Ciò che resta del clan al Baghdadi e dei fedelissimi dell’ex capo dell’Isis

Una moglie, una sorella, un figlio e altri parenti del sedicente Califfo morto il 26 ottobre sono finiti in manette. Tutti catturati in Turchia o al confine siriano. Il fratello Abu Amza invece è svanito nel nulla. Cosa sappiamo della famiglia del super-terrorista.

Dalla morte dell’ideologo e fondatore dell’Isis Abu Bakr al Baghdadi si susseguono le notizie di catture di suoi famigliari nella zona di confine tra la Siria e la Turchia.

Prima, nell’ordine temporale di cattura da quel che se ne sa, una moglie e un figlio. Poi una sorella, suo marito e la nuora con prole. Domani chissà. L’intelligence turca si è svegliata dopo la lunga e cruenta operazione del Pentagono che la notte del 26 ottobre ha distrutto un grande compound fortificato dove, almeno dal maggio scorso, risiedeva il leader dell’Isis con pochi intimi. A una ventina di chilometri dalla Turchia, in una zona di influenza turca, ricostruita dalla Turchia e amministrata da ribelli islamisti addestrati in Turchia. Di certo quel che affiora dagli arresti compiuti da Ankara – non confermati dagli alleati americani della Nato – è che dopo la disfatta al Baghdadi, come da informative dei curdo-siriani e degli 007 iracheni, poteva contare solo sulla più stretta parentela.

LE MOGLI CATTURATE

Troppi dell’inner circle hanno parlato. Lo avrebbe tradito anche una delle quattro mogli che si ritiene avesse preso in sposa al Baghdadi. Arrestata dall’intelligence irachena all’inizio del 2019, insieme a un corriere dell’Isis avrebbe rivelato informazioni preziose per la Cia sulla fuga di al Baghdadi verso l’Ovest della Siria. In quei mesi altri diversi suoi aiutanti di punta catturati sarebbero stati interrogati in Iraq, spifferando le abitudini del sedicente califfo. Dalla ricostruzione data in pasto all’opinione pubblica dal presidente turco Recep Tayyip Erdogan solo questo novembre, un’altra moglie del super-terrorista con una taglia di 25 milioni di dollari sulla testa sarebbe stata arrestata già il 2 giugno 2018 in territorio turco.

Asma Fawzi Muhammad al-Qubaysi, una delle presunte mogli di al Baghdadi arrestata dai turchi (Ansa).

Asma Fawzi al Qubaysi, prima moglie di al Baghdadi, sarebbe stata individuata alla frontiera nella provincia di Hatay, insieme con una figlia che si presentava come Leila Jabeer, mentre tentavano di sconfinare sotto false identità.

ALCUNI MEMBRI DEL CLAN SAREBBERO IN FUGA VERSO LA TURCHIA

Peccato che gli americani, a quanto pare, per un anno e mezzo non avessero avuto comunicazione di tutto questo. Il Dipartimento di Stato ha dichiarato di «non poter confermare nulla» di quanto affermato da Erdogan. Neanche la cattura, annunciata dalla Turchia sempre all’inizio di novembre, della sorella 65enne di al Baghdadi, Rasmiya Awad. Scovata in una roulotte con la famiglia e con i cinque nipoti, anche questa «miniera di informazioni» si riparava non lontano dal luogo di intercettazione della prima moglie: la provincia siriana confinante Azaz, che guarda Antiochia e Alessandretta. Il presidente turco rivendica arresti nel clan di al Baghdadi «quasi a doppia cifra», sfidando di fatto Donald Trump. Nel gruppo anche un figlio del sedicente califfo, dall’identità, è stato assicurato, «accertata dal Dna». Altri membri della cerchia ristretta tenterebbero invece di entrare in Turchia dal Nord-Ovest della Siria dove al Baghdadi aveva trovato fiancheggiatori.

Rasmiya Awad, ritenuta la sorella di al Baghdadi (Ansa).

