Atreju 2023, un festival ridimensionato per la Meloni di governo

Prove di maturità per Fratelli d’Italia. Dopo un anno di governo, i big del partito si rendono conto che le scale di priorità sono cambiate. E mano a mano che si avvicina l’appuntamento identitario di Atreju, il festival per eccellenza di Fdi convocato dal 14 al 17 dicembre a Castel Sant’Angelo a Roma, ci si accorge che rispetto al passato la festa storicamente simbolo della “generazione” omonima che ha seguito Giorgia Meloni dalla lotta al governo potrà apparire sottotono rispetto al passato. Meloni, alla prima Atreju da premier, ha ottenuto la presenza di due leader internazionali come Rishi Sunak ed Edi Rama, primi ministri di Regno Unito e Albania, e ci sta provando con la mossa istituzionale dell’invito (per ora rifiutato) alla rivale Elly Schlein per consolidare una tradizione che ha visto il dialogo tra destra e sinistra centrale nella kermesse. Da Massimo D’Alema a Giuseppe Conte, passando per Fausto Bertinotti, gli inviti ai leader del campo avversario del centrodestra sono un classico. Ma la realtà dei fatti parla della prospettiva di un Atreju ridimensionata.

Atreju 2023, un festival ridimensionato per la Meloni di governo
Giorgia Meloni e Rishi Sunak (Getty).

Da Azione Giovani a Fratelli d’Italia, la scalata verso il potere

«Il domani appartiene a noi», cantavano i giovani nati tra gli Anni 70 e 80 che al seguito di Meloni hanno scalato il partito, da Azione Giovani a Fratelli d’Italia. Dopo lunghi anni di lavoro, lotta identitaria e consolidamento di un “cerchio magico” interno, ora quel «domani» è arrivato. Bocche cucite da Fdi sugli ospiti papabili, al di là dell’indiscrezione Schlein. Ma la sensazione è di un festival scivolato, giocoforza, in secondo piano nella lista di priorità dei suoi storici promotori.

Atreju 2023, un festival ridimensionato per la Meloni di governo
La kermesse di Atreju del 2021 (Imagoeconomica).

Arianna, Donzelli, Lollo: le storiche anime lavorano ad altro

Tra i registi di Atreju, oltre a Meloni, c’è chi è nel governo, come Francesco Lollobrigida. Chi, come il duplex Giovanni DonzelliAndrea Delmastro, ha in passato incarnato posizioni divisive davanti all’opinione pubblica. Arianna Meloni, sorella di «Giorgia» (nel partito la premier è rigorosamente chiamata per nome), storica anima di Atreju, sta lavorando alla gestione dei congressi, a cui si sta impegnando in nome dell’opposizione interna anche il “Gabbiano” Fabio Rampelli.

Atreju 2023, un festival ridimensionato per la Meloni di governo
Arianna Meloni (Imagoeconomica).

Colosimo è sempre stata la regista della macchina organizzativa

Soprattutto, nell’economia dell’organizzazione di Atreju il vero cambio di passo è però quello dell’agenda di Chiara Colosimo, deputata romana vicinissima a Meloni e da sempre attiva nel tirare le fila della macchina organizzativa di Atreju. Colosimo oggi studia da big del partito di domani, guida la Commissione Antimafia del parlamento, un impiego che, spiegano fonti vicine al vertice Fdi romano, «è paragonabile a quello di un ministro per la mole di lavoro, atti e impegni che comporta, e soprattutto per la discrezione che impone» a chi la presiede.

Atreju 2023, un festival ridimensionato per la Meloni di governo
Chiara Colosimo (Imagoeconomica).

Di convention nell’area romana Colosimo ne fa, ma di lavoro: ad Anzio e Nettuno, per esempio, si è tenuta di recente una seduta comune tra le Commissioni Antimafia di governo e Regione Lazio. Nelle quali molti romani di Fdi si sono trovati per motivi di lavoro, dai consiglieri regionali Emanuela Mari e Flavio Cera al presidente del Consiglio Regionale Antonio Aurigemma, passando per il senatore Giorgio Salvitti di Colleferro. Tutti presieduti dalla stessa Colosimo. Una riunione che è da esempio per capire quanto, in seguito alla crescita dimensionale del partito e degli impegni, la priorità debba essere giocoforza sull’attività istituzionale.

