Nasce CaMexItal, la prima Camera di Commercio del Messico in Italia. Presidente è la salernitana Letizia Magaldi

Nasce la Camera di Commercio del Messico in Italia, la prima nella storia delle relazioni Italia-Messico.

Con Decreto del Ministero delle Imprese e del Made in Italy del 20 aprile 2023 è stata approvata la richiesta formulata dall’Associazione Economica del Messico in Italia (AEMI) per essere iscritta come Camera di Commercio del Messico in Italia all’Albo delle Camere di Commercio italo-estere ed estere in Italia, con autorizzazione all’uso della denominazione “Camera di Commercio”.

La Camera di Commercio del Messico in Italia assume la denominazione CaMexItal.
La prima pubblica manifestazione di CaMexItal è stata l’Assemblea dei Soci, tenutasi lo scorso 4 maggio 2023 presso il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, durante la quale la Sottosegretaria Fausta Bergamotto ha formalmente consegnato il Decreto di riconoscimento della Camera di Commercio del Messico in Italia alla Presidente Letizia Magaldi.

Hanno partecipato alle celebrazioni il Consigliere Diplomatico del Ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, il Sottosegretario agli Affari Esteri e alla Cooperazione Internazionale Giorgio Silli, l’Ambasciatore del Messico in Italia Carlos García de Alba, l’Ambasciatore dell’Italia in Messico Luigi De Chiara e il Presidente di Unioncamere Andrea Prete.

Portrait of Letizia Magaldi Andreoli on Friday, May 14, 2021, downtown Rome. Photographer: Giulio Napolitano / Bloomberg
Letizia Magaldi

“Raccogliamo i frutti di un lavoro intenso – afferma Letizia Magaldi, presidente della Camera di Commercio del Messico in Italia – che ci vede impegnanti da più di due anni. È una buona notizia per le imprese italiane, il Messico è un Paese che ha tanto da offrire, interessato ai nostri prodotti, alle nostre conoscenze e alle nostre tecnologie. E sono molte anche le opportunità di  investimento da parte di impresse messicane in Italia. Si costruisce un nuovo ponte per generare prosperità tra l’Italia e il Messico”.

“La CaMexItal non poteva arrivare in un momento migliore. Le relazioni bilaterali tra il Messico e l’Italia sono sempre più solide ed intense. I tradizionali legami di amicizia saranno ora rafforzati da nuove alleanze commerciali e progetti di investimento e co-investimento tra i due paesi in diversi settori”, ha affermato l’Ambasciatore del Messico in Italia, Carlos García de Alba.

Ha aggiunto che la CaMexItal dovrà ergersi a portavoce della comunità imprenditoriale, aiutando a promuovere ed accelerare la crescita economica di entrambi i paesi, con particolare riferimento all’incremento degli investimenti messicani in Italia. “La creazione di questa Camera di Commercio favorirà grandi opportunità di affari, anche in ambito turistico, tra i due paesi”, conclude l’Ambasciatore Garcia de Alba.

L’approvazione arriva sei mesi dopo l’avvio della procedura. Dopo le consultazioni, un dialogo con l’ufficio competente del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, la riunione di una conferenza di servizi che viene convocata ogni anno —alla quale partecipano anche Unioncamere e il Ministero degli Affari Esteri— è stata certificata l’esistenza dei requisiti richiesti dalla legge. L’AEMI ha dimostrato quindi — tra altre qualità — la propria capacità di erogazione di servizi, promozione dell’interscambio e collaborazione con altre istituzioni.

Le attività della CaMexItal seguiranno i seguenti assi strategici: promozione di sinergie tra le organizzazioni imprenditoriali e le aziende che le compongono; consolidamento e il contributo alle azioni di facilitazione degli scambi tra i due Paesi; promozione di azioni e programmi che attivino business e attività economiche strategiche; lo sviluppo di progetti che incoraggino e favoriscano la crescita e la cooperazione in settori specifici, quali: tecnologia e innovazione, sicurezza, salute e qualità della vita, industria alimentare, turismo.

La Camera di Commercio del Messico in Italia (CaMexItal) annovera 69 soci tra cui aziende come: Leonardo, Eni, Marcegaglia Carbon Steel, Magaldi Power, Campari, Ferrero, Italian Exhibition Group, Grupo Bimbo, Grupo Orbia, Juego de Pelota, Zoomarine, Aeromexico, Fiorucci-Campofrio, Roadhouse e decine di altre imprese italiane e messicane.

La Camera di Commercio del Messico in Italia è presieduta da Letizia Magaldi, vice presidente di Magaldi Power, azienda associata a Confindustria Salerno.

È Presidente Onorario Carlos Eugenio Garcìa de Alba Zepeda, Ambasciatore del Messico in Italia.

Fanno parte del Consiglio Direttivo della neonata CaMexItal: in qualità di vicepresidente Angelo Pansini, Cco Commercial Governance & Offset Management Senior Vice President Leonardo, in qualità di segretario Generale Giovanni Sabino, CEO Italia Fiorucci (Campofrio), e come consiglieri Aldo Davoli, Director Public Affairs Gruppo Campari, Marco Nicoli, CEO TESI Elettronica e Sistemi Informativi S.p.A., Diana Beltran, AD Meita Srl, Gianmatteo Nunziante, Founding Partner Nunziante Magrone Studio Legale, Claudio Rodriguez-Galan, Partner Holland & Knight Studio Legale, Laura Rossi, Presidente Crea Italia Connections, Gennaro Migliore e Roberto Prosperi.
Il Direttore Esecutivo è Cecile De Mauleon.

