Sequestri e divieti da Nord a Sud contro i botti in vista del Capodanno 2020

Forze dell'ordine e sindaci si preparano ai festeggiamenti di fine anno. Crescono le confische da Nord a Sud. E sempre più sindaci firmano divieti di utilizzo.

Proseguono serrati i controlli di botti, candelotti e fuochi d’artificio in vista della notte di Capodanno. Allo stesso tempo è aumentato il numero dei sindaci che hanno disposto ordinanze per vietare l’utilizzo di materiale pirotecnico che lo scorso anno, durante la notte di San Silvestro, hanno provocato 216 feriti, tra cui 13 gravi e 41 minorenni. Mentre animalisti e ambientalisti ne ricordano anche i danni per gli animali e l’ambiente.

RAFFICA DI SEQUESTRI TRA MILANO, ROMA E NAPOLI

Nelle ultime ore che precedono la fine dell’anno, le operazioni più importanti hanno visto il sequestro di 740 chili di botti da parte della Guardia di Finanza di Milano, che ha denunciato tre uomini e ne ha arrestato un quarto. Mentre le Fiamme gialle di Roma hanno scoperto oltre 1.500 chili di botti illegali provenienti da una rivendita gestita da un cinese. A Spoleto sono stati sequestrati 25 chili di petardi mentre a Napoli è stato fermato un uomo che viaggiava su un’auto con 50 chili di botti illegali, acquistati tramite i social network. Interventi che si sommano a quelli dei giorni scorsi.

DANNI ANCHE DAI BOTTI LEGALI

Petardi, fontanelle e bengala, però, possono rappresentare un rischio anche se non di provenienza illegale. Basta, infatti, una distrazione a provocare danni che sono «simili a quelli provocati da materiale bellico», ha spiegato Giorgio Pajardi, direttore dell’Unità Operativa di Chirurgia della mano dell’Ospedale San Giuseppe di Milano. In caso di incidenti «vengono danneggiati soprattutto mani, volto, occhi e udito. Per quanto riguarda la mano», ha aggiunto, «l’evento più ricorrente è un trauma da proiettile: i tessuti si bruciano, coinvolgendo ossa, tendini, nervi». Anche se le ricostruzioni chirurgiche oggi possano fare molto, «queste lesioni a volte sono irreversibili».

I RISCHI PER ANIMALI E AMBIENTE

Tradizione irrinunciabile per molti, i botti di Capodanno rappresentano anche un rischio per gli animali, domestici e selvatici. Migliaia ne rimangono feriti in modo diretto, altri come uccelli, cani e gatti perdono il senso dell’orientamento a causa dello spavento, e rischiano la vita per mettersi in fuga. Senza dimenticare i danni per l’inquinamento dell’ambiente, ha osservato il Wwf in una nota. «Va considerata l’enorme quantità di rifiuti generati dai fuochi, soprattutto per quelli detonati in mare. L’alluminio, a contatto con l’acqua salata del mare, può modificarsi e rilasciare sostanze nocive».

BOOM DI DIVIETI DA NORD A SUD

Per questo cresce il numero di città che, da Nord a Sud, hanno deciso quest’anno di vietarne l’utilizzo. Nel 2017 a lasciare Roma senza botti era stata la sindaca Virginia Raggi. Tantissime le città che li metteranno off limits quest’anno, sostituendoli con concerti in piazza e giochi di luce: da Parma a Catania, da Fermo a Pescara e ancora, tra le tante, La Spezia, Sulmona, Aosta, Terni, Pistoia. A Firenze, niente botti e vetro ‘zero’ in area Unesco. Ordinanza anti-botti anche a Palermo. Decisioni che vedono il plauso delle associazioni ambientaliste e degli animalisti, dalla Lipu all’Ente Nazionale per la Protezione degli Animali (Enpa). «Vietarli è un gesto di civiltà e di responsabilità» ma le ordinanze, ha osservato Ilaria Innocenti, responsabile Area Animali Familiari della Lega Antivivisezione (Lav) «vengono emanate troppo tardi e non sono lo strumento ideale».

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Cinque persone sono state indagate per la valanga in Val Senales

Proseguono le rilevazioni delle forze dell'ordine dopo la tragedia del 28 dicembre costata la vita a una donna e due bambine di sette anni. Tra le ipotesi omicidio colposo e disastro colposo.

Cinque persone sono state iscritte nel registro degli indagati per la valanga che sabato 28 dicembre, intorno all’ora di pranzo, ha investito alcuni sciatori sulla pista “Teufelsegg” in Val Senales, provocando la morte di una donna di 25 anni, di sua figlia di sette e di un’altra bambina sempre di sette anni, tutte provenienti dalla Germania. Lo rende noto il procuratore della Repubblica di Bolzano, Giancarlo Bramante.

SI INDAGA PER OMICIDIO COLOSO

Le ipotesi di reato sono omicidio colposo plurimo e disastro colposo derivante da valanga. Durante un volo di ricognizione ed un sopralluogo sulla pista, che è stata sottoposta a sequestro probatorio, sono stati rilevati, anche fotograficamente, la dimensione della valanga ed i punti di distacco. La procura ha anche incaricato un consulente di ricostruire la dinamica dell’accaduto. La magistratura, infine, ha rilasciato i nulla osta per i funerali delle vittime.

I DUE FRONTI DELL’INDAGINE

Gli indagati, a vario titolo, sono responsabili della gestione e della sicurezza del centro sciistico. L’inchiesta si muoverà su due fronti: in primo luogo va chiarito se si è trattato di un distacco spontaneo oppure se la slavina sia stata provocata da uno sciatore durante un fuoripista. Come ha confermato ai microfoni della Rai di Bolzano l’esperto valanghe della Provincia di Bolzano Lukas Rastner, che ha sorvolato la zona in elicottero, sul pendio sul bordo della slavina sono stati individuate tracce di sci. Sarà comunque quasi impossibile stabilire con esattezza a quando risalgono.

TRAGEDIA FORSE DETTATA DAGLI ACCUMULI DI NEVE

Secondo Rastner, una causa è da attribuire agli accumuli eolici in quota. La scorsa settimana è infatti caduta neve fresca che poi è stata spostata dal forte vento che soffiava nei giorni prima della tragedia. Il secondo quesito che dovrà essere chiarito dall’inchiesta riguarda invece la prevedibilità dell’incidente. La pista Teufelsegg (l’Angolo del Diavolo) spesso viene chiusa proprio per non correre rischi. In questo caso gli sciatori dalle piste sul ghiacciaio a oltre 3.000 metri devono tornare a valle in funivia e non con gli sci ai piedi. In serata a Maso Corto, in val Senales, è in programma una commemorazione per ricordare le tre vittime della slavina. La donna morta – scrive oggi il tabloid Bild – era un medico dell’esercito tedesco.

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I numeri sulle stragi del sabato sera nel 2019

Secondo i dati di Polizia stradale e Carabinieri quest'anno sono diminuite le vittime. Boom di conducenti ubriachi e multe per eccesso di velocità.

