso dei depositanti (senza cessione di attività e passività ad un altro intermediario), le ricadute del dissesto sarebbero assai rilevanti, sia sul tessuto economico sia sul risparmio locale». «La liquidazione», si legge nel dossier, «implicherebbe innanzi tutto l’azzeramento del valore delle azioni che esacerberebbe il contenzioso legale con i soci». Secondo la Banca d’Italia, «sulla base di prime stime verrebbero inoltre colpiti integralmente i creditori chirografari e i depositi eccedenti i 100.000 euro non riconducibili a famiglie e piccole imprese, con il rischio che siano colpiti, in quota parte, anche quelli superiori a 100.000 euro facenti capo a tali ultimi soggetti». «La cessazione dell’attività della banca implicherebbe anche il blocco dell’operatività con forte pregiudizio della continuità di finanziamento di famiglie e imprese; gli impatti sul territorio sarebbero considerevoli».

Nell’infografica realizzata da Centimetri la scheda della Banca popolare di Bari. ANSA/CENTIMETRI

POSSIBILI RIMBORSI DA 4,5 MILIARDI

Nell’ipotesi in cui si dovesse pervenire a uno scenario con rimborso dei depositanti della Popolare, «il Fitd dovrebbe effettuare rimborsi a favore dei depositanti protetti per un importo complessivo di euro 4,5 miliardi circa, a fronte di una dotazione finanziaria che a dicembre 2019 sarà pari a 1,7 miliardi di euro», ha spiegato ancora Bankitalia.

LA FOTOGRAFIA: 600 MILA CLIENTI PER 8 MILIARDI DI DEPOSITI

Nel report si mette in luce che alla banca fanno capo poco meno di 600.000 clienti, tra cui oltre 100.000 aziende; a queste ultime è riferibile circa il 60% degli impieghi (intorno a 6 miliardi). I depositi da clientela ammontano a 8 miliardi di euro, di cui 4,5 miliardi di ammontare inferiore a 100.000 euro «e come tali protetti dal Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi (Fitd)». La banca ha quote di mercato significative, nell’intorno del 10%, sia degli impieghi sia della raccolta, in Puglia, Basilicata e Abruzzo. Il radicamento capillare della banca e la sua natura di cooperativa sul territorio hanno determinato l’ampia diffusione degli strumenti finanziari emessi dalla Popolare. Il numero dei soci è pari a 70.000 circa, con quote di partecipazione mediamente pari a 2.500 azioni, corrispondenti a 5.900 euro, considerando l’ultimo prezzo rilevato sul mercato Hi-MTF prima della recente sospensione (2,38 euro). Le obbligazioni della banca (senior e subordinate), pari nel complesso a 300 milioni di euro, sono per oltre i due terzi in mano a privati e clientela al dettaglio.

GOVERNO AVVISATO CON QUATTRO LETTERE

Un primo accertamento ispettivo nel 2010 si era concluso con una valutazione «parzialmente sfavorevole». A quello sono poi seguiti una ventina di passaggi e verifiche, con «continui scambi informativi con la Consob», «numerose e continue interlocuzioni con l’autorità giudiziaria» e «l’aggravamento della situazione aziendale della Banca Popolare di Bari più volte portata all’attenzione anche del ministro dell’Economia, con lettere del 27 febbraio, 23 maggio, 2 ottobre e 26 novembre».

LA TIMELINE DEGLI EVENTI DOPO IL 2010:

