Cosa dice il rapporto della Banca d’Italia sulla stabilità finanziaria

Il calo dello spread Btp-Bund ha leggermente attenuato i rischi per il nostro Paese. Ma l'elevato debito pubblico rimane una vulnerabilità fondamentale.

Il calo dello spread Btp-Bund e del rendimento dei titoli di Stato italiani ha «leggermente attenuato» i rischi per la stabilità finanziaria del nostro Paese. Anche se i rialzi dei premi registrati in agosto e in novembre «indicano che la fiducia degli investitori è ancora fragile».

Parola della Banca d’Italia, che nell’ultimo report dedicato alla questione sottolinea comunque come «il deterioramento del quadro macroeconomico e l’elevato debito pubblico continuano a rappresentare elementi di forte vulnerabilità ed espongono l’intera economia ai rischi connessi con un riacutizzarsi delle tensioni sui mercati».

Gli obiettivi del governo per i prossimi anni, inoltre, poggiano ancora in misura rilevante sul gettito derivante dalle clausole di salvaguardia, «la cui attivazione è stata sempre rinviata negli ultimi anni». Di qui il consiglio: «Dissipare tempestivamente l’incertezza connessa con il possibile venir meno di quelle entrate rafforzerebbe la fiducia dei mercati sulla credibilità del riequilibrio di bilancio nel medio periodo e contribuirebbe a consolidare il calo del premio per il rischio sovrano».

A livello globale, la forte riduzione dei tassi di interesse da una parte «aumenta la sostenibilità dei debiti e contribuisce a contenere la crescita dei rischi macroeconomici»; dall’altra, tuttavia, «può indurre gli investitori a ricercare maggiori rendimenti in attività rischiose e incentivare l’accumulazione di livelli eccessivi di debito». Una fase prolungata di tassi bassi «può comprimere la redditività delle banche e delle compagnie di assicurazione».

Così il rapporto sulla stabilità finanziaria della Banca d’Italia. “Il livello elevato del debito pubblico continua a rappresentare un fattore rilevante di vulnerabilità dell’Italia e ne accentua l’esposizione a un riaccendersi di tensioni sui mercati finanziari”

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Economia su richiesta: come cambia il business nell’era digitale

Dati, customer experience e social sono sempre più cruciali. Per questo è necessario affrontare i cambiamenti del mercato digitale, studiando e anticipando le scelte dei consumatori per essere così pronti ad affrontare il futuro.

Veloce, personalizzata e tecnologica. Queste le tre caratteristiche principali della dell’Economy on-demand che in pochissimi anni ha radicalmente cambiato il modo di pensare, fare e vivere il business. Dalle catene di approvvigionamento alle normative, dalla concorrenza agli investimenti, l’economia su richiesta ha alterato, e continua a farlo inesorabilmente, le abitudini dei consumatori. Per le imprese tradizionali è dunque diventato sempre più difficile rispondere alle mutevoli aspettative dei suoi fruitori, mettendo in crisi modelli consolidati di business e marketing.

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È STATA SCARDINATA LA CORRELAZIONE DOMANDA-OFFERTA

Scardinando la classica correlazione tra domanda e offerta, l’economia on-demand prevede la fruizione di un prodotto o di un servizio a partire dalla richiesta del consumatore, a cui deve seguire un servizio quasi immediato, on-demand appunto. Da non confondere con gig economy, sharing economy e crowdsourcing, l’economia su richiesta rappresenta un termine generico che include tutte queste diverse categorie e che necessita di essere compresa attraverso costanti processi di innovazione che soddisfino e anticipino i desideri del consumatore.

L’ON-DEMAND MARKETING

Dalla creazione di una nuova classe di imprenditori e lavoratori, all’istituzione dell’on-demand marketing, l’economia su richiesta ha portato una profonda ventata di novità. In particolare, a causa del grande aumento del potere dei consumatori indotto dall’era digitale, il marketing ha dovuto iniziare ad affrontare sfide sempre più impegnative. Ad alimentare il marketing su richiesta è la continua e simbiotica evoluzione della tecnologia e delle aspettative dei consumatori. Dunque, per comprendere al meglio come indirizzare il proprio business è necessario giocare di anticipo. Attraverso la raccolta e lo studio di dati è possibile identificare i gusti e le necessità dei consumatori, creando così un’interconnessione profonda tra le tecnologie di ricerca, i social media e dispositivi mobili.

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CENTRALE IL MONITORAGGIO SUI SOCIAL

Nonostante tutto questo stia iniziando ad apparire come semplice routine e venga dato per scontato dalla maggior parte dei suoi fruitori, ragionare sulle esigenze del cliente e ottimizzare il posizionamento della ricerca da questo effettuata è diventata una delle maggiori spese mediatiche dei marketer. Le aziende hanno incrementato le loro attività di pubblicazione e monitoraggio sui canali social, sperando di creare esperienze mediatiche positive che i clienti vorranno condividere con il proprio pubblico. Si tratta, quindi, di un circolo virtuoso che si autoalimenta e che necessita di nuovi strumenti, idee e figure professionali per essere analizzato e indirizzato strategicamente. 

COME CAMBIA L’ESPERIENZA DEI CONSUMATORI

L’esperienza del consumatore cambierà radicalmente nei prossimi anni, stanziandosi in una strada a metà tra il mondo fisico e virtuale e le tecnologie per far sì che questo avvenga sono già disponibili. È dunque necessario attuare piani strategici per collezionare dati, esperienze e anticipare, così, le aspettative e i bisogni del cliente. Quel che è certo è che consumatori e clienti chiederanno sempre più prodotti e servizi che siano nuovi, facili da usare e personalizzabili e che, soprattutto, permettano di interagire con altri individui ovunque e in qualsiasi momento. 

IL FUTURO VA CAVALCATO

In conclusione, è importante richiamare l’attenzione sui processi di mercato che stiamo sperimentando e vivendo sulla nostra pelle senza spesso rendercene conto. Infatti, nonostante questi processi sembrino aver raggiunto un elevato livello di tecnologia e operabilità, siamo solo agli inizi. Spingere le esperienze di marketing oltre il limite è necessario per ottenere risultati gratificanti ed essere competitivi sul crescente mercato digitale. Per fare ciò, è necessario oltrepassare la linea di demarcazione della comfort zone, allineando tutto il team esecutivo coinvolto dall’azienda intorno a una esplicita strategia di dati end-to-end. Il mercato globale, caratterizzato da un elevato livello di connettività mobile, non perdona momenti di stasi. I linguaggi e i format sono in continuo mutamento e le dinamiche progettazioni di spazi online sono in grado di creare nuovi competitor e annientarne di vecchi. I consumatori potranno essere presto in grado di cercare in Rete attraverso comandi vocali e gestuali; partecipare a eventi con altre persone scattando semplicemente una foto e scoprire nuove opportunità con dispositivi che aumentano la realtà nel loro campo visivo. Questo è il futuro e per cavalcarlo è necessario essere pronti a spingersi oltre i limiti e, soprattutto, pensarne e anticiparne strategicamente di nuovi. 

*Professore di Strategie di Comunicazione, Luiss, Roma

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A Verona è iniziata la nona edizione del Festival della Dottrina Sociale della Chiesa

L'evento 2019 si terrà dal 21 al 24 novembre. Al centro il tema della presenza dei cristiani nella vita sociale e politica anche per rilanciare la dottrina sociale della chiesa.

Il 21 novembre è iniziata la nona edizione del Festival della Dottrina sociale della Chiesa a Verona che si protrarrà fino al 24. L’importanza e i contenuti di quest’anno sono stati ripercorsi dallo stesso papa Francesco in un videomessaggio dalla Thailandia dove si trova in visita per un viaggio pastorale. «C’è bisogno di tutti per ricostruire il tessuto sociale. Ognuno deve fare ciò che sa fare», ha detto il pontefice, «Il cambiamento duraturo», ha proseguito il Pontefice, «parte sempre dal basso. Non abbiamo bisogno di uomini forti ma, uniti nell’impegno, tutti costruttori di fraternità e tutti importanti: operai, imprenditori, professionisti, cittadini, umili e dotti. Non bisogna imbrigliare la libertà di fare il bene. Essere presenti è fisicità concreta, combatte l’isolamento e l’esclusione. È lievito, forza di un popolo e pasta per l’umanità».

IL RITORNO DELLA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA

Monsignor Adriano Vincenzi, coordinatore del Festival, assistente nazionale di Confcooperative e delle Banche di credito cooperativo oltre che dell’Unione cristiana imprenditori e dirigenti, ha scritto che oggi «c’è bisogno oggi della Dottrina Sociale, della sua attualizzazione, della sua declinazione, perché non possiamo più governare uno sviluppo economico senza etica. Fino a ora abbiamo fatto tante cose per poi dire che abbiamo sbagliato. Abbiamo affermato la cultura dello scarto, non abbiamo rispettato l’ambiente, abbiamo invaso di plastica il pianeta. Non erano soluzioni, erano danni per la collettività. La dimensione etica dovrà essere sempre di più parte integrante nella valutazione delle scelte».