Le stragi del sabato sono in diminuzione ed anche le vittime, ma aumentano nei fine settimana i conducenti ubriachi. Polizia stradale e Arma dei Carabinieri nel 2019 hanno rilevato 148 incidenti mortali con 178 vittime: 11 in meno dello scorso anno. Nei week end i conducenti controllati con etilometri e precursori sono stati 195.533, il 5,7% dei quali (pari a 11.063, di cui 9.432 uomini e 1.631 donne) è risultato positivo al test per tasso alcolemico, mentre nel 2018 la percentuale era stata del 5,2%. Dal venerdì alla domenica le persone denunciate per guida sotto effetto di sostanze stupefacenti, invece, sono state 408 e i veicoli sequestrati per la confisca 613. Da ottobre è iniziata anche una campagna sperimentale della Polizia Stradale di controlli per il contrasto dell’uso di stupefacenti alla guida di veicoli nelle notti del sabato e della domenica sulla rete autostradale, con utilizzo di un laboratorio mobile per l’esecuzione, direttamente su strada, delle analisi di secondo livello della saliva.

NEL CONFRONTO PESA LA TRAGEDIA DEL MORANDI NEL 2018

Più in generale, secondo i dati diminuiscono del 2,9% le vittime di incidenti stradali nel corso dell’anno. Il numero complessivo degli incidenti (70.801) è in lieve diminuzione rispetto allo stesso periodo del 2018 (-1,3%), mentre i sinistri con esito mortale (1.430) sono pressoché invariati (8 meno dello scorso anno, -0,6%). Si riduce più sensibilmente – del 2,9%, appunto – il numero delle vittime (1.566, 46 in meno), e questo anche perché nel dato del 2018 sono compresi i 43 morti del crollo del viadotto di Genova sul Polcevera.

IN UN ANNO CONTESTATE OLTRE 2,3 MILIONI DI INFRAZIONI

Dal 1° gennaio al 15 dicembre 2019 Polizia Stradale ed Arma dei carabinieri hanno effettuato 3 milioni 859.538 pattuglie di vigilanza stradale e contestato 2 milioni 376.484 infrazioni al Codice della strada. Le violazioni accertate per eccesso di velocità sono state complessivamente 685.778, ritirate 61.322 patenti di guida e 74.087 carte di circolazione. I punti patente decurtati sono 3 milioni 581.140. I conducenti controllati con etilometri e precursori sono stati 1 milione 264.314, di cui 23.800 sanzionati per guida in stato di ebbrezza alcolica (+2,2% rispetto al 2018), mentre quelli denunciati per guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti sono stati 2.156 (- 6,7%). Per quanto riguarda nello specifico i controlli effettuati dalla Polizia stradale su circa 1.000 chilometri di autostrada (dal 1° gennaio al 30 novembre), le violazioni per eccesso di velocità sono state 657.804 ed hanno registrato un vero e proprio boom, con un incremento del 35,7% rispetto al 2018. Il cosiddetto Tutor ha consentito di accertare 306.971 violazioni dei limiti di velocità.

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Le polemiche per la possibile partecipazione di Rula Jebreal a Sanremo 2020

Bufera dopo l'indiscrezione di Dagospia sulla possibile partecipazione della giornalista palestinese alla kermesse musicale. Bordate da Capezzone a Gervasoni. Dubbi del consigliere Rai Rossi: «Sarebbe divisiva».

Con l’arrivo di Sanremo arrivano anche le immancabili polemiche. L’ultima in ordine di tempo è arrivata dopo un’indiscrezione uscita su Dagospia sulla possibile partecipazione alla kermesse canora della giornalista Rula Jebreal al fianco di Amadeus per condurre una delle serate. Secondo il sito online di Roberto D’Agostino, il conduttore Rai avrebbe incontrato Rula in un albergo milanese proponendole di affiancarlo per una sera sul palco dell’Ariston. E lei avrebbe dato la sua disponibilità. Subito dopo la pubblicazione della notizia, giornali e social dell’area sovranista sono insorti contro la reporter palestinese.

L’ATTACCO DELLA DESTRA SOVRANISTA

In prima linea Daniele Capezzone, cronista de La Verità, che ha attaccato a testa bassa su Twitter: «Mi par di capire che con i soldi del canone #Rai #RulaJebreal potrebbe essere incaricata a #Sanremo di spiegarci quanto le facciamo schifo. Se poi qualcuno si lamenterà sui social, seguiranno accuse di: -razzismo -sessismo – machismo. Pure nel 2020, ci avete già rotto….». Per gli haters, la eventuale presenza di Rula sul palco di Sanremo sarebbe «un insulto a tutti gli italiani». Durissima anche la presa di posizione di Marco Gervasoni docente dell’Università del Molise (noto alle cronache per aver pubblicato tweet offensivi nei confronti della senatrice a vita Liliana Segre) che sempre su Twitter ha commentato: «Mitica la definizione che ne diede in un talk show anni fa Sapelli “gnocca senza testa”. Aspettatevi un Sanremo pro clandestini, pro islam, pro lgbt, pro utero in affitto, pro sardine, pro investitori d’auto (purché con suv)». Nel frattempo sui social qualcuno ha lanciato l’hashtag #BoicottaSanremo.

I DUBBI DEL CONSIGLIERE RAI ROSSI: «RULA SAREBBE DIVISIVA»

Sentito dall’Adnkronos, il consigliere Rai in quota Fratelli d’Italia, Giampaolo Rossi, ha esconfermato i contatti «tra la direzione artistica del Festival di Sanremo e la signora Rula Jebreal», e si è detto «piuttosto stupito». «Sono note le sue posizioni ideologiche radicali, filoislamiste e dichiaratamente antisraeliane così come le fake news raccontate sulla guerra in Siria, ma ignoravo che Rula Jebreal fosse esperta di musica italiana», ha attaccato. «Credo», ha aggiunto, «che il Festival di Sanremo debba essere un momento di unione del nostro Paese e non lasciare spazio, quindi, a sentimenti divisivi e a persone che li alimentano».

LE VOCI IN DIFESA DI RULA

Tra Facebook e Twitter arrivano però anche dei messaggi di sostegno. «Io sono italiano, pago le tasse, e non mi sono mai sentito schifato da Rula Jebreal», ha scritto un utente. «Grazie #Amadeus per aver scelto #RulaJebreal, stai mandando in tilt i cervelli dei razzisti perché è una donna, straniera, che ha detto chiaramente che l’Italia è un paese fascista. Spero faccia qualche discorsetto durante il festival», ha attaccato un altro.

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Come si arrivò all’abolizione della leva obbligatoria 15 anni fa

Nel 2005 venne congelata la naja, con le ultime cartoline inviate verso la fine del 2004. L'ex ministro Martino: «Decisione inevitabile, serviva un esercito di professionisti».