I CORRIERI TRADITORI

Il sedicente califfo viveva asserragliato in un una ridotta con tunnel nel villaggio di Barisha, a sud-ovest di Azaz e del cantone curdo di Afrin riconquistato dai turchi nel 2018. Anche lui a un passo dal valico per la provincia di Hatay. L’intelligence di Ankara rivendica anche un ruolo nell’uccisione di al Baghdadi ben superiore all’appoggio logistico e allo spazio aereo messi a disposizione per le operazioni americane: Ismael al Ethawi, un altro corriere e aiutante di punta del capo dell’Isis fermato all’inizio di quest’anno, avrebbe contribuito al successo del blitz Usa. Sebbene dagli ufficiali di sicurezza americani sia filtrato che per identificare di al Baghdadi a Barisha è stato decisivo l’apparato di sicurezza curdo-siriano delle brigate Ypg nemiche di Erdogan. Un finto fedelissimo del leader dell’Isis, suo assistente agli spostamenti e con un fratello morto a causa dei terroristi, ha portato per vendetta ai curdi campioni di sangue e capi di biancheria. 

Al Baghdadi morte Isis Siria Trump
Il sito di Al Baghdadi in Siria distrutto dal blitz degli Usa.

IL FRATELLO CHE MANCA ANCORA ALL’APPELLO

Risparmiata nel blitz, la talpa è stata trasportata in un luogo sicuro a incassare la maxi ricompensa. Degli altri uccisi e dei sopravvissuti nell’operazione americana non si hanno nomi. Tra i famigliari di al Baghdadi morti insieme a lui potrebbero esserci due mogli, stando al resoconto di Trump. Ma il condizionale è d’obbligo. Perché la Difesa di Washington ha confermato genericamente l’uccisione di tre donne, lasciando vaga anche l’identità dei minori (11, sempre secondo il presidente Usa) tratti in salvo dalle unità speciali durante il blitz. Poche ore dopo, un aiutante saudita di al Baghdadi è stato ucciso in altre operazioni antiterrorismo Usa nel Nord della Siria, condotte contro i gruppi qaedisti più estremisti che davano protezione ai vertici dell’Isis. Nulla invece si sa ancora del destino di uno dei cinque fratelli di al Baghdadi, nome di battaglia Abu Hamza, a lui pare molto vicino. 

isis baghdadi ucciso
Il sedicente Califfo al Baghdadi morto il 26 ottobre scorso.

DUBBI SUL SUCCESSORE DI AL BAGHDADI

Buio fitto anche sul successore di al Baghdadi. Sempre il Dipartimento di Stato Usa ha confessato di non sapere «quasi niente» di Abu Ibrahim al Hashemi al Qurayshi, designato con un proclama ufficiale. Gli analisti dell’intelligence cercano di ricostruirne l’identità e i trascorsi: dietro il nome probabilmente di battaglia, per gli esperti potrebbe celarsi il super-ricercato (5 milioni di dollari di taglia) Hajji Abdullah al Afari il cui nome spicca in alcuni documenti interni dell’Isis. Un altro suo pseudonimo sarebbe il primo nome circolato come successore di al Baghdadi al Haj Abdullah Qardash, in un comunicato attribuito all’Isis ma diverso dai quelli diffusi dai canali ufficiali della rete jihadista. Cinquantenne, iracheno di origine turcomanne, al Afari sarebbe un ex maggiore dell’esercito di Saddam Hussein, radicalizzato nella prigione di Camp Bucca come al Baghdadi. Con lui avrebbe anche in comune gli studi islamici, ma un background militare parecchio più forte.

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Ciò che resta del clan al Baghdadi e dei fedelissimi dell’ex capo dell’Isis

Una moglie, una sorella, un figlio e altri parenti del sedicente Califfo morto il 26 ottobre sono finiti in manette. Tutti catturati in Turchia o al confine siriano. Il fratello Abu Amza invece è svanito nel nulla. Cosa sappiamo della famiglia del super-terrorista.

Dalla morte dell’ideologo e fondatore dell’Isis Abu Bakr al Baghdadi si susseguono le notizie di catture di suoi famigliari nella zona di confine tra la Siria e la Turchia.