I TEMI AL CENTRO DEL FESTIVAL 2019

Monsignor Vincenzi ha spiegato anche che «la presenza sarà il filo conduttore della nona edizione del Festival. Si parla tanto di presenza dei cristiani oggi, ma poi nei fatti non si è presenti da nessuna parte. Se vogliamo affrontare temi importanti come la difesa dell’ambiente, il futuro dell’Ilva, l’immigrazione ecc. dobbiamo innanzitutto capire chi è che sta dentro a tutte queste cose. La presenza diventa una dimensione indispensabile, e in questo senso è necessario che si cominci a mettere la faccia nelle decisioni che si prendono. Coi tweet non si risolvono le questioni. Dobbiamo ripensare anche il sistema della comunicazione».

I PARTECIPANTI AGLI EVENTI

«A Verona», ha scritto in una nota Barbara Blasevich, vicepresidente di Cattolica Assicurazioni, «ci saranno esponenti del mondo del lavoro, del sindacato, dell’impresa, della politica, delle istituzioni, della scuola, dei giovani, del volontariato e anche associazioni famigliari. Nomi prestigiosi dal sottosegretario all’Economia e Finanze, Pier Paolo Baretta al segretario confederale Cisl Giorgio Graziani, da docenti universitari come Rocco Pezzimenti della Lumsa, a Stanislaw Skobel, dell’Università di Varsavia, fino all’assessore alla Sanità della Regione Veneto Stefano Bertacco e al governatore della Regione Friuli Venezia Giulia Massimiliano Fedriga.

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Christine Lagarde promette una Bce in continuità con le scelte di Draghi

Il nuovo capo dell'Eurotower conferma il supporto dell'istituto all'economia, ma avverte: «L'Europa va ripensata».

Per Christine Lagarde l’attuale scenario di incertezza globale potrebbe portare a svolte positive. La nuova presidente della Bce è intervenuta nel corso di un evento a Fancoforte, e ha parlato della situazione attuale e di come l’Europa può reagire: «Siamo di fronte a un ambiente globale caratterizzato da incertezza», ha spiegato, «ma credo che, se affrontiamo questa sfida nel modo giusto, può anche essere un momento di opportunità». Per l’ex capo del Fmi l’unico modo di superare questo momento delicato è quello di «pensare diversamente l’Europa». «Non sarà facile. Ma come disse una volta San Francesco d’Assisi, ‘Inizia facendo ciò che è necessario; quindi fai ciò che è possibile; e all’improvviso stai facendo l’impossibile».

POLITICA FISCALE COME FATTORE CHIAVE PER L’EUROZONA

«La politica monetaria», ha continuato Lagarde, «potrebbe raggiungere il suo obiettivo più rapidamente e con meno effetti collaterali se altre politiche sostenessero la crescita al suo fianco». Il capo dell’Eurotower ha anche aggiunto che un «elemento chiave è la politica fiscale dell’area dell’euro» e che «gli investimenti sono una parte particolarmente importante della risposta alle sfide odierne».

«LA BCE CONTINUERÀ A SOSTENERE L’ECONOMIA»

Per quanto riguarda le prossime mosse della Bce l’idea è quella di continuare nel segno di Mario Draghi. «La politica monetaria continuerà a sostenere l’economia e rispondere ai rischi futuri in linea con il nostro mandato di stabilità dei prezzi. E monitoreremo costantemente gli effetti collaterali delle nostre politiche», ha spiegato Lagarde ricordando che la «politica accomodante della Bce è stata un fattore chiave della domanda interna durante la ripresa e tale orientamento rimane in vigore».

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All’attacco del “mito” Marchionne

La causa di General Motors contro Fca, le critiche di Automotive news, le frecciate di ex collaboratori e manager del settore. Sull'ex ad italo-canadese è cominciato un revisionismo di cui beneficerà il Ceo Psa Tavares. E a pagare saranno gli stabilimenti Fiat nel nostro Paese.

A Detroit, da tempo, se l’aspettavano. La vendetta di Mary Barra nei confronti (dell’immagine, reputazione e celebrità) di Sergio Marchionne. Lo hanno confermato diversi giornalisti dell’auto americani questa settimana al Los Angeles Convention Center che ospita un deludente salone dell’auto.

Gli stessi che confessano di avere più volte sentito uscire dalla bocca del defunto amministratore delegato di Fiat Chrysler commenti pesanti sulla ceo di General Motors. Ovviamente, con successiva preghiera di non pubblicare quelle esternazioni.

Va da sé che quelle affermazioni giungevano rapidamente alle orecchie del potente capo della comunicazione di Gm, Tony Cervone, e, quindi, di Mary Barra. La quale, dal canto suo, sta attraversando un momento decisamente non facile.

ACCUSE FEROCI DI GENERAL MOTORS NEI CONFRONTI DI MARCHIONNE

Persona non grata alla Casa Bianca, in seguito alla decisione di chiudere stabilimenti negli Stati Uniti perché impropri al passaggio all’elettrico e all’ibrido e senza sostanzialmente ridurre le attività produttive in Messico e Canada e avendo sfidato il sindacato che ha reagito con 40 giorni di sciopero costati al costruttore di Detroit circa 4 miliardi dollari, Barra è un po’ sotto assedio.

Marchionne è stato responsabile dell’ideazione, esecuzione e sostegno di una attività fraudolenta

Craig Glidden, il responsabile legale di Gm

Sicché l’annuncio di General Motors di fare causa a Fca, accusandola di aver corrotto membri del sindacato Uaw (United Auto Workers), non ha colto di sorpresa rappresentando un eccellente strumento di distrazione di massa. Una legittima domanda è: l’attacco frontale e durissimo nei confronti del defunto ad di Fiat Chrysler è solo frutto della esasperazione di Mary Barra o il capo del servizio legale Craig Glidden ci ha messo del suo?

Mary Barra, ceo di General Motors (foto di Bill Pugliano/Getty Images).

Parlando con i giornalisti, Glidden non solo ha detto che «il signor Marchionne è stato una figura centrale nel complotto», ma, sferrando un uppercut degno di George E. Foreman, ha sentenziato quasi sillabando le parole: «Marchionne è stato responsabile dell’ideazione, esecuzione e sostegno di una attività fraudolenta». Con buona pace dei ripetuti richiami all’etica, morale, principi dei quali sono disseminati i discorsi pubblici di Marchionne con tanto di citazioni saccheggiate, che aveva a suo tempo fatto notare malignamente qualcuno, dalle numerose raccolte di frasi celebri.

L’EX FCA IACOBELLI GIÀ IN GALERPER CORRUZIONE

Nell’avviare la causa, Gm ha naturalmente chiamato in causa chi è già stato condannato. Tra questi, spicca l’ex capo delle relazioni sindacali di Fiat Chrysler, Alphons (Al) Iacobelli, che sta scontando una pena di cinque anni e mezzo in una prigione federale. Finora è passata la tesi che Iacobelli abbia agito in proprio e all’insaputa di Marchionne, un ceo celebre per lasciare zero spazio di manovra ai suoi sottoposti. Tra l’altro, nella causa presentata alla corte distrettuale a Detroit, Gm sostiene che sono state pagate tangenti per corrompere le trattative fra il Uaw e le case automobilistiche statunitensi tra il 2009 e il 2015.

Iacobelli, “dimesso” all’improvviso da Fca, dopo qualche mese fu arruolato da Gm per occuparsi sempre di relazioni con il sindacato

Ad aggiungere una nota di bizzarra, c’è il fatto che Iacobelli, “dimesso” all’improvviso da Fca, dopo qualche mese fu arruolato da Gm per occuparsi sempre di relazioni con il sindacato. Sarà interessante seguire come si comporterà Iacobelli alla luce delle sferzanti accuse di Gm contro Marchionne. Così come è interessante osservare la progressiva e rapida crescita delle voci che fortemente ridimensionano il fenomeno Marchionne.

L’ELENCO DEI “PASTICCI” DI MARCHIONNE DI AUTOMOTIVE NEWS

L’autorevole settimanale di Detroit Automotive News, in un recente editoriale, ha elencato alcuni dei pasticci (messes) lasciati da Marchionne: le violazioni delle emissioni già sanzionate dall’Agenzia per la Protezione Ambientale e ancora oggetto di attenzione da parte del ministero di Giustizia. Lo stesso che continua a seguire la vicenda delle vendite di auto “gonfiate” ad arte e denunciate da alcuni concessionari. Concessionari che sono esasperati perché forzati di acquistare veicoli a fronte di un mercato americano dell’auto non certamente florido.

I motori di Fca inquinano e il costruttore anglo-olandese ha dovuto acquistare da Tesla per 1,8 miliardi di euro crediti di inquinamento, al fine di evitare multe. Senza dimenticare la brutta storia di corruzione che vede protagonisti alti dirigenti e sindacalisti. Nei giorni scorsi, lo Stato della California ha annunciato che veicoli di Fca, Gm e Toyota non saranno più acquistati dagli enti pubblici dell’importante stato americano. Si tenga presente che tra il 2016 e il 2018, le flotte pubbliche californiane hanno acquistato veicoli per un valore di oltre 58 milioni di dollari. Motivo della decisione, Fca ha deciso di appoggiare la politica di Donald Trump al quale notoriamente non interessa la difesa dell’ambiente.

LA FAMA DI DIVORATORE DI MANAGER DELL’EX AD FCA

Recentemente, il sociologo Enrico Finzi, fondatore e responsabile di Sòno Human Tuning, ha così nominato Marchionne: «Lo ricordo così: umanamente sgradevole, talora sadico, sempre feroce, durissimo (e perciò ammirato dai corifei del potere), certo più capace della gran parte dei manager nostrani. Preso dal complesso di Crono, costrinse ad andarsene Luca de Meo, il suo giovane manager più brillante, prima adorato e poi ostacolato solo perché divenne geloso della crescita di notorietà dell’ex-pupillo. Così divorò altri ‘suoi‘ dirigenti, sottoponendo tutti gli altri a un super-sfruttamento feudale, di chi voleva affermarsi ogni ora del giorno e della notte come il Re Sole».