  • Nel 2011-12 faro della vigilanza «sull’efficacia e funzionalità del sistema dei controlli interni» e richiamo «all’esigenza di rafforzare i presidi» sui «rischi di liquidità e compliance».
  • Nel 2013 nuovi accertamenti ispettivi sul rischio di credito. Le verifiche «mettono in luce progressi» ma «viene peraltro evidenziato il permanere di alcune aree di debolezza». Si chiede un piano. Poi «in considerazione degli interventi posti in essere» vengono rimossi i provvedimenti restrittivi.
  • Nel luglio 2014 «la Banca d’Italia autorizza Bpb ad acquisire il controllo di Banca Tercas; al fine di garantirne la sostenibilità, l’intervento viene accompagnato da un contributo di 330 milioni alla Bpb da parte del Fondo Interbancario». Viene fatta una specifica due diligence. Il coinvolgimento della Bpb nell’operazione si configura come un intervento di salvataggio, di salvaguardia dei depositanti e rilancio della banca volto alla salvaguardia dell’interesse dei depositanti e al rilancio commerciale del gruppo abruzzese.
  • Primavera del 2015: l’intervento del Fitd viene contestato dalla Commissione Europea «per la sua presunta configurabilità come aiuto di Stato». L’intervento viene sostituito ma «si ritardano i tempi di integrazione con significative conseguenze negative sulla attività di entrambi gli istituti”. Poi «solo nel 2019 il Tribunale dell’Unione annulla la decisione Ue sugli aiuti a Banca Tercas». La Commissione europea si appella. In connessione con la riforma delle banche popolari «l’Assemblea dei soci (…) delibera la riduzione da 9,53 euro a 7,5 euro del valore delle azioni; ne seguono un malcontento della base sociale e richieste di vendita delle azioni».
  • Nei primi mesi del 2016 la Banca d’Italia richiede un’indagine sulle eventuali connessioni tra finanziamenti e sottoscrizioni delle suddette nuove azioni e obbligazioni (fenomeno delle cosiddette “operazioni baciate”).
  • Giugno 2016. Nuova ispezione «mirata ai profili di adeguatezza patrimoniale e del credito»: giudizio «parzialmente sfavorevole». Viene rilevato «che l’azione di indirizzo e controllo dell’Organo amministrativo e dell’Esecutivo della Capogruppo non è stata pienamente adeguata ad affrontare le accresciute complessità derivanti, tra l’altro, dall’ampliamento del perimetro operativo conseguito con l’acquisizione del gruppo Tercas. Non emergono significative evidenze di operazioni “baciate”». Scattano anche segnalazioni alla Consob che poi comminerà una multa da 2 milioni.
  • Nel dicembre 2016, per effetto delle Ordinanze del Consiglio di Stato che sospendono l’attuazione della riforma delle banche popolari, si interrompe il processo di trasformazione della Bpb in società per azioni. Viene quindi meno una condizione importante per raccogliere capitale di rischio.
  • Con lettera contestuale del 15 marzo 2017 «la Vigilanza sottolinea che la Bpb ha bisogno di un rafforzamento patrimoniale e della governance con l’ingresso di elementi con specifiche competenze in materia bancaria e finanziaria; invita inoltre il Presidente a dar corso ai propositi di rassegnare le proprie dimissioni». Nuova richiesta di rafforzare il comparto creditizio e contenere i costi, che viene ribadita anche dopo.
  • Nei primi mesi del 2018, la banca elabora alcuni progetti alternativi di trasformazione societaria e ipotesi di integrazione con altre popolari “less significant” operanti nel centro-sud. Le analisi effettuate dalla vigilanza evidenziano tuttavia i rilevanti rischi legali di questi progetti pertanto accantonati. In varie occasioni nel corso dell’anno la banca comunica contatti con investitori potenzialmente interessati. Seguono diversi incontri con i vertici della banca, nei quali la vigilanza ribadisce la necessità di una ricapitalizzazione
  • Nel 2018 il processo di trasformazione societaria attraversa fasi alterne. Si accelera il deterioramento della situazione aziendale: il primo semestre si chiude con un rosso di 140 mln.
  • Novembre 2018, Bankitalia evidenzia «l’inadeguatezza del percorso di ristrutturazione aziendale» e chiede notizia su «progressi nel progetto di integrazione con altre banche popolari». Faro anche sugli accantonamenti sulle esposizioni nei confronti dei maggiori gruppi affidati. L’esercizio 2018 si chiude con una perdita consolidata di 430 milioni.
  • All’inizio del 2019 emergono forti conflittualità tra Presidente e l’ad. «Si determina un vero e proprio stallo gestionale».
  • Nel giugno 2019 la Banca d’Italia avvia una procedura sanzionatoria amministrativa nei confronti dell’intermediario e di alcuni dirigenti ed ex dirigenti, per carenze nei controlli.
  • Nella prima metà del 2019, in numerosi incontri «la Vigilanza sottolinea agli esponenti aziendali la necessità di preservare la coesione nella governance in una fase particolarmente delicata per la banca». Chiede esponenti autorevoli nel Cda, che si rinnova parzialmente a fine luglio 2019.
  • Il 18 giugno 2019 vengono avviati presso la capogruppo accertamenti ispettivi di vigilanza a spettro esteso. L’ispezione si concentra in una prima fase sul ricambio della governance, avvenuto a fine luglio, per poi passare all’analisi della qualità del credito. I risultati, ufficializzati a dicembre, evidenziano l’incapacità della nuova governance di adottare con sufficiente celerità ed efficacia le misure correttive necessarie per superare la stasi operativa e riequilibrare la situazione reddituale e patrimoniale della BPB. Emergono inoltre gravi perdite patrimoniali che portano i requisiti prudenziali di Vigilanza al di sotto dei limiti regolamentari.

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Siamo appena agli inizi della digital revolution

I cambiamenti sperimentati finora sono solo un assaggio. La vera trasformazione avverrà nei prossimi 20 anni. E porterà a un’economia Ict driven in tutti i settori.