Prima, nell’ordine temporale di cattura da quel che se ne sa, una moglie e un figlio. Poi una sorella, suo marito e la nuora con prole. Domani chissà. L’intelligence turca si è svegliata dopo la lunga e cruenta operazione del Pentagono che la notte del 26 ottobre ha distrutto un grande compound fortificato dove, almeno dal maggio scorso, risiedeva il leader dell’Isis con pochi intimi. A una ventina di chilometri dalla Turchia, in una zona di influenza turca, ricostruita dalla Turchia e amministrata da ribelli islamisti addestrati in Turchia. Di certo quel che affiora dagli arresti compiuti da Ankara – non confermati dagli alleati americani della Nato – è che dopo la disfatta al Baghdadi, come da informative dei curdo-siriani e degli 007 iracheni, poteva contare solo sulla più stretta parentela.

LE MOGLI CATTURATE

Troppi dell’inner circle hanno parlato. Lo avrebbe tradito anche una delle quattro mogli che si ritiene avesse preso in sposa al Baghdadi. Arrestata dall’intelligence irachena all’inizio del 2019, insieme a un corriere dell’Isis avrebbe rivelato informazioni preziose per la Cia sulla fuga di al Baghdadi verso l’Ovest della Siria. In quei mesi altri diversi suoi aiutanti di punta catturati sarebbero stati interrogati in Iraq, spifferando le abitudini del sedicente califfo. Dalla ricostruzione data in pasto all’opinione pubblica dal presidente turco Recep Tayyip Erdogan solo questo novembre, un’altra moglie del super-terrorista con una taglia di 25 milioni di dollari sulla testa sarebbe stata arrestata già il 2 giugno 2018 in territorio turco.

Asma Fawzi Muhammad al-Qubaysi, una delle presunte mogli di al Baghdadi arrestata dai turchi (Ansa).

Asma Fawzi al Qubaysi, prima moglie di al Baghdadi, sarebbe stata individuata alla frontiera nella provincia di Hatay, insieme con una figlia che si presentava come Leila Jabeer, mentre tentavano di sconfinare sotto false identità.

ALCUNI MEMBRI DEL CLAN SAREBBERO IN FUGA VERSO LA TURCHIA

Peccato che gli americani, a quanto pare, per un anno e mezzo non avessero avuto comunicazione di tutto questo. Il Dipartimento di Stato ha dichiarato di «non poter confermare nulla» di quanto affermato da Erdogan. Neanche la cattura, annunciata dalla Turchia sempre all’inizio di novembre, della sorella 65enne di al Baghdadi, Rasmiya Awad. Scovata in una roulotte con la famiglia e con i cinque nipoti, anche questa «miniera di informazioni» si riparava non lontano dal luogo di intercettazione della prima moglie: la provincia siriana confinante Azaz, che guarda Antiochia e Alessandretta. Il presidente turco rivendica arresti nel clan di al Baghdadi «quasi a doppia cifra», sfidando di fatto Donald Trump. Nel gruppo anche un figlio del sedicente califfo, dall’identità, è stato assicurato, «accertata dal Dna». Altri membri della cerchia ristretta tenterebbero invece di entrare in Turchia dal Nord-Ovest della Siria dove al Baghdadi aveva trovato fiancheggiatori.

Rasmiya Awad, ritenuta la sorella di al Baghdadi (Ansa).

I CORRIERI TRADITORI

Il sedicente califfo viveva asserragliato in un una ridotta con tunnel nel villaggio di Barisha, a sud-ovest di Azaz e del cantone curdo di Afrin riconquistato dai turchi nel 2018. Anche lui a un passo dal valico per la provincia di Hatay. L’intelligence di Ankara rivendica anche un ruolo nell’uccisione di al Baghdadi ben superiore all’appoggio logistico e allo spazio aereo messi a disposizione per le operazioni americane: Ismael al Ethawi, un altro corriere e aiutante di punta del capo dell’Isis fermato all’inizio di quest’anno, avrebbe contribuito al successo del blitz Usa. Sebbene dagli ufficiali di sicurezza americani sia filtrato che per identificare di al Baghdadi a Barisha è stato decisivo l’apparato di sicurezza curdo-siriano delle brigate Ypg nemiche di Erdogan. Un finto fedelissimo del leader dell’Isis, suo assistente agli spostamenti e con un fratello morto a causa dei terroristi, ha portato per vendetta ai curdi campioni di sangue e capi di biancheria. 