ITALIA-MESSICO: DATI ECONOMICI E COMMERCIALI
Con circa 130 milioni di abitanti e un Pil pari a €1.280,20 mld (www.infomercatiesteri.it), il Messico è la seconda economia in America Latina, la 15esima potenza economica mondiale e rappresenta il quarto mercato di destinazione dell’export italiano nelle Americhe e il 29° nel mondo. L’Italia è il terzo socio commerciale del Messico nei paesi dell’UE e il 12° a livello globale, conta circa 1800 imprese nel territorio messicano per più di 60mila posti di lavoro. Attualmente circa 60 aziende messicane operano in Italia.
La Conferenza delle Nazioni Unite sul Commercio e lo Sviluppo (UNCTAD) indica il Messico come uno dei tra i più attrattivi per investimenti esteri a livello globale. Circa 2/3 delle esportazioni dell’Italia sono costituite da macchinari industriali. Seguono metalli di base, prodotti in metallo e prodotti chimici. L’ascesa della classe media messicana ha creato crescenti opportunità per le imprese specializzate in arredamento, abbigliamento, calzature, gioielleria, alimentari e bevande. Dal Messico l’Italia importa soprattutto apparecchiature elettroniche, macchinari e prodotti chimici.
Nel 2020 è stato raggiunto l’accordo sul testo del nuovo Accordo Globale tra Unione Europea e Messico, ratificato nel 2021. La parte commerciale dell’intesa prevede per la prima volta la liberalizzazione del settore agroalimentare, l’eliminazione di numerosi ostacoli agli scambi e il riconoscimento di 340 denominazioni di origine europee, con importanti benefici per le esportazioni italiane. Nel 2020 è inoltre entrato in vigore l’accordo USMCA tra Stati Uniti, Messico e Canada che intensifica ulteriormente l’integrazione dei tre paesi che conformano il mercato produttivo nordamericano e nei canali preferenziali di scambio commerciale. L’accordo, in aggiunta alla posizione geografica e al costo della manodopera, consolida il Messico come paese ideale per investimenti produttivi e l’esportazione di prodotti verso l’America del Nord e l’America Latina.

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GRASSI: «INDIVIDUARE LE COMPETENZE DA DECENTRARE ALLE REGIONI»

Per il Presidente del Consiglio delle Rappresentanze Regionali e per le Politiche di Coesione Territoriale di Confindustria é auspicabile una devoluzione focalizzata su “ambiti di materie” funzionali alle peculiarità territoriali e all’effettiva capacità delle rispettive amministrazioni di esercitarle

Mentre l’Europa scommette sul mettere insieme le potenzialità dei differenti paesi, nel nostro torna in agenda l’autonomia differenziata. Quali potrebbero essere gli impatti sul Mezzogiorno e, più in generale, per l’economia italiana?

Per rispondere a questa domanda è doverosa una premessa. L’autonomia differenziata costituisce un principio costituzionale, in sé meritevole di attuazione. Se ben calibrata, essa può rappresentare un’occasione per rafforzare la competitività e valorizzare le specificità dei territori. In Confindustria guardiamo quindi con interesse a un’attuazione del regionalismo differenziato che, senza aumentare i divari tra le Regioni, rafforzi i territori nel solco dei principi di sussidiarietà, unità, efficienza e solidarietà. Inoltre, il dibattito attuale potrebbe e dovrebbe essere l’occasione per riaprire il confronto sul Titolo V della nostra Costituzione, che a distanza di 22 anni dalla sua riscrittura, mostra ormai con chiarezza alcune “crepe”, tra contraddizioni e lacune normative, incertezze interpretative e inattuazioni. Si pensi soltanto, ad esempio, che solo ora sembra avviarsi il percorso per l’individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) e che non ha ancora trovato attuazione quanto previsto dall’art. 119, vale a dire la creazione del fondo perequativo che dovrebbe compensare gli squilibri “sofferti” dai territori con minore capacità fiscale. Peraltro, il superamento di queste due lacune rappresenta, a mio avviso, una condizione necessaria per avviare il percorso verso un’autonomia differenziata “giusta”.

Quanto potrebbe rivelarsi inefficace, se non dannoso, che scelte strategiche per l’economia nazionale, come quelle nel campo dell’energia e delle infrastrutture, vengano decentralizzate? E quelle relative a sanità e istruzione?

Se da un lato il regionalismo differenziato può costituire un’opportunità per i territori, dall’altro è necessario porre grande attenzione alle materie – o agli ambiti di materie – che saranno oggetto di devoluzione. Per noi c’è un punto irrinunciabile: alcune materie strategiche, che contribuiscono a creare le condizioni per la competitività e lo sviluppo debbono essere “gestite” a livello nazionale, se non addirittura europeo, per garantire efficienza, ma anche omogeneità normativa e amministrativa e condizioni di partenza più simili, a tutela del mercato. Mi riferisco, per citare gli esempi più eclatanti, alle infrastrutture energetiche e di trasporto e, più in generale, ai servizi a rete, nonché al commercio con l’estero. Materie che necessitano di meccanismi di coordinamento, volti anche a superare veti o inerzie, che possono essere assicurati solo da una gestione unitaria, strettamente connessa, peraltro, agli orientamenti europei. Sarebbe opportuno, poi, individuare le attribuzioni devolute alle Regioni secondo un approccio graduale. Infatti, modifiche massive delle competenze legislative e amministrative potrebbero impattare in negativo sull’assetto delle organizzazioni regionali, a danno della loro stessa efficienza. In quest’ottica, sarebbe auspicabile una devoluzione focalizzata – più che su intere materie – su “ambiti di materie” (come peraltro previsto dal DDL Calderoli) funzionali alle peculiarità territoriali e all’effettiva capacità delle rispettive amministrazioni di esercitarle, individuando, quindi, specifici spazi di competenza regionali e spazi, invece, lasciati alla competenza statale.

Della rivendicazione regionale del residuo fiscale cosa ne pensa?

Credo sia un tema da ricondurre a una logica di rivendicazione politica, più che alla costruzione di un percorso equilibrato di attuazione della norma costituzionale in tema di autonomia differenziata. Si tratta, infatti, di un tema sensibile, molto discusso sia a livello politico che tra gli esperti, ma che non risulta, a oggi, all’ordine del giorno della discussione sull’autonomia, tant’è che non è richiamato, né regolato dal “DDL Calderoli” in quanto, su un piano generale, il trattenimento del residuo fiscale può rappresentare una soluzione disallineata rispetto alle esigenze e ai principi di perequazione, che a loro volta, com’è ormai chiaro a tutti, rappresentano alcuni dei criteri cui deve uniformarsi l’attuazione della norma costituzionale sul regionalismo asimmetrico.

