Lo spettro della crisi dietro la fumata nera nel governo sulla manovra

Niente accordo nel vertice di maggioranza. Italia viva punta i piedi: vuole la cancellazione delle tasse su zucchero, plastica e auto aziendali. Conte apre. Ma Renzi gela tutti: «L'esecutivo ha il 50% di possibilità di restare in piedi».

Fumata nera sulla manovra. Col solito spettro della crisi che aleggia. Nella maggioranza restano fibrillazioni, soprattutto quando si parla di tasse. Come se non bastasse la difficile partita sulla riforma della prescrizione e il monito dell’agenzia di rating Fitch sull’incertezza politica giallorossa che agita i mercati, anche sulla legge di bilancio non si trova la quadra.

MAGGIORANZA IN BILICO AL SENATO

Un altro vertice si è trasformato in un nulla di fatto. Nel giorno in cui la Camera ha votato la fiducia al decreto fiscale con 310 sì, i renziani di Italia viva sono tornati ad alzare la posta. Chiedendo di cancellare del tutto la plastic tax, la sugar tax e la tassa sulle auto aziendali. Il centrodestra ha minacciato di votare la proposta di Iv: in quel caso la maggioranza sarebbe battuta. Allarme rosso.

RENZI DÀ «IL 50% DI POSSIBILITÀ» AL GOVERNO

Confermato ancora di più dalle parole serali di Matteo Renzi: «Se si continua così, ci sta che si torna a votare. Litigano su tutto! Noi non stiamo litigando. All’incontro di domenica quando hanno litigato noi non c’eravamo», ha detto a Piazza Pulita prevedendo «il 50% di possibilità che il governo rimanga in piedi».

CONTE PROMETTE SFORZI PER ABBASSARE LE TASSE

Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte aveva convocato tutti nel pomeriggio a Palazzo Chigi, al ritorno del ministro dell’Economia Roberto Gualtieri dall’Ecofin. Dopo due ore di vertice molto tese il premier ha chiesto ai tecnici del ministero dell’Economia e della Ragioneria dello Stato di fare «un ulteriore sforzo» per trovare le risorse per ridurre le imposte rimaste in quella che «già adesso è una legge di bilancio che non aumenta la tassazione».

LA LEGA PRONTA A VOTARE CON ITALIA VIVA

Intanto la Lega, sorniona, ha provato ad approfittarne, valutando di mettere la firma sotto le proposte di Iv. Già alla Camera i renziani hanno votato contro il carcere agli evasori del decreto fiscale: la differenza è che in Senato i numeri sono risicati e se Iv si dovesse smarcare mancherebbe la maggioranza.

Le tasse contro la plastica e lo zucchero sono un autogol per le aziende e rischiano di far licenziare 5 mila persone


Matteo Renzi

A ridosso del vertice a Palazzo Chigi Renzi aveva già fatto capire di non voler deporre le armi, con frecciatina implicita al Movimento 5 stelle: «Le tasse contro la plastica e lo zucchero “funzionano” mediaticamente per i populisti, ma sono un autogol per le aziende e rischiano di far licenziare 5 mila persone».

SI LAVORA A UNA MEDIAZIONE

All’incontro con Conte e Gualtieri la delegazione di Iv ha puntato i piedi: le urla si sono sentite anche fuori dalla stanza. Alla fine niente intesa: ci si rivede venerdì 6 dicembre e intanto si lavora a una mediazione. La tassa sulla plastica, prevista da aprile, potrebbe slittare almeno alla metà del 2020, anche se Iv cerca un rinvio al 2021.

LUPI PRONTO A RICORRERE ALLA CONSULTA

Conte dal canto suo ha respinto la narrazione di una manovra di tasse: «Siamo tutti d’accordo che va fatto un ulteriore sforzo per abbassare le imposte». Ma i giorni passano. Maurizio Lupi ha fatto già sapere che è pronto a ricorrere alla Consulta (come fece nel 2018 il Pd) se alla Camera non dovesse esserci il tempo adeguato per esaminare la legge di bilancio.

DALL’IMU ALLA CHIESA AI VIGILI: GLI EMENDAMENTI

E al Senato ancora si ragiona di emendamenti. Roberto Speranza lavora per aumentare di almeno mille le borse di studio per le specializzazioni in medicina. Dario Franceschini ha ipotizzato di estendere anche agli alberghi il “bonus facciate” al 90%. Il M5s ha proposto un emendamento per equiparare gli stipendi dei vigili del fuoco a quelli delle altre forze dell’ordine e rilanciato la proposta di un bonus fino a 250 euro per gli airbag delle moto. Elio Lannutti ha denunciato però il «veto del Pd sull’emendamento per far pagare 5 miliardi di Imu alla Chiesa». Tra grida, scontri e piedi puntati, l’alleanza giallorossa non trova mai un equilibrio.

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«Il Pd in psichiatria», bufera sull’assessore leghista Icardi

Il responsabile alla Sanità della Regione Piemonte: «Ricoverare i residuati bellici della Sinistra torinese». I dem in rivolta: «Parole deliranti».

Una «torre psichiatrica», nella quale «ricoverare i residuati bellici della Sinistra torinese». L’assessore alla Sanità della Regione Piemonte, il leghista Luigi Icardi, replica così alle critiche del Pd in materia di edilizia sanitaria. Parole messe nero su bianco in un comunicato, che scatena l’immediata reazione dei democratici, con tanto di richiesta di intervento immediato da parte del governatore, Alberto Cirio, e minacce di denunce. Dopo le foto davanti alla tomba del Duce dell’addetto stampa dell’assessora Chiara Caucino, anche lei della Lega, la giunta di centrodestra guidata da Alberto Cirio si trova a dover gestire un’altra polemica.

«RICOVERIAMO LA SINISTRA IN UNA TORRE PSICHIATRICA»

«Sto pensando di modificare il Piano di edilizia sanitaria con la costruzione di una torre psichiatrica, nella quale ricoverare i residuati bellici della Sinistra torinese», scrive Icardi, cui evidentemente non sono andate giù le critiche dell’opposizione sul Parco della Salute di Torino e sugli altri progetti di edilizia sanitaria. Un invito, quello dell’assessore Icardi, «a riportare l’attenzione alla realtà dei fatti», che ha suscitato la pronta reazione del Pd.

IL PD IN RIVOLTA

«Il presidente Cirio prenda immediatamente le distanze da queste dichiarazioni deliranti», scrive su Facebook il segretario metropolitano, «mentre noi continuiamo a lavorare per sostenere un progetto fondamentale per il futuro della sanità e della città di Torino, loro fanno battutacce da bar. Abbiamo superato ogni limite, daremo mandato ai nostri legali per verificare se sussistono le condizioni per una denuncia». Si dice «sconcertato» dalle frasi «gravemente offensive» di Icardi anche il capogruppo Pd al Consiglio regionale del Piemonte, Domenico Ravetti.

GLI APPELLI AL PRESIDENTE CIRIO

«Facciamo fatica a credere che possano essere pronunciate da un assessore regionale», sostiene parlando di «una reazione volgare nei confronti di consiglieri regionali che pongono domande e formulano critiche nell’esercizio delle loro prerogative». Un comportamento «senza giustificazioni», conclude, «chiederemo a Cirio di intervenire a tutela del Consiglio regionale. Forse Icardi non è adatto a ricoprire il suo ruolo».

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Ipo record per Saudi Aramco: vale 1.700 miliardi

Già raccolti 25,6 miliardi di dollari con l'Offerta pubblica iniziale. Superato il primato di Alibaba.

Saudi Aramco raccoglie 25,6 miliardi di dollari con l’Ipo, e mette a segno un nuovo record, superando quella di Alibaba che con la sua quotazione nel 2014 raggiunse i 25 miliardi di dollari. Il colosso petrolifero saudita ha spuntato il prezzo massimo di 32 riyal per azione a una valutazione di 1.700 miliardi di dollari. Il totale degli ordini ha raggiunto i 119 miliardi di dollari. Aramco ancora non ha comunicato quando inizieranno le negoziazioni a Riad.

I SAUDITI PUNTAVANO A 2 MILA MILIARDI

Il risultato finale è comunque diverso rispetto agli obiettivi che originariamente Aramco aveva prefissato. Inizialmente il governo saudita puntava a una valutazione di 2 mila miliardi di dollari, ma l’operazione ha sofferto un processo travagliato dopo una serie di rinvii per le incertezze sul buon esito dell’Ipo che hanno portato a ridimensionare la valutazione del colosso petrolifero saudita e a ridurre dal 5% all’1,5% le azioni in vendita. L’1% del capitale è stato destinato agli investitori istituzionali e il rimanente 0,5% al retail.