Atreju 2023, un festival ridimensionato per la Meloni di governo
Gadget da vecchie edizioni di Atreju (Imagoeconomica).

Com’è difficile evolversi in festa “di governo”

Logico che Atreju passi in secondo piano, anche se il crinale è stretto: Fdi si trova di fronte alla necessità di rimarcare nel suo impegno la visione ideologica e politica tradizionale, nazional-conservatrice e di destra sociale a cui la sua base fa riferimento, coniugandola con le conseguenze dei compromessi di un anno di governo su molti temi, dalle battaglie identitarie all’Europa. Dentro Fdi il leitmotiv è che Atreju nasce come kermesse di posizionamento ideale per un partito di opposizione, ma è difficile evolverla a festa “di governo”.

Il futuro di Mario Draghi tra politica e ruoli di alto profilo

Non c’è modo migliore che far sentire una presenza se ci si dedica a coltivare la propria assenza. Sembra diventata questa la regola cui obbedisce Mario Draghi, uno che anche quando da presidente del Consiglio era sotto i riflettori cercava di spegnerli. E non c’è modo migliore che far sapere di essere fuori dalla vita pubblica per creare le condizioni per potervi ritornare. Da quando non è più a Palazzo Chigi, l’ex premier e governatore della Banca centrale europea ha limitato uscite pubbliche e interventi. Fa eccezione la doppia apparizione, doverosa, ai funerali di Silvio Berlusconi e Flavia Franzoni, moglie di Romano Prodi che però, come in precedenza alle esequie romane di Benedetto XVI, non è stata accompagnata da esternazioni. Solo che a volte il silenzio dice più delle parole, come proprio lo stesso Draghi ha dimostrato dopo l’uscita dalla Bce. Cui seguì un lungo silenzio rotto in rare occasioni, come la celebre lettera al Financial Times del marzo 2020 sulla «guerra» al Covid-19, che letta col senno di poi fu la premessa della sua chiamata alla guida del governo.

Dei fedelissimi, solo Cingolani allineato con Meloni

Ma l’averlo visto se pur silente di nuovo in pubblico ha rinfocolato gli interrogativi: cosa ha in mente oggi Draghi? Davvero ha detto basta a politica e ruoli istituzionali o invece lui e i suoi lavorano al grande ritorno? L’inner circle che tra il 2021 e il 2022 ha blindato governo e apparati di Palazzo Chigi ha preso strade diverse: lo si trova in banche, aziende, ruoli nella pubblica amministrazione. Pochi di loro, primo fra tutti il neo amministratore delegato di Leonardo, Roberto Cingolani, in sinergia col governo Meloni. La maggior parte in aperta divergenza, a testimoniare la presenza di uno Stato profondo legato agli apparati di potere che trovano in Draghi un punto di riferimento, che non ha certo legittimato il “destra-centro” conservatore e con venature sovraniste.

Il futuro di Mario Draghi tra politica e ruoli di alto profilo
Roberto Cingolani (Imagoeconomica).

Giavazzi fulmina Giorgia sullo scaricabarile del Pnrr

A volte i Draghi boys esternano, e si intuisce che esprimono una posizione ampiamente condivisa con il loro ispiratore. Aveva iniziato a marzo 2023 Francesco Giavazzi, ex super consulente economico di Palazzo Chigi, oggi dominus della Scuola di amministrazione della Bocconi, fulminando Meloni e i suoi per lo scaricabarile sui ritardi sulla messa a terra del Piano nazionale di ripresa e resilienza: «Chi parla di ritardi del Pnrr non sa come funziona», ha tagliato corto il professore, per altro rimbrottato su Repubblica dal duo BoeriPerotti, ossia due suoi colleghi bocconiani.

Il futuro di Mario Draghi tra politica e ruoli di alto profilo
Francesco Giavazzi (Imagoeconomica).

Funiciello e il manifesto che è un’antitesi del melonismo

Ha proseguito, velatamente, Antonio Funiciello, neo Identity manager di Eni dopo esser stato capo di gabinetto di Draghi, pubblicando la dotta requisitoria sulla leadership “Leader per forza”, fondata sulla narrazione di una visione del potere capace di anticipare i cambiamenti per governarli, fautrice di pragmatismo e scelte anti-conflittuali. Un manifesto che da Mosè ad Angela Merkel propone esempi vicini e lontani, letto come un’antitesi all’attuale melonismo di governo.