Peugeot ha comprato Fiat-Chrysler perché interessata al mercato americano. Comanderanno i francesi e gli unici a guadagnarci sono gli azionisti

L’ex top manager del gruppo Fiat, Riccardo Ruggeri, ha così liquidato la trattativa Fca-Psa: «Ma quale matrimonio con Psa? Gli Agnelli hanno venduto Fca. Smettiamola di raccontare balle. Peugeot ha comprato Fiat-Chrysler perché interessata al mercato americano. Comanderanno i francesi e gli unici a guadagnarci sono gli azionisti». E sempre a proposito della vicenda Fca-Psa, nessuno osa rispondere al seguente interrogativo: quando ci sarà da decidere la sorte, la chiusura degli stabilimenti in Italia (Pomigliano d’Arco, Termini Imerese, Melfi e chi più ne ha, più ne metta), secondo voi prevarrà la volontà e la decisione dei sei consiglieri (su 11) della corporation francese, oppure prevarrà la tesi di una società che ormai è olandese, londinese e americana?

CON LA FUSIONE FCA-PSA STABILIMENTI ITALIANI A RISCHIO

Chi può trarre beneficio da questa ondata anti-Marchionne è certamente Carlos Tavares, capo di Psa, per almeno due motivi: più si infrange l’immagine di Marchionne e meno si ricorre al paragone tra i due; un esercizio che, dicono in Psa, irrita fortemente il manager portoghese. In secondo luogo, l’attacco di Gm dovrebbe continuare a tenere sulla graticola il titolo azionario Fcau. Minore la capitalizzazione, minore il premio che dovrebbero incassare gli azionisti di Fca, in primis Exor e i 200 e passa membri del clan Agnelli, Elkann, Nasi, Camerana, ecc.

Operai Fiat davanti allo stabilimento di Pomigliano (foto di MARIO LAPORTA/AFP via Getty Images).

Chissà, forse l’articolo a firma Emmanuel Botta sul numero di questa settimana del settimanale francese L’Express sotto il titolo Fiat Chrysler: le magicien John Elkann rischia di essere uno degli ultimi pezzi che il cosiddetto “giovane” presidente di Fca e Exor può collezionare. Più la trattativa finalizzata all’acquisto di Fca (meno la piccola e tecnologicamente modesta Comau) andrà avanti e più emergeranno i problemi dell’ex casa automobilistica italiana.

Carlos Tavares si è impegnato a non toccare i marchi e i siti italiani le cui fabbriche utilizzano solo il 50% delle loro capacità. Dove troveranno i promessi risparmi per 3,7 miliardi di euro?

La già stagionata gamma di prodotti continuerà a invecchiare accentuando l’allentamento di clienti dalle concessionarie e la necessità di aumentare gli incentivi svilendo ulteriormente l’immagine e il valore dei marchi. Chrysler docet. Stando alle dichiarazioni ufficiali, Tavares avrà a disposizione 22 piattaforme, 14 marchi Fca e 54 fabbriche. Psa ha “ripulito” le sue strutture industriali. Carlos Tavares si è impegnato a non toccare i marchi e i siti italiani le cui fabbriche utilizzano solo il 50% delle loro capacità. Dove troveranno i promessi risparmi per 3,7 miliardi di euro? Quanti colletti bianchi Fca dovranno saltare?

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All’attacco del “mito” Marchionne

La causa di General Motors contro Fca, le critiche di Automotive news, le frecciate di ex collaboratori e manager del settore. Sull'ex ad italo-canadese è cominciato un revisionismo di cui beneficerà il Ceo Psa Tavares. E a pagare saranno gli stabilimenti Fiat nel nostro Paese.

A Detroit, da tempo, se l’aspettavano. La vendetta di Mary Barra nei confronti (dell’immagine, reputazione e celebrità) di Sergio Marchionne. Lo hanno confermato diversi giornalisti dell’auto americani questa settimana al Los Angeles Convention Center che ospita un deludente salone dell’auto.

Gli stessi che confessano di avere più volte sentito uscire dalla bocca del defunto amministratore delegato di Fiat Chrysler commenti pesanti sulla ceo di General Motors. Ovviamente, con successiva preghiera di non pubblicare quelle esternazioni.

Va da sé che quelle affermazioni giungevano rapidamente alle orecchie del potente capo della comunicazione di Gm, Tony Cervone, e, quindi, di Mary Barra. La quale, dal canto suo, sta attraversando un momento decisamente non facile.

ACCUSE FEROCI DI GENERAL MOTORS NEI CONFRONTI DI MARCHIONNE

Persona non grata alla Casa Bianca, in seguito alla decisione di chiudere stabilimenti negli Stati Uniti perché impropri al passaggio all’elettrico e all’ibrido e senza sostanzialmente ridurre le attività produttive in Messico e Canada e avendo sfidato il sindacato che ha reagito con 40 giorni di sciopero costati al costruttore di Detroit circa 4 miliardi dollari, Barra è un po’ sotto assedio.

Marchionne è stato responsabile dell’ideazione, esecuzione e sostegno di una attività fraudolenta

Craig Glidden, il responsabile legale di Gm

Sicché l’annuncio di General Motors di fare causa a Fca, accusandola di aver corrotto membri del sindacato Uaw (United Auto Workers), non ha colto di sorpresa rappresentando un eccellente strumento di distrazione di massa. Una legittima domanda è: l’attacco frontale e durissimo nei confronti del defunto ad di Fiat Chrysler è solo frutto della esasperazione di Mary Barra o il capo del servizio legale Craig Glidden ci ha messo del suo?

Mary Barra, ceo di General Motors (foto di Bill Pugliano/Getty Images).

Parlando con i giornalisti, Glidden non solo ha detto che «il signor Marchionne è stato una figura centrale nel complotto», ma, sferrando un uppercut degno di George E. Foreman, ha sentenziato quasi sillabando le parole: «Marchionne è stato responsabile dell’ideazione, esecuzione e sostegno di una attività fraudolenta». Con buona pace dei ripetuti richiami all’etica, morale, principi dei quali sono disseminati i discorsi pubblici di Marchionne con tanto di citazioni saccheggiate, che aveva a suo tempo fatto notare malignamente qualcuno, dalle numerose raccolte di frasi celebri.

L’EX FCA IACOBELLI GIÀ IN GALERPER CORRUZIONE

Nell’avviare la causa, Gm ha naturalmente chiamato in causa chi è già stato condannato. Tra questi, spicca l’ex capo delle relazioni sindacali di Fiat Chrysler, Alphons (Al) Iacobelli, che sta scontando una pena di cinque anni e mezzo in una prigione federale. Finora è passata la tesi che Iacobelli abbia agito in proprio e all’insaputa di Marchionne, un ceo celebre per lasciare zero spazio di manovra ai suoi sottoposti. Tra l’altro, nella causa presentata alla corte distrettuale a Detroit, Gm sostiene che sono state pagate tangenti per corrompere le trattative fra il Uaw e le case automobilistiche statunitensi tra il 2009 e il 2015.

Iacobelli, “dimesso” all’improvviso da Fca, dopo qualche mese fu arruolato da Gm per occuparsi sempre di relazioni con il sindacato

Ad aggiungere una nota di bizzarra, c’è il fatto che Iacobelli, “dimesso” all’improvviso da Fca, dopo qualche mese fu arruolato da Gm per occuparsi sempre di relazioni con il sindacato. Sarà interessante seguire come si comporterà Iacobelli alla luce delle sferzanti accuse di Gm contro Marchionne. Così come è interessante osservare la progressiva e rapida crescita delle voci che fortemente ridimensionano il fenomeno Marchionne.

L’ELENCO DEI “PASTICCI” DI MARCHIONNE DI AUTOMOTIVE NEWS

L’autorevole settimanale di Detroit Automotive News, in un recente editoriale, ha elencato alcuni dei pasticci (messes) lasciati da Marchionne: le violazioni delle emissioni già sanzionate dall’Agenzia per la Protezione Ambientale e ancora oggetto di attenzione da parte del ministero di Giustizia. Lo stesso che continua a seguire la vicenda delle vendite di auto “gonfiate” ad arte e denunciate da alcuni concessionari. Concessionari che sono esasperati perché forzati di acquistare veicoli a fronte di un mercato americano dell’auto non certamente florido.

I motori di Fca inquinano e il costruttore anglo-olandese ha dovuto acquistare da Tesla per 1,8 miliardi di euro crediti di inquinamento, al fine di evitare multe. Senza dimenticare la brutta storia di corruzione che vede protagonisti alti dirigenti e sindacalisti. Nei giorni scorsi, lo Stato della California ha annunciato che veicoli di Fca, Gm e Toyota non saranno più acquistati dagli enti pubblici dell’importante stato americano. Si tenga presente che tra il 2016 e il 2018, le flotte pubbliche californiane hanno acquistato veicoli per un valore di oltre 58 milioni di dollari. Motivo della decisione, Fca ha deciso di appoggiare la politica di Donald Trump al quale notoriamente non interessa la difesa dell’ambiente.