FONDAMENTALI GLI INVESTITORI SAUDITI

Aramco ha dovuto fare affidamento sugli investitori sauditi e la tranche riservata agli istituzionali ha attirato offerte per un totale di 397 miliardi di riyal. Per la tranche riservata agli investitori retail la sottoscrizione si era chiusa la scorsa settimana a quota 10,2 miliardi di dollari. L’Arabia Saudita ha fatto di tutto per assicurarsi il successo dell’Ipo: ha tagliato l’aliquota fiscale per Aramco tre volte, ha promesso il dividendo più grande del mondo e offerto bonus in azioni per investitori al dettaglio. I proventi dell’Ipo verranno trasferiti al Fondo pubblico di investimento, che a suo tempo si era imbarcato in forti investimenti, a partire dai 45 miliardi di dollari impegnati nel Fondo Vision di SoftBank e acquisendo una quota di 3,5 miliardi di dollari in Uber Technologies.

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Cosa prevede la riforma delle pensioni al centro delle proteste in Francia

Nessun innalzamento dell'età pensionistica, né tagli alla spesa previdenziale: nel mirino dei manifestanti c'è l'abolizione dei regimi speciali. Tabù intoccabile su cui Macron si gioca tutto.

Un milione e mezzo di persone sono scese in piazza il 5 dicembre in Francia per protestare contro la riforma delle pensioni. La legge, promessa dal presidente Emmanuel Macron durante la campagna elettorale che nel 2017 lo portò all’Eliseo, non prevede (almeno sulla carta) alcun innalzamento dell’età pensionistica o tagli al bilancio previdenziale. Il motivo alla base di tanto malcontento è l’introduzione di un regime universale e l’abolizione dei regimi speciali. In Francia un tabù intoccabile, impersonificato dai cheminot, i lavoratori di metro e ferrovie in testa ai cortei anti Macron.

UN REGIME UNICO AL POSTO DEI 42 ATTUALI

I contenuti della riforma sono ancora vaghi, nonché oggetto di concertazione. L’unico punto fermo è l’introduzione di un sistema universale a punti – ogni giorno di attività lavorativa viene ricompensato da un punteggio che permette di accumulare contributi pensionistici – che sostituisca i 42 regimi attuali. Il premier Edouard Philippe, che promette di fornire nuovi dettagli entro la metà di dicembre, parla di un sistema «più equo e leggibile», mentre gli oppositori temono una «precarizzazione» dei pensionati. In pratica, assicura il governo, tutti i dipendenti del settore privato e pubblico, nonché i liberi professionisti, potranno beneficiare degli stessi diritti e delle stesse condizioni, abolendo complessità e privilegi del passato. Nel corso di un recente intervento a Rodez, nel Sud del Paese, Macron ha inoltre detto che non ci saranno più pensioni sotto ai 1.000 euro per chi ha contribuito a tasso pieno durante tutta la sua carriera professionale.

ETÀ PENSIONABILE FERMA A 62 ANNI

Quanto all’età per andare in pensione, già innalzata da 60 a 62 anni durante la presidenza di Nicolas Sarkozy, non dovrebbe subire modifiche. Questo, almeno, è quanto promesso nel 2017 da Macron. Tanto che tra i falchi della maggioranza c’è chi dietro alle quinte storce il naso, considerando che il presidente rischia di giocarsi il quinquennato per una riforma considerata fin troppo prudente. Alla rivolta dei cosiddetti regimi speciali, come i macchinisti, si aggiunge anche quella delle professioni liberali, come avvocati o medici. Raramente in piazza, questi ultimi rifiutano infatti che il loro regime previdenziale finora autonomo possa fondersi nel nuovo sistema universale proposto nel rapporto dell’alto commissario alla Previdenza, Jean-Paul Delevoye, finora l’unico testo ufficiale sui cui si basano le discussioni avviate con le parti sociali ormai da circa un anno.

UNA PROTESTA CONTRO LA RIFORMA O CONTRO IL PRESIDENTE?

La riforma pensionistica, che dovrebbe progressivamente entrare in vigore a partire dal 2025, è attesa da una strada ancora lunga e tortuosa. Il premier ha espresso l’auspicio di un voto in parlamento entro la prossima estate. Secondo un sondaggio Ifop per Le Journal Du Dimanche, tre francesi su quattro vogliono riformare il sistema previdenziale armonizzando i diversi regimi, ma il 64% non ha fiducia in Macron per raggiungere questo obiettivo. E tra gli osservatori sono in molti a credere che dietro alla contesa sulle pensioni sia soprattutto lui l’obiettivo della protesta.

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Roma e Milan chiudono le porte al Corriere dello Sport dopo il caso Black Friday

I due club prendono posizione sulla prima pagina del quotidiano che ha scatenato polemiche e accuse di razzismo. Negato l'accesso ai centri tecnici fino al termine del 2019. L'Ordine dei giornalisti: «Sdegno per l'attacco ai colleghi».

Porte chiuse ai giornalisti del Corriere dello Sport fino alla fine dell’anno: lo hanno deciso Roma e Milan, dopo che il quotidiano sportivo aveva titolato nella prima pagina dell’edizione in edicola Black Friday con una foto di Lukaku e Smalling, a proposito della sfida tra Inter e Roma in programma venerdì 6 dicembre. Una scelta che aveva scatenato un vespaio di polemiche e le accuse di razzismo strisciante in arrivo anche dal Regno Unito.

«GIOCATORI, CLUB, TIFOSI E MEDIA DEVONO ESSERE UNITI CONTRO IL RAZZISMO»

I due club, in un comunicato congiunto, «condannano pubblicamente il titolo di oggi del Corriere dello Sport in prima pagina. Crediamo», si legge, «che tutti i giocatori, i club, i tifosi e i media debbano essere uniti nella lotta contro il razzismo nel mondo del calcio ed è responsabilità di tutti noi essere estremamente precisi nella scelta delle parole e dei messaggi che trasmettiamo».

«NEGATO L’ACCESSO FINO ALLA FINE DELL’ANNO»

«In risposta al titolo Black Friday pubblicato oggi dal giornale» – prosegue la nota – «la Roma e il Milan hanno deciso di negare al Corriere dello Sport l’accesso ai centri di allenamento per il resto dell’anno e hanno stabilito che i rispettivi giocatori non svolgeranno alcuna attività mediatica con il giornale durante questo periodo. Entrambi i club sono consapevoli che comunque l’articolo di giornale associato al titolo Black friday contenga un messaggio anti-razzista ed è questa la ragione per la quale sarà vietato l’accesso al Corriere dello Sport solo fino a gennaio. Restiamo totalmente impegnati nella lotta contro il razzismo».

L’ODG: «SDEGNO PER L’ATTACCO AI GIORNALISTI»

Sulla questione è intervenuto anche l’Ordine dei giornalisti, con il presidente Carlo Verna che in una nota ha commentato: «Non ci sto! Devo usare un’espressione storica nel nostro Paese per dare forza allo sdegno per ciò che sta accadendo verso i colleghi del Corriere dello Sport. Tutto quello che la Lega calcio non ha fatto e non fa contro il razzismo, con cori indecenti che impunemente si ascoltano negli stadi senza che mai una partita sia stata definitivamente fermata e senza significative sanzioni per le curve, ora si traduce in una (presunta) ‘esemplare’ squalifica per dei giornalisti che nessuna responsabilità avrebbero, ammesso che i loro capi avessero sbagliato». «A me», prosegue la nota, «non sembra proprio, forse gli inglesi, da cui sarebbe partita la polemica, si sono fermati al titolo, ma Roma e Milan, nonostante la proprietà straniera, l’italiano dovrebbero comprenderlo».

Cosa volete? Forse far dimenticare la polemica di quel dirigente della Lega calcio che piuttosto che impedire i cori razzisti voleva evitarne la percezione della gente

Carlo Verna, presidente dell’Odg

Verna ha aggiunto: «Leggo che, parlando di Lukaku e Smalling, si parla di idoli e si aggiunge che hanno imparato a stimarsi e che hanno preso posizioni forti contro il razzismo: sono i simboli di due squadre. Cosa volete? Forse far dimenticare la polemica di quel dirigente della Lega calcio che piuttosto che impedire i cori razzisti voleva evitarne la percezione della gente, con la conseguenza che il telecronista tenuto a stigmatizzarli e condannarli o l’arbitro che dovrebbe sospendere la partita siano presi per visionari da casa?». Secondo il presidente dell’Odg, «la lotta al razzismo e per il rispetto merita posizioni più serie. La sfida che lanciamo, come giornalisti, è la tolleranza zero su qualsiasi atteggiamento discriminatorio».