Le ultime cartoline di “chiamata alle armi” sono partite nel 2004, per i ragazzi nati nel 1985, convocati per i tre giorni di visita medica e attitudinale. Gli idonei si sono presentanti a dicembre nelle caserme di Chieti, Firenze e Sulmona. Poi, dal primo gennaio del 2005, la naja è stata accantonata e da 15 anni le forze armate italiane, come quelle di molti altri Paesi europei, arruolano esclusivamente militari professionisti, persone che hanno scelto quella carriera su base volontaria.

UN PROVVEDIMENTO CONGELATO MA NON ABOLITO

La “legge Martino” ha sospeso la leva obbligatoria, che per quasi 144 anni ha costretto a un periodo di formazione militare tante generazioni, da un lato agevolando l’integrazione linguistica e consentendo di conoscere il Paese, dall’altro comportando, per molti, un’imposizione contro la libertà e i principi personali. Negli anni sono stati oltre 1.400 i condannati in via definitiva per aver saltato l’obbligo del servizio militare. La legge approvata nel luglio 2004 tecnicamente non ha previsto l’abolizione della naja, per la quale servirebbe una modifica costituzionale, ma l’ha congelata. Sospesa. E di conseguenza ha anche fatto decadere l’anno di servizio civile obbligatorio per gli obiettori di coscienza, istituito a partire dal 1972.

MARTINO: «SUPERARE L’ESERCITO DI LEVA»

«La sospensione della leva», ha detto l’ex ministro della Difesa Antonio Martino, che fu fautore della legge, «era importante per due ragioni: faceva perdere un anno di tempo ai giovani nel momento più importante della loro vita, quando terminati gli studi dovevano trovare un lavoro, e non rafforzava le forze armate, la cui attività prevalente è nelle missioni all’esterno, per le quali sono necessari dei professionisti bene addestrati». L’impiego dei militati di leva negli anni di piombo contro il terrorismo «fu una risposta estrema a un problema estremo». Così come oggi, quando si invoca l’utilizzo dell’esercito per l’ordine pubblico, «sono sempre dell’idea», ha osservato Martino, «che il lavoro di polizia lo debbano fare le forze di polizia».

COM’È CAMBIATO L’ESERCITO DOPO IL 2005

La legge che porta il suo nome fu approvata con i voti della Casa delle libertà e del centrosinistra e ha anticipato di due anni la professionalizzazione delle forze armate, che inizialmente era prevista a partire dal 2007. «Il percorso parlamentare fu agevole», ha continuato l’ex ministro, perché i tempi erano ormai maturi: «Gli unici ad opporsi erano rimasti gli alpini. Mi limitati ad anticipare un percorso iniziato dal ministro della Difesa Sergio Mattarella, che aveva già previsto la fine della leva. Non ci furono obiezioni da parte delle forze politiche, tranne che da qualche nostalgico del servizio militare». Nel giro di cinque anni le forze armate cambiarono volto: prima l’ingresso delle donne, poi la fine della leva obbligatoria. «Devo dire che ero molto preoccupato per l’ingresso delle donne nelle caserme. In realtà mi sono ricreduto, tranne qualche episodio nella norma, non è successo niente che abbia confermato le preoccupazioni. L’unico caso di mobbing di cui mi sono trovato ad occupare non è stato di un uomo nei confronti di una donna, ma di una donna nei confronti di un uomo. Il sesso ‘forte’, per così dire, ha dimostrato di essere quello femminile».

GLI ULTIMI TENTATIVI DI RIPRISTINO

La tentazione di ripristinare una forma di servizio militare periodicamente si riaffaccia nel dibattito politico. Nel marzo scorso la Camera ha dato il primo ok alla mini-naja: un reclutamento volontario e non retribuito di cui si parla da tanti anni, che impegnerebbe i giovani diplomati tra i 18 e i 22 anni per sei mesi. «Secondo me è un progetto sbagliato», ha concluso Martino, «perché in sei mesi i ragazzi non possono fare nulla di utile né per se stessi né per le forze armate».

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Lo scherzo di cattivo gusto del Mein Kampf regalato al posto di Minecraft

Il retroscena è venuto fuori grazie al quotidiano 20 Minutes. Il video è stato diffuso dal comico francese Yann Stotz, che intendeva realizzare una gag per sottolineare l’assonanza tra le due parole.

Il video è diventato virale. Ma la scena mostrata, oltre a essere di cattivo gusto, era anche un fake creato ad arte. Il filmato visto da milioni di persone durante le feste di Natale ha per protagonista un nonno che confonde la parola Minecraft con Mein Kampf e, al posto del noto videogioco, regala al nipotino il saggio del 1925 di Adolf Hitler. «Ma cos’è questo?», chiede una voce fuori campo.

La vera storia che sta dietro al video è venuta fuori grazie al quotidiano 20 Minutes. Tutto nasce da un’idea del comico francese Yann Stotz, che ha diffuso le immagini in Rete e che intendeva realizzare una gag per sottolineare l’assonanza tra le due parole. «Tre anni fa ho regalato a mio figlio una copia di Minecraft», ha spiegato Stotz, «e ho pensato: “è divertente che suoni simili a Mein Kampf“. Così quest’anno ho stampato una copia della copertina e l’ho incollata sopra a un libro di Jules Verne per girare il video».

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Le famiglie italiane sono sempre più piccole

Il 33% dei nuclei è composto da una sola persona. Negli ultimi 20 anni l'aumento è di oltre 10 punti percentuali. Nascite al minimo storico, cresce l'aspettativa di vita. Gli ultimi dati demografici Istat.

Le famiglie italiane si moltiplicano, ma sono sempre più piccole. Perché molti giovani che vanno a vivere da soli lo fanno senza un partner e senza generare dei figli.

UN TERZO DEI NUCLEI È COMPOSTO DA UNA SOLA PERSONA

Gli ultimi dati demografici Istat raccontano che i nuclei hanno raggiunto quota 25 milioni 700 mila. Ma il numero medio dei componenti è passato da 2,7 (periodo 1997-1998) a 2,3 (periodo 2017-2018), soprattutto per l’aumento dei single. Nel giro di 20 anni le cosiddette famiglie unipersonali sono cresciute di oltre 10 punti percentuali: dal 21,5% al 33%. E corrispondono ormai a un terzo del totale.

MAI COSÌ POCHE NASCITE

Non sorprende quindi che il 2018 abbia segnato un nuovo minimo storico delle nascite dall’Unità d’Italia: appena 439.747. Il numero dei decessi, al contrario, è diminuito a 633.133. Allo stesso tempo continua a salire l’aspettativa di vita media alla nascita, che si attesta su 80,8 anni per gli uomini e su 85,2 anni per le donne. Siamo, in altre parole, «uno dei Paesi più vecchi al mondo, con 173,1 persone con 65 anni e oltre ogni cento persone con meno di 15 anni al primo gennaio 2019».