Il futuro di Mario Draghi tra politica e ruoli di alto profilo
Antonio Funiciello (Imagoeconomica).

Garofoli, che bocciatura alla riforma della giustizia

Last but not least, è sceso in campo Roberto Garofoli, ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio e figlio del partito dei grand commis del Consiglio di Stato, di cui è presidente di Sezione. Sua la decisione di bocciare la madre di tutte le riforme proposte da Meloni, quella che in materia di giustizia abroga di fatto il reato di abuso d’ufficio.

Il futuro di Mario Draghi tra politica e ruoli di alto profilo
Roberto Garofoli (Imagoeconomica).

Anche Giugliano nel “partito draghiano” che si muove

Un fuoco di fila che mostra come i protagonisti della stagione draghiana non intendano garantire analoga e simmetrica lealtà a Meloni, che per un anno e mezzo è stata brava e disciplinata scolara dall’opposizione. Salvo poi giocare allo scaricabarile sul suo predecessore. Cosa che ha irritato non poco Draghi e i suoi. Civis Draghianus Sum è la parola d’ordine con cui i protagonisti del fu governo d’unità nazionale stanno tornando in pista ai più alti livelli della società civile e dell’impresa. Ultimo ad aggiungersi a questa lista è Ferdinando Giugliano, già portavoce a livello internazionale, speech writer e consigliere di Draghi, di recente approdato in Unicredit come responsabile delle attività di advocacy e public affairs. Insomma, se non è un “partito” draghiano – termine che l’ex governatore della Bce, forse pensando all’infausta esperienza di Mario Monti con Scelta civica, ha sempre disdegnato – poco ci manca.

Il futuro di Mario Draghi tra politica e ruoli di alto profilo
Ferdinando Giugliano (Imagoeconomica).

L’ambizioso discorso al Massachusetts Institute of Technology

E se c’è un manifesto del “Draghi-pensiero” per il post Palazzo Chigi lo si ritrova nel discorso tenuto il 7 giugno al Massachusetts Institute of Technology, in occasione del conseguimento del Premio Miriam Pozen. Un discorso definito da molti kissingeriano, di schietto realismo, di riconoscimento delle tare e dei limiti del sistema globalizzato, di esibita aderenza politica euro-atlantica. Un discorso-manifesto che pone di fatto come prioritaria per il Paese la necessità di un’autorevole e profonda visione su scala internazionale. Oltre, chiaramente, a evidenziare in filigrana quali possano essere le grandi ambizioni dell’ex premier e governatore che, nel breve periodo, non possono avere a che fare con incarichi nel settore privato o ambizioni nell’agone politico nostrano. Draghi ha deciso di volare alto. Problemi globali, di sfide a tutto campo: Intelligenza artificiale, inflazione, transizione energetica, sfida delle autocrazie. Nella consapevolezza che «i singoli Paesi europei, per quanto forti siano, sono troppo piccoli per padroneggiare queste sfide da soli. E più queste sfide sono grandi, più il cammino verso un’unica entità politica, economica e sociale, seppur lungo e difficile, diventa inevitabile. Il nostro viaggio che è iniziato molti anni fa, ed è accelerato con la creazione dell’euro, sta continuando».

Il futuro di Mario Draghi tra politica e ruoli di alto profilo
Mario Draghi (Imagoeconomica).

Un futuro da conferenziere ed editorialista, ma non solo

Draghi ha contezza dei «nostri tempi difficili. Ma i tempi non sono mai stati facili. Sono arrivato qui nell’agosto del 1972. Mentre ero uno studente, abbiamo avuto la guerra del Kippur, diversi shock petroliferi, il crollo del sistema monetario internazionale, il terrorismo imperversava in tutto il mondo e l’inflazione era fuori controllo, solo per citare alcuni eventi di quel tempo e naturalmente eravamo nella Guerra fredda». Da qui può esserci la fine del ciclo del Draghi di potere e l’inizio di quello del Draghi teorico di virtù e miserie dell’economia globalizzata? Forse. Dunque ci si può aspettare nel futuro prossimo un Draghi conferenziere, editorialista, narratore dei grandi scenari di sistema. Interprete insieme del posizionamento dell’Italia sulla scena internazionale e di ciò che i suoi alleati occidentali le chiedono.