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Ok del Riesame: Lara Comi torna libera

Revocata l'ordinanza di arresti domiciliari all'ex eurodeputata di Fi per la maxi indagine 'mensa dei poveri'.

L’ex eurodeputata di Fi Lara Comi torna libera. Lo ha deciso il Tribunale del Riesame di Milano che, come spiegato dal suo difensore, l’avvocato Gian Piero Biancolella, che aveva presentato il ricorso, ha revocato l’ordinanza di arresti domiciliari eseguita a suo carico il 14 novembre in una tranche della maxi indagine ‘mensa dei poveri’. «Ero certo che oltre 5 ore di interrogatorio, i documenti prodotti e due ore di discussione al Riesame avevano lasciato il segno», ha spiegato il difensore.

«DIMOSTRERÒ LA MIA INNOCENZA»

«Sono molto felice e ora sono più che mai determinata a far emergere la mia innocenza»: sono queste le prime parole che la Comi ha rivolto al suo legale. Un provvedimento che, come chiarito dal difensore, «rasserena i suoi genitori» che hanno problemi di salute e ai quali, ha aggiunto l’avvocato, lei non è potuta stare a fianco, anche il giorno in cui è stata eseguita la misura.

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Il Pd insiste sull’alleanza M5s-sinistra per arginare Salvini

Franceschini: «Costruiamo un campo contro questa destra o ci ritroviamo la Lega a Palazzo Chigi». Ma l'agenzia di rating Fitch: «Le tensioni tra i giallorossi mettono a rischio il governo».

Non riescono a trovare un’intesa sulla riforma della prescrizione. Erano in disaccordo a proposito di legge elettorale, salvo poi trovare una convergenza sul proporzionale. Li divide lo ius soli. E anche in tema di nomine Rai si sono sfidati a colpi di veti incrociati. Nonostante tutto, Partito democratico e Movimento 5 stelle sembrano orientati a prolungare la loro esperienza insieme. Soprattutto da parte piddina. Dario Franceschini, ministro dei Beni e delle attività culturali e del turismo nonché capodelegazione dem nel governo Conte II, ha detto a Porta a porta: «Al di là delle differenze, bisogna arrivare alla prospettiva di un’alleanza M5s-sinistra».

IN COMUNE C’È L’AVVERSARIO DA BATTERE

Un aspetto in comune pare ci sia: l’avversario da battere. «Per fermare questa destra bisogna arrivarci, la partita è troppo delicata per fermarsi. Va costruita questa prospettiva nel Paese, un campo che eviti Matteo Salvini a Palazzo Chigi e abbia alla base dei principi etici e politici», ha aggiunto Franceschini.

«GLI ITALIANI NON SONO DIVENTATI ESTREMISTI»

Poi bisogna sempre fare i conti col consenso elettorale, visto che stando ai sondaggi il centrodestra è a un passo dal 50%. Franceschini però non crede «che gli italiani siano diventati estremisti, intercettano un sentimento, lo cavalcano e i voti vanno in quella direzione. Bisogna costruire un campo competitivo contro quella destra estrema, e siamo competitivi solo stando insieme, lo dicono i numeri».

MA L’INCERTEZZA POLITICA CREA ALLARMI

Il guaio è che stando assieme spesso si finisce a litigare. E non a caso Fitch è preoccupata per il clima di incertezza politica che persiste in Italia e che rappresenta un fattore di rischio per un’economia che resta praticamente in stagnazione. È l’allarme che si legge nel capitolo nel Global Economic Outlook pubblicato dall’agenzia di rating: «I negoziati sulla legge di bilancio del 2020 hanno messo in evidenza le tensioni politiche tra il M5s e il Pd. Le complesse relazioni tra le due formazioni rappresentano un rischio per la durata dell’esecutivo per l’intera legislatura».

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Perché il 12 gennaio è uno snodo cruciale per la legislatura

Si tratta della scadenza per la richiesta di referendum sul taglio dei parlamentari. Un bivio che avrà ripercussioni sulle prossime mosse del capo dello Stato.

Il 12 gennaio 2020 è una data da segnare in rosso nel calendario della politica. È la scadenza del termine per depositare la richiesta di referendum sul taglio dei parlamentari. E, se si volesse andare alle elezioni mantenendo l’attuale numero di deputati e senatori, le Camere andrebbero preferibilmente sciolte entro la prima metà di gennaio. Prima, cioè, del 12 gennaio. Senza contare che tre giorni dopo c’è un’altra delicatissima scadenza dal forte impatto politico: il 15 gennaio è prevista la sentenza della Corte costituzionale sul referendum per la legge elettorale chiesto da diverse Regioni.

LEGGE APPROVATA A MAGGIORANZA ASSOLUTA

Il presidente della Repubblica, trovandosi di fronte a una improvvisa crisi di governo e senza maggioranze alternative, avrebbe il dovere di sciogliere le Camere e chiamare il Paese al voto con il sistema vigente al momento, visto che l’iter della riforma costituzionale per la riduzione dei parlamentari non sarà completo fino alla fine degli adempimenti formali (leggi referendum e collegi elettorali). La legge costituzionale sulla riduzione del numero dei parlamentari è stata approvata in seconda lettura con la maggioranza assoluta (e non con quella dei due terzi). Può, dunque essere sottoposta a referendum entro il 12 gennaio su richiesta di un quinto dei membri di una Camera (65 senatori o 126 deputati), di 500 mila elettori o di cinque Consigli regionali. E al momento al Senato si contano già ben 52 firme raccolte. Se non fosse avanzata richiesta di referendum, alla scadenza dei tre mesi dalla pubblicazione del testo in Gazzetta il presidente della Repubblica dovrà pubblicare la legge entro il 12 febbraio. Se, invece, la richiesta di referendum arrivasse, la Cassazione dovrà pronunciarsi sulla sua ammissibilità.

I TEMPI (LUNGHI) PER L’ENTRATA IN VIGORE

Tra decisione ed eventuali ricorsi potranno servire tra 20 e 30 giorni. Il referendum sarà quindi indetto entro 60 giorni dall’ordinanza che lo ammette, e potrà svolgersi in una domenica compresa tra il 50esimo e il 70esimo giorno successivo al decreto di indizione. A conclusione positiva del referendum, avranno luogo proclamazione del risultato, pubblicazione della legge costituzionale e vacatio legis (complessivamente almeno 20/30 giorni), prima dell’entrata in vigore della legge stessa. Sia in caso di esito positivo del referendum sia nell’ipotesi in cui esso non venga richiesto, in base all’articolo 4 della legge sulla riduzione del numero dei parlamentari le nuove norme potranno applicarsi non prima che siano decorsi 60 giorni dalla loro entrata in vigore. In caso di mancata richiesta di referendum quindi, considerati i tempi per accertare la mancata richiesta, la pubblicazione in Gazzetta e la vacatio legis, questi 60 giorni potranno decorrere dalla prima metà di febbraio, per concludersi orientativamente entro metà aprile, quando la riduzione dei parlamentari sarà effettiva. A quel punto, il governo avrà 60 giorni per ridisegnare i collegi elettorali.

Alcuni esperti sottolineano che ipotesi diverse di scioglimento e conseguenti elezioni potrebbero far sorgere dubbi sulla rappresentatività del nuovo parlamento

In definitiva, ove venisse richiesto un referendum sulla legge costituzionale per la riduzione dei parlamentari, i tempi per l’entrata in vigore della nuova normativa potrebbero superare i 10 mesi dalla data della pubblicazione della legge elettorale. Ove il referendum non fosse invece richiesto, sembrerebbero necessari tra i cinque e i sei mesi dalla data del 12 ottobre e quindi, come ricordato, la piena operatività della norma partirebbe dal mese di aprile. Si tratta di uno snodo politico delicato: infatti alcuni esperti sottolineano che ipotesi diverse di scioglimento e conseguenti elezioni potrebbero far sorgere dubbi sulla rappresentatività del nuovo parlamento. Bisognerebbe, infatti, affrontare la non secondaria questione di un parlamento – che dovrà scegliere il nuovo capo dello Stato – eletto pochissimo tempo prima dell’operatività di una norma che ne avrebbe modificato in maniera significativa la rappresentatività.