GLI STIPENDI TORNANO A CRESCERE

Qualche buona notizia arriva invece dal fronte economico. Nel 2018 gli stipendi sono tornati a salire: una crescita che mancava da quasi un decennio, ma che è dovuta principalmente agli aumenti nel settore pubblico. Le retribuzioni contrattuali orarie segnano globalmente un incremento dell’1,5%, e il contributo maggiore deriva dagli aumenti retributivi per la quasi totalità dei dipendenti pubblici (+2,6%), dopo il blocco che andava avanti dal 2010.

DISEGUAGLIANZE PIÙ FORTI NELLE CITTÀ PIÙ RICCHE

All’aumentare del reddito familiare, tuttavia, si acuiscono anche le diseguaglianze. I comuni al centro delle aree metropolitane più grandfi registrano sia il più alto reddito netto medio familiare, sia il più alto rapporto di diseguaglianze. Andamento opposto per i comuni fino a 50 mila abitanti, che si caratterizzano per avere il reddito più basso accompagnato dalle diseguaglianze più ridotte. La regola non vale però per il Nord-Est, caratterizzato dal reddito netto medio familiare più elevato: 41.019 euro, rispetto ai 36.293 dei residenti in Italia. Qui però si osserva una diseguaglianza dei redditi più bassa rispetto ad altre zone.

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Il governo smentisce la revisione di reddito di cittadinanza e Quota 100

Dopo le polemiche fra Italia viva e M5s, Palazzo Chigi chiude a eventuali modifiche delle due misure-simbolo del governo gialloverde.

Il governo ha ufficialmente smentito di essere al lavoro su eventuali modifiche da apportare al reddito di cittadinanza e alle pensioni con Quota 100: «Dopo l’approvazione della manovra, non è all’ordine del giorno alcuna revisione», ha fatto sapere Palazzo Chigi in una nota.

LE POLEMICHE TRA ITALIA VIVA E M5S

Il riferimento è alla ricostruzione giornalistica offerta dal quotidiano La Stampa in edicola il 30 dicembre, ma il comunicato del governo suona anche come una risposta alle polemiche aperte nella maggioranza dalla ministra dell’Agricoltura Teresa Bellanova. L’esponente di Italia viva, infatti, aveva chiesto all’esecutivo di cancellare il reddito e ridiscutere quota 100. Per il M5s aveva replicato l’ex ministra Barbara Lezzi: «Se il reddito le fa schifo allora si dimetta e faccia cadere il governo».

I PRESUNTI INTERVENTI ALLO STUDIO DELL’ESECUTIVO

Secondo La Stampa, tuttavia, il premier Giuseppe Conte sarebbe disponibile a ridiscutere entrambe le misure. In particolare, per quanto riguarda il reddito, Conte vorrebbe intervenire sui navigator, sul ruolo dell’Anpal e sui rapporti con gli enti locali, mentre il Pd vorrebbe una stretta sui criteri d’accesso al sussidio. Per quanto riguarda invece Quota 100, per il quotidiano torinese non sarebbe da escludere una riforma strutturale del sistema pensionistico in grado di superare sia tale meccanismo, sia la legge Fornero. Ma la secca smentita di Palazzo Chigi fa capire che non ci sono margini per procedere in questo senso.

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Difficile essere atei da quando c’è Francesco

Il brutto anno che ci lasciamo alle spalle ha avuto per me una sola luce: la presenza di questo papa buono, ironico, severo, comprensivo.

Ho ascoltato spesso in questo anno che sta finendo papa Francesco in tivù mentre parlava ai fedeli in piazza san Pietro. E mi hanno sempre colpito le sue parole, l’uso del testo dei Vangeli, le parabole che ha citato. Ho letto i suoi libri. Non sono stato né cattolico né di altra fede. Nella mia famiglia non c’era l’abitudine, cosa singolare essendo una piccola famiglia del Sud, di frequentare e far frequentare ai figli la parrocchia. Posso persino dire che alcune pesanti disavventure familiari avevano creato nei miei genitori una certa avversità verso la fede. La mia formazione si è svolta al di fuori di ogni influenza religiosa. Paradossalmente l’impatto più forte l’ho avuto nei miei lunghi anni trascorsi nel Pci quando il tema del rapporto con i cattolici era cruciale. Si passò nel volgere di un paio di decenni dall’apprezzamento di “una sofferta coscienza cattolica” al tempo, erano gli anni di Enrico Berlinguer, in cui i cattolici, non più sofferenti (lo scrivo con evidente ironia verso il togliattismo), divennero nostri compagni e dirigenti.

Tutto questo è avvenuto senza che io mi schiodassi da una freddezza verso ogni fede, a parte una curiosità culturale molto accentuata verso l’ebraismo che mi ha portato a numerosi viaggi in Israele e a intrecciare con amici ebrei rapporti molto forti di grande sintonia. Da quando c’è Francesco sento, però, che qualcosa è mutato. Non ho il linguaggio per esprimere bene, cioè correttamente, quello che sento e che vorrei mettere a confronto con chi mi legge, ma il tema della fede si sta facendo spazio nella mia mente e, se posso dire, nel mio cuore. Ho amato da laico alcuni papi. Oltre alla predilezione per papa Giovanni XXIII, ho provato una ammirazione sconfinata per papa Paolo VI. Degli altri non dico. In quel singolare mese di papato mi colpirono le parole di Albino Luciani, così vicine alla sensibilità anche di chi non credeva.

UN NUOVO APPROCCIO ALLA FEDE

Poi è arrivato dalla fin del mondo Francesco che ha introdotto nel linguaggio pubblico e nella coscienza dei singoli, sicuramente nella mia, una dimensione della fede che mi appare, lo scrivo con approssimazione, non solo capace di mettermi in contatto con il mondo ma anche di trovare in questo contatto le ragioni di una comprensione della persona, del suo destino, della natura che nel passato non era mai appartenuta con tanta intensità. Ho capito, credo di aver capito, che cosa vuol dire il papa e cosa vuole spingerci a fare nella, e della nostra, vita quando chiede di illuminarla con la “misericordia”. Devo anche dire che c’è un filosofo ateo che mi ha molto aiutato, con i suoi testi, a comprendere la profondità del messaggio di fede e persino, più recentemente, del significato mariano: parlo di Massimo Cacciari. Mi direbbe un cattolico di antica data che anche da questo si capisce perché le vie del Signore sono infinite.