Colle, Commissione Ue, Nato: le partite che interessano a Super Mario

Ciò non toglie che la politica sia un capitolo chiuso. L’ex premier è abile nel non chiedere mai ciò che vorrebbe, ma di farselo offrire. Vedi la vicenda Quirinale, che però ha visto frustrate, anche per suoi errori di strategia, le sue aspettative di insediarsi al Colle. Il 2024 sarà l’anno del rinnovo della Commissione europea e della segreteria della Nato. Emmanuel Macron, Joe Biden, Olaf Scholz e gli altri big dell’Occidente non possono che pensare con favore a un ritorno in pista di Super Mario. E il banchiere divenuto premier è nome spendibile per entrambi i ruoli. In quest’ottica, la logica di schierare il suo “partito” trasversalmente costringerebbe Meloni, con cui i rapporti sono attualmente molto freddi per non dire inesistenti, a prendere in considerazione la sua figura, di cui però potrebbe aver bisogno come sorta di testimonial nella sua campagna tesa a spostare gli assetti politici dell’Unione europea. Che poi Draghi accarezzi ancora l’idea del Quirinale non v’è dubbio, ma la rielezione di Sergio Mattarella colloca l’ipotesi molto avanti nel tempo.

Forza Italia, le suppletive di Monza primo test per avviare il dopo-Berlusconi

Mentre dopo la morte di Silvio Berlusconi una Forza Italia orfana del suo fondatore prova a immaginare un futuro politico, già si prepara la prima, vera sfida per quel che resta del partito del Cavaliere. Parliamo delle elezioni suppletive che devono colmare il seggio lasciato vuoto al Senato proprio dal defunto Berlusconi, eletto il 25 settembre 2022 nell’uninominale di Monza (Lombardia – 06), grazie al 50,26 per cento dei voti col sostegno dell’intera coalizione di centrodestra. E adesso cosa succederà?

Monza, scontato che il candidato del centrodestra sarà un forzista

Il seggio, venuto a mancare il suo vincitore, è vacante. Nei prossimi mesi vanno programmate nuove elezioni in cui è pressoché scontato che il candidato del centrodestra sarà un forzista. Il voto di Monza è un primo crocevia per la creatura politica di Berlusconi. Che può far capire molto sul futuro del partito a lungo predominante nel panorama politico italiano. Gli scenari che si aprono sono tre: il primo verrebbe messo in campo per evitare di trasformare in un redde rationem sul futuro di Forza Italia la scelta del candidato all’uninominale. Il secondo, invece, subordinerebbe la decisione in un collegio sulla carta “blindato” alla lotta tra due correnti in cui il partito è diviso, quella legata a Licia Ronzulli e quella di Antonio Tajani. L’ultimo scenario è quello di un’iniziativa personale della famiglia Berlusconi, che darebbe così un primo segnalare di continuità dell’azione politica del Cav. Ma vediamo nel dettaglio.

La mappa di Forza Italia: chi sta con Ronzulli e chi con Tajani
Silvio Berlusconi e Licia Ronzulli al Senato (Getty Images).

1. L’ipotesi non di rottura: il nome del rientrante Mandelli

Se l’elezione suppletiva per sostituire al Senato il quattro volte presidente del Consiglio venisse trattata come un’elezione “normale”, molti indicatori puntano nella direzione di una scelta fatta col bilancino, di un nome cioè capace di non rappresentare una rottura. Su Open è emersa l’indiscrezione che il “Mister X” possa essere il rientrante Andrea Mandelli. Consigliere comunale dal 2002 a Monza, candidato sindaco sconfitto al ballottaggio nel capoluogo brianzolo nel 2012, senatore dal 2013 al 2018 e deputato dal 2018 al 2022, Mandelli presiede inoltre dal 2009 la Federazione dell’Ordine dei farmacisti italiani (Fofi). Il suo nome può garantire standing e relativa terzietà. Politicamente vicino a Tajani, al tempo stesso non è mai stato particolarmente critico con la rivale interna Ronzulli. Anche se a quest’ultima molti imputano il fatto che Mandelli sia stato, alle Politiche 2022, mandato allo sbaraglio a giocarsi la rielezione alla Camera nel collegio di Milano – Loreto, dove all’uninominale è stato sopravanzato da Bruno Tabacci.