IL NODO DELL’ELEZIONE DEL CAPO DELLO STATO

Il dubbio è che venga in tal modo gettata un’ombra sulla stessa rappresentatività del nuovo capo dello Stato, scelto da un organo numericamente diverso da quello disciplinato dalle norme che saranno vigenti al momento della sua elezione: organo costituitosi solo pochi giorni prima l’entrata in vigore delle nuove, più restrittive norme. Per questo, è l’analisi di alcuni esperti, ove si volesse procedere linearmente a nuove elezioni con l’attuale numero dei parlamentari, sarebbe meglio attivare lo scioglimento prima del 12 gennaio. Altrimenti, sia in caso di mancata richiesta di referendum sia di proposizione della richiesta stessa, lo scioglimento dovrebbe aver luogo dopo la piena operatività delle nuove norme, e quindi con il ridotto numero dei parlamentari. Nel primo caso in primavera avanzata, e nel secondo non prima del prossimo autunno.

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Fiumicino si amplia per accogliere più visitatori

Visita del presidente dell'Enac al cantiere dell'aeroporto romano. L'pbiettivo, se il cronoprogramma sarà rispettato, è aprire entro l'estate prossima.

Il presidente dell’Enac, Nicola Zaccheo, accompagnato dal management di Adr (Aeroporti di Roma), ha visitato l’aeroporto Leonardo da Vinci di Fiumicino e, in particolare, il cantiere per la realizzazione dell’ampliamento del terminal passeggeri verso est, con la costruzione dei cosiddetti molo A e avancorpo del qT1. Con l’occasione è stato avviato un confronto sulla situazione complessiva relativa allo stato di avanzamento dei lavori in corso che prevede importanti investimenti. Nella visita odierna la delegazione dell’Enac ha constatato che i lavori si trovano a un punto avanzato di realizzazione che, se il cronoprogramma verrà rispettato, ha come obiettivo sfidante quello di aprire entro l’estate prossima. L’investimento previsto è di circa 270 milioni di euro; i lavori prevedono l’ampliamento della superficie fino a 32 mila mq su due livelli, 13 nuovi finger per imbarco / sbarco passeggeri, nuove sale di imbarco, 2 nastri bagagli aggiuntivi. La realizzazione di queste opere consentirà la gestione, con criteri di efficacia e qualità, di circa 6 milioni di passeggeri. Con tale ampliamento verrà anche completata l’espansione a sud est del terminal passeggeri previsto nel contratto di programma e nel piano di sviluppo approvato.

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Mattarella concede la grazia a Bossi: chiamò Napolitano “terrone”

Annullata la pena di un anno per il reato di vilipendio al presidente della Repubblica: «Il capo dello Stato emerito non ha alcun motivo di risentimento».

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha firmato un Decreto di concessione della grazia in favore di Umberto Bossi. L’atto di clemenza individuale ha riguardato la pena detentiva ancora da espiare (un anno di reclusione) inflitta per il delitto di offesa all’onore e al prestigio del Presidente della Repubblica (vilipendio), in riferimento a fatti commessi nel 2011, quando il capo dello Stato era Giorgio Napolitano.

«NESSUN RISENTIMENTO» DA NAPOLITANO

In una nota del Quirinale si ricorda che a seguito di provvedimento della Magistratura di sorveglianza Bossi è stato affidato in prova al servizio sociale. «Nel valutare la domanda di grazia, il Presidente della Repubblica ha tenuto conto del parere favorevole espresso dal Procuratore generale e delle condizioni di salute del condannato», si legge nella nota, «nonché della circostanza che (…) il Presidente emerito Giorgio Napolitano ha dichiarato di non avere nei confronti del condannato alcun motivo di risentimento». Il fondatore della Lega era stato condannato per aver dato del «teru’n‘» a Napolitano durante un comizio per la festa invernale della Lega Nord, la «Be’rghem frecc» di Albino nel dicembre del 2011. Facendo anche battute nei confronti dell’allora premier Mario Monti.

L’INSULTO E LE CORNA

«Mandiamo un saluto al presidente della Repubblica. Napolitano, Napolitano, nomen omen, non sapevo fosse un teru’n», aveva detto accennando il gesto delle corna con la mano destra. Il comizio era stato filmato e poi trasmesso sia da televisioni sia su Youtube, e molti cittadini (oltre un centinaio) da tutta Italia avevano presentato denunce contro Bossi: alcuni di loro erano anche stati sentiti come testimoni nel corso del processo a Bergamo. Bossi era stato rinviato a giudizio con l’accusa di aver offeso l’onore e il prestigio del Capo dello Stato, oltre che di vilipendio alle istituzioni con l’aggravante della discriminazione etnica.

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Matera 2019, capitale per un giorno con il ministro Lamorgese

Sono passati 6 anni da quel 6 settembre del 2013 quando tutti i sindaci della Basilicata si diedero appuntamento nella sala Levi di Palazzo Lanfranchi per sostenere la candidatura di Matera a Capitale europea della cultura e per scattare la foto di gruppo che sarebbe poi finita nel primo dossier “Together”. Oggi tutti i sindaci della Basilicata - si legge in una nota diffusa dalla Fondazione Matera-Basilicata 2019 - si sono rivisti nello stesso luogo, anche questa volta tutti con la fascia tricolore, per chiudere simbolicamente il progetto “Capitale per un giorno” voluto dalla Fondazione Matera Basilicata 2019 in collaborazione con l’Anci Basilicata. All’incontro hanno partecipato il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, il vicepresidente della Regione Basilicata, Francesco Fanelli, il sindaco di Matera, Raffaello de Ruggieri, il presidente e il segretario generale della Fondazione Matera Basilicata 2019, Salvatore Adduce e Giovanni Oliva. Dopo i saluti di Marta Ragozzino, direttore del Polo museale della Basilicata, è stato presentato un video realizzato dalla Tgr Basilicata, con il quale si racconta in sintesi il significato di Capitale per un giorno. “È stata una esperienza straordinaria - ha detto Oliva - perché ha consentito a tutti i Comuni della Basilicata di produrre progetti di qualità coerenti con il programma di Matera 2019 e, soprattutto, di diventare una vera e propria comunità. Per l’impegno profuso i comuni lucani meritano di essere capitale non solo per un giorno ma per sempre”. Ma il progetto “Capitale per un giorno” non è l’unico che ha visto coinvolti i comuni lucani, come ha spiegato Massimiliano Burgi, referente per la Fondazione della dimensione città e cittadini. “Penso soprattutto - ha detto Burgi - al grande programma delle residenze che si è sviluppato intorno a due iniziative su base regionale, Gardentopia e Altofest. Nel primo caso abbiamo messo in relazione la riqualificazione di aree verdi dismesse con artisti di fama internazionale, nel secondo caso abbiamo invitato i cittadini a mettere a disposizione di numerosi artisti le loro abitazioni per produrre spettacoli “human specific”. In ambedue i casi abbiamo coinvolti complessivamente una trentina di comuni”. All’incontro odierno hanno partecipato anche i sindaci di Isola Capo Rizzuto e di Calitri che sono diventati capitale per un giorno nell’ambito del progetto “Trenodia” curato da Mariangela e Vinicio Capossela. Dopo l’intervento del vicepresidente della Regione Basilicata, Francesco Fanelli, il sindaco di Matera si è soffermato sull’emergenza occupazione. “Sono davvero grato a tutti i sindaci della Basilicata - ha detto de Ruggieri - per aver compreso fino in fondo il nostro cammino. I sindaci sono dei veri e propri missionari che impiegano il loro tempo per far guadagnare ai comuni quello che io chiamo profitto sociale, ovvero la possibilità per i cittadini di vivere nella piena coesione e condivisione. Un obiettivo non facile in una terra come la nostra dove manca il lavoro. Occorre il massimo impegno di tutti per rafforzare le possibilità occupazionali dei nostri giovani e ridurre il rischio spopolamento molto forte nei nostri piccoli comuni”. Il presidente della Fondazione Matera-Basilicata 2019, Salvatore Adduce, nel ripercorrere il tragitto che ha portato a “Capitale per un giorno” ha sottolineato “lo straordinario impegno di tutti i sindaci che ha prodotto risultati molto al di là delle pur ambiziose previsioni. È stata un’occasione per migliorare la qualità delle proposte incentivando la produzione di eventi originali e interpellando la scena creativa locale e nazionale. Voglio rimarcare, infine, non solo l’impegno dei singoli sindaci, ma anche quello di alcuni comuni che si sono messi insieme creando reti molto interessanti anche per il futuro”. La giornata si è conclusa con l’intervento del ministro Lamorgese: “Voglio ringraziare tutti i sindaci lucani per essere qui oggi. Lo dico sempre: il ministero dell’Interno deve essere la casa dei sindaci, deve avere un ruolo di ascolto e di confronto. Oggi vedo con soddisfazione che è la Basilicata una regione sempre più conosciuta. Un traguardo reso possibile dal lavoro di squadra fatto in questi anni. Il fatto che siamo tutti qui presenti e vedere tutte le fasce tricolori sono motivi di grande orgoglio. Nel decreto fiscale abbiamo aumentato l’indennità dei sindaci. Solo un piccolo segnale, ma tante altre cose faremo per valorizzare il ruolo dei comuni”. Subito dopo il presidente della Fondazione e il ministro hanno consegnato l’attestato di partecipazione al progetto “Capitale per un giorno” a tutti i sindaci presenti. Inoltre, tutti i sindaci hanno colto l’occasione anche per firmare il “Manifesto della comunicazione non ostile”, una carta che elenca dieci princìpi utili a migliorare lo stile e il comportamento di chi sta in Rete. Il Manifesto della comunicazione non ostile è un impegno di responsabilità condivisa. Vuole favorire comportamenti rispettosi e civili. Vuole che la Rete sia un luogo accogliente e sicuro per tutti.
 