L’attuazione del PNRR potrebbe essere ostacolata da questo processo di riforma?

Il PNRR è un piano di riforme e di investimenti caratterizzato, sin dalla sua ideazione, da un forte protagonismo del livello nazionale. Per assicurare il raggiungimento degli obiettivi del piano, quindi, ritengo che l’attuazione dell’autonomia differenziata dovrebbe tener conto anche del fatto che un passaggio di competenze dal livello centrale a quello regionale potrebbe, in questa fase storica, generare incertezze nell’attribuzione delle competenze e, di conseguenza, potenziali ritardi nell’attuazione. È uno dei motivi per cui riteniamo vada privilegiato un approccio graduale e al tempo stesso flessibile nell’individuazione delle materie, per garantire un “passaggio di consegne” fluido e coordinato, anche nell’ottica del rispetto degli impegni presi con l’Unione Europea.

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Al via la nuova call per startup di VITA, l’acceleratore digital health Rete Nazionale Acceleratori di CDP Venture Capital

Aperta la seconda call per startup di VITA, l’Acceleratore interamente dedicato al mercato della digital health, nato su iniziativa di CDP Venture Capital e realizzato insieme a Healthware Group, azienda associata a Confindustria Salerno, e Accelerace, che gestiscono operativamente il programma. 

L’acceleratore vede inoltre il coinvolgimento di Zambon con il suo research venture Zcube, in qualità di Innovation Partner, di Petrone Group e SIFI Group come Corporate Partner, e di Orrick in qualità di Technical Partner.

Per il programma 2023, VITA selezionerà fino a 10 startup in fase early stage con soluzioni innovative in grado di trasformare il settore salute o interessate a collaborare con i partner dell’acceleratore nei seguenti ambiti: oftalmologia, disturbi neurologici del movimento, malattie respiratorie, malattie rare, salute delle donne, servizi di telemedicina e di telefarmacia, odontoiatria e igiene orale e distribuzione farmaceutica.

Le startup selezionate riceveranno un investimento di 110 mila euro e accederanno a un percorso di accelerazione di 5 mesi durante il quale saranno seguite da mentor ed esperti del settore per migliorare il proprio modello di business. I migliori team potranno accedere ad un follow up fino a 400 mila euro.

Il nuovo programma inizierà a giugno 2023 e avrà una durata di 5 mesi, alternando sessioni online e attività in presenza presso Palazzo Innovazione, sede italiana di Healthware Group e nuovo modello di coworking nel centro storico di Salerno, e OpenZone, il campus scientifico di Zambon alle porte di Milano interamente dedicato alla salute.

La call si rivolge a startup italiane e internazionali che intendano aprire una sede legale in Italia e sarà aperta fino al 17 aprile. Le candidature sono aperte qui: https://www.vitaaccelerator.it/apply

Il 3 febbraio scorso si è svolto online e negli spazi di Casa Angelini, l’headquarter di Angelini Industries, il Demo Day di VITA. Infatti, sostenere il programma d’accelerazione anche Angelini Ventures, venture capital arm di Angelini Industries, che si aggiunge all’ampio network di Ecosystem Partner istituzionali, scientifici e del mondo venture capital.

L’evento ha visto la partecipazione in presenza di oltre 100 ospiti tra investitori, startup, aziende life sciences e esperti e professionisti del settore. Tra i vari relatori, sono intervenuti: Sergio Marullo di Condojanni – CEO di Angelini Industries, Stefano Molino – Responsabile Fondo Acceleratori di CDP Venture Capital, Roberto Ascione – CEO & Founder di Healthware Group.

Il Demo Day è stata un’occasione per conoscere le 5 startup, selezionate tra le oltre 120 candidature ricevute da 20 diverse nazioni, che hanno completato con successo la prima edizione del programma di VITA, ricevendo un primo investimento di 110 mila euro e un potenziale follow-on sino a 400 mila euro.

Le soluzioni di digital health spaziano da tecnologie innovative per la riabilitazione visiva per pazienti ipovedenti cerebrolesi a dispositivi per il monitoraggio dello stato di salute dei bambini fino a sistemi innovativi per lo screening e il trattamento di disturbi cognitivi come la dislessia.

Le startup sono giunte al Demo Day dopo un percorso di 4 mesi durante il quale, grazie al supporto di oltre 50 esperti e professionisti del mondo digital health, sono state impegnate in momenti di mentorship e coaching, workshop di business training, eventi di networking e sessioni di lavoro con le aziende Corporate e Innovation partner per la realizzazione di progetti pilota da testare sul mercato.
Il programma ha alternato sessioni online con incontri in presenza a Palazzo Innovazione a Salerno.

Le startup del primo batch dell’acceleratore VITA che hanno presentato le proprie soluzioni al Demo Day sono:

• Evotion ha sviluppato uno smart wearable per il monitoraggio dello stato di salute dei bambini attraverso la rilevazione dei parametri biometrici principali e offrendo un monitoraggio costante anche durante il sonno.
• HuCare è una piattaforma sicura che consente la comunicazione tra pazienti e medici per semplificare i flussi di informazioni nominali e sensibili.
• InGeno è la prima piattaforma che, combinando test del DNA con algoritmi proprietari, elabora soluzioni personalizzate a problemi di salute ed esigenze di bellezza e benessere.
• Linari Medical sviluppa la tecnologia innovativa brevettata AvDesk per la riabilitazione visiva a distanza per pazienti ipovedenti cerebrolesi.
• Paperbox Health propone una soluzione “end-to-end” per rendere totalmente accessibile ed efficace l’identificazione precoce e l’intervento preventivo dei disturbi cognitivi infantili.