2. Scontro tra le correnti e accentramento sulla Fascina

Se Forza Italia saprà gestire questa fase e convergere su un nome politico condiviso, un minimo spiraglio di futuro oltre Berlusconi può aprirsi. Ma tra Lega e Fratelli d’Italia pronti alla scalata da un lato e le ambizioni politiche di molti colonnelli dall’altro, il rischio di implosione è sempre dietro l’angolo. Un secondo scenario apre la strada alla concezione della partita per Monza come resa dei conti tra le correnti, che potrebbe anche finire con l’accentramento sempre maggiore delle scelte su colei che oggi appare l’arbitro del partito, l’ultima compagna del Cavaliere Marta Fascina. La quale, alla vigilia del funerale, ha imposto a Forza Italia la linea dei suoi fedelissimi.

Il destino di Forza Italia dopo la morte di Berlusconi
Marta Fascina e Silvio Berlusconi nel settembre 2022 (da Fb).

L’idea è che figure come Tajani non abbiano ancora in mente una successione, abituate come sono state a vivere, a lungo, un passo dietro Silvio. La Fascina, invece, ha ben altri obiettivi politici e personali dopo tre anni vissuti fianco a fianco dell’ex premier. In quest’ottica, Monza può essere l’anticamera di un tutti contro tutti su cui rischia di partire la scalata degli “alleati” ai membri di punta di Forza Italia. E qui si apre la porta al terzo scenario. Quello che vede la famiglia Berlusconi chiamata a mettere una fiche, direttamente o indirettamente, sulla scelta del successore del Cav per un seggio che ha valenza non solo politica ma anche simbolica.

3. Che ruolo giocherà la famiglia? L’idea Messina

La famiglia Berlusconi, garante finanziaria di Forza Italia, ha tutto l’interesse a non vedere perso il seggio che fu di Silvio. «Il soggetto politico è in mano a Marina Berlusconi e agli altri figli grazie alle fideiussioni da 100 milioni di euro» garantite negli anni, spiega la Repubblica, e questo consente alla famiglia di mantenere in capo il controllo del simbolo. Per questa ragione, la prima sfida politica potrebbe vedere un coinvolgimento diretto in prima persona degli imprenditori e manager della dinastia del Cav. Troppo importante la posta in palio e troppo chiare le minacce di implosione del partito. Marina Berlusconi, forte dell’asse personale con Giorgia Meloni, ha un prestigio personale come figura di sistema in virtù del suo vissuto imprenditoriale e del suo ostentato distacco verso ambizioni politiche personali mostrato in passato. L’ipotesi di scendere in campo da “garante” della continuità berlusconiana è stata proposta da Open, che ha parlato di una possibile candidatura della ditta Fininvest a supplenza del seggio di Berlusconi. Tanto che si parla del fatto che «possa essere Alfredo Messina il candidato nell’uninominale di Monza. Legatissimo alla famiglia Berlusconi, dagli Anni 90 orbita con ruoli dirigenziali nella galassia Fininvest e Mediolanum». Su cui però grava l’incognita età: ha quasi 88 anni, più del defunto Silvio.

Forza Italia, le suppletive di Monza primo test per avviare il dopo-Berlusconi
Alfredo Messina.

Ma nei sondaggi la preferita è sempre Marina…

In quest’ultimo scenario, non è da escludere che la “golden share” dei Berlusconi possa sostanziarsi in una discesa diretta nell’agone politico di uno dei figli. Prima indiziata potenziale, la stessa Marina. Non ci sono voci consolidate, ma c’è sicuramente una grande domanda di continuità dell’elettorato berlusconiano. Il sondaggio emerso su la Repubblica il 14 giugno, giorno dei funerali di Berlusconi, mostra che Marina è col 54 per cento la preferita tra gli elettori del Cav come futura leader di Forza Italia. L’ipotesi continuità come garanzia in un partito senza regole di successione chiare. E che forse a una vera successione potrebbe non arrivare mai.