Contrabbando di sigarette, illegali 5 sigarette su 100

Lo studio di Intellegit e British American Tobacco Italia illustra il danno erariale di 730 milioni di euro in Italia. Napoli regina del fenomeno

Ben 5,5 sigarette su 100 consumate in Italia sono di provenienza illecita (rispetto ai primi 9 mesi del 2019). Questi i dati che emergono dalla chiara fotografia scattata dallo studio integrato sul contrabbando di sigarette in Italia, giunto alla sua terza edizione su scala nazionale, presentato oggi, 5 dicembre 2019 a Roma presso Terrazza Civita e realizzato da Intellegit, start-up sulla sicurezza dell’Università degli Studi di Trento, con il contributo di British American Tobacco (BAT) Italia

“Flussi, rotte e luoghi del contrabbando di sigarette: le principali caratteristiche dei traffici illeciti in Italia” è questo il titolo dello studio curato da Andrea Di Nicola, professore di Criminologia e Giuseppe Espa, professore di Statistica Economica, fondatori di Intellegit. Un focus che, incrociando i più recenti dati disponibili dalle diverse fonti (Sun Report KPMG, Empty Pack Survey, Mystery Shopper, Istat, Guardia di Finanza, dati BAT), propone un’analisi dettagliata delle rotte, dei punti di transito, dei luoghi di consumo e di sequestro delle sigarette di contrabbando in Italia oltre che un approfondimento su alcune delle città più rappresentative del fenomeno, tra cui Napoli definita la “regina del contrabbando”

Presenti all’incontro, moderato dal giornalista Marco Ludovico, oltre ai curatori dell’indagine anche il Senatore Vincenzo Presutto, il Gen. B. Gabriele Failla, Comandante Provinciale della Guardia di Finanza di Napoli e Roberta Palazzetti, Presidente e AD di BAT Italia.

CONTRABBANDO, UN DANNO EUROPEO

Un fenomeno criminale molto complesso quello del contrabbando delle sigarette che genera ingenti danni per l’Erario. Si stima infatti che le perdite per le casse dello Stato italiano (IVA e accise mai versate) siano state di circa 730 milioni di euro nel solo 2018. Danno che si ripercuote anche sulla salute dei cittadini, sulla sicurezza del Paese e dell’Unione Europea che in media all’anno perde circa 10 miliardi. Si perché non parliamo dell’Italia come un caso isolato ma come anello di una catena più ampia che posiziona il nostro Paese al 19° posto in Europa (prima la Grecia con il 24%, seguono Irlanda al 21%, Lettonia al 20% e Francia al 14%). Un fenomeno che si conferma sostanzialmente stabile rispetto agli anni precedenti e che appare fortemente legato ai differenziali di prezzo dei prodotti leciti che in altri Paesi, come Ucraina e Bielorussia, arrivano a costare 4,26/4,35 euro in meno rispetto al prezzo medio di un pacchetto in vendita nel mercato legale in Italia (circa 4,90 euro). 

NAPOLI, REGINA DEL CONTRABBANDO

Il Sud Italia detiene il triste primato di terra per eccellenza del contrabbando delle sigarette in Italia. Senza dubbio, come dimostra lo studio, la città più impattata è Napoli, storicamente considerata la capitale italiana del contrabbando di sigarette, dove oggi circa 1 pacchetto su 4 è di origine illecita. Secondo i dati dello studio, l’incidenza del contrabbando a Napoli risulta di gran lunga superiore rispetto alla media nazionale, con picchi che vanno oltre il 50% nel 2015 e 2016 e, comunque, mai al di sotto del 10%. Dalla metà del 2018 si registra un trend in lieve calo. Al secondo posto della classifica nera Trieste (poco oltre il 20%), in virtù della vicinanza con il confine con la Slovenia in cui un pacchetto costa in media 1,25€ in meno rispetto all’Italia. A seguire Casoria (20% circa), Torre del Greco e Giugliano in Campania

DA DOVE PROVENGONO LE SIGARETTE ILLECITE?

I pacchetti di sigarette che arrivano in Italia di contrabbando provengono principalmente dal canale duty free (circa il 40%), quelli che sono privi del tassello fiscale. Inoltre, le sigarette illecite arrivano dall’Ucraina (11,4% del totale) e transitano attraverso hub in Polonia e Romania, trasportate prevalentemente su gomma, prima di raggiungere l’Emilia-Romagna (via Trieste), dove vengono smistate e spedite in tutta Italia. I flussi provenienti da altri Paesi come Spagna e Grecia seguono, invece, le rotte via mare, entrando attraverso i porti siciliani o quelli del versante adriatico (come Ancona, Bari e Brindisi).

ARRIVA COMBAT, L’APP CHE RICONOSCE I MARCHI CONTRAFFATTI

Quest’anno, partendo dall’importante lavoro di catalogazione di tutti i marchi di illicit whites realizzato lo scorso anno e che ancora oggi rappresenta un unicum a livello Europeo, è stata creata da Intellegit l’app COMBAT che permetterà alle forze dell’ordine di identificare, catalogare, trovare, raccogliere e condividere ogni informazione utile relativa a questa tipologia di pacchetti di contrabbando, come ad esempio il marchio “Regina” che nel 2018 rappresentava il 15% del mercato illegale Italiano.

BAT Italia ha donato durante la presentazione dello studio la app sviluppata da Intellegit alla Guardia di Finanza di Napoli grazie alla quale i finanzieri potranno consultare agevolmente il catalogo, costruito ad hoc, contenente dettagli su ciascun marchio di contrabbando rilevato in Italia. COMBAT propone, inoltre, un modulo attraverso il quale le forze dell’ordine potranno inviare segnalazioni georiferite sul ritrovamento di potenziali illicit whites non ancora contenute nel catalogo o di altri marchi, con trasmissione delle informazioni alla banca dati e conseguente aggiornamento del database centrale. Tra i marchi noti spicca Marlboro, che da meno del 19% nel 2017 ha raggiunto il 29% del totale del mercato illegale italiano nei primi 6 mesi del 2019. 