Per maggiori informazioni sul programma di accelerazione e sulle modalità di partecipazione alla nuova call, è possibile consultare il sito www.vitaaccelerator.it.

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CER, OLTRE L’INDIVIDUALISMO

La CCIAA di Salerno potrebbe favorire le Comunità Energetiche Rinnovabili contribuendo a finanziare studi di fattibilità, che rappresentano l’investimento iniziale di cui devono farsi carico

Sul territorio salernitano si sta lavorando per rendere presto realtà le Comunità Energetiche Rinnovabili. Quale potrebbe essere il ruolo delle Camere di Commercio?

C’è molto interesse per questo strumento che può rivelarsi prezioso per lo sviluppo dell’economia del nostro territorio e foriero di un nuovo modo di ragionare per e tra le imprese. La Camera potrebbe favorire le CER contribuendo a finanziare gli studi di fattibilità, che rappresentano l’investimento iniziale di cui la CER deve farsi carico. Nel caso di Buccino, Confindustria Salerno ci ha manifestato l’interesse di un gruppo di imprese di costituire una CER. La stessa proposta, in futuro, potrebbe arrivare anche da altre associazione di imprese energivore con grossi spazi disponibili per l’installazione degli impianti. La Camera vuole sostenere tale iniziativa non solo per gli effetti benefici che potrebbe comportare ma anche per enfatizzare la positività che c’è dietro a questo approccio, capace finalmente di  superare frammentazioni e individualismi che tanto hanno nuociuto alla crescita del nostro territorio. La sinergia è la chiave giusta per lo sviluppo.

Avete pensato a misure di sostegno mirate per il caro energia?

Attualmente due sono gli interventi allo studio. Il primo potrebbe essere un voucher per audit energetici, in grado di restituire all’azienda una diagnosi puntuale sui consumi e sulle soluzioni per un miglioramento in termini di efficientamento energetico. La seconda, invece, l’istituzione di uno sportello di consulenza che consenta alle imprese di leggere nel modo corretto la bolletta energetica, così da ricevere informazioni e soluzioni specifiche per l’ottimizzazione delle fatture.

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DECARBONIZZAZIONE, ELETTRIFICAZIONE E DIGITALIZZIONE: I TRE PILLAR DI ENEL

L’impegno del Gruppo per rendere ogni comunità energetica un vero e proprio ecosistema efficiente e sostenibile. Ne parliamo con Roberto Marconi, Key Account Manager Flexibility Solutions Enel X Italia

 

Ingegner Marconi, complice la fame energetica e lo slancio del PNRR nel favorire la diffusione delle modalità di autoproduzione e autoconsumo collettivo, le Comunità energetiche rinnovabili cominciano a diffondersi anche nel nostro Paese. Ma cosa sono le Cer e quali sono i vantaggi di aderire a una comunità energetica per cittadini e imprese?

Grazie al recepimento della Direttiva Europea RED II (2018/2001/UE), anche in Italia è possibile sviluppare modelli associativi tra cittadini, attività commerciali, pubbliche amministrazioni locali e PMI che decidono di unire i propri sforzi con l’obiettivo di produrre, scambiare e consumare energia da fonti rinnovabili su scala locale. Le CER stimoleranno l’autonomia energetica e la decarbonizzazione delle aree industriali, riducendo il costo energetico e rendendo sempre più sostenibile l’uso della rete elettrica locale. È importante infatti che tutta l’energia rinnovabile prodotta dagli impianti interni alla CER sia consumata contemporaneamente, così da minimizzare gli impatti sulla rete elettrica e massimizzare l’incentivo ricevuto. In sintesi, quindi i vantaggi si riassumono in:

  • Economici – gli incentivi per l’energia prodotta e autoconsumata creano un “reddito energetico” da redistribuire;
  • Ambientali – riduzione della CO2 e annullamento delle perdite di rete;
  • Sociali – l’aggregazione sociale stimola i partecipanti alla condivisione rivolta alla sostenibilità urbana, diventando così protagonisti della transizione energetica.

Qual è la differenza tra sistemi di autoconsumo e una CER?

Il sistema di autoconsumo collettivo premia il comune interesse di utenze collocate tutte in un unico edificio, si presta quindi ad avere benefici limitati dalle effettive capacità di generazione e consumo al di sotto di un unico tetto. La Comunità energetica rinnovabile, invece, estende questo confine fino a tutto il territorio coperto dalla stessa cabina elettrica primaria, permettendo quindi di disporre di un portafoglio di utenze differenziato e soprattutto di capacità di generazione rinnovabile più ampia.

Enel ha una grossa tradizione nelle rinnovabili ma, nello specifico, qual è il ruolo di Enel X in una Comunità Energetica Rinnovabile tipo?Roberto Marconi

Enel X, che ha da sempre l’obiettivo di velocizzare l’innovazione e guidare la transizione energetica, si pone come importante acceleratore del processo di diffusione delle comunità energetiche rinnovabili. Possiamo offrire ai soggetti interessati le soluzioni e i servizi per dar vita e far crescere in modo virtuoso la comunità energetica: dalla realizzazione degli impianti fotovoltaici alla creazione e gestione tecnico/economica della comunità stessa, dal monitoraggio dello stato di servizio della comunità agli stimoli all’elettrificazione dei consumi attraverso tecnologie efficienti (pompe di calore, piani cottura a induzione ecc.) e piattaforme digitali. Per rendere ogni comunità energetica un vero e proprio ecosistema efficiente e sostenibile.

La burocrazia pesa molto nell’avvio di una CER?

Il modello necessita di una particolare attenzione e conoscenza di dettaglio della materia, in modo da poterne assicurare l’avvio e la corretta gestione per gli interi 20 anni di vita. Enel X offre la migliore expertise in tal senso, derivante dai diversi progetti che stiamo studiando in Italia e all’Estero.

Il limite dei 1000 kilowatt di produzione massima non è un freno allo sviluppo delle comunità energetiche tra imprese?