Silvio Berlusconi aveva avuto in vita un totale di 5 figli: Luigi, Eleonora, Barbara, Pier Silvio e Marina, ecco chi sono.
Marina Berlusconi (Getty).

Affluenza bassa e strategia per le Europee: le incognite

Una suggestione? Molto si capirà dal ruolo che i Berlusconi giocheranno nel decidere il candidato a Monza. Si andrà sicuramente dopo la pausa estiva, oltre metà settembre. Ma le elezioni suppletive consentiranno di mettere in campo strategie e visioni in vista di appuntamenti più corposi, come le Europee 2024. A cui non è affatto scontato che Forza Italia arrivi integra. L’obiettivo della famiglia Berlusconi e di Forza Italia sarà evitare che il seggio cambi padrone, passando al campo progressista.

Forza Italia senza i soldi di Berlusconi: il futuro economico del partito
Bandiere di Forza Italia (Getty).

Sarebbe un colpo duro da sopportare. E che i forzisti vogliono escludere. Sicuramente da un lato è necessario organizzare continuità e coordinamento con le altre forze di governo. Ma dall’altro sarà doveroso trovare un fattore mobilitante per gli elettori. Le suppletive hanno spesso tassi d’affluenza bassissimi e sulla capacità di portare i brianzoli al voto per il loro senatore si giocherà anche molto del futuro di Forza Italia. Su questo campo, va detto, nulla avrebbe lo stesso effetto di rivedere il cognome Berlusconi sulla scheda.

L’effetto Palenzona sulla tregua nel Real Estate di Milano

LEGGI ANCHE: Palenzona ci scrive

A Milano, dopo le tensioni dei mesi passati, nell’immobiliare sembra essere arrivati a una pace per quanto, visti gli appetiti che si muovono nel settore, non si sa quanto possa essere duratura. Ma la odierna fotografia della situazione del Real Estate meneghino sembra aver consolidato i nuovi assetti e le strategie finanziarie che intorno a essi si muovono.

Immobiliare e banche, partita incrociata

L’ascesa di Fabrizio Palenzona alla guida di Fondazione Crt nonché dell’associazione che raggruppa tutte le fondazioni bancarie di Piemonte e Liguria ha prodotto effetti diversi a seconda che si parli di ambito bancario o immobiliare. Se sul primo, come si è dato conto su queste colonne, il dinamismo è notevole soprattutto sull’asse che vede Bpm perno di un possibile terzo polo nazionale, sul secondo la competizione tra grandi attori si è tramutata in cooperazione.

Le mosse di Palenzona verso Crt, tra Cirio e Lo Russo
Il banchiere Fabrizio Palenzona.

Le due cordate in campo

Banche, fondazioni e protagonisti del mattone sembrano far convergere i propri investimenti su un comune interesse di sistema, ovvero la crescita di Milano e dei suoi grandi progetti infrastrutturali ed edilizi. Nulla di ufficiale e labbra cucite tra gli operatori del mercato e della finanza, ma in quest’ottica è curiosa l’emersione di un “patto incrociato” che vincola reciprocamente le differenti cordate in campo. Tradizionalmente l’asse banche-fondazioni-real estate ne vedeva due competere per la supremazia cittadina. Da un lato, quella del sistema-Palenzona. Costituita da Unicredit, banca di cui è stato a lungo vicepresidente, dal fondo immobiliare italiano Prelios di cui l’ex politico e manager di Novi Ligure è presidente, in alleanza con Hines e Fondazione Crt. Dall’altro, l’impero Intesa San Paolo-Fondazione Cariplo affiancato da Coima, il fondo immobiliare del costruttore Manfredi Catella.

La tregua del real estate a Milano: quanto pesa l'effetto Palenzona?
Manfredi Catella (dal sito Coima).