Se qualcuno pensa oggi che il digitale abbia già apportato un grande cambiamento nelle nostre vite, rimarrà sorpreso di sapere che stiamo vivendo solamente l’inizio di una radicale trasformazione nel business e nella società. I cambiamenti degli ultimi 20 anni di digital revolution avranno pieno impatto nei prossimi 20 e più, fino ad avere un’economia ed una società Ict driven in tutti i settori. Infatti, mentre finora i cambiamenti più visibili erano nelle aree consumer, la rivoluzione e le opportunità digitali si stanno spostando negli ambiti operations, supply chain e nel business to business e business to government, settori più lenti nei cambiamenti ma che quando si muovono lo fanno con una scala che genera impatti molto profondi nel tessuto economico.

NESSUN SETTORE SARÀ RISPARMIATO DALLA RIVOLUZIONE

Non vi è settore che non sarà rivoluzionato. La digital revolution toccherà anche servizi finanziari ed assicurativi, di sicurezza, ma anche l’IT stesso, fino ad arrivare a quei settori considerati “maturi”, quali la logistica, l’agricoltura, l’industria. Ma, concretamente, quali sono i cambiamenti a cui le aziende nei vari settori dovranno prepararsi? Primo fra tutti il business model, cioè il modello fondamentale con cui oggi ottengono profitto. Inoltre, l’evoluzione dovrà tenere conto dei concorrenti attuali, di nuovi possibili entranti, nativi digitali, ma anche degli altri attori nella catena del valore attuale come clienti, distributori e fornitori. Il motto è “il tuo margine è la mia opportunità”. La lotta sarà per il controllo del cliente finale, degli asset strategici, delle competenze critiche e così via.

POCHISSIME AZIENDE ITALIANE TENGONO IL PASSO

Un altro cambiamento fondamentale sarà nella scala minima, nella massa critica, necessaria per restare competitivi in un mondo di giganti. In relazione alla struttura dei costi, agli investimenti in R&D ed in tecnologia, alla scala richiesta per acquisire e controllare competenze, brevetti, dati, accesso a materie prime, asset strategici, canali distributivi. Praticamente, tutti i fattori strategici e competitivi del futuro. Questo non solo per vincere nei mercati di sbocco, ma anche per essere attrattivi nel mercato dei capitali. Nel concreto, poche, pochissime aziende italiane – nei settori non regolamentati – hanno oggi la scala per essere protagonisti nei prossimi 20 anni. A tal fine, il tasso di innovazione del prodotto e di tutti i servizi ad esso collegati che definiscono la customer experience dovranno necessariamente accelerare. L’innovazione dovrà essere continua anche nei processi produttivi, nella gestione della supply chain e delle operations, per poter migliorare costantemente il livello di servizio al cliente mentre, riducendo il cost-to-serve.

Anche i ruoli aziendali saranno stravolti, ci sarà maggiore enfasi sulle figure professionali a contatto con il cliente e quelle legate alla tecnologia e all’innovazione

Tutti i cambiamenti elencati finora non potranno che mettere in discussione i modelli organizzativi aziendali tradizionali e verticalmente rigidi. I confini stessi dell’azienda verranno ridefiniti, con un processo di integrazione con l’ecosistema in cui l’azienda opera. Anche i ruoli aziendali saranno stravolti, ci sarà maggiore enfasi sulle figure professionali a contatto con il cliente e quelle legate alla tecnologia e all’innovazione, con uno stravolgimento nel ruolo e negli approcci dei manager, che rischieranno di diventare un elemento di rigidità in un sistema che dovrà essere molto fluido. I cambiamenti nei sistemi di gestione delle persone e del capitale umano, saranno ancora più drastici. A parte la sostituzione degli “umani” e dei decisori con robot e con machine learning, dovranno cambiare le modalità di attrazione e ritenzione del talento, delle nuove competenze, così come gli approcci alla divisione del lavoro, al team-working, alla fissazione degli obiettivi e alla misurazione dei risultati e delle modalità di compenso.

L’EVOLUZIONE DEL RAPPORTO CON GLI AZIONISTI

Ultimo cambiamento, ma non meno importante, sarà nel rapporto con i fornitori di capitale, azionisti in primis. Servono nuovi soggetti, che affianchino gli imprenditori, in grado di comprendere i nuovi modelli di rischio-rendimento, di creare sinergie e modelli di collaborazione all’interno di un certo ecosistema, di accompagnare le aziende in questo percorso di crescita continuo ed incerto con capitali “fedeli” ma anche flessibili nel lungo termine. Grandi sfide, grandi opportunità.