La forte propensione alla elettrificazione dei consumi richiederà, in un futuro ormai prossimo, importanti quantità di energia rinnovabile, soprattutto nelle vicinanze di aree industriali, per questo il limite ad 1MW per ciascun impianto potrebbe non essere il miglior risultato per la minimizzazione dei costi di realizzazione.

Quali regole tecniche sono necessarie per calibrare bene gli impianti perché produzione e consumo si equivalgano o quasi?

Lo scopo della CER è la “socializzazione” della produzione e del consumo di energia rinnovabile locale quindi, fondamentale, sarà lo sviluppo della sua capacità generativa in risposta ai fabbisogni energetici sottostanti: nessun kWh dovrà essere prodotto senza che ci sia un utente ad attenderlo.La CER di Enel X deve essere vista come vivente, nasce con un suo progetto “ancora” e si sviluppa massimizzando gli sforzi di tutti coloro che manifestano il loro interesse, anche in tempi diversi!

In Sardegna avete portato a compimento un importante progetto. È un modello ideale e scalabile quello realizzato?

Le CER si rivolgono, tra l’altro, anche alle PA, così da rendere “sociale” l’energia che può essere generata attraverso le superfici nella loro disponibilità, aumentando il contrasto alla povertà energetica e sviluppando un supporto alle attività imprenditoriali del luogo. Il caso Sardegna si inserisce proprio in questo contesto; per Enel è ulteriore motivo di orgoglio perché sta investendo molto nel progetto Sardinia Isola Verde, che mira a renderla la prima regione Carbon Neutral di Italia.

Green e digitale offriranno nei prossimi anni nuovi spazi di occupazione. Anche le CER possono creare nuovo lavoro?

Assolutamente sì! La transizione energetica in Enel viene declinata secondo 3 pillars: Decarbonizzazione, Elettrificazione e Digitalizzazione; riteniamo quindi che il futuro sostenibile di questo Paese, come per l’intero pianeta, non potrà prescindere dalle skill innovative che le nuove generazioni saranno capaci di iniettare nel mondo del lavoro.

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Magaldi Power, terza generazione alla guida. Il nuovo Ceo Paolo Magaldi: “Moltiplicheremo le soluzioni brevettate nei diversi settori industriali”

Paolo Magaldi, ceo Magaldi Power

Paolo Magaldi, 44 anni, è il nuovo Ceo di Magaldi Power, leader mondiale nella progettazione e produzione di sistemi per la movimentazione di materiali ad altissima temperatura nei settori industriali (metallurgico, siderurgico, lavorazione dei metalli, cemento, energia). 

Fondato nel 1929 a Buccino, in provincia di Salerno, il Gruppo Magaldi, associato a Confindustria Salerno, è presente oggi in più di 50 Paesi e ha sedi operative in Stati Uniti, Messico, Emirati Arabi, India e Australia. L’azienda ha 200 dipendenti, di cui il 50% ingegneri, per un fatturato complessivo tra 40 e 50 milioni milioni di euro. Da sempre orientata all’innovazione, l’azienda ha depositato 55 brevetti internazionali.

Nel 2021 nasce, in seno al gruppo, Magaldi Green Energy, focalizzata alla ricerca, allo sviluppo, alla produzione ed alla commercializzazione di tecnologie innovative nel settore della generazione e dello stoccaggio di energia pulita.

Giunta alla terza generazione, la governance di Paolo Magaldi segue quella di suo padre, il Cavaliere del Lavoro Mario Magaldi e del nonno Paolo, fondatore del Gruppo.

«Ho la fortuna – afferma Paolo Magaldi – di essere guidato da un Presidente ed un Consiglio di Amministrazione composto dalla mia famiglia: Letizia Magaldi, Raffaello Magaldi, Mario Magaldi, da Gianmatteo Nunziante e manager di elevatissima qualità e competenza. È grazie a questa unità che siamo un’indiscutibile forza. Nei novanta anni e più di storia, il Gruppo si è saputo reinventare con dinamicità più di una volta, ridisegnando per intero il mercato di riferimento, il prodotto e l’organizzazione».

«Coltivo il sogno di moltiplicare le soluzioni brevettate in altrettanti settori industriali, e diventare uno standard indiscusso per quei processi dove i nostri prodotti offrono la migliore delle alternative disponibili, e la strada tracciata è quella giusta. Oggi – continua Paolo Magaldi – siamo divenuti una boutique metalmeccanica industriale che adatta le sue tecnologie brevettate per il trasporto meccanico di materiali sfusi ai processi che richiedono soluzioni affidabili, nel pieno rispetto dell’ambiente».

L’attuale portfolio prodotti del Gruppo rispecchia l’impegno aziendale in R&S, coprendo un’ampia gamma di materiali (fusioni, rottami metallici, ceneri, clinker, ecc.) che possono essere trasportati in modo efficiente e sostenibile.

Parallelamente alla realizzazione di sistemi all’avanguardia per la movimentazione di materiale sfusi, la Magaldi si è orientata anche al settore della produzione di energia da fonti rinnovabili e al settore dell’accumulo di energia (storage) attraverso le cosiddette “batterie di sabbia”.

Lo sviluppo e l’implementazione di queste tecnologie a basso impatto ambientale e ad alta efficienza energetica si inserisce a pieno titolo nel modello di business aziendale orientato a generare innovazione sostenibile e, più in generale, ad entrare nel percorso globale di transizione energetica e decarbonizzazione.

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Bomba d’acqua a Mercato San Severino, danni all’azienda Grafica Metelliana. L’AD Gerardo Di Agostino: “Le nostre denunce rimaste inascoltate”

Le ingenti piogge, cadute sul territorio della Valle dell’Irno, hanno causato danni all’azienda poligrafica Grafica Metelliana SpA, nell’area industriale di via Sibelluccia a Mercato San Severino. Intorno alle ore 11 di ieri mattina, l’acqua precipitata iniziava a non defluire, cingendo gli esterni dell’azienda.

In pochissimo tempo, la situazione è precipitata a causa dell’esondazione del canale Rio San Rocco, proveniente da Fisciano, che corre lungo il perimetro sud-est dell’azienda.