Il punto centrale del ragionamento che mi ispira il papa sta nella sua straordinaria umanità, nel suo voler sospingere noi umani su una strada di misericordia e di comprensione

Molti di voi penseranno che scrivo queste cose perché il papa viene descritto come di sinistra, addirittura “comunista”. Non replico a queste sciocchezze. Né l’affetto filiale verso Francesco è cresciuto sentendolo vittima di attacchi pieni di veleno. Giudico, come faccio ogni giorno, la politica sulla base della politica. Mi interessa poco l’uso della religione nella miserabile battaglia elettorale. Il punto centrale del ragionamento, razionale e sentimentale, che mi ispira il papa sta nella sua straordinaria umanità, nel suo voler sospingere noi umani su una strada di misericordia e di comprensione. Parla di un Dio amico delle persone singole e dell’umanità. Perché mi è venuta questa voglia di rendere pubblica questa emozione? Non voglio fare annunci (non ne ho), né sento di potermi definire ancora né credente né cattolico. Ho capito da Francesco che bisogna essere persone trasparenti e che non bisogna aver paura di iniziare a provare un sentimento religioso così intrecciato con l’amore per l’umanità. E questo brutto anno che ci lasciamo alle spalle ha avuto per me una sola luce: la presenza di questo papa buono, ironico, severo, comprensivo. Tutto qui.

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Conte vuole restare in politica

Il premier annuncia un impegno a lungo termine sulla scena pubblica italiana. Ma per ora esclude di voler fondare un partito: «Sono un costruttore, non sono divisivo».

L’avvocato del popolo ormai ci ha preso gusto: «Dopo questo mio intenso coinvolgimento, non vedo un futuro senza politica». Il premier Giuseppe Conte, in un lungo colloquio con il quotidiano la Repubblica, ha annunciato così la volontà di impegnarsi a lungo termine sulla scena pubblica italiana.

LEGGI ANCHE: La conferenza stampa di fine anno del premier Conte

NO A «PROSPETTIVE DISTORTE»

Il presidente del Consiglio ha premesso che il suo sguardo è comunque rivolto «al presente», perché «iniziare a ragionare sul proprio futuro quando si ha un incarico così rilevante rischia di creare una falsa e distorta prospettiva». Prospettiva che «come un tarlo» finirebbe «per distrarre o peggio per condizionare le decisioni che si è chiamati ad assumere».

IL MESSAGGIO PER M5S E PD

Detto questo, il messaggio per gli alleati di governo – M5s e Pd – è chiaro: almeno per il momento, Conte non pensa di creare un partito personale. «La politica non è solo fondare un partito o fare il leader di partito o partecipare a competizioni elettorali», ha detto infatti il premier, «ci sono mille modi per dare un contributo al Paese». E «qualsiasi contributo mi ritroverò a dare, sarà comunque in linea con la mia inclinazione: sono un costruttore, non sono divisivo».

IL RIFERIMENTO A CINCINNATO

Insomma, Conte non vede se stesso come un «novello Cincinnato» che «si ritrae e si disinteressa della politica». Il riferimento (storico e retorico) è a Lucio Quinzio Cincinnato, console romano nel 460 a.C. e due volte dittatore. Si racconta che fosse un generale ridotto in povertà e che per mantenere la famiglia si dedicasse all’agricoltura. Quando Roma venne minacciata dagli Equi, un popolo che viveva nella parte Est della città, gli venne affidato il comando dell’esercito. Ma una volta sconfitti i nemici, Cincinnato non volle né onori, né ricompense in denaro. Preferì tornare ai suoi campi, felice solo per il dovere compiuto.

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Condannato il genetista cinese che ha modificato il Dna umano

He Jiankui aveva contribuito a far nascere due gemelline "immuni" al virus dell'Hiv. Tre anni di carcere e 400 mila euro di multa.

Lo scienziato cinese He Jiankui, autore degli esperimenti che hanno portato alla nascita dei primi esseri umani con Dna modificato, è stato condannato a tre anni di carcere per pratica illegale della medicina. Il ricercatore, secondo l’agenzia di stampa statale Xinhua, è stato multato per tre milioni di yuan (circa 400 mila euro) e altri due scienziati che hanno lavorato con lui – Zhang Renli e Qin Jinzhou – sono stati condannati a pene minori con la stessa accusa.

LEGGI ANCHE: He Jiankui e gli affari della Cina sull’ingegneria genetica

LA NASCITA DELLE GEMELLINE LULA E NANA

Jiankui, laureato in Fisica in Cina, ha studiato Biofisica alla Rice University in Texas. Poi ha fatto ricerca a Stanford e nel 2012 è tornato in patria, all’Università di Shenzhen. Nel 2018 è intervenuto sul genoma umano mediante la tecnica CRISPR, contribuendo a far nascere due gemelline – Lula e Nana – “immuni” al virus dell’Hiv.

SUPERATI «I LIMITI ETICI» DELLA RICERCA MEDICA

L’agenzia di stampa Xinhua, nel dar conto della sentenza, spiega che Jiankui e gli altri due scienziati condannati «non avevano titoli adeguati per praticare la medicina». E per ottenere «fama e ricchezza» avrebbero «deliberatamente violato le normative nazionali in materia di ricerca scientifica e cure mediche», superando «i limiti etici» della professione.

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Le quotazioni di Borsa e spread del 30 dicembre 2019

Piazza Affari apre in calo l'ultima seduta dell'anno. Differenziale Btp-Bund a quota 166 punti base. Volano i titoli della Roma. I mercati in diretta.

La Borsa italiana ha aperto in calo la seduta del 30 dicembre 2019, l’ultima dell’anno. L’indice Ftse Mib cede lo 0,19% a 23.712 punti, mentre sale lo spread Btp-Bund. Il differenziale segna in avvio 166 punti base, contro i 163 della chiusura del 27 dicembre.

BORSE ASIATICHE CONTRASTATE

Dall’altra parte del mondo chiusura contrastata per le Borse asiatiche. Corre la Cina, mentre il Giappone arretra (-0,76%) ma resta ai massimi dall’inizio degli Anni 90. L’indice Nikkei chiude l’anno a 23.656 punti, in crescita del 18,2% sul 2018. In rialzo Shanghai (+1,2%), Shenzhen (+0,9%) e Hong Kong (+0,4%). In rosso Seul (-0,3%) e Mumbai (-0,2%).

GLI AGGIORNAMENTI DEI MERCATI IN DIRETTA

09.21 – VOLANO LE AZIONI DELLA ROMA

As Roma vola in Borsa a Milano, con la notizia ufficiale delle trattative in corso per l’acquisto del club di James Pallotta da parte di Dan Friedkin. Dopo i primi scambi il titolo avanza del 9,6% a 0,7 euro.

09.18 – MPS CEDE CREDITI DETERIORATI PER 1,8 MILIARDI

Il gruppo Mps ha concluso altre tre operazioni di cessione di crediti deteriorati per un importo totale di circa 1,8 miliardi di euro. Gli accordi si sommano ai precedenti conclusi nel corso del 2019 e portano a circa 3,8 miliardi i non-perfoming exposures (Npe) complessivamente ceduti dalla banca.

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Il 2019 attraverso gli avvenimenti nel mondo

L'effetto Greta sul dibattito climatico. L'ondata di proteste, dal Sudamerica a Hong Kong. Le elezioni europee e quelle britanniche. L'impeachment di Trump e la cattura di al Baghdadi. I 10 fatti dall'estero che hanno segnato quest'anno.