Al Baghdadi morte Isis Siria Trump
Il sito di Al Baghdadi in Siria distrutto dal blitz degli Usa.

IL FRATELLO CHE MANCA ANCORA ALL’APPELLO

Risparmiata nel blitz, la talpa è stata trasportata in un luogo sicuro a incassare la maxi ricompensa. Degli altri uccisi e dei sopravvissuti nell’operazione americana non si hanno nomi. Tra i famigliari di al Baghdadi morti insieme a lui potrebbero esserci due mogli, stando al resoconto di Trump. Ma il condizionale è d’obbligo. Perché la Difesa di Washington ha confermato genericamente l’uccisione di tre donne, lasciando vaga anche l’identità dei minori (11, sempre secondo il presidente Usa) tratti in salvo dalle unità speciali durante il blitz. Poche ore dopo, un aiutante saudita di al Baghdadi è stato ucciso in altre operazioni antiterrorismo Usa nel Nord della Siria, condotte contro i gruppi qaedisti più estremisti che davano protezione ai vertici dell’Isis. Nulla invece si sa ancora del destino di uno dei cinque fratelli di al Baghdadi, nome di battaglia Abu Hamza, a lui pare molto vicino. 

isis baghdadi ucciso
Il sedicente Califfo al Baghdadi morto il 26 ottobre scorso.

DUBBI SUL SUCCESSORE DI AL BAGHDADI

Buio fitto anche sul successore di al Baghdadi. Sempre il Dipartimento di Stato Usa ha confessato di non sapere «quasi niente» di Abu Ibrahim al Hashemi al Qurayshi, designato con un proclama ufficiale. Gli analisti dell’intelligence cercano di ricostruirne l’identità e i trascorsi: dietro il nome probabilmente di battaglia, per gli esperti potrebbe celarsi il super-ricercato (5 milioni di dollari di taglia) Hajji Abdullah al Afari il cui nome spicca in alcuni documenti interni dell’Isis. Un altro suo pseudonimo sarebbe il primo nome circolato come successore di al Baghdadi al Haj Abdullah Qardash, in un comunicato attribuito all’Isis ma diverso dai quelli diffusi dai canali ufficiali della rete jihadista. Cinquantenne, iracheno di origine turcomanne, al Afari sarebbe un ex maggiore dell’esercito di Saddam Hussein, radicalizzato nella prigione di Camp Bucca come al Baghdadi. Con lui avrebbe anche in comune gli studi islamici, ma un background militare parecchio più forte.

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Germania, la frattura tra Est e Ovest a 30 anni dal Muro

Berlino si è aperta. Rossa e solidale, attrae migliaia di alternativi. L’ex Ddr, però, è rimasta chiusa. E guarda all'ultradestra. Un bilancio per l’anniversario del 1989, oltre i festeggiamenti e la retorica.

Come per ogni grosso anniversario del 1989 le celebrazioni per la caduta del Muro popolano per più di una settimana Berlino. Installazioni e concerti davanti alla Porta di Brandeburgo, proiezioni in 3D ad Alexanderplatz, giochi di luce sulla Sprea e lungo i chilometri dei 28 anni di barriera, esposizioni e rievocazioni sulla Ddr disseminate in tutti i quartieri: il giubileo del 30ennale va in scena nella capitale dal 4 al 10 novembre 2019, alcune mostre si prolungano fino al 30ennale della riunificazione tedesca nel 2020. Viverlo dovrebbe essere un must per gli europei (anche dall’ex Germania Ovest) chiamati a comprendere la svolta («Wende») del 1989 che ha spostato a Est il cuore dell’Ue. Mentre per i tedeschi dell’ex Ddr la trasformazione dalla caduta del Muro è ancora una quotidianità. Incompiuta quanto combattuta, si scopre dalle testimonianze e dalle cronache dalle città delle Ddr che restano definite, nel bene e nel male, dall’eredità di un regime socialista.