LA FAMA DI DIVORATORE DI MANAGER DELL’EX AD FCA

Recentemente, il sociologo Enrico Finzi, fondatore e responsabile di Sòno Human Tuning, ha così nominato Marchionne: «Lo ricordo così: umanamente sgradevole, talora sadico, sempre feroce, durissimo (e perciò ammirato dai corifei del potere), certo più capace della gran parte dei manager nostrani. Preso dal complesso di Crono, costrinse ad andarsene Luca de Meo, il suo giovane manager più brillante, prima adorato e poi ostacolato solo perché divenne geloso della crescita di notorietà dell’ex-pupillo. Così divorò altri ‘suoi‘ dirigenti, sottoponendo tutti gli altri a un super-sfruttamento feudale, di chi voleva affermarsi ogni ora del giorno e della notte come il Re Sole».

Peugeot ha comprato Fiat-Chrysler perché interessata al mercato americano. Comanderanno i francesi e gli unici a guadagnarci sono gli azionisti

L’ex top manager del gruppo Fiat, Riccardo Ruggeri, ha così liquidato la trattativa Fca-Psa: «Ma quale matrimonio con Psa? Gli Agnelli hanno venduto Fca. Smettiamola di raccontare balle. Peugeot ha comprato Fiat-Chrysler perché interessata al mercato americano. Comanderanno i francesi e gli unici a guadagnarci sono gli azionisti». E sempre a proposito della vicenda Fca-Psa, nessuno osa rispondere al seguente interrogativo: quando ci sarà da decidere la sorte, la chiusura degli stabilimenti in Italia (Pomigliano d’Arco, Termini Imerese, Melfi e chi più ne ha, più ne metta), secondo voi prevarrà la volontà e la decisione dei sei consiglieri (su 11) della corporation francese, oppure prevarrà la tesi di una società che ormai è olandese, londinese e americana?

CON LA FUSIONE FCA-PSA STABILIMENTI ITALIANI A RISCHIO

Chi può trarre beneficio da questa ondata anti-Marchionne è certamente Carlos Tavares, capo di Psa, per almeno due motivi: più si infrange l’immagine di Marchionne e meno si ricorre al paragone tra i due; un esercizio che, dicono in Psa, irrita fortemente il manager portoghese. In secondo luogo, l’attacco di Gm dovrebbe continuare a tenere sulla graticola il titolo azionario Fcau. Minore la capitalizzazione, minore il premio che dovrebbero incassare gli azionisti di Fca, in primis Exor e i 200 e passa membri del clan Agnelli, Elkann, Nasi, Camerana, ecc.

Operai Fiat davanti allo stabilimento di Pomigliano (foto di MARIO LAPORTA/AFP via Getty Images).

Chissà, forse l’articolo a firma Emmanuel Botta sul numero di questa settimana del settimanale francese L’Express sotto il titolo Fiat Chrysler: le magicien John Elkann rischia di essere uno degli ultimi pezzi che il cosiddetto “giovane” presidente di Fca e Exor può collezionare. Più la trattativa finalizzata all’acquisto di Fca (meno la piccola e tecnologicamente modesta Comau) andrà avanti e più emergeranno i problemi dell’ex casa automobilistica italiana.

Carlos Tavares si è impegnato a non toccare i marchi e i siti italiani le cui fabbriche utilizzano solo il 50% delle loro capacità. Dove troveranno i promessi risparmi per 3,7 miliardi di euro?

La già stagionata gamma di prodotti continuerà a invecchiare accentuando l’allentamento di clienti dalle concessionarie e la necessità di aumentare gli incentivi svilendo ulteriormente l’immagine e il valore dei marchi. Chrysler docet. Stando alle dichiarazioni ufficiali, Tavares avrà a disposizione 22 piattaforme, 14 marchi Fca e 54 fabbriche. Psa ha “ripulito” le sue strutture industriali. Carlos Tavares si è impegnato a non toccare i marchi e i siti italiani le cui fabbriche utilizzano solo il 50% delle loro capacità. Dove troveranno i promessi risparmi per 3,7 miliardi di euro? Quanti colletti bianchi Fca dovranno saltare?

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I punti del possibile disgelo fra ArcelorMittal e governo sull’ex Ilva

Un vertice riservato avrebbe preparato il documento per far decollare il negoziato. Quattro temi chiave: ripristino dello scudo penale; funzionalità dell'Altoforno 2; occupazione con 1 miliardo di investimenti anche grazie a Intesa e forza lavoro assorbita da Cdp. Le indiscrezioni.

Come risolvere lo stallo sull’ex Ilva, provocando il disgelo tra il governo e i franco-indiani di ArcelorMittal? Forse un passo avanti c’è già stato, durante un vertice riservato avvenuto martedì 19 novembre al Tesoro. L’obiettivo? Sottoscrivere un cosiddetto memorandum of understanding in quattro punti da consegnare ai giudici di Milano nell’udienza convocata per mercoledì 27 per chiedere una proroga fino a Natale.

NEGOZIATO PRONTO A «DECOLLARE»

La rivelazione è stata fatta da Il Messaggero, secondo cui è «pronto il documento che farà decollare il negoziato» in vista della riunione di venerdì 22 a Palazzo Chigi con il premier Giuseppe Conte.

1. CERTEZZA DEL DIRITTO: RIPRISTINO DELLO SCUDO

Cosa prevedono i punti? Innanzitutto «la certezza del diritto mediante il ripristino dello scudo penale». Anche se il presidente della Camera, il grillino Roberto Fico, ha ribadito che «è un pretesto» per Mittal e che non c’è alcuna «motivazione» per reinserirlo.

2. FUNZIONALITÀ DELL’ALTOFORNO 2

Il secondo punto riguarda «la funzionalità dell’Altoforno 2, che deve poter tornare a produrre adeguatamente».

3. OCCUPAZIONE: RILANCIO E AMMORTIZZATORI

Il punto tre è dedicato al tema dell’occupazione, con «i 5 mila esuberi che l’azienda prevede» e con gli ammortizzatori: sono infatti previste misure «a supporto del rilancio del territorio mediante una combinazione pubblico-privato per creare condizioni di lavoro sostenibili».

In questo ambito che il governo avrebbe allertato Intesa SanPaolo, che è il principale creditore dell’amministrazione straordinaria


Le indiscrezioni de Il Messaggero

Secondo il quotidiano «l’ultimo punto è uno dei passaggi più delicati perché necessita di circa 1 miliardo di investimenti: ed è in questo ambito che il governo avrebbe allertato Intesa SanPaolo, che è il principale creditore dell’amministrazione straordinaria» e «i banchieri milanesi avrebbero dato disponibilità a esaminare un progetto concreto», quindi «Intesa potrebbe anche rafforzare l’impegno».

4. RICONVERSIONE: FORZA LAVORO ASSORBITA DA CDP

Il punto quattro, infine, «riguarda la tecnologia legata alla riconversione del piano ambientale: comporta una riduzione della forza lavoro che potrebbe essere assorbita dalla Cassa depositi e prestiti mediante misure compensative, cioè schierando Cdp Immobiliare attiva nell’housing sociale. Gli immobili di proprietà potrebbero ospitare gli sfollati del rione Tamburi».

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Le previsioni Ocse sulle prospettive economiche dell’Italia

Debito pubblico in crescita al 136% nel 2019 e nel 2020. Il Pil arranca.

La crescita del Pil italiano dovrebbe riprendere “molto gradualmente”, allo 0,4% nel 2020 e allo 0,5% nel 2021, contro lo 0,2% del 2019: è quanto emerge dalle Prospettive economiche dell’Ocse.

Per l’Ocse da un lato peseranno la “fiacca domanda esterna” e le “persistenti incertezze” legate agli attriti commerciali globali dall’altro “i consumi interni dovrebbero crescere in modo moderato, spinti dalla stabilizzazione della fiducia dei consumatori e dai tagli al cuneo fiscale per molti lavori dipendenti”.

Il tasso di disoccupazione dell’Italia è calato al 10% nel 2019 e nel 2020 dopo il 10,6% del 2018: è quanto emerge dalle prospettive economiche dell’Ocse diffuse oggi. Secondo l’organismo con sede a Parigi, il dato dovrebbe tornare a crescere, al 10,2%,nel 2021. “L’occupazione – scrive l’Ocse nella scheda di sintesi dedicata all’Italia – ha continuato a crescere, anche se ad un ritmo più lento, con una quota maggiore di nuove assunzioni coperte da contratti a tempo indeterminato”.

Le “misure fiscali adottate dall’Italia e una crescita piu’ lenta” faranno crescere il debito pubblico al 136% del Pil nel 2019 e al 136,1% nel 2020, prima che torni a scendere nel 2021, al 135,6%: è quanto emerge dalle Prospettive economiche dell’Ocse pubblicate oggi.

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Unes, dopo la nomina di Guzzetti licenziamenti a raffica

L'arrivo dell'ex autista e braccio destro di Marco Brunelli alla presidenza del gruppo ha creato sconcerto tra i dipendenti. Anche perché è stato seguito da una serie di epurazioni tra i top manager.