PUBBLICO E PRIVATO INSIEME PER CONTRASTO E PREVENZIONE 

«Grazie allo straordinario lavoro delle forze dell’ordine e alle politiche equilibrate del regolatore, il contrabbando di sigarette in Italia oggi non raggiunge i livelli di Grecia (24%), Irlanda (21%) o Inghilterra (20%) ma si assesta su livelli più bassi, ovvero tra il 5% ed il 7% – ha commentato Roberta Palazzetti, Presidente e Amministratore Delegato di BAT Italia – Purtroppo però le ultime rilevazioni confermano ancora una volta come si tratti di un fenomeno che reagisce in modo immediato agli incrementi di prezzo sul mercato legale. In particolare, a seguito degli aumenti di prezzo dell’industria seguiti al recente incremento delle accise così come definito dalla legge di bilancio 2018, si è registrato nel 3° trimestre 2019 un innalzamento dell’incidenza dell’illecito dal 4,9% al 6,2%. La legge di Bilancio attualmente in discussione sembra prevedere anche quest’anno ulteriori sacrifici per il nostro settore senza considerare, apparentemente, l’inevitabile conseguenza di favorire così il mercato illecito che in Italia, in media, priva l’Erario di circa 800 milioni l’anno. Forze dell’ordine e magistratura svolgono quotidianamente un’eccellente e straordinaria opera di contrasto, ma servono strumenti e dotazioni idonee: forse è qui che lo Stato dovrebbe investire risorse, invece di puntare a fare cassa solo sul settore legale delle sigarette, così come potrebbe soddisfare l’esigenza di stabilizzazione o incremento del gettito attraverso incrementi fiscali rivolti ad altri prodotti del settore come quelli a tabacco riscaldato, anche perché il rischio è che la coperta si riveli essere troppo corta. Con inevitabili ricadute sulla filiera tabacchicola che, grazie ai suoi 50.000 lavoratori e alle sue 3.000 aziende agricole in tutto il territorio nazionale, fornisce un importante contributo alle finanze dello Stato. E con il tabacco che, tra accise e Iva, assicura un gettito pari a circa 14 miliardi di euro l’anno. Da diversi anni sosteniamo la necessità di un approccio integrato tra pubblico e privato per realizzare efficaci attività di contrasto e prevenzione, e siamo orgogliosi della nostra continua e concreta collaborazione con la Guardia di Finanza e la Direzione Nazionale Antimafia per supportare le Istituzioni nella lotta all’illegalità e ai traffici illeciti».  

BAT E GUARDIA DI FINANZA, UNA PROFICUA COLLABORAZIONE

Nel corso dell’evento British American Tobacco Italia ha consegnato al Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Napoli anche 5 autovetture, nel quadro del protocollo d’intesa che sancisce una lunga e proficua collaborazione tra BAT e le forze dell’ordine. Un accordo avviato nel 2015 e che al 2021 prevede la donazione complessiva di 35 auto, con l’obiettivo di contribuire fattivamente a potenziare le attività di prevenzione e di contrasto.

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Pacco bomba al Viminale da un nostalgico di Salvini

L'episodio risale a fine ottobre. L'ordigno è stato disinnescato, ma poteva esplodere. Era avvolto da ritagli di giornali che inneggiavano al ritorno del leghista all'Interno. Solidarietà di Pd e Raggi alla ministra Lamorgese.

Tensione politica permanente che è sfociata in atto intimidatorio. E poteva finire peggio. Un pacco bomba destinato al Viminale è stato infatti intercettato nell’ufficio smistamento delle Poste in via Ostiense, a Roma, e disinnescato dagli artificieri della polizia.

INNESCO CON BATTERIE: POTEVA ESPLODERE

Il ritrovamento, di cui scrive il sito di Leggo, risale a fine ottobre. Stando a quanto confermano gli investigatori, il pacco poteva esplodere: all’interno c’era innesco con batterie collegato a un contenitore con della polvere pirica.

ESCLUSA LA MATRICE ANARCO-INSURREZIONALISTA

Sono partite le indagini, ma dai primi accertamenti svolti dalla Digos e dall’Antiterrorismo, coordinati dalla procura di Roma, si escluderebbe una matrice anarcoinsurrezionalista. Secondo Leggo dentro la busta che avvolgeva la bomba c’erano alcuni ritagli di quotidiani che auspicavano il ritorno di Matteo Salvini al Viminale.

DECISIVO L’ESAME AI RAGGI X

Il plico era indirizzato genericamente al «ministero dell’Interno», senza che vi fosse indicato un destinatario. A intercettarlo è stato uno degli impiegati delle Poste, insospettito da ciò che aveva visto quando il pacco è stato esaminato ai raggi x. Dall’ufficio postale hanno immediatamente chiamato gli artificieri, che hanno analizzato il pacco e disinnescato l’ordigno.

IL PD: «CRESCONO GLI EPISODI PREOCCUPANTI»

Dopo la notizia sono arrivati i primi commenti di solidarietà. Il Partito democrartico con una nota di Roberta Pinotti ha scritto: «Siamo vicini al ministro Lamorgese e alle donne e agli uomini che lavorano al Viminale, per il grave gesto intimidatorio. Rivolgiamo il nostro ringraziamento alle forze dell’ordine per la costante azione in difesa della sicurezza dei cittadini e delle istituzioni, che, anche in questo caso, ha consentito di evitare danni alle persone. Negli ultimi mesi stiamo assistendo a un crescente numero di episodi preoccupanti, tesi a creare tensione e allarme. Quanti perseguono tali obiettivi, sappiano che le istituzioni repubblicane sono salde e non si faranno intimorire».

RAGGI: «SI FACCIA SUBITO CHIAREZZA»

Su Twitter la sindaca di Roma Virginia Raggi ha espresso «solidarietà al ministro dell’Interno Luciana Lamorgese e a tutti i dipendenti del ministero. Il pacco bomba destinato al Viminale è un episodio inquietante. Si faccia subito chiarezza. Le istituzioni sono unite e non si lasciano intimidire».

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Nancy Pelosi annuncia la messa in stato di accusa di Donald Trump

La speaker della Camera: «Nessuno è al di sopra della legge». La replica del presidente: «Avrò un processo giusto al Senato».

«Donald Trump sarà messo in stato di accusa». Con queste parole la speaker della Camera, la dem Nancy Pelosi, ha dato il disco verde alla redazione degli articoli di impeachment. Pelosi ha chiesto alla commissione giustizia della Camera di redigere gli articoli, sostenendo che il presidente ha violato seriamente la Costituzione.

«AVRÒ UN PROCESSO GIUSTO AL SENATO»

«Se avete intenzione di mettermi in stato d’accusa, fatelo ora e velocemente, in modo che possiamo avere un processo giusto in Senato», ha twittato per tutta risposta Donald Trump rivolgendosi ai dem, annunciando che in Senato «avremo Schiff (il presidente della commissione Intelligence della Camera, ndr), i Biden, Pelosi e molti altri a testimoniare e riveleremo, per la prima volta, quanto corrotto è il nostro sistema. Sono stato eletto per pulire la palude e questo è ciò che farò», ha aggiunto.

«L’IMPEACHMENT DIVENTERÀ ROUTINE»

E ancora: «I democratici, nullafacenti e di estrema sinistra, hanno appena annunciato che cercheranno di mettermi in stato d’accusa su niente. Hanno appena abbandonato la ridicola ‘cosa’ di Mueller (l’inchiesta sul Russiagate, ndr), quindi ora appendono il cappello su due telefonate totalmente appropriate (perfette) con il presidente ucraino». «Questo», ha aggiunto, «significa che l’importante e quasi mai usato atto dell’impeachment sarà usato in modo abituale per attaccare i futuri presidenti».

BIDEN: «TESTIMONIERÒ SOLO CON UN MANDATO»

Joe Biden, frontrunner dem nella corsa alla Casa Bianca, ha citato da Trump nel suo tweet come testimone ha detto in ogni caso che non si presenterà spontaneamente (senza ricevere un mandato, ndr) se verrà chiamato in Senato nell’eventuale processo di impeachment, come preannunciato da Trump. «Non gli consentirò di distogliere l’attenzione dai suoi crimini», ha detto.

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La presidenza del G20 può essere una svolta vera per l’Arabia saudita

Potrebbe essere un fondamentale trampolino per aprire il Paese al mondo, sia dal punto di vista democratico, sia per dare di sé l'immagine di una Potenza credibile.

Il primo dicembre scorso l’Arabia Saudita ha assunto la presidenza del G20, il gotha economico-finanziario del mondo, per i prossimi 12 mesi. La notizia che in sé non sarebbe né positiva né negativa essendo assegnata a turno a ciascun paese membro del Gruppo, ma trattandosi di un Paese per molti versi oggetto di giudizi contrastanti e prevalentemente critici, soprattutto nel mondo occidentale, pensavo che avrebbe offerto l’occasione per un qualche commento/approfondimento di merito.

Per la verità vi sono stati diversi richiami a questo Paese, ma per macabra ironia essi sono stati focalizzati su un’altra vicenda, l’orrenda uccisione del giornalista Jamal Khashoggi avvenuta giusto un anno addietro, il 2 dicembre del 2018, se le ricostruzioni fatte all’epoca saranno mai convalidate da prove, dato che il cadavere non è stato trovato, né intero né a pezzi.