LE LOTTE DELLA ROSSA BERLINO

A Berlino la rossa («povera ma sexy» agli occhi dell’ex sindaco storico post- Wende, Klaus Wowereit) resistono i valori anti-capitalisti e della solidarietà contro la spinta della gentrificazione e della speculazione. Il fenomeno è di aree centrali come Mitte o la multietnica Kreuzberg (l’ex settore Ovest del Checkpoint Charlie), piuttosto che delle estreme periferie, e contiene anche l’espandersi delle estreme destre. La metropoli che da 30 anni cambia visibilmente pelle vive male l’arrivo delle multinazionali e sfida i colossi privati immobiliari. «Google fuck off» è la scritta propagata a Kreuzberg alla notizia di un grande campus per start up della compagnia della Silicon Valley al posto di una vecchia centrale elettrica. Alla fine, diventata una Casa per l’impegno sociale con associazioni benefiche e piattaforme per raccogliere fondi per minori bisognosi. Scacciata dal popolo, alla fine del 2018 Google ha ridimensionato il progetto aprendo solo degli uffici in centro.

Berlino muro 30 anni Germania Est anniversario
Il murales del bacio tra Brezhnev e Honecker dell’artista russo Dmitri Vrubel, nell’East side gallery di Berlino, per le celebrazioni del 1989. GETTY.

ESPROPRIARE E NAZIONALIZZARE

Non lontano da Kreuzberg, sempre nell’ex settore Ovest, si è vinta la battaglia per sottrarre l’ex aeroporto di Tempelhof (quello del dirigibile Zeppelin e poi del ponte aereo americano) agli appetiti dei grandi costruttori. Grazie a un referendum del 2014, le piste sono conservate come parco pubblico e gli hangar, poco più di un anno dopo, hanno accolto una cospicua parte dell’ondata di profughi dai Balcani verso la capitale tedesca.

A Berlino il mercato del lavoro cresce del 13%, quasi doppio della media nazionale

Sarà più dura, ma da giugno 2019 un’altra petizione con oltre 77 mila firme (ne bastavano 20 mila) pende al Senato della città-Stato per ottenere con una consultazione popolare l’esproprio di centinaia di migliaia di appartamenti ai grandi fondi immobiliari. Poi per la loro nazionalizzazione in un’azienda comunale. Nel mirino dei residenti raccolti attorno a gruppi come Il referendum sugli affitti ed Espropriare Deutsche Wohnen c’è innanzitutto l’omonimo gigante privato intestatario di 112 mila abitazioni.

MENO AFFITTI, PIÙ LAVORO

Anche a Prenzlauer Berg delle ex comuni gentrificate si dimostra contro la bolla immobiliare che fa esplodere gli affitti raddoppiati in 10 anni. Per evitare un referendum bloccato dai ricorsi delle società immobiliari (entrambe le parti si appellano ad articoli della Costituzione, il 14 e il 15) l’Amministrazione tenta la strada del tetto ai canoni fino al 2025. Ma di per sé socialdemocratici (Spd), comunisti (Linke) e Verdi al governo a Berlino appoggiano la mobilitazione, in altri contesti rivoluzionaria. Si è sfilato a ottobre, sotto i preparativi per l’anniversario del 9 novembre 1989, allo slogan: «Prima un tetto, poi l’esproprio». Si manifesta regolarmente anche contro lo sgombero di locali alternativi da immobili occupati. Nella capitale a 30 anni dalla riunificazione il mercato del lavoro cresce il quasi doppio (13%, Prognos 2019) che della media nazionale (7%). Berlino è meno povera, ma per principio resta comunarda e anti-consumista.

Proiezioni delle proteste del 1989 sull’ex quartier generale della Stasi, a Berlino. GETTY.