L’esondazione, causata dall’ostruzione dovuta ai detriti e agli arbusti ammassati nel canale, ha provocato l’allagamento dell’intero piano terra dell’opificio, che ospita la produzione, gli uffici e il magazzino.

Acqua, fango e detriti hanno raggiunto, nei punti più critici, l’altezza di 20 cm, causando danni ingenti alle materie prime, in prevalenza carta, a semilavorati e prodotti finiti, nonché il fermo della produzione e del reparto tecnico-commerciale. Ancora in corso la conta dei danni.

Sul posto sono intervenuti i carabinieri della stazione di Mercato San Severino, il comando di Polizia locale e il Consorzio di Bonifica Integrale Comprensorio Sarno per gli accertamenti del caso.

Dopo oltre quattro ore di lavoro incessante, è stato possibile riprendere l’attività di produzione nei locali, in cui sono tutt’ora evidenti i segni dell’allagamento.

“Non è la prima volta che una bomba d’acqua così violenta colpisce quest’area, provocando l’esondazione del fiume e l’allagamento della nostra azienda. Era già accaduto nel 2015 – dichiara l’AD di Grafica Metelliana Gerardo Di Agostino – e tutta la nostra squadra ha lavorato alacremente anche stavolta per ripristinare la situazione nel minor tempo possibile e a loro va il mio ringraziamento, unitamente agli uomini delle forze dell’ordine sopraggiunte. Abbiamo denunciato più volte lo stato di incuria del fiume a tutte le autorità competenti. L’ultima, in ordine di tempo, due settimane fa. Abbiamo addirittura segnalato la nostra volontà di partecipare ai costi di pulizia e messa in sicurezza dell’alveo. È alta la mia preoccupazione per la serenità dei miei dipendenti, in un comparto fortemente compromesso dall’aumento del costo della materia prima e dell’energia. Avvieremo tutte le azioni necessarie affinché si possa fare chiarezza su quanto accaduto e si possa intervenire per evitare esiti ben più drammatici in futuro”.

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Decreto Trasparenza: obblighi informativi e privacy dei dipendenti

Le nuove disposizioni, in vigore dal 13 agosto 2022, con l’obiettivo di innalzare le tutele dei lavoratori, ampliano il corredo informativo da rendere agli stessi al momento dell’instaurazione del rapporto di lavoro, in maniera tale da informarli dei diritti e doveri che ne conseguono in relazione agli aspetti principali del contratto

Con la Circolare n. 19 del 20 settembre 2022, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (d’ora in avanti, per brevità, “ML”) ha fornito indicazioni interpretative su taluni specifici profili degli obblighi informativi introdotti dal Decreto Legislativo n. 104 del 27 giugno 2022 di attuazione della direttiva (UE) 2019/1152 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019, relativa a condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili nell’Unione europea (cosiddetto “Decreto Trasparenza”).

Tali indicazioni fanno seguito a quelle già contenute nella circolare dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro n. 4 del 10 agosto 2022 e hanno l’obiettivo di approfondire le modifiche maggiormente innovative del quadro regolatorio preesistente che, non a caso, sono state destinatarie di molteplici richieste di chiarimento. Le nuove disposizioni, in vigore dal 13 agosto 2022, avendo l’obiettivo di innalzare le tutele dei lavoratori, vanno principalmente ad ampliare, seguendo il dettato della normativa europea, il corredo informativo da rendere agli stessi al momento dell’instaurazione del rapporto di lavoro, in maniera tale che essi siano informati dei diritti e doveri che ne conseguono in relazione agli aspetti principali del contratto. L’intervento normativo contiene, inoltre, alcune prescrizioni minime relative alle condizioni di lavoro come stabilito dalla normativa precedente. La circolare del ML si sofferma su diversi profili specifici: retribuzione, orario di lavoro programmato, previdenza ed assistenza, durata massima del periodo di prova e gli ulteriori obblighi informativi nel caso che il datore di lavoro utilizzi sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati.

Questi ultimi sono previsti dall’articolo 1-bis del d.lgs. n. 152/1997, inserito dall’articolo 4, lett. b), del Decreto Trasparenza. Il comma 1, in particolare, prevede che «Il datore di lavoro o il committente pubblico e privato è tenuto ad informare il lavoratore dell’utilizzo di sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati deputati a fornire indicazioni rilevanti ai fini della assunzione o del conferimento dell’incarico, della gestione o della cessazione del rapporto di lavoro, dell’assegnazione di compiti o mansioni nonché indicazioni incidenti sulla sorveglianza, la valutazione, le prestazioni e l’adempimento delle obbligazioni contrattuali dei lavoratori. Resta fermo quanto disposto dall’articolo 4 della legge 20 maggio 1970, n. 300».

Preme ricordare che, già in virtù dell’art. 13 del Regolamento europeo per la protezione dei dati personali (Reg. UE 679/16 – cd. GDPR), il datore di lavoro (Titolare del trattamento) è tenuto a fornire al dipendente (“interessato”) informazioni circa «l’esistenza di un processo decisionale automatizzato, compresa la profilazione di cui all’articolo 22, paragrafi 1 e 4, e, almeno in tali casi, informazioni significative sulla logica utilizzata, nonché l’importanza e le conseguenze previste di tale trattamento per l’interessato».

Il «quid novi», introdotto dal Decreto Trasparenza, riguarda l’obbligo per il datore di lavoro di informare il lavoratore sull’adozione di sistemi decisionali e di monitoraggio automatizzati durante tutto il rapporto di lavoro.

Nello specifico, il datore di lavoro o il committente è tenuto a fornire al lavoratore, prima dell’inizio dell’attività lavorativa, le seguenti ulteriori informazioni: gli aspetti del rapporto di lavoro sui quali incide l’utilizzo dei sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati; gli scopi, la logica, il funzionamento, dei citati sistemi, le categorie di dati e i parametri utilizzati per programmare o addestrare i medesimi sistemi, inclusi i meccanismi di valutazione delle prestazioni, le misure di controllo adottate per le decisioni automatizzate, gli eventuali processi di correzione e il responsabile del sistema di gestione della qualità, nonché, infine, il livello di accuratezza, robustezza e cybersicurezza degli strumenti di cui trattasi, unitamente alle metriche utilizzate per misurare tali parametri, nonché gli impatti potenzialmente discriminatori delle metriche stesse (art. 1 bis, comma 2).