Ma si sa che la cronaca, soprattutto se relativa ad un delitto efferato – tanto più se associato in qualche modo ad un potente rampollo di casa reale ed erede al trono di una monarchia assoluta– attrae ben più di evento di politica internazionale. Salvo, beninteso, che non riguardi un importante politico italiano, invitato a Riad a fine ottobre a una tavola rotonda sul tema What’s next in economic diplomacy and G20? nella cornice della Future Investment Initiative – la cosiddetta Davos del deserto – assieme al britannico David Cameron.

RIAD DEVE CONVINCERE IL MONDO DI ESSERE UNA POTENZA CREDIBILE

Intendiamoci, lungi da me cercare di dare dell’Arabia Saudita un’immagine edulcorata, ma la lista degli Stati che calpestano i più elementari diritti umani e con i quali abbiamo o vorremmo avere buoni rapporti bilateralmente e come membri dell’Unione europea è molto lunga. Da Mosca a Pechino passando da Caracas a Nuova Delhi, passando per Ankara che ha proprio in Recep Erdogan il grande accusatore della Casa reale saudita e del principe ereditario Mohammed bin Salman, in particolare. Lo facciamo in nome del supremo “interesse nazionale”.

Il G20 offre a Riad un’occasione per imprimere una svolta alla sua stagione di riforme previste nella vasta e ambiziosa Vision 2030

Lasciamo dunque da parte questa schizofrenia moralistica e soffermiamoci sull’evento del G20 che ha una duplice valenza: da una parte perché offre a Riad un’occasione per imprimere una svolta alla sua stagione di riforme previste nella vasta e ambiziosa Vision 2030 che finora è stata fatta calare dall’alto del potere assoluto della Casa reale, la quale non ha avuto e non ha remore nel corredarle di atti repressivi a tutto campo a danno di quanti lottano per introdurre semi produttivi di democrazia. Dall’altra perché nei 12 mesi che seguono sarà chiamata a convincere il mondo, o almeno le altre 19 potenze del pianeta, di essere una credibile forza globale, e non solo economicamente, nella privilegiata situazione di trovarsi al crocevia di Asia, Africa ed Europa.

IL PROCESSO DI TRASFORMAZIONE DEL PAESE VOLUTO DAI SAUDITI

Tre sono in quest’ottica gli sbocchi perseguiti da Riad:

  • Dare più potere alla popolazione, con particolare riferimento alle donne e ai giovani;
  • Salvaguardare il pianeta;
  • Tracciare nuove frontiere specialmente sul terreno dell’innovazione e della tecnologia.

Si tratta di tre mete assai impegnative, molto di più dei risultati raggiunti finora nell’apertura del Paese al mondo che la Casa reale riassume, tra l’altro e in estrema sintesi, nella scomparsa dalle strade della polizia religiosa, dalla cancellazione del bando della musica, della danza e del divertimento, dell’accoglienza dei turisti, dalla autorizzazione data alle donne di guidare un’auto al viaggiare senza il permesso del “guardiano” maschio, di svolgere attività lavorative in continua espansione, etc.. Tutte cose vere e di fatto quasi rivoluzionarie in quel Paese, ma ben lontane dagli standard occidentali.

Il 2020 ANNO DELLA VERITÀ PER L’ARABIA SAUDITA

Il 2020 sarà dunque un anno della verità per questo Paese che ha già annunciato di aver invitato, oltre alle principali organizzazioni internazionali – dalle Nazioni Unite al Fondo monetario internazionale dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico al Gruppo della Banca mondiale, dall’Organizzazione mondiale della sanità all’Organizzazione mondiale del commercio.

Da destra, il ministro degli Esteri giapponese Toshimitsu Motegi e quello dell’Arabia Saudita, il principe Faisal bin Farhan al-Faisal, durante il G20 di Nagoya.

Dalla Fao al Consiglio per la stabilità finanziaria all’Organizzazione internazionale del lavoro – una serie di organizzazioni regionali quali il Fondo monetario arabo (Amf), la Banca islamica per lo sviluppo, la Repubblica socialista del Vietnam in qualità di presidente dell’Associazione delle Nazioni del Sud-Est asiatico (Asean), la Repubblica del Sudafrica, in qualità di presidente dell’Unione africana (Ua), gli Emirati Arabi Uniti, in qualità di presidente del Consiglio di cooperazione del Golfo (Ccg), e la Repubblica del Senegal in qualità di presidente del Nuovo partenariato per lo sviluppo dell’Africa (Nepad). Saranno poi organizzati un centinaio di eventi e conferenze, tra cui riunioni a livello ministeriale e riunioni di funzionari e rappresentanti della società civile.

LA VOLONTÀ DI EMANCIPARSI DAL PETROLIO

Insomma, la presidenza del G20 si prospetta come un fondamentale trampolino per aprire il Regno saudita al mondo, cominciando dall’inaugurazione della prima stagione turistica aperta ai visitatori asiatici e occidentali non musulmani, e proseguendo in un’onda lunga di investimenti, tanti investimenti, per uscire dal ghetto, ancorchè dorato, del petrolio. La quotazione dell’Aramco in Borsa non è stata una travolgente vittoria, ma ha fatto toccare con mano i termini del realismo per un Paese che dal petrolio si vuole emancipare. Una bella sfida il cui esito è tutt’altro che scontato. Lo vedremo e nell’attesa accontentiamoci di un duplice evento sportivo in chiave nostrana ed europea: la finale di Supercoppa italiana il 22 dicembre a Riad e la partenza da Gedda, il 5 gennaio, della prima Parigi-Dakar nei deserti arabici.

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Gruppo Marcegaglia acquisisce la Palini & Bertoli

L’azienda di Udine comprata dalla russa Evraz SA. Crédit Agricole CIB è stata partner dell’operazione come M&A advisor e structuring & issuing bank.

La Palini & Bertoli torna ad essere italiana. L’azienda è stata comprata dal gruppo Marcegaglia, attraverso la sua controllata Marcegaglia Plates,  acquistando il 100% del capitale di Evraz. Palini & Bertoli conta 108 dipendenti e 216 milioni di fatturato, specializzata nella produzione di lamiere da treno con oltre 400 mila tonnellate di acciaio lavorate ogni anno.

Con la nuova acquisizione, che si inserisce nel piano di rafforzamento del gruppo metalsiderurgico mantovano, Marcegaglia Plates darà vita a un nuovo polo industriale in grado di trasformare con 200 addetti 1 milione di tonnellate d’acciaio l’anno, per un controvalore superiore ai 500 milioni di euro.

La società acquisita, che ha preso il nome di Marcegaglia Palini & Bertoli, potrà beneficiare grazie alla nuova proprietà, oltre che di investimenti volti a potenziare la sua struttura produttiva, anche di importanti sinergie operative e commerciali.

La transazione, che ha consentito a un’azienda italiana di ritornare a essere da russa ancora italiana,  è stata perfezionata sulla base di un “entreprise value” di 40 milioni di euro e si è avvalsa del supporto degli advisor e degli studi legali VTB Bank/LCA (per Marcegaglia) e Crédit Agricole/DLA Piper (per Evraz).

Crédit Agricole CIB è stata partner dell’operazione curando gli interessi di due clienti: agendo come M&A advisor per Evraz, ma anche come structuring&issuing bank per Marcegaglia, per il trasferimento delle garanzie dal venditore al compratore. Entrambi sono stati molto soddisfatti del lavoro svolto, confermando come gli interessi contrapposti siano stati perfettamente gestiti in una soluzione condivisa e buona per entrambe le parti

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Chiesto il processo per il tesoriere della Lega

Al centro dell'inchiesta, un presunto finanziamento illecito da 40 mila euro concordato, tra il 2015 e il 2016, con l'allora patron di Esselunga Caprotti.

I pm di Milano Stefano Civardi e Gianluca Prisco hanno chiesto il rinvio a giudizio per il tesoriere della Lega Giulio Centemero per un presunto finanziamento illecito da 40 mila euro concordato, tra il 2015 e il 2016, con il patron di Esselunga Bernardo Caprotti (morto nel 2016). Finanziamento che doveva andare all’associazione ‘Più voci’, di cui Centemero era legale rappresentante, ma che sarebbe andato al Carroccio per rimpinguare le casse di Radio Padania. L’inchiesta era stata chiusa a ottobre.