L’EST RESTA CHIUSO E DIFFIDENTE

La metropoli tedesca diretta verso i 4 milioni di abitanti, libera dal Muro che spaccava l’Europa, è diventata un brillante modello di convivenza multietnica. Un’oasi di integrazione circondata da 12 milioni di ex cittadini dell’Est che – anche tra le nuove generazioni – spingono nella direzione opposta. La presa dei programmi autoritari delle estreme destre in Land come – si  è visto dalle Regionali del 2019 – la Turingia, la Sassonia e il Brandeburgo è il rovescio della medaglia del lascito del regime della Ddr all’interno del tessuto sociale.

Il numero di abitanti dell’ex Ddr resta ai livelli del 1905, complice lo spopolamento al crollo del regime

La chiusura verso l’esterno, in un territorio ancora pressoché estraneo all’immigrazione a differenza dell’Ovest, è il riflesso dal timore per gli stranieri dopo 40 anni di isolamento dall’Occidente. I tedeschi dei Land dell’Est – nonostante la costante, graduale crescita economica dal 1990 – restano i meno soddisfatti della qualità della vita e dei servizi, conferma anche l’Atlante del successo 2019 di Deutsche Post.

LA FRATTURA CON L’OCCIDENTE

Berlino attrae. Gli altri Land dell’Est no, e continuano a volgersi all’orbita dell’ex Urss da dove l’immigrazione non fa paura. Dai rilevamenti dell’Istituto di Ricerche Economiche di Dresda, dove il Comune ha dichiarato l’«emergenza nazismo», il numero di abitanti dell’ex Ddr resta ai livelli del 1905, complice lo spopolamento al crollo del regime. Gli attacchi di neonazi (omicidi e ferimenti politici, attentati, aggressioni agli stranieri) montano in tutta la Germania, ma nell’Est ancora di più. È mancato il decollo dal 1989 anche perché l’opinione pubblica risponde in maniera diversa dell’Ovest ai trend. Una delle cartine di tornasole è il fallito boom degli ambientalisti tra i 20enni – più richiamati dall’estrema destra di AfD. In controtendenza anche dalle ultime Amministrative a Berlino, dove migliaia di voti sono migrati ai Verdi dalla Linke e dalla Spd. Ma se la Berlino aperta e marxista guarda ancora a Rosa Luxemburg, l’altra ex Ddr preferisce la Russia sovranista di Vladimir Putin.

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L’autunno flop di Trump a un anno dalle elezioni 2020

L’emorragia di consensi tra le donne. L’impeachment. Il boomerang siriano e la batosta dell’Election Day. Il tycoon si circonda di uno staff di amazzoni per le prossime Presidenziali.

Ricostruirsi una verginità con le donne. Impossibile per Donald Trump, accusato di stupri e di molestie sessuali anche da una dozzina di americane, tra le quali figure dell’opinione pubblica. Ma proprio per ridurre il fossato scavato con l’elettorato femminile, l’inquilino della Casa Bianca fa il virtuoso con le quote rosa, attorniandosi di collaboratrici per la corsa delle Presidenziali del 2020. La metà dei 26 membri senior del nuovo staff della campagna, ha ricostruito Politico, sono donne: un bel salto dalle tre (inclusa la figlia-advisor Ivanka) nel team del 2016. E un passo obbligato: nelle settimane alla vigilia dell’Election Day del 5 novembre, il test elettorale delle Amministrative non esaltante per i repubblicani, un sondaggio di Fox News ha indicato il presidente Usa, incalzato dallimpeachment, sgradito anche al 65% delle donne della grande provincia americana.

Presidenziali Usa Election Day
Le donne americane contro la ricoferma di Trump alle Presidenziali 2020 (Foto: GettyImages).