Si fanno senatori i cavalli, ricche ereditiere le segretarie, presidenti i propri autisti. È il caso di Giovanni Guzzetti, detto Giuseppe, da quando Wikipedia, siti e giornali, forse influenzati dalla nomea del suo omonimo, gli hanno freudianamente affibbiato il nome del grande vecchio della finanza che tanto lustro ha dato alla Fondazione Cariplo

IL SALTO ALLA PRESIDENZA UNES

Sta di fatto che da qualche mese Giovanni “Giuseppe” Guzzetti, di mestiere storico autista di Marco Brunelli, 92enne edificatore dei supermercati Iper e Unes, socio un tempo di Bernardo Caprotti fondatore di Esselunga, (con cui litigò per una vicenda di immobili), è stato nominato nuovo presidente di Unes. Ovvero della ragguardevole catena di oltre 200 supermercati sparsi soprattutto nel Nord, da cui persino il mitico Jeff Bezos  si serve per consegnare a stretto giro la spesa di Amazon Prime Now.

LO SCONCERTO DEI DIPENDENTI

Ebbene, con mossa di senile cipiglio Brunelli ha mandato a casa su due piedi l’ad Mario Gasbarrino, l’artefice del successo di Unes, l’inventore del marchio Il viaggiator goloso, una linea di prodotti premium, e ha passato le sue deleghe al suo numero due Rossella Brenna, nonché insediato appunto il fedelissimo Guzzetti alla presidenza. Solo che guidare un supermercato da 1 miliardo di ricavi e quasi 60 milioni di profitti non è la stessa cosa che guidare un’automobile, e ha creato non poco sconcerto tra i 3 mila dipendenti del gruppo. Sconcerto cresciuto a dismisura quando Brunelli ha fatto partire una serie di licenziamenti tra i top manager ai suoi occhi probabilmente rei di essere stati valorizzati da Gasbarrino, facendoli accompagnare su due piedi fisicamente alla porta.

LE ULTIME EPURAZIONI

L’ultima epurazione, come riferisce il sito Alimentando.info, ne ha spazzati vie tre in un sol colpo: Carmelo Carriero, responsabile dei freschi, Giuseppe Cantone, responsabile acquisti, ed Enrico Moda. Si fermerà qui la scure di Brunelli? E in futuro, non avendo figli cui lasciare l’impresa, che ruolo avrà l’autista, presidente e tuttofare Giovanni “Giuseppe” Guzzetti?

Quello di cui si occupa la rubrica Corridoi lo dice il nome. Una pillola al giorno: notizie, rumors, indiscrezioni, scontri, retroscena su fatti e personaggi del potere.

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Fca contro la «sconcertante» causa di Gm, ma in Borsa è crollo

Fiat-Chrysler respinge le accuse di corruzione arrivate da General Motors: «Un diversivo mentre diventiamo sempre più forti anche grazie al piano di fusione con Psa». Però il titolo a Piazza Affari perde quasi il 4%.

Dopo l’attacco legale promosso da una scatenata General Motors, è arrivata la dura difesa di Fiat-Chrysler. In una nota la società si è detta pronta a reagire «con tutte le forze alla causa promossa da Gm» che ha lanciato accuse di corruzione con il sindacato americano dei metalmeccanici, coinvolgendo anche l’ex manager Sergio Marchionne, morto nel luglio del 2018.

TONFO DEL TITOLO A PIAZZA AFFARI

Ai mercati però tutta questa storia non è piaciuta. A Piazza Affari Fca ha esordito nella seduta del 21 novembre cedendo il 3,9% a 13,42 euro.

«TENTATIVO DI DISTOGLIERE L’ATTENZIONE»

Fca ha comunque definito la questione «un tentativo senza basi di distogliere l’attenzione dalle sfide proprie di quell’azienda». E ha parlato di «sconcertante manovra» che «viene in un momento in cui Fca sta dimostrando di essere un concorrente sempre più forte» con il progetto di fusione con Psa, il gruppo a cui appartengono i marchi Peugeot, Citroën, DS, Opel e Vauxhall Motors.

«UN MOMENTO IN CUI STIAMO AVENDO SUCCESSO»

Fiat-Chrysler ha sottolineato come tutto sia accaduto «mentre Fca continua a creare importante valore per tutti i suoi stakeholder, implementando con successo la sua strategia di lungo periodo. Ciò comprende il suo piano di fondersi con Psa, che per parte sua ha completato con successo il risanamento delle attività europee che ha recentemente acquistato dalla General Motors».

Fiat-Chrysler ha fiducia che prevarrà nel difendersi da queste accuse in tribunale e intende avvalersi di tutte le tutele disponibili

Una nota di Fca

Insomma «Fca si occuperà di questo straordinario tentativo di creare un diversivo nei modi dovuti e continuerà a concentrarsi sul produrre risultati record e realizzare la sua entusiasmante visione del futuro dell’industria automobilistica. Fiat-Chrysler ha fiducia che prevarrà nel difendersi da queste accuse in tribunale e intende avvalersi di tutte le tutele disponibili in risposta a questa causa senza fondamento».

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La riforma del fondo salva-Stati incendia lo scontro tra governo e Lega

Torna altissima la tensione tra Conte e Salvini. Il premier accusa l'opposizione di «sovranismo da operetta» dopo mesi di silenzio. Gualtieri difende il negoziato. E il M5s è in fermento.

La riforma del meccanismo Salva-Stati riporta il dibattito tra maggioranza e opposizione ai livelli di guardia, con il premier e il leader della Lega che affilano i coltelli. Giuseppe Conte, chiamato a riferire in parlamento il prossimo 10 dicembre, sembra essere tornato ad agosto, quando sfoderava la sua verve polemica contro l’alleato che faceva cadere il governo. Si scaglia contro Matteo Salvini con una inusuale forza dandogli dell’«irresponsabile» per aver sollevato un «delirio collettivo» su un argomento che la Lega di governo aveva ampiamente condiviso in vertici di maggioranza e «con i massimi esponenti» del Carroccio.

«DALL’OPPOSIZIONE SOLO SOVRANISMO DA OPERETTA»

Ora, attacca il presidente del Consiglio, c’è chi «scopre» di essersi seduto al tavolo «a sua insaputa» o «non avendo capito quel che si era studiato». In questo modo, è l’attacco definitivo, non si fa «un’opposizione seria, credibile» in difesa degli interessi nazionali ma solo «sovranismo da operetta». La replica, neanche a dirlo, è altrettanto velenosa. «Il signor Conte è bugiardo o smemorato. Se fosse onesto direbbe che a quei tavoli, così come a ogni dibattito pubblico, compresi quelli parlamentari, abbiamo sempre detto di no al Mes. Non è difficile da ammettere», ribatte Salvini.

L’ULTIMO VERO DIBATTITO IN ITALIA LA SCORSA ESTATE

Ma dal governo contestano anche questa ricostruzione e invitano ad andare a rileggere le dichiarazioni della Lega in proposito. Di certo in tutto questo marasma quel che colpisce è la tempistica. Se è vero che la riforma dell’Esm, o Mes come la si chiama in Italia, sarà al centro del prossimo Eurogruppo di dicembre dove lo stesso vicepresidente della Commissione Ue, Valdis Dombrovskis si augura di poter «raggiungere un accordo», è anche vero che l’ultimo vero dibattito in Italia, se si fa eccezione per alcune audizioni, risale alla scorsa estate.

GUALTIERI CONFERMA LA LINEA DI TRIA

«Da marzo a giugno 2019 abbiamo avuto quattro vertici di maggioranza coi massimi esponenti della Lega, in cui abbiamo discusso di Mes, delle fasi di avanzamento del negoziato e tutti i risvolti. Oggi si scopre l’esistenza del Mes e si grida allo scandalo», sottolinea Conte. E Salvini controbatte: «Ho sempre detto a Conte e Tria che non avevano mandato a trattare. Se qualcuno l’ha fatto, l’ha fatto tradendo il mandato del popolo italiano». Ma l’ex ministro del Tesoro, Giovanni Tria, ha già dato la sua versione sulla stampa: dice di aver combattuto «una battaglia durissima» per evitare l’inserimento di regole fisse sulla sostenibilità dei debiti di Paesi e che alla fine «i parametri fissi sono stati eliminati» dalle bozze di accordo. E il suo successore conferma: la riforma non introduce «in nessun modo la necessità di ristrutturare preventivamente il debito per accedere al sostegno finanziario. Effettivamente, all’inizio del negoziato alcuni Paesi lo avevano chiesto», ma, «anche grazie alla ferma posizione assunta dall’Italia, queste posizioni sono state respinte».

IL M5S INVOCA E OTTIENE UN VERTICE DI GOVERNO

Insomma, taglia corto Roberto Gualtieri: «Il dibattito di questi giorni su questo argomento è senza senso». Interviene anche Bankitalia, chiamata in causa da alcuni deputati secondo i quali avrebbe espresso preoccupazioni sulla revisione del trattato. «Il governatore Visco non ha espresso un giudizio sfavorevole sulla riforma del Mes», sottolinea palazzo Koch che conferma: la riforma non prevede né preannuncia «un meccanismo di ristrutturazione dei debiti sovrani». La questione intanto agita anche il M5s dopo la richiesta fatta a Di Maio dai deputati di adoperarsi per convocare un vertice di governo. La riunione è stata accordata, si terrà venerdì mattina molto presto, ma sul capo M5s è piovuta l’accusa di aver teso un sgambetto al premier, e per di più andando dietro a Salvini. Di Maio nega e il M5s lo appoggia: «Eravamo e continuiamo a essere contrari all’affidamento al Mes di compiti di sorveglianza macroeconomica degli Stati membri». Una posizione rimasta agli atti visto che a giugno il blog M5s tuonava contro la riforma e chiedeva a Conte di porre il veto. Anche per questo un sottosegretario M5s assicura: «Questa riforma non passerà o il gruppo parlamentare non lo teniamo più».