Greta Thunberg e la questione climatica. Le proteste a Hong Kong, in Medio Oriente e in Sudamerica. Ma anche l’impeachment di Donald Trump, le elezioni britanniche che blindano la Brexit, le elezioni nell’Ue e la frenata della Germania. I 10 fatti esteri cruciali del 2019.

1 – LA QUESTIONE CLIMATICA ESPLOSA CON GRETA

Sull’onda dei cambiamenti climatici è esploso il movimento globale di Greta Thunberg. Milioni di adolescenti hanno manifestato ai Fridays for future nelle metropoli del mondo, Roma e le altre capitali europee, a New York, New Delhi, Istanbul, per salvare il pianeta. Quest’estate in Groenlandia sono scorsi torrenti di acque sciolte dai ghiacci, all’Artide sono divampati incendi a catena, nel Mediterraneo si sono scatenate trombe d’aria mentre l’Europa continentale soffriva la siccità. Greta ha attraversato l’Atlantico in barca a vela, per parlare del riscaldamento globale all’Assemblea dell’Onu a New York evitando le emissioni Co2 degli aerei. E a dicembre l’attivista ha visitato i Fridays for future di Torino.

2 – IL FIUME UMANO DI HONG KONG IN MARCIA PER LA DEMOCRAZIA

Da marzo 2019 Hong Kong marcia per la democrazia. Le proteste nella regione amministrativa speciale della Cina sono rimontate per le modifiche tentate sull’isola alla legge sull’estradizione, che avrebbe permesso i trasferimenti di ricercati anche verso la Cina (al momento priva di accordo per l’estradizione). Una manovra, si è temuto, che avrebbe dato margine a Pechino di azione sui dissidenti rifugiati a Hong Kong. Milioni di cittadini dell’ex colonia britannica chiedono le dimissioni del governo filocinese, un’inchiesta sulle repressioni della polizia (due uccisi e più di 2600 feriti dalla primavera), il rilascio dei 4.500 arrestati, libertà di  manifestazione del pensiero e la difesa dell’autonomia.

3 – LA TEMPESTA DELL’IMPEACHMENT SULLE PRESIDENZIALI USA

A dicembre 2019 la Camera, a maggioranza democratica, del Congresso americano ha dato il via libera all’impeachment contro Donald Trump, per abuso di potere e di ostruzione all’Assemblea legislativa. A inizio 2020 partirà il processo davanti al Senato del terzo presidente della storia degli Usa incriminato per gravi reati contro la Costituzione. Trump conta di aggirare l’impeachment perché la maggioranza dei senatori sono repubblicani. Ma la procedura, aperta a settembre dalla presidente della Camera Nancy Pelosi dopo la notizia circostanziata di pressioni sull’Ucraina di Trump, per far indagare il candidato democratico Joe Biden,  è la tempesta perfetta sulle Presidenziali del 2020.

4 – LA CATTURA DI AL BAGHDADI GRAZIE AI CURDI ABBANDONATI

La notte del 27 ottobre 2019 il capo dell‘Isis Abu Bakr al Baghdadi si è fatto saltare in aria nell’assalto delle forze speciali americane al suo fortino nel Nord della Siria, a circa 5 chilometri dalla Turchia. I resti del sedicente califfo sono stati dispersi in mare; la  sua morte, a 48 anni, è stata confermata anche dall’Isis, che ha nominato successore Abu Ibrahim al Qurayshi e promesso attentati. L’operazione degli americani contro al Baghdadi è andata a segno soprattutto grazie alle informazioni passate loro dalle forze curdo-siriane (Ypg) che avevano combattuto e liberato i territori occupati dall’Isis. Clamorosamente abbandonate nel 2019 dai militari Usa che, su ordine di Trump, si sono ritirati dal Rojava presto invaso dalla Turchia.

5 – VON DER LEYEN E LE ALTRE ALLA GUIDA DELL’UE

Tra il 23 e il 29 maggio 2019 i cittadini dell‘Ue hanno eletto il nuovo parlamento di Strasburgo. L’accordo tra popolari (Ppe, 37 seggi), socialisti (Se, 32 seggi) e liberali (Alde, 37 seggi) è sfociato a luglio nell’elezione di Ursula von der Leyen, ex ministro tedesco della Difesa, alla presidenza della Commissione Ue. L’intesa tra forze ha compreso la nomina della francese Christine Lagarde, ex capo del Fondo monetario internazionale (Fmi), ai vertici della Banca centrale europea (Bce) al posto di Mario Draghi. Per la prima volta due donne siedono al comando dei principali organi decisionali europei – e l’economista bulgara Kristalina Georgieva, già commissario e vicepresidente della CommIssione Ue, del Fmi.

6 – LE SOCIETÀ MEDIORIENTALI CONTRO I CLAN POLITICI

Il 2019 è stato l’anno delle nuove proteste di massa nel Nord Africa e nel Medio Oriente. Dal 22 febbraio in Algeria un fiume umano di manifestanti pacifici si è riversato nelle strade, pretendendo una transizione democratica dopo aver bloccato la rielezione farsa dell’ex presidente Abdelaziz Bouteflika. Dall’autunno anche in Libano e in Iraq la popolazione è insorta contro i governi corrotti, per il ricambio della vecchia classe politica. Un’onda lunga, come per le Primavere arabe del 2011, che ha toccato anche il Kuwait, dove come in Libano l’esecutivo in carica si è dimesso per venire incontro alla volontà popolare. In Iraq, invece, si è sparato sulla folla: oltre 400 morti in due mesi, migliaia i feriti e gli arrestati tra i civili.

7 – L’IRAN SCATENATO DALLE SANZIONI MASSIME DI TRUMP

Ancor più cruenta è stata la repressione delle rivolte dilagate in Iran, a 10 anni dall’Onda verde del 2009, contro raddoppio del prezzo della benzina. Per Amnesty international «almeno 106 morti in 21 città» in tre giorni, sulla base di «filmati verificati e testimonianze sul terreno». Internet e le reti mobili sono state oscurate il secondo e il terzo giorno delle proteste  contro il regime: una crisi innescata dal grave avvitamento economico dell’Iran a causa delle massime sanzioni degli Usa, in vigore da aprile 2019. Proprio in quel mese si votava in Israele: un regalo inutile di Trump al premier Benjamin Netanyahu, costretto senza maggioranza a tornare alle urne a settembre e ancora a marzo 2020. Intanto l’Iran brucia.

8 – IL TRIONFO DI JOHNSON CHE SPINGE LONDRA FUORI DALL’UE

Il 2019 si chiude con la tormentata Brexit del Regno Unito. Il trionfo Oltremanica di Boris Johnson alle Legislative anticipate del 12 dicembre segna il divorzio dall’Ue, entro il 31 gennaio 2020. Con una maggioranza netta, decade l’ostruzionismo del parlamento verso il leader conservatore che preme l’acceleratore sul leave. Il nuovo accordo di Johnson con Bruxelles – dopo i flop della premier Theresa May e le sue dimissioni – prevede una transizione fino al 31 dicembre 2020, per un’uscita soft e guidata dai trattati europei e per la rinegoziazione dei rapporti economici e commerciali con l’Ue. Grandi interrogativi si aprono in compenso sul remain della Scozia e dell’Irlanda del Nord nel Regno Unito.