Verso un nuovo equilibrio

Gli accordi sul terreno per la spartizione di progetti dall’alto impatto sistemico come MilanoSesto e il Villaggio Olimpico, accelerati dopo l’ascesa di Palenzona a Crt, sono il terreno su cui si sta costruendo la possibile intesa. A cui potrebbero contribuire i nuovi assetti in Fondazione Cariplo, in cui l’elezione a presidente dell’ex rettore del Politecnico di Milano Giovanni Azzone è l’ultimo colpo del “grande vecchio” Giuseppe Guzzetti. Che, da buon democristiano, è uomo certamente abituato a smussare conflitti e tensioni più che a cimentarsi in aspre battaglie. Per ora il riassetto nelle fondazioni, polmone e centro di confronto tra interessi, è servito da deterrente. Lo si è visto con la fine della querelle su MilanoSesto, dove a Prelios e agli americani di Hines mirava a sostituirsi in toto Manfredi Catella con Coima. Il motivo? Il fatto che il principale sostenitore del più grande progetto europeo di rigenerazione urbana fosse Intesa San Paolo, il cui l’azionista Cariplo era, tramite Redo Sgr, alleata di Coima nel tentativo di acquisto dei diritti sul progetto detenuti da Prelios e Hines.

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Il render del Villaggio Olimpico (dal sito scaloportaromana).

MilanoSesto, laboratorio della tregua immobiliare milanese

«Toccherà agli storici dirimere il quesito se quella di Sesto San Giovanni», combattutasi ai primordi della primavera, «sia stata una vera guerra o solo una scaramuccia», ha scritto Dario Di Vico su Il Foglio. «Di sicuro la pace è stata raggiunta e, sembra, con reciproca soddisfazione di tutti i contendenti. Una pace imperniata, e non avrebbe potuto essere diversamente, sul ruolo di Intesa Sanpaolo che nell’operazione immobiliare aveva investito dall’inizio 900 milioni e, giustamente, voleva capire meglio in che direzione si stesse andando». Catella non ha conquistato l’intero pacchetto di MilanoSesto ma, in asse con Redo, ha ottenuto il social housing del nuovo progetto che da sempre fa molta gola a Cariplo, per un controvalore di 100 milioni di euro. A Hines e Prelios resta la parte di uffici e quella dell’edilizia a fini produttivi e economici ad alto valore aggiunto. Prelios a suo volta resta centrale nel progetto a guida Intesa di MilanoSesto. E Coima e Cariplo si muovono con attenzione su Porta Nuova, dove si trova il grattacielo sede di Unicredit, partecipata da Crt. Mentre Coima e Catella sono in prima fila in progetti come Pirelli 39 e la nuova skyline di Via Melchiorre Gioia.

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Il progetto MilanoSesto (dal sito Milanosesto).

Progetti complementari tra nord e sud della città

Del resto, la Milano verticale che cresce fa gola a tutti. I piani a guida Prelios-Hines di MilanoSesto per la riqualificazione dell’area delle acciaierie Falck sono destinati a essere complementari al grande progetto di Coima, il Villaggio Olimpico nell’ex Scalo di Porta Romana. Attorno a cui sorgeranno progetti legati agli studentati, all’housing sociale delle università pubbliche e ai nuovi alloggi della Bocconi, che a due passi dal futuro Villaggio Olimpico ha il suo nuovo campus.

C’è spazio per tutti, anche per Generali e Covivio

Insomma, dopo mesi di tensioni si è giunti all’idea che a Milano ci sia spazio per tutti. Anche per l’arrivo di nuovi attori. Oltre alle suddette due cordate, infatti, gli operatori seguono con interesse anche le mosse di Generali Real Estate e Covivio. La prima sta entrando in punta di piedi tra hotel e housing, forte del legame con un’azionista chiave come Mediobanca. Il secondo è il fondo legato all’eredità dell’impero di Leonardo Del Vecchio, che sembra giocare, per ora, all’ombra di Catella. Symbiosis, il distretto direzionale di Via Adamello vicino a Fondazione Prada, e le nuove torri del quartier generale di Snam sorgeranno con Covivio all’ombra del Villaggio Olimpico. Ma il gruppo Delfin, braccio finanziario della famiglia di Agordo, intende muoversi slegandosi dai grandi giochi finanziari. Il recente annuncio dell’imminente delisting da Piazza Affari di Covivio appare un ramoscello d’ulivo che lo svincola dalle grandi partite finanziarie e fa del real estate il business chiave del gruppo. E in un certo senso sembra favorire la distensione a cui tutti stanno lavorando. Quanto durerà lo scopriremo nei prossimi mesi.