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General Motors fa causa a Fiat-Chrysler per corruzione coi sindacati

Anche Marchionne accusato di aver dato tangenti allo United auto workers per condizionare le trattative sul contratto di lavoro. La replica: «Vogliono fermare la nostra proposta di fusione con Psa».

E ora si passa alle vie legali. General Motors fa causa a FiatChrysler, accusandola di corruzione con lo United auto workers, il potente sindacato americano dei metalmeccanici. La notizia è stata riportata dall’agenzia Bloomberg.

TRATTATIVE “INCRIMINATE” TRA IL 2009 E IL 2015

Fca ha sempre negato di essere stata a conoscenza della cospirazione fra tre suoi ex manager con funzionari dell’Uaw per indebolire le norme sul lavoro. Gm accusa Sergio Marchionne di essere ricorso a tangenti per corrompere le trattative sul contratto di lavoro fra il Uaw e le tre case di Detroit fra il 2009 e il 2015.

LA DIFESA: «STUPITI, UNA CAUSA SENZA MERITO»

Fiat-Chrysler si è detta «stupita» dall’azione legale «sia per i contenuti sia per la tempistica». Il commento affidato a una nota: «Possiamo solo presumere che sia per fermare la nostra proposta fusione con Psa e le trattative con lo United auto workers». E quindi «intendiamo difenderci in modo forte contro questa causa senza merito e perseguire tutti i rimedi legali per rispondere».

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Perché si parla dell’ingresso di nuovi soci nell’As Roma

La società di Trigoria ha confermato che sono in corso dei contatti per l'ingresso di nuovi soci, tra questi la possibile partecipazione del magnate Dan Friedkin.

L’assetto societario dell’As Roma potrebbe cambiare d nuovo. A confermarlo la stessa società giallorossa: «Sono in corso dei contatti preliminari con potenziali investitori al fine di permettere loro di valutare l’opportunità di un possibile investimento in a.s. ROMA Spv Llc», si legge in una nota pubblicata su richiesta della Consob, in riferimento ad alcune indiscrezioni apparse su alcuni quotidiani in relazione ad una possibile acquisizione delle partecipazioni di A.S. Roma S.p.A. da parte dello statunitense Dan Friedkin.

CONFERMATI I CONTATTI PER NUOVI INVESTITORI

«Su richiesta di Consob», ha informato il club di Trigoria, «con riferimento ad alcune indiscrezioni apparse in data odierna sugli organi di stampa in relazione ad una possibile acquisizione delle partecipazioni di A.S. Roma S.p.A. da parte di potenziali investitori, AS ROMA SPV LLC, società che detiene il controllo indiretto di A.S. ROMA S.p.A. tramite la sua controllata NEEP ROMA HOLDING S.p.A, informa che sono in corso dei contatti preliminari con potenziali investitori al fine di permettere loro di valutare l’opportunità di un possibile investimento in AS ROMA SPV LLC». «In caso di perfezionamento di accordi aventi ad oggetto il trasferimento delle partecipazioni detenute in A.S. Roma S.p.A., AS ROMA SPV LLC fornirà adeguata informativa al Mercato nei termini di legge».

E LA SOCIETÀ VOLA IN BORSA: +16,6%

Intanto per tutto il giorno il titolo in borsa ha fatto segnare rialzi da record. Il titolo, dopo una lunga sospensione in asta di volatilità, ha chiuso in rialzo del 16,6% a 0,59 euro.

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Se non paghi l’Imu il Comune può pignorarti il conto corrente

Lo stabilisce un emendamento alla Legge di Bilancio. Il sollecito, i 60 giorni per il ricorso, la rateizzazione del debito: cosa prevedono le nuove regole di riscossione.

Un emendamento alla Legge di Bilancio 2020 prevede che i conti corrente possano essere pignorati in seguito al mancato pagamento delle imposte locali. Il premier Giuseppe Conte aveva provato a gettare acqua sul fuoco: «I cittadini non si devono preoccupare, non mi risulta», aveva detto rispondendo alle indiscrezioni circolate il 19 novembre e riportate tra gli altri da Quotidiano.net e L’Economia. Secondo queste indiscrezioni, il pignoramento sarebbe scattato anche in caso di mancato pagamento delle multe stradali, che invece sono state escluse dal testo, stando a quanto si legge nella nota studi del Senato. L’emendamento in questione estende dunque l’applicazione dell’accertamento esecutivo ai tributi locali, come Imu, Tasi e Tari, equiparando le regole di riscossione a quelle nazionali.

L’AVVISO DEL COMUNE COL SOLLECITO AL PAGAMENTO

Ma cosa prevede nel dettaglio l’emendamento? In seguito alla mancata risposta da parte del contribuente all’avviso di accertamento – che dal primo gennaio 2020 dovrebbe contenere l’intimazione ad adempiere al pagamento – il Comune, al pari degli altri enti locali che avranno accesso ai dati dell’Anagrafe tributaria, potrà chiedere il pignoramento del conto corrente. Tra le altre misure previste, il pignoramento dello stipendio o il fermo dell’auto.

Sarebbe possibile chiedere la rateizzazione della somma dovuta: da un minimo di quattro fino a un massimo di 72 rate

Il sollecito di pagamento verrà inviato solo in presenza di debiti di importo non superiore a 10 mila euro. Sarà possibile chiedere la rateizzazione della somma dovuta: da un minimo di quattro fino a un massimo di 72 rate.

SESSANTA GIORNI DI TEMPO PER IL RICORSO

Secondo quanto previsto dall’emendamento, scompare lo step intermedio dell’iscrizione a ruolo del debito, e dunque l’invio della cartella esattoriale. Il contribuente avrà poi 60 giorni di tempo per presentare il ricorso, al termine dei quali l’atto disposto dall’ente locale diventerebbe immediatamente esecutivo.

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Se non paghi l’Imu il Comune può pignorarti il conto corrente

Lo stabilisce un emendamento alla Legge di Bilancio. Il sollecito, i 60 giorni per il ricorso, la rateizzazione del debito: cosa prevedono le nuove regole di riscossione.

Un emendamento alla Legge di Bilancio 2020 prevede che i conti corrente possano essere pignorati in seguito al mancato pagamento delle imposte locali. Il premier Giuseppe Conte aveva provato a gettare acqua sul fuoco: «I cittadini non si devono preoccupare, non mi risulta», aveva detto rispondendo alle indiscrezioni circolate il 19 novembre e riportate tra gli altri da Quotidiano.net e L’Economia. Secondo queste indiscrezioni, il pignoramento sarebbe scattato anche in caso di mancato pagamento delle multe stradali, che invece sono state escluse dal testo, stando a quanto si legge nella nota studi del Senato. L’emendamento in questione estende dunque l’applicazione dell’accertamento esecutivo ai tributi locali, come Imu, Tasi e Tari, equiparando le regole di riscossione a quelle nazionali.

L’AVVISO DEL COMUNE COL SOLLECITO AL PAGAMENTO

Ma cosa prevede nel dettaglio l’emendamento? In seguito alla mancata risposta da parte del contribuente all’avviso di accertamento – che dal primo gennaio 2020 dovrebbe contenere l’intimazione ad adempiere al pagamento – il Comune, al pari degli altri enti locali che avranno accesso ai dati dell’Anagrafe tributaria, potrà chiedere il pignoramento del conto corrente. Tra le altre misure previste, il pignoramento dello stipendio o il fermo dell’auto.

Sarebbe possibile chiedere la rateizzazione della somma dovuta: da un minimo di quattro fino a un massimo di 72 rate

Il sollecito di pagamento verrà inviato solo in presenza di debiti di importo non superiore a 10 mila euro. Sarà possibile chiedere la rateizzazione della somma dovuta: da un minimo di quattro fino a un massimo di 72 rate.

SESSANTA GIORNI DI TEMPO PER IL RICORSO

Secondo quanto previsto dall’emendamento, scompare lo step intermedio dell’iscrizione a ruolo del debito, e dunque l’invio della cartella esattoriale. Il contribuente avrà poi 60 giorni di tempo per presentare il ricorso, al termine dei quali l’atto disposto dall’ente locale diventerebbe immediatamente esecutivo.

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La banche minacciano di non comprare più Btp se cambiano le regole del Mes

Il presidente dell'Abi, Antonio Patuelli, avverte il governo sulle modifiche al fondo salva-Stati europeo: «Cosa fa la Repubblica per tutelare il debito pubblico?».

Le banche italiane sono pronte alla “rivolta” se le regole del Mes, il fondo salva-Stati europeo, dovessero cambiare.

Il presidente dell’Associazione bancaria italiana (Abi), Antonio Patuelli, non ha usato mezzi termini: «Noi siamo liberi di comprare titoli sovrani, non abbiamo un vincolo di portafoglio e in questa fase abbiamo circa 400 miliardi di debito pubblico italiano». Ma il problema è «cosa fa la Repubblica italiana per tutelare il debito pubblico. Non si tratta di debito delle banche».

Quindi l’avvertimento: «Se le condizioni relative al debito si alterano, o per maggiori assorbimenti o per elementi che favoriscono sinistri, è chiaro che le banche sottoscriveranno meno debito pubblico, non compreremo più» Btp.