9 – IL SUDAMERICA SCOSSO DALLE DISEGUAGLIANZE

Anche diversi Stati sudamericani sono diventati turbolenti nel 2019, a causa dell’aumento delle diseguaglianze. Se in Venezuela era prevedibile l’auto-investitura a presidente, a gennaio, di un leader dell’opposizione come Juan Guaidó, molto meno lo erano le proteste violente del Cile (15 morti) contro i rincari, che a ottobre hanno riportato il coprifuoco a Santiago come ai tempi di Pinochet. Anche in Argentina si è manifestato contro i tagli alla spesa. In Brasile, contro l’ultradestra di Jair Bolsonaro. In Ecuador contro lo stop ai sussidi per il carburante. A novembre, altra sorpresa, sull’onda delle proteste contro la sua rielezione il presidente indigeno Evo Morales ha lasciato la Bolivia, governata ad interim dall’ultradestra.

10- LA FRENATA DELLA LOCOMOTIVA D’EUROPA

Nel 2019, last but not least, ha frenato la Germania, la locomotiva d’Europa. Per la guerra commerciale tra gli Stati Uniti e la Cina, i dazi di Trump imposti (sull’acciaio) e minacciati (sulle auto) all’Ue, non ultima l’incertezza sulla Brexit i tedeschi hanno rallentato l’export (-8% rispetto al 2018) e, di conseguenza la produzione industriale, soprattutto nella siderurgia e dell’automotive. Il rallentamento ha ricadute sui distretti industriali collegati, in primis gli italiani, e aggrava le crisi politiche: nel 2019 a Roma è caduto il governo gialloverde ma si è evitato di tornare al voto. Non ci è riuscita la Spagna che nel 2019 ha votato due volte e resta senza maggioranza, mentre in Germania vacilla di nuovo la Grande coalizione.

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Pallotta è pronto a vendere la Roma al magnate Friedkin

Manca solo l'ufficialità: il club giallorosso passa di mano, da un americano all'altro. Per il presidente uscente, nessun trofeo ma una cessione a un valore cinque volte superiore a quello di acquisto.

La cessione della Roma è al rush finale. La società sta per passare di mano, da un americano a un altro. Si attende l’ufficialità, ma è praticamente fatta e la fumata bianca è ormai vicina col presidente James Pallotta pronto ad accettare l’ultimo rialzo messo sul piatto dal magnate texano Dan Friedkin per acquistare la maggioranza delle azioni della “As Roma Spv Llc”, società capogruppo con sede in Delaware che controlla il club calcistico e il progetto dello stadio che sorgerà a Tor di Valle. L’intesa verbale sull’asse Boston-Houston, in attesa delle cifre esatte, sarebbe stata raggiunta sulla base di circa 800 milioni di euro inclusi i 270 milioni di debiti del club e i 150 milioni già previsti per la ricapitalizzazione. Per formalizzare tutta l’operazione serviranno alcune settimane ma, in assenza di colpi di scena, Friedkin diventerà il nuovo proprietario mettendo fine all’era Pallotta.

LA CONTESTAZIONE DEL TIFO

Quella del tycoon di Boston è stata una gestione dai due volti. In campo la squadra ha fallito l’appuntamento con la vittoria, centrando piazzamenti in campionato oltre che una storica semifinale di Champions League. La mancata conquista di un trofeo, la continua cessione dei migliori giocatori in rosa per questioni di bilancio, gli addii traumatici di icone romaniste come Totti e De Rossi oltre ad alcune dure dichiarazioni nei confronti della parte più estrema del tifo, lo ha esposto a critiche e contestazioni. Fuori dal campo, tuttavia, la Roma è cresciuta a livello di brand e considerazione internazionale, e lo dimostra il fatto che Pallotta si appresta a vendere sulla base di una valutazione del club quasi cinque volte superiore rispetto a quella del 2011. Valutazione che sarebbe potuta essere ancora maggiore col via libera allo stadio di proprietà, che comunque è atteso anch’esso ad inizio gennaio.

LO STADIO PUÒ ATTENDERE

I continui ritardi nell’iter hanno però convinto i soci di Pallotta ad uscire dal business Roma, aprendo così la strada alla cessione del club. Strada imboccata con decisione da Dan Friedkin e il suo gruppo che, dopo aver studiato a fondo il dossier (sono state svolte due diligence su tutte le dodici società che compongono la galassia giallorossa per analizzarne i conti nel dettaglio), ha pianificato l’investimento nella Roma. Il nuovo stadio, quando arriverà, sarà un plus importante, ma nel frattempo Friedkin ha intenzione di fare sul serio affidando un ruolo importante in società al figlio Ryan.

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Prescrizione ma non solo: il gennaio a ostacoli di Conte

Il nodo giustizia fa tremare il governo. Alle prese anche con le delicate questioni Autostrade e Ilva. Italia viva sul piede di guerra. Mentre nel M5s è tutti contro tutti.

Un gennaio a ostacoli, che avrà nella giustizia – e nella prescrizione in particolare – la prima, spinosissima tappa. Ad attendere il premier Giuseppe Conte sarà un mese infuocato. M5S, Pd e Iv viaggiano su binari lontanissimi e il rischio è che lo stallo sulla riforma Bonafede inquini sul nascere il confronto nel governo dal quale il presidente del Consiglio vuol far ripartire la sua agenda. La maggioranza resta fragile. Con l’ombra del nuovo gruppo alla Camera che, nonostante l’appello del premier a non destabilizzare, resta un’ipotesi sul tavolo. Il capo del governo arriverà al vertice sulla giustizia previsto il 7 gennaio probabilmente dopo aver completato l’insediamento di nuovi ministri alla Scuola e all’Università e Ricerca Lucia Azzolina e Gaetano Manfredi. La scelta dello spacchettamento, a livello numerico, avvantaggia il Pd e, allo stesso tempo, frena la possibile richiesta di un mini-rimpasto da parte dei Dem dopo le Regionali.

IL TUTTI CONTRO TUTTI NEL MOVIMENTO 5 STELLE

Il Movimento, dal canto suo, si consola con la promozione del suo sottosegretario, la deputata Azzolina. La sua indicazione trova il gradimento dei vertici e forse scontenta l’ala ortodossa (tra i papabili c’era anche il presidente della commissione Cultura Luigi Gallo) ma non dovrebbe creare ulteriori crepe in un Movimento dove, da giorni, è in atto un tutti contro tutti. Oggi è il “dissidente” Gianluigi Paragone a parlare. «Proveranno a espellermi, certo. Forse ce la faranno pure, ma poi metterò in evidenza che il collegio dei probiviri è composto da persone che sono incompatibili, come la ministra Dadone che non può essere ministro e probiviro insieme», attacca il senatore. Difficile, tuttavia, che Luigi Di Maio aumenti la tensione optando per espellere subito dissidenti e ritardatari sui rimborsi. Più facile che, almeno alla Camera, siano i dissidenti ad andar via.