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Siamo appena agli inizi della digital revolution

I cambiamenti sperimentati finora sono solo un assaggio. La vera trasformazione avverrà nei prossimi 20 anni. E porterà a un’economia Ict driven in tutti i settori.

Se qualcuno pensa oggi che il digitale abbia già apportato un grande cambiamento nelle nostre vite, rimarrà sorpreso di sapere che stiamo vivendo solamente l’inizio di una radicale trasformazione nel business e nella società. I cambiamenti degli ultimi 20 anni di digital revolution avranno pieno impatto nei prossimi 20 e più, fino ad avere un’economia ed una società Ict driven in tutti i settori. Infatti, mentre finora i cambiamenti più visibili erano nelle aree consumer, la rivoluzione e le opportunità digitali si stanno spostando negli ambiti operations, supply chain e nel business to business e business to government, settori più lenti nei cambiamenti ma che quando si muovono lo fanno con una scala che genera impatti molto profondi nel tessuto economico.

NESSUN SETTORE SARÀ RISPARMIATO DALLA RIVOLUZIONE

Non vi è settore che non sarà rivoluzionato. La digital revolution toccherà anche servizi finanziari ed assicurativi, di sicurezza, ma anche l’IT stesso, fino ad arrivare a quei settori considerati “maturi”, quali la logistica, l’agricoltura, l’industria. Ma, concretamente, quali sono i cambiamenti a cui le aziende nei vari settori dovranno prepararsi? Primo fra tutti il business model, cioè il modello fondamentale con cui oggi ottengono profitto. Inoltre, l’evoluzione dovrà tenere conto dei concorrenti attuali, di nuovi possibili entranti, nativi digitali, ma anche degli altri attori nella catena del valore attuale come clienti, distributori e fornitori. Il motto è “il tuo margine è la mia opportunità”. La lotta sarà per il controllo del cliente finale, degli asset strategici, delle competenze critiche e così via.

POCHISSIME AZIENDE ITALIANE TENGONO IL PASSO

Un altro cambiamento fondamentale sarà nella scala minima, nella massa critica, necessaria per restare competitivi in un mondo di giganti. In relazione alla struttura dei costi, agli investimenti in R&D ed in tecnologia, alla scala richiesta per acquisire e controllare competenze, brevetti, dati, accesso a materie prime, asset strategici, canali distributivi. Praticamente, tutti i fattori strategici e competitivi del futuro. Questo non solo per vincere nei mercati di sbocco, ma anche per essere attrattivi nel mercato dei capitali. Nel concreto, poche, pochissime aziende italiane – nei settori non regolamentati – hanno oggi la scala per essere protagonisti nei prossimi 20 anni. A tal fine, il tasso di innovazione del prodotto e di tutti i servizi ad esso collegati che definiscono la customer experience dovranno necessariamente accelerare. L’innovazione dovrà essere continua anche nei processi produttivi, nella gestione della supply chain e delle operations, per poter migliorare costantemente il livello di servizio al cliente mentre, riducendo il cost-to-serve.

Anche i ruoli aziendali saranno stravolti, ci sarà maggiore enfasi sulle figure professionali a contatto con il cliente e quelle legate alla tecnologia e all’innovazione

Tutti i cambiamenti elencati finora non potranno che mettere in discussione i modelli organizzativi aziendali tradizionali e verticalmente rigidi. I confini stessi dell’azienda verranno ridefiniti, con un processo di integrazione con l’ecosistema in cui l’azienda opera. Anche i ruoli aziendali saranno stravolti, ci sarà maggiore enfasi sulle figure professionali a contatto con il cliente e quelle legate alla tecnologia e all’innovazione, con uno stravolgimento nel ruolo e negli approcci dei manager, che rischieranno di diventare un elemento di rigidità in un sistema che dovrà essere molto fluido. I cambiamenti nei sistemi di gestione delle persone e del capitale umano, saranno ancora più drastici. A parte la sostituzione degli “umani” e dei decisori con robot e con machine learning, dovranno cambiare le modalità di attrazione e ritenzione del talento, delle nuove competenze, così come gli approcci alla divisione del lavoro, al team-working, alla fissazione degli obiettivi e alla misurazione dei risultati e delle modalità di compenso.

L’EVOLUZIONE DEL RAPPORTO CON GLI AZIONISTI

Ultimo cambiamento, ma non meno importante, sarà nel rapporto con i fornitori di capitale, azionisti in primis. Servono nuovi soggetti, che affianchino gli imprenditori, in grado di comprendere i nuovi modelli di rischio-rendimento, di creare sinergie e modelli di collaborazione all’interno di un certo ecosistema, di accompagnare le aziende in questo percorso di crescita continuo ed incerto con capitali “fedeli” ma anche flessibili nel lungo termine. Grandi sfide, grandi opportunità.

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