LEGGI ANCHE: Di Maio: «La riforma del Mes stritola l’Italia»

I possibili cambiamenti evocati da Patuelli si riferiscono proprio all’approvazione definitiva della riforma del Mes. Al processo manca ancora una riunione dei capi di governo europei fissata a dicembre, poi toccherà ai parlamenti nazionali portare avanti il percorso di ratifica.

Alcuni Paesi nordici dell’Eurozona hanno chiesto con insistenza di modificare le cosiddette clausole di azione collettiva (Cac), che definiscono le procedure in caso di ristrutturazione di un debito sovrano facente parte della moneta unica.

In futuro, secondo questa impostazione, il fondo salva-Stati potrebbe intervenire per aiutare un Paese in difficoltà solo se il deficit non supera il 3% del Pil e solo se il rapporto debito/Pil è inferiore al 60%.

In alternativa il Paese in questione (ad esempio l’Italia, che ha un rapporto debito/Pil pari al 134,8%) dovrebbe approvare un piano di riforme strutturali con cui portare il differenziale alla soglia desiderata a un ritmo di un ventesimo all’anno nella media dei due anni precedenti. È inoltre richiesta l’assenza di «gravi vulnerabilità» del settore finanziario, capaci di mettere a rischio la stabilità.

Queste proposte di riforma hanno allarmato il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco: «I piccoli e incerti benefici di una ristrutturazione del debito devono essere ponderati rispetto all’enorme rischio che il mero annuncio di una sua introduzione possa innescare una spirale perversa di aspettative di default».

Tutto è infine tracimato nella polemica politica quando il leader della Lega, Matteo Salvini, ha accusato di «alto tradimento» il premier Giuseppe Conte, sostenendo che avesse dato «di nascosto» l’ok dell’Italia alle nuove regole del Mes.

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La banche minacciano di non comprare più Btp se cambiano le regole del Mes

Il presidente dell'Abi, Antonio Patuelli, avverte il governo sulle modifiche al fondo salva-Stati europeo: «Cosa fa la Repubblica per tutelare il debito pubblico?».

Le banche italiane sono pronte alla “rivolta” se le regole del Mes, il fondo salva-Stati europeo, dovessero cambiare.

Il presidente dell’Associazione bancaria italiana (Abi), Antonio Patuelli, non ha usato mezzi termini: «Noi siamo liberi di comprare titoli sovrani, non abbiamo un vincolo di portafoglio e in questa fase abbiamo circa 400 miliardi di debito pubblico italiano». Ma il problema è «cosa fa la Repubblica italiana per tutelare il debito pubblico. Non si tratta di debito delle banche».

Quindi l’avvertimento: «Se le condizioni relative al debito si alterano, o per maggiori assorbimenti o per elementi che favoriscono sinistri, è chiaro che le banche sottoscriveranno meno debito pubblico, non compreremo più» Btp.

LEGGI ANCHE: Di Maio: «La riforma del Mes stritola l’Italia»

I possibili cambiamenti evocati da Patuelli si riferiscono proprio all’approvazione definitiva della riforma del Mes. Al processo manca ancora una riunione dei capi di governo europei fissata a dicembre, poi toccherà ai parlamenti nazionali portare avanti il percorso di ratifica.

Alcuni Paesi nordici dell’Eurozona hanno chiesto con insistenza di modificare le cosiddette clausole di azione collettiva (Cac), che definiscono le procedure in caso di ristrutturazione di un debito sovrano facente parte della moneta unica.

In futuro, secondo questa impostazione, il fondo salva-Stati potrebbe intervenire per aiutare un Paese in difficoltà solo se il deficit non supera il 3% del Pil e solo se il rapporto debito/Pil è inferiore al 60%.

In alternativa il Paese in questione (ad esempio l’Italia, che ha un rapporto debito/Pil pari al 134,8%) dovrebbe approvare un piano di riforme strutturali con cui portare il differenziale alla soglia desiderata a un ritmo di un ventesimo all’anno nella media dei due anni precedenti. È inoltre richiesta l’assenza di «gravi vulnerabilità» del settore finanziario, capaci di mettere a rischio la stabilità.

Queste proposte di riforma hanno allarmato il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco: «I piccoli e incerti benefici di una ristrutturazione del debito devono essere ponderati rispetto all’enorme rischio che il mero annuncio di una sua introduzione possa innescare una spirale perversa di aspettative di default».

Tutto è infine tracimato nella polemica politica quando il leader della Lega, Matteo Salvini, ha accusato di «alto tradimento» il premier Giuseppe Conte, sostenendo che avesse dato «di nascosto» l’ok dell’Italia alle nuove regole del Mes.

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Com’è andato il Forum Multistakeholder di Poste Italiane a Roma

Più di 400 partecipanti alla terza edizione del Forum Multistakeholder. L’ad Del Fante: «Essere sostenibili per Poste Italiane significa condurre il business seguendo regole, percorsi e principi condivisi con tutti i suoi stakeholder».

Poste Italiane ha riunito il 19 novembre a Roma il terzo Forum Multistakeholder per condividere i valori di responsabilità sociale e la strategia di sostenibilità 2020 con tutti i soggetti coinvolti nell’attività dell’azienda. Con questo obiettivo, Poste Italiane ha invitato per una giornata non-stop di confronto e di dialogo più di 400 fra rappresentanti delle comunità territoriali, del mondo finanziario e delle società di rating, delle associazioni di categoria e delle organizzazioni sindacali, del terzo settore, del mondo delle imprese e delle professioni e dei dipendenti.

I SEI PILASTRI DELLA SOSTENIBILITÀ PER POSTE

Il Forum ha offerto un’occasione di riflessione a tutto campo con il concorso di tutte le “voci” della società, del mondo istituzionale e finanziario italiani, per condividere idee e progetti nelle aree individuate dai sei “pilastri” della sostenibilità (integrità e trasparenza, valorizzazione delle persone, sostegno al territorio, customer experience, decarbonizzazione e finanza sostenibile) che ispirano l’operato di pitch, anche in vista della preparazione del prossimo Bilancio integrato.

COSA CONTIENE IL PIANO D’IMPRESA DELIVER 2022

Il Piano d’impresa Deliver 2022 ha infatti definito una strategia di Gruppo che integra obiettivi finanziari e operativi con una chiara visione delle tematiche ambientali, sociali e di governance (ESG), offrendo così un riferimento operativo e culturale in materia di investimento responsabile. Il Forum, svolto a Roma presso l’Auditorium della Tecnica, ha visto la partecipazione di tutte le categorie di stakeholder con l’obiettivo di raccogliere un ampio numero di contributi, di condividere il maggior numero di esperienze e realizzare una sintesi operativa in grado di svolgere un ruolo di indirizzo e guida per l’attività futura.

DEL FANTE: «SOSTENIBILITÀ NON PIÙ SOLO “PARTE NOBILE” DEL MESTIERE»

Aprendo i lavori, l’Amministratore Delegato di Poste Italiane, Matteo Del Fante, ha illustrato il ruolo svolto dalla sostenibilità nella strategia del Gruppo. «Per Poste Italiane», ha detto l’Ad, «essere sostenibili significa agire in modo responsabile. Non intendiamo più considerare la sostenibilità come un capitolo separato all’interno del Piano industriale, ma renderla una sua parte integrante ed indissolubile. Vogliamo quindi superare il concetto di sostenibilità come “parte nobile” dell’agire per l’azienda: secondo noi essere sostenibili può soltanto significare condurre il business seguendo regole, percorsi e principi condivisi con gli stakeholder, soprattutto per un’azienda, come Poste Italiane, che è per sua natura e caratteristiche al servizio dei cittadini, delle imprese e della pubblica amministrazione. In definitiva, la sostenibilità è il Piano industriale, i temi ESG sono parte integrante degli obiettivi del Piano Deliver 2022, con particolare focus verso i principi definiti dalle Nazioni Unite per l’Agenda 2030, meglio noti come Sustainable Development Goals».

«SOSTENIBILITÀ PER LA CRESCITA FINANZIARIA»

«Se non mettiamo accanto alla performance finanziaria un percorso sostenibile sarà difficile poter replicare una crescita finanziaria significativa in futuro», ha aggiunto l’ad. «Due anni fa», ha aggiunto, «se ci avessero detto che saremmo entrati nel Dow Jones sostenibility index globale ed europeo forse non ci avremmo scommesso». Il valore del titolo in Borsa è passato dai 6,97 euro di inizio anno (02 gennaio 2019) agli 11,10 euro di oggi. Dalla nomina del nuovo management, nel 2017, il titolo è salito del 60%.

COME FUNZIONANO I “SEI PILATRI”

Al termine della sessione di apertura, Giuseppe Lasco, Vice direttore generale e Responsabile Corporate Affairs di Poste Italiane, ha illustrato le caratteristiche del “modello Poste” in tema di sostenibilità, approfondendo i contenuti dei sei pilastri e i valori di concretezza e trasparenza a servizio degli stakeholder. «Il modello Poste», ha detto Lasco, «prende avvio da contenuti che guidano il nostro modo di essere impresa: integrità e trasparenza, valorizzazione delle persone, sostegno al territorio, customer experience, decarbonizzazione e finanza sostenibile sono i nostri pilastri che, ogni anno, condividiamo e aggiorniamo in funzione delle opinioni e delle priorità dei nostri stakeholder. Raggiungere una buona reputazione è conseguenza di una solida azione in materia di sostenibilità, e consolidarla nel tempo rende più forte l’azienda sul mercato, genera valore per gli azionisti, i clienti e i dipendenti e favorisce un rapporto trasparente e paritario con tutti coloro che vivono, lavorano, utilizzano i servizi di Poste Italiane ogni giorno».  