I TIMORI DEL PREMIER

L’ipotesi del gruppo “contiano”, guidato da Lorenzo Fioramonti, resta concreta e potrebbe raccogliere almeno una decina di scontenti M5S ma, arrivare a quota 20 deputati – necessaria per avere l’ok della Camera – non è semplice. E già fioccano smentite. Su due battaglie i pentastellati si mostrano uniti. La revoca delle concessioni ad Autostrade e la riforma della prescrizione. Sul primo punto la linea di Conte sembra convergere con quella Di Maio: nessuno sconto ad Autostrade, ha spiegato il premier nell’attesa che finisca l’istruttoria. Ma lo scontro con Iv è alle porte. Il Pd, invece, è in una posizione attendista, forse anche perché, almeno dal punto di vista cronologico, il dossier Autostrade s’incrocia con quello della prescrizione, dove i Dem sono invece in trincea. L’obiettivo, per Conte, è fare in modo che il vertice del 7 non si trasformi in un’ennesima fumata nera.

SI CERCA L’ACCELERATA SULL’ILVA

«Bonafede faccia un passo di lato», è l’invito del ministro Francesco Boccia che dà al Guardisigilli due mesi di tempo per trovare un punto di caduta. «Oppure andremo avanti con la nostra proposta di legge», avvertono i dem. Sempre nella prima metà di gennaio, Conte proverà a dare un’accelerata al dossier Ilva varando contestualmente il decreto “Cantiere Taranto” che, nella strategia del governo, è parte della soluzione di rilancio dello stabilimento.

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Milano, 25enne picchiato dal branco perché omosessuale

L'aggressione nella notte in Porta Ticinese, cuore della Movida. La denuncia del ragazzo, ferito alla testa con una bottiglia.

Un 25enne è stato aggredito a Milano perché omosessuale. È accaduto nella tarda sera del 28 dicembre in zona Porta ticinese, tra i luoghi più noti della Movida milanese. A denunciarlo agli agenti della Polizia locale è stato il ragazzo stesso, che ha riferito di essere stato circondato da una decina di persone, intorno a mezzanotte, e di essere stato colpito anche con un coccio di bottiglia. Il 25enne aveva una ferita lacero contusa alla testa e un forte trauma al torace ed è stato portato in ospedale dagli operatori del 118 ma non è in gravi condizioni.

ALLA RICERCA DI TESTIMONI PER DARE UN VOLTO AGLI AGGRESSORI

Gli agenti della Polizia locale stanno cercando di risalire agli aggressori che, al loro arrivo, erano già scappati. In particolare, gli investigatori stanno acquisendo le immagini delle telecamere di sorveglianza della zona di Porta Ticinese, a quell’ora molto frequentata per via dei numerosi locali, e sono alla ricerca di testimoni per dare un volto agli aggressori.

Facciamo appello al premier Conte al fine che si approvi al più presto una legge che contrasti l’omofobia, ma sopratutto prevenga e dia supporto alle vittime

Gay Center

Fabrizio Marrazzo, portavoce di Gay Center, ha commentato: «Esprimiamo solidarietà al giovane aggredito a Milano, purtroppo quanto accaduto è solo la punta dell’iceberg, ogni giorno oltre 50 persone in Italia sono vittime di omofobia e transfobia, dati del nostro numero verde 800713713 Gay Help Line, e purtroppo come in questo caso quasi nessuno denuncia». Per questo, ha detto Marrazzo, «facciamo appello al premier Conte al fine che si approvi al più presto una legge che contrasti l’omofobia, ma sopratutto prevenga e dia supporto alle vittime. Molto spesso per le vittime lesbiche, gay, bisex e trans denunciare le violenze subite li mette a rischio di ulteriori discriminazioni, a scuola, in famiglia sul posto di lavoro. Per questo vanno garanti servizi di supporto alle vittime come centri antiviolenza e case rifugio per renderli liberi di denunciare».

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Le mosse della Turchia in Libia a sostegno di al-Sarraj

Conferme sullo sbarco a Tripoli di centinaia di ribelli siriani, cooptati dalla Turchia. Obiettivo: fermare l'avanzata di Haftar. In attesa del voto del parlamento turco sull'invio delle truppe.

Ankara accelera sul sostegno all’esercito libico di Fayez al-Sarraj. Il pomeriggio del 29 dicembre, diversi media internazionali, citando l’Osservatorio siriano per i diritti umani, hanno riferito che circa 300 ribelli siriani, cooptati dalla Turchia, sono stati inviati a Tripoli per combattere a fianco dell’esercito di al-Sarraj, sostenuto da Ankara, contro l’offensiva del generale Khalifa Haftar, che gode dell’appoggio di Russia, Egitto e Francia. Altri 900-1000 miliziani sarebbero stati invece trasferiti in campi di addestramento turchi in attesa di partire per la Libia. Secondo le stesse fonti l’ingaggio avrebbe una durata di 3-6 mesi ed un compenso tra i 2 mila ed i 2.500 dollari.

I VIDEO DELLA DISCORDIA

In mattinata, l’ufficio stampa del Consiglio presidenziale del governo di accordo nazionale libico (Gna), guidato da al-Sarraj, aveva smentito la veridicità di alcuni video, «pubblicati su pagine di sostenitori del criminale di guerra Haftar» e circolati sui social network, che ritraggono alcuni combattenti siriani in Libia. «Questi video sono stati verificati dai canali di notizie locali e internazionali e risulta che siano stati girati nella città di Idlib, in Siria», si legge sulla pagina Facebook dell’Ufficio media del governo di Tripoli. «Il Gna afferma che perseguirà tutti coloro che contribuiscono alla pubblicazione di queste menzogne e di altre calunnie, che sono un tentativo disperato di distorcere le vittorie sull’aggressore, compiute dall’esercito libico», conclude la nota.

ANKARA ANTICIPA IL VOTO SULL’INVIO DI TRUPPE

Nel frattempo, il Parlamento turco ha anticipato a giovedì 2 gennaio alle 14 locali (le 12 in Italia) il voto sulla mozione dell’Akp del presidente Recep Tayyip Erdogan che autorizza l’invio di truppe in Libia a sostegno del governo di accordo nazionale di al-Sarraj contro l’offensiva di Haftar. La riapertura ordinaria della Grande assemblea nazionale di Ankara dopo le festività di fine anno era fissata il 7 gennaio. Il testo della mozione dovrebbe giungere in Parlamento già il 30 dicembre, secondo l’agenzia Dogan.

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