È previsto, inoltre, l’obbligo del datore di lavoro o del committente di integrare l’informativa con le istruzioni per il lavoratore in merito alla sicurezza dei dati e l’aggiornamento del registro dei trattamenti riguardanti le attività per le quali sono utilizzati i sistemi decisionali e di monitoraggio automatizzati (art. 1 bis, comma 4). Tali obblighi informativi, chiarisce la circolare ML, sorgono a carico del datore di lavoro che utilizza i sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati sostanzialmente in due ipotesi: 1. quando i sistemi di cui trattasi realizzano un procedimento decisionale in grado di incidere sul rapporto di lavoro; 2. quando tali strumenti incidono sulla sorveglianza, la valutazione, le prestazioni e l’adempimento delle obbligazioni contrattuali dei lavoratori (ad es. tablet, dispositivi digitali e wearables, gps e geolocalizzatori, sistemi per il riconoscimento facciale, sistemi di rating e ranking).

La prima ipotesi sussiste anche nel caso di intervento umano meramente accessorio e riguarda, ad esempio, i casi di assunzione o conferimento dell’incarico tramite l’utilizzo di chatbots durante il colloquio, la profilazione automatizzata dei candidati, lo screening dei curricula, l’utilizzo di software per il riconoscimento emotivo e test psicoattitudinali. Altri casi esemplificativi riguardano la gestione o cessazione del rapporto di lavoro con assegnazione o revoca automatizzata di compiti, mansioni o turni, definizione dell’orario di lavoro, analisi di produttività, determinazione della retribuzione, promozioni, etc., attraverso analisi statistiche, strumenti di data analytics o machine learning, rete neurali, deep-learning. In tutti i casi citati, il Decreto Trasparenza richiede che il datore di lavoro rilasci idonea e completa informativa.

Diversamente, chiarisce la circolare, non sarà necessario procedere all’informativa nel caso, ad esempio, di sistemi automatizzati deputati alla rilevazione delle presenze in ingresso e in uscita, cui non consegua un’attività interamente automatizzata finalizzata ad una decisione datoriale. Il comma 3 dell’art. 1 bis in esame stabilisce, inoltre, la possibilità per il lavoratore di accedere ai dati, direttamente o per il tramite delle rappresentanze sindacali aziendali o territoriali, nonché di richiedere ulteriori informazioni concernenti gli obblighi di informativa precisati al comma 2, sui quali il datore di lavoro o il committente sono tenuti a rispondere per iscritto entro trenta giorni. Il successivo comma 6 chiarisce che «le informazioni e i dati di cui ai commi da 1 a 5 del presente articolo devono essere comunicati dal datore di lavoro o dal committente ai lavoratori in modo trasparente, in formato strutturato, di uso comune e leggibile da dispositivo automatico. La comunicazione delle medesime informazioni e dati deve essere effettuata anche alle rappresentanze sindacali aziendali ovvero alla rappresentanza sindacale unitaria e, in assenza delle predette rappresentanze, alle sedi territoriali delle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e l’Ispettorato nazionale del lavoro possono richiedere la comunicazione delle medesime informazioni e dati e l’accesso agli stessi».

Quanto al trattamento sanzionatorio, lo stesso è rinvenibile nel nuovo art. 4 del D.Lgs. n. 152/1997, secondo il quale «il lavoratore denuncia il mancato, ritardato, incompleto o inesatto assolvimento degli obblighi di cui agli articoli 1, 1-bis, 2, e 3, e 5, comma 2, all’Ispettorato nazionale del lavoro che, compiuti i necessari accertamenti di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689, applica la sanzione prevista all’articolo 19, comma 2, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276», cd. “Legge Biagi”. Tale ultima disposizione, anch’essa novellata dall’art. 5, comma 4, del D.Lgs. n. 104/2022, prevede una sanzione amministrativa pecuniaria da 100 a 750 euro “per ciascun mese di riferimento”, soggetta alla procedura di diffida ex art. 13 D.Lgs. n. 124/2004. La sanzione va quindi applicata per ciascun mese in cui il lavoratore svolga la propria attività in violazione degli obblighi informativi in esame da parte del datore di lavoro o del committente. La circolare ML precisa che si tratta di una sanzione “per fasce” cosicché, ferma restando la sua applicazione per ciascun mese di riferimento, se la violazione si riferisce a più di cinque lavoratori la sanzione amministrativa è da 400 a 1.500 euro. Se invece la violazione si riferisce a più di dieci lavoratori, la sanzione va da 400 a 5.000 euro e non è ammesso il pagamento in misura ridotta e pertanto neanche la procedura di diffida ex art. 13 del D.Lgs. n. 124/2004.

Da ultimo, se la comunicazione delle medesime informazioni e dati non viene effettuata anche alle rappresentanze sindacali aziendali ovvero alla rappresentanza sindacale unitaria o, in loro assenza, alle sedi territoriali delle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, trova applicazione una sanzione amministrativa pecuniaria, anch’essa diffidabile, da 400 a 1.500 euro per ciascun mese in cui si verifica l’omissione.

Al netto delle indicazioni interpretative fornite, la circolare del ML pare non aver, in realtà, chiarito i dubbi e dissipato le critiche formulate circa la contraddittorietà e incertezza delle disposizioni del Decreto Trasparenza e la fase applicativa non potrà che rivelare la necessità di ulteriori apporti correttivi e chiarificatori.