LA RESPONSABILITÀ SOCIALE AL ASSET FONDAMENTALE PER LA REPUTAZIONE

Tra gli intervenuti, il Segretario generale del Global Compact sulla responsabilità sociale, Daniela Bernacchi, ha richiamato l’importanza assunta dal valore della sostenibilità per le imprese, sottolineando come la responsabilità sociale sia diventata un asset fondamentale per la reputazione e il successo aziendale. Spunti di riflessione di notevole interesse sono stati offerti dalla tavola rotonda multidisciplinare che ha affrontato argomenti relativi a ciascuno dei sei pilastri di sostenibilità. Al dibattito hanno preso parte Marcello Grosso, Responsabile Governo dei Rischi di Gruppo di Poste, Silvia Candiani, Amministratore Delegato di Microsoft Italia, Chiara Mio, docente all’Università “Ca’ Foscari” di Venezia, Fabio Vaccarono, Direttore generale EMEA di Google, Stefano Ciafani, Presidente di Legambiente, e Amelia Tan, Head of Platform Strategy and Innovation EMEA Blackrock Sustainable Investing Team. Al termine della Tavola rotonda, il Forum è proseguito con i lavori dei Focus Group sui pilastri del Piano strategico ESG e con la sessione di networking sui temi di rilievo delle politiche aziendali di responsabilità sociale.

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I giudici frenano lo spegnimento dell’Ilva

L'altoforno 2 resta in funzione dopo la richiesta del tribunale di Milano. Mattarella incontra i sindacati e promette una soluzione. Ma il governo studia il piano B.

Continua la battaglia a tutto campo per fronteggiare l’addio di ArcelorMittal al polo siderurgico italiano. Ma, intanto, alla richiesta del giudice di Milano di non interrompere l’attività degli impianti, la società risponde con la sospensione delle procedure di spegnimento (anche se l’altoforno 2 al momento resta acceso) in attesa della prima udienza sul ricorso d’urgenza presentato dai commissari, fissata per il 27 novembre.

TENSIONE SIA TRA I LAVORATORI CHE NEL GOVERNO

La tensione era rimasta alta tra i lavoratori, indotto compreso, in presidio davanti ai cancelli dello stabilimento di Taranto, ma anche nel governo, che prepara un piano B e incassa la data di un nuovo incontro tra il premier Giuseppe Conte, i ministri dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, e dell’Economia, Roberto Gualtieri, e il gruppo franco-indiano. Il vertice è fissato per venerdì 22 novembre alle 18.30. La notizia giunta in serata stempera, almeno per il momento, gli animi mentre la preoccupazione dei sindacati, arrivata al Quirinale e, raccolta dal capo dello Stato, fa sentire il suo peso.

LA PREOCCUPAZIONE DEL QUIRINALE PER GLI SVILUPPI

Sergio Mattarella per lo più ascolta i problemi sul tappeto, ma afferma come l’ex Ilva sia un grande problema nazionale che va risolto con tutto l’impegno e la determinazione, non solo per le implicazioni importantissime sul piano occupazionale, osserva, ma anche per quanto riguarda il sistema industriale italiano. I sindacati appaiono sollevati dopo le notizia arrivate da Taranto e il leader della Cgil, Maurizio Landini, salito al Colle con i segretari di Cisl, Annamaria Furlan e Uil, Carmelo Barbagallo, afferma che si tratta di «un primo risultato importante ma adesso non c’è tempo da perdere». Furlan si augura che sia il primo passo per «salvare» la fabbrica.

IL TRIBUNALE DI MILANO FISSA LA PRIMA UDIENZA

«Abbiamo fatto un atto eccezionale, non è norma discutere di crisi aziendali con il presidente della Repubblica» – riconoscono le rappresentanze dei lavoratori – «ma il fatto che ci abbia immediatamente dato questo incontro credo significhi che anche il presidente condivida l’eccezionalità della situazione e la necessità di una soluzione in tempi rapidi». Sul versante giudiziario, dove si allargano le indagini anche sul fronte tributario e per false comunicazioni al mercato, arriva invece dal tribunale di Milano (una seconda inchiesta è aperta al tribunale di Taranto) la data della prima udienza sul ricorso d’urgenza dei commissari: il prossimo 27 novembre. E proprio nel fissare la data, il giudice aveva invitato ArcelorMittal «a non porre in essere ulteriori iniziative e condotte in ipotesi pregiudizievoli per la piena operatività e funzionalità degli impianti». In sostanza, a non fermarli. Invito accolto dalla multinazionale dell’acciaio che da parte sua «prende atto e saluta con favore l’odierna decisione del tribunale di non accogliere la richiesta di emettere un’ordinanza provvisoria senza prima aver sentito tutte le parti». Si apprende intanto che nel ricorso i commissari parlano dell’iniziativa «gravissima» e «unilaterale» con cui Am vuole sciogliere il contratto di affitto – e della «dolosa intenzione di forzare con violenza e minacce» un riassetto dell’obbligo contrattuale – che riguarda un impianto industriale di «interesse strategico» e che determinerebbe «danni sistemici incalcolabili». Danni in definitiva a carico dell’ «intera economia nazionale».

L’ESECUTIVO PENSA AL PIANO B

Intanto di fronte alla possibilità che ArcelorMittal non faccia passi indietro e non riveda la decisione di lasciare Taranto e gli altri siti del Paese, il governo pensa al piano B: in tal caso, per l’ex Ilva scatterà «l’amministrazione straordinaria, con un prestito ponte» da parte dello Stato in modo da riportare l’azienda sul mercato entro «uno-due anni», spiega il ministro per gli Affari regionali, Francesco Boccia. «Se necessario rifaremo senza alcun problema» l’amministrazione straordinaria che ha già «salvato l’Ilva dal crack dei Riva». Una «alternativa non c’è».

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Quanti soldi ha già portato a Venezia la gara della solidarietà

Dalla Russia 1 milione. L'università di Ca' Foscari ha raccolto 30 mila euro in tre giorni. Costa Crociere pronta a devolvere 100 mila euro. E altri 150 mila sono in arrivo grazie alla Siae. Il conto della pioggia di aiuti per la Serenissima dopo l'acqua alta.

Una “gara della solidarietà” che ha suscitato persino invidie e contrapposizioni NordSud, con Matera a fare da vittima della discriminazione. Dopo l’acqua alta, su Venezia sono piovuti copiosi aiuti in denaro. Merito del fascino della Serenissima che creato una sorta di mobilitazione internazionale tra privati, soggetti pubblici, associazioni e imprese, con raccolte fondi su conti bancari, piattaforme online, iniziative diplomatiche e culturali.

SMS SOLIDALE 45500 E CONTI CORRENTI

I primi canali ufficiali sono stati il numero di sms solidale 45500 della Protezione civile nazionale, i cui proventi devono essere quantificati dopo la fase di emergenza. Offerte possibili su numerosi conti correnti, tra i quali in particolare quello del Comune di Venezia e quello aperto dal TgLa7 con il Corriere della sera. In città, l’università di Ca’ Foscari ha lanciato una campagna di raccolta fondi online sulla sua piattaforma di fundraising, che in meno di tre giorni ha fatto registrare quasi 30 mila euro; per l’isola di San Servolo, sede del Collegio internazionale, sono già arrivati 4.700 euro.

ATTIVATE ANCHE LE AMBASCIATE ITALIANE

Anche la rete delle ambasciate italiane all’estero è stata attivata, su input del ministro degli Esteri Luigi Di Maio. Ed è giunto l’annuncio che in meno di 24 ore l’ambasciata italiana di Mosca ha già raccolto un milione di euro di promesse donazioni, come ha riferito l’ambasciatore Pasquale Terracciano.

SENSIBILE IL SETTORE CROCIERISTICO

Ulteriori aiuti sono attesi dal settore crocieristico, che in Venezia ha uno degli scali preminenti e controversi, vedi la diatriba sulle Grandi navi. Il presidente dell’authority portuale di Venezia, Pino Musolino, le aveva sollecitate in questo senso e il Gruppo Costa Crociere, attraverso la sua Fondazione, si è detto pronto a devolvere 100 mila euro al Comune per i primi interventi urgenti.

UN FILONE DAGLI ENTI LIRICI

Un ulteriore filone riguarda gli Enti lirici, mobilitati in particolare per l’aiuto al Teatro la Fenice, a cui hanno destinato o destineranno incassi: lo ha fatto l’Arena di Verona, con il botteghino della prima dell’Elisir d’Amore al Filarmonico, lo faranno la Scala e il Maggio fiorentino, quest’ultimo con l’incasso del concerto del 30 novembre dell’Orchestra nazionale dei conservatori italiani.

CHIEVO E CITTADELLA SCENDONO IN CAMPO

Dalla Siae arrivano altri 150 mila euro e una raccolta fondi per le librerie e le biblioteche. Dallo sport si sono mosse le squadre venete del Cittadella e del Chievo, che hanno devoluto gli incassi delle loro ultime gare di campionato alla città.

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