Stando ai pm, Caprotti e Centemero avevano concordato un finanziamento di 150 mila euro, ma alla fine i soldi incassati dal Carroccio per risanare le casse di Radio Padania sarebbero stati “solo” i 40 mila euro contestati

Stando alle indagini della procura milanese, inizialmente Caprotti e Centemero avevano concordato un finanziamento per ‘Più voci‘ di 150 mila euro e poi, però, alla fine i soldi incassati dal Carroccio per risanare le casse di Radio Padania sarebbero stati “solo” i 40 mila euro contestati nell’imputazione. Gli inquirenti, infatti, avrebbero trovato traccia di bonifici dalla ‘Più voci’ verso Radio Padania. Dopo la richiesta di processo, verrà fissata l’udienza preliminare al termine della quale il giudice deciderà se mandare o meno a giudizio Centemero.

L’ALTRA INDAGINE SUL CASO PARNASI

Centemero, capogruppo della Lega in Commissione Finanze e tesoriere del Carroccio, è anche indagato, tra l’altro, nell’inchiesta romana, chiusa nelle scorse settimane, su un presunto finanziamento illecito da 250 mila euro, sempre all’associazione ‘Più voci’, da parte dell’imprenditore romano Luca Parnasi. Fascicolo della procura di Roma che vede indagato anche Francesco Bonifazi, ex tesoriere del Partito democratico, poi passato nelle fila di Italia Viva, per un altro presunto finanziamento illecito da Parnasi.

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Scontri in Francia nel giorno dello sciopero contro la riforma delle pensioni

Alta tensione a Parigi, dove i black bloc sono entrati in azione danneggiando vetrine e e dando fuoco ai cassonetti: fermate 41 persone.

Alta tensione a Parigi, in occasione dello sciopero contro la riforma delle pensioni varata dal governo di Emmanuel Macron. Scontri lungo il percorso del corteo con destinazione République: nei dintorni della grande piazza, dove hanno preso posizione centinaia di black bloc con il volto coperto, sono stati dati alle fiamme alcuni cassonetti e i pompieri sono stati costretti a intervenire. I casseur hanno lanciato sassi contro le vetrine, con la situazione che è fatta sempre più tesa. Un gruppo di black bloc, composto da almeno 500 individui vestiti di nero, si è appostato all’angolo del boulevard Magenta e Place de la République, nel cuore della capitale, inscenando scontri e provocazioni con gli agenti di polizia costretti a replicare.

LA POLIZIA HA FERMATO 41 PERSONE

Un grande rogo si è stagliato al centro di place de la République. Lì i black bloc hanno dato alle fiamme materiale di cantiere, arredo urbano e cassonetti proprio in corrispondenza di un ingresso della metropolitana, che è chiusa dal mattino. Alcuni giovani vestiti di nero e con il volto coperto si sono arrampicati sul monumento nel centro della piazza. Al momento sono 41 le persone fermate dalla polizia per le violenze a margine della manifestazione. Secondo la questura, sono invece 71 le persone controllate dalla polizia e 9.350 i controlli preventivi.

DISAGI PER TUTTO IL FINE SETTIMANA

Intanto, la città si prepara a un fine settimana di pesanti disagi su metro e bus. I sindacati della Ratp la compagnia che gestisce il trasporto pubblico parigino, hanno infatti annunciato che lo sciopero indetto per oggi contro la riforma delle pensioni di Emmanuel Macron verrà prorogato «fino a lunedì» per «la quasi totalità dei lavoratori in sciopero». La mobilitazione, già molto forte in questo ‘giovedì nero’ dei trasporti, con collegamenti praticamente paralizzati, sarà «la stessa fino a lunedì», ha riferito Thierry Babec, rappresentante di Unsa, primo sindacato della Ratp.

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Matera 2019 in audizione pubblica al Parlamento europeo

Si è parlato anche di Matera 2019 ieri a Bruxelles, presso l’edificio Altiero Spinelli, durante l’audizione pubblica su “Le Capitali Europee della Cultura: impatti, sfide e prospettive” davanti alla Commissione per la cultura e l’istruzione del Parlamento europeo.

Nel corso dell’incontro, moderato dalla presidente della Commissione Sabine Varheyen che è stata in visita a Matera insieme ad altri eurodeputati a fine ottobre, sono state raccontate le esperienze di precedenti capitali europee della cultura come Donostia / San Sebastian 2016, Pilsen 2015, Pécs 2010, Riga 2014 e quella in fase di chiusura di Matera 2019.

A parlare del percorso di Matera 2019 è stata la manager sviluppo e relazioni della Fondazione Matera Basilicata 2019, Rossella Tarantino, che ha illustrato “come una piccola città del Sud abbia voluto lanciare la sfida di produrre cultura coinvolgendo i suoi cittadini e facendo dialogare i creativi locali con gli artisti internazionali. Un’esperienza raccolta nel Manifesto della co-creazione in fase di produzione – ha aggiunto Tarantino - che sarà presentato al presidente del Parlamento europeo, David Sassoli, il 20 dicembre in occasione della cerimonia di chiusura dell’anno di Matera Capitale Europea della Cultura. Una buona pratica, quella di unire locale e globale, da suggerire anche alle future città capitali”.

Nel corso dell’audizione, Tarantino ha sottolineato anche “l’esigenza, condivisa da diverse Ecoc, di creare una rete strutturata e ufficiale delle capitali europee della cultura, funzionale sia a condividere e scambiare esperienze che a promuovere e comunicare i progetti delle diverse città a livello internazionale”.

Schwazer ricorre alla giustizia svizzera contro la squalifica del Tas

Il marciatore chiede la sospensione degli otto anni di stop inflittagli alla vigilia delle Olimpiadi di Rio. Sullo sfondo i crescenti sospetti di manipolazione delle urine avvalorati dal Gip di Bolzano.

Lo aveva annunciato e ora è ufficiale: il marciatore Alex Schwazer, oro a Pechino 2008, si è rivolto alla giustizia ordinaria svizzera e ha chiesto la sospensione della squalifica di otto anni per doping inflittagli dal Tribunale arbitrale dello sport nell’agosto 2016, alla vigilia delle Olimpiadi di Rio. Una squalifica – la seconda dopo quella del 2012 a Londra, con la positività ammessa dallo stesso Schwazer – arrivata dopo che il 15 dicembre 2015 Alex aveva testimoniato al processo contro i medici della Federazione internazionale.

IL CONTROLLO ANTIDOPING A SORPRESA DI CAPODANNO

Lo stesso giorno, la Iaaf aveva ordinato un controllo antidoping a sorpresa, che in effetti avvenne il primo gennaio 2016 alle 7 del mattino nella casa altoatesina del marciatore, che in quel periodo si allenava con il maestro di sport del Coni Sandro Donati, da decenni in prima linea nella lotta contro il doping. Schwazer, scegliendo un allenatore come Donati, intendeva infatti dimostrare non solo di essere «pulito», ma di essere anche competitivo, come dimostrarono i tempi registrati ai Mondiali di Roma della primavera 2016 che gli permisero di staccare il pass per le Olimpiadi: Alex vinse la 50 chilometri di marcia, prima gara dopo la lunga squalifica post Londra di tre anni e nove mesi, con il tempo di 3 ore e 39 minuti, secondo miglior risultato stagionale a livello mondiale.

L’IPOTESI FONDATA DI UNA MANIPOLAZIONE DELLE PROVETTE

La seconda positività del campione venne però comunicata solo a giugno, alla vigilia della gara olimpica in Brasile, quando il Tas di Losanna decise di squalificare Alex per otto anni, di fatto interrompendo la sua carriera. Il caso si è poi spostato in tribunale a Bolzano, dove si cerca di capire se l’atleta si sia realmente dopato di sua volontà o se qualcuno l’abbia, invece, incastrato. Il Gip di Bolzano, Walter Pelino, ha ritenuto fondata l’ipotesi della manipolazione delle urine usate per il controllo antidoping che portò Schwazer alla squalifica e ha ordinato numerose perizie. Per cercare di arrivare a un punto fermo il giudice ha disposto anche dei prelievi su 50 atleti volontari, un fatto mai verificatosi prima in un processo per doping. Novità dal processo sono attese nella primavera del 2020. Ora arriva l’istanza al Tribunale federale della Confederazione elvetica di Losanna. Intanto Schwazer continua ad allenarsi e culla il sogno di poter partecipare alle Olimpiadi di Tokio 2020.

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