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Muoversi facile con Babilot

Una migliore mobilità urbana grazie alle soluzioni proposte dalla startup napoletana guidata da Giuseppe Carannante, prima nella categoria IoT del Premio Best Practices per l’Innovazione 2022

 

Babilot è stata la startup vincitrice della categoria IoT dell’edizione 2022 del Premio dedicato all’innovazione di Confindustria Salerno. Come funziona il vostro dispositivo e quali esigenze soddisfa?

Babilot è una startup innovativa che rende l’Internet of Things una realtà concreta attraverso la Progettazione e lo Sviluppo di sistemi intelligenti per semplificare la vita quotidiana, creando nuovi modelli di mobilità urbana per le Smart City. Le soluzioni proposte promettono di rendere città, dispositivi e veicoli completamente interconnessi grazie all’alto livello di integrazione dei servizi.  La nostra architettura di sistema è strutturata in tre moduli: P-carpet affidabile Dispositivo IoT brevettato che rileva la presenza delle auto e dimensiona autonomamente lo spazio libero disponibile, informando in tempo reale sullo stato degli stalli di sosta e parcheggi; P-cloud la piattaforma gestionale per i nostri clienti, Comuni e parcheggi privati, che grazie alla suite di servizi offerti, garantisce un impatto rapido sulla gestione e controllo della mobilità, aumentandone la redditività, grazie alla lotta contro l’evasione dei pagamenti e la lotta contro la sosta selvaggia e non autorizzata; App dedicata che assiste i nostri user alla guida, automobilista – disabile – p. auto elettrica, contro gli inconvenienti della mobilità quotidiana, gestendo il tutto con semplici click dal proprio smartphone.

Il vostro target di riferimento qual è e quale, invece, il vostro tasso di crescita?

La startup è partner chiave delle città e delle strutture private di parcheggio, proponendo soluzioni innovative che tutelano in primis i disabili. Grazie alle interazioni con i potenziali clienti, municipalità e proprietari/gestori di parcheggi privati, oltre al target di utenti, automobilisti e disabili, abbiamo constatato che il problema è reale e sentito, nonostante le soluzioni ad oggi presenti. Ne mancava una che facesse dell’interconnessione e della digitalizzazione i propri valori aggiunti in quanto i servizi attualmente disponibili propongono informazioni e servizi frammentati, ripartiti tra le tante piattaforme e realtà. I servizi che la Babilot dedica ai disabili forniscono gli strumenti necessari per rispondere agli abusi, disagi e garantire pronta assistenza contro la “sosta non autorizzata e selvaggia” relativa all’occupazione indebita degli stalli a loro adibiti. Bisogni ed esigenze che si sono trasformati, dopo i primi confronti, in crescenti manifestazioni di interesse da parte di enti pubblici, privati e associazioni nazionali di categoria, interessati alle nostre soluzioni innovative.

Rispetto ad applicativi concorrenti in cosa si distingue il vostro?

Ad oggi per poter trovare un posto auto libero impegniamo più di 15 minuti, per non parlare delle segnalazioni relative alla sosta selvaggia subita dai disabili e disservizi vari. L’obiettivo è alleviare l’automobilista dal frustrante onere della ricerca di uno stallo di sosta libero, giusto e vicino alla propria destinazione, supportando i disabili contro la sosta non autorizzata e, allo stesso tempo, apportare benefici alle Città e ai privati attraverso dispositivi e sistemi innovativi che possano migliorare la qualità della Mobilità quotidiana. I nostri dispositivi e sensori risultano essere i più economici presenti sul mercato, i primi a essere riciclati in quanto siamo molto attenti alle politiche green e di sostenibilità, possono adattarsi a qualsiasi forma e tipologia di area di sosta. La digitalizzazione dei servizi permette un’interconnessione tra tutti questi e quindi non più singole soluzioni a “silos”, aumentando la tempestività di intervento, controllo e sicurezza stradale. Il settore della sosta è importante economicamente in quanto se il sistema generale dispone dei giusti equilibri e un Modello di business sostenibile, oltre ad assicurare un importante flusso di ricavi, è anche in grado di generare investimenti bancabili per permettere l’ampliamento dell’offerta di strutture di sosta pubblica con un ricorso minimo ai contributi pubblici. Insomma se da una parte una migliorata gestione della mobilità in ambito parking può ridurre l’inquinamento, lo stress, la qualità della vita in città e lo spreco di denaro e tempo per le municipalità, dall’altro, e non in contrapposizione, c’è la semplice voglia di non girare in tondo alla ricerca di un posto auto libero o ancor peggio vederlo occupato ingiustamente.

Generalmente tra gli elementi per avere credito il team che idea e anima un progetto risulta determinante. Il vostro da chi è costituito e che forza crede abbia oggi e, ancor di più, in prospettiva?

Il nostro team è composto da uomini e donne che amano il proprio lavoro e che ogni giorno si mettono alla prova con nuove sfide, cercando di dare il loro contributo a rendere la nostra realtà ogni giorno sempre migliore. Attualmente siamo pronti ad accogliere anche una persona affetta da disabilità, in veste di disability manager, perché chi più di chi ogni giorno subisce questi disagi può apportare un notevole valore aggiunto al team. Insomma un gruppo dinamico e in continua evoluzione!

C’è più tecnologia o più “umanità” nella vostra innovazione?

Per noi non c’è innovazione senza umanità. Siamo particolarmente attenti verso i nostri utenti cui diamo voce puntualmente attraverso questionari, interviste e campagne di sensibilizzazione.

In ambito innovazione in cosa siamo bravi in Italia?

Come popolo abbiamo una spiccata dote di creatività che, supportata da competenze tecniche, genera grandi risultati. Spirito di sacrificio e capacità di adattamento ci aiutano poi a superare le barriere create dalla burocrazia, dalla mancanza di infrastrutture e dallo scetticismo.

Di cosa ha bisogno il sistema dell’innovazione italiano per creare realtà imprenditoriali che possano avere futuro, mercato e tempo?

Tre elementi essenziali: riduzione della burocrazia, maggiore supporto alle startup in una fase di “early stage” e, infine, agevolazioni dirette a chi cerca di creare impresa innovativa.

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