LO STAFF DI MADRI TRUMPIANE

Un’altra indagine del Public Religion Research Institute ha mostrato un aumento di 11 punti, da settembre, al sostegno all’impeachment delle elettrici bianche con un background di scarsa istruzione: il target che nel 2016 invece, tra le donne, appoggiò Trump. Lo staff in rosa del presidente è costruito a tavolino per cercare di risalire questa china: «Donne in ogni età della loro vita», ha sottolineato la portavoce nazionale della campagna Kayleigh McEnany, giovane scrittrice di fede repubblicana. Meglio ancora se, come lei, incinte in questi mesi o già madri di parecchi figli. Di quattro pargoli la senior adviser Mercy Schlapp, ex funzionaria della Casa Bianca. Di tre la nuora Lara Trump, produttrice televisiva, presente naturalmente all’appello. La squadra di amazzoni conservatrici gira gli States, a manifestazioni come la recente “Women for Trump” in Minnesota. Con l’obiettivo di sfatare la fama da campione di misoginia del presidente-tycoon.

Nell’elettorato femminile si concentra l’emorragia di consensi di Trump

FONDI ROSA E 5 MILA VOLONTARIE

La macchina della propaganda ha un seguito di 4.600 nuove volontarie, iscritte nei 16 Stati per reclutare elettrici repubblicane. Un’altra leva per portare le americane al fianco del Gop sono i dati sui finanziamenti. Per la campagna del 2020 Trump cerca donatrici: nel 2016 le donne rappresentavano un quarto dei suoi contribuenti, nel 2019 sfiorano già la metà della torta. Il presidente americano riparte da loro, perché nell’elettorato femminile si concentra la sua emorragia di consensi, affatto semplice da ripianare. Sempre nei sondaggi di Fox News, quest’autunno Trump è precipitato sette punti sotto l’ex vicepresidente Joe Biden, favorito nelle primarie dei dem. Eppure certo non un volto nuovo, men che meno un campione di appeal. Il 56% degli americani si dice contro l’operato della Casa Bianca, a causa soprattutto dal drastico ritiro militare dalla Siria.

Presidenziali Usa Election Day
Americani pro impeachement, in vista delle Presidenziali Usa (Foto: GettyImages).

IL BOOMERANG DEL RITIRO DALLA SIRIA

Chi l’avrebbe detto. Trump ha accelerato il rientro di parte delle unità in Medio Oriente, come captatio benevolentiae elettorale. Invece la mossa è stata vista come un ingiusto tradimento degli alleati curdi. In una rilevazione della rete Cbs, solo il 24% degli interpellati ha approvato il disimpegno. Il 34% è contrario, il 41% si è dichiarato non informato a sufficienza. Probabilmente tra gli indecisi, l’altro grande vivaio di proseliti, per il tycoon sarà più facile attecchire che con le donne.

LA BATOSTA DELLE ELEZIONI AMMINISTRATIVE

Mala tempora currunt, per Trump, anche nello scrutinio dell’Election Day: il voto per rinnovare le Assemblee legislative e i governatori di alcuni Stati. Dopo 26 anni la Virginia è andata ai democratici, anche nel Kentucky tradizionalmente dei repubblicani il candidato Matt Bevin contesta il risultato dell’avversario dem Andy Beshear, che gli ha strappato la vittoria per un pugno di 5 mila voti.

L’unica conferma a Trump è arrivata dal Mississippi roccaforte dello zoccolo duro del Grand old party (Gop) più conservatorista e razzista

Il trend dell’America antitrumpiana, non più a trazione anglosassone, traspare anche dalla conquista di un seggio, in Virginia, della democratica Ghazala Hashmi, prima musulmana eletta al Senato. E, in Arizona, di Regina Romero prima donna sindaco e primo sindaco latinos di Tucson, fiera avversaria delle corporation. L’unica conferma a Trump arrivata dal Mississippi, roccaforte dello zoccolo duro del Grand old party (Gop) più conservatorista e razzista, non è un dato incoraggiante.

MOLLATO ANCHE DA MURDOCH SULL’IMPEACHMENT?

Nuovi colpi durante la sua corsa arriveranno dalla procedura aperta di impeachment, per il quale il 51% degli americani sarebbe ormai a favore (dal 42% di luglio 2019). Mai dire mai con il tycoon, come dimostra anche l’ingranaggio azionato delle “Women for Trump”. Ma ormai anche la Fox News di Rupert Murdoch, uno dei suoi maggiori sostenitori, fa infuriare Trump per i sondaggi da perdente.

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