Il richiamo di Mattarella ai partiti: «Basta scontri, progettate il futuro»

Lungo intervento del presidente davanti ai rappresentanti delle istituzioni. Appello alle forze politiche per superare le logiche di perseguimento del consenso e lavorare al bene comune combattendo per il lavoro e l'ambiente.

Politica è responsabilità civile e la responsabilità vuole che i partiti dialoghino per risolvere i problemi dei cittadini. Ma soprattutto le forze politiche devono uscire dalla logica dello scontro quotidiano mostrando «lungimiranza», progettando misure di ampio respiro per risolvere i tanti problemi del Paese. Il tutto condannando l’intolleranza che è uno dei virus della democrazia. Ennesimo richiamo di Sergio Mattarella al governo, ai partiti, alla politica tutta che da troppo tempo vive nel presente, tra scontri continui, incapace di disegnare il futuro. Invece «il futuro è qui, è già cominciato e scrive sulle pagine del nostro presente».

L’APPELLO PER IL FUTURO «CHE È GIÀ QUI»

Nel salone dei Corazzieri del Quirinale il presidente della Repubblica vola alto ma picchia duro e la ricchissima platea di alte cariche dello Stato ascolta, forse tenendo a bada qualche senso di colpa. Nessun riferimento all’attualità della politica viene dal presidente, ma il suo pubblico j’accuse è chiarissimo. «Il futuro è già qui», ha ripetuto quasi a voler accertarsi che tutti intendano, «e per questo chi governa deve confrontarsi con lungimiranza, sulle prospettive, sull’ampio orizzonte del futuro». E «questa consapevolezza», ha aggiunto subito, «deve interpellare chi assume responsabilità politiche, istituzionali, di governo e chi, dall’opposizione, vi si confronta». Tutti, quindi. maggioranza e opposizione, pur nella logica delle loro posizioni partitiche, devono ascoltarsi, confrontarsi e poi lavorare per costruire futuro. Forse, ma questo Mattarella non l’ha detto, smettendola di pensare sempre solo alle prossime ineluttabili elezioni, nazionali o regionali che siano.

LA CITAZIONE DI ALDO MORO PER UNA POLITICA DI COLLABORAZIONE

Basta quindi con odio e intolleranza, con l’ossessivo aumento dei decibel perchè «una società attraversata da lacerazioni profonde corre un grave pericolo». Il capo dello Stato si è rivolto a una platea bipartisan dalla quale si sono notate le assenze dei due Matteo, Salvini e Renzi, e di Silvio Berlusconi: «chi riveste ruolo istituzionali deve avvertire la responsabilità di farlo in nome e per conto di tutti i cittadini». E poi la citazione di Aldo Moro quasi a ricordare l’esempio dei Grandi della Repubblica: «Sappiamo che la politica comporta anche scontri» ma serve anche oggi «la comune accettazione di essenziali ragioni di libertà, di rispetto e di dialogo». Si tratta di un “classico” del settennato Mattarelliano che è stato speso nell’infaticabile opera di richiamo a una politica concreta ma gentile, sempre al servizio del cittadino e mai solo della propria bandiera.

APPELLO PER DIFENDERE IL BENE COMUNI DI TUTTI

Il presidente ha sentito l’esigenza di almanaccare concetti che sarebbero banali in una società sana: «il bene comune è bene di tutti, nessuno escluso. E chi amministra la cosa pubblica, chi è chiamato al compito di governare esprime certo gli orientamenti della maggioranza ma con il dovere di rispettare e garantire la libertà e i diritti degli altri, delle minoranze. Questa è», ha ricordato, «l’essenza della democrazia, che richiede rispetto reciproco». In estrema sintesi, è ora che la politica esca dai recinti del mero consenso, dimostri coraggio e senso civico. Un richiamo che dimostra quale sia la preoccupazione del Quirinale per le «lacerazioni» tuttora aperte che sono state inferte al tessuto sociale del Paese.

L’APPELLO PER LAVORO E AMBIENTE

Per dare corpo alla sua analisi il presidente ha portato alla riflessione due esempi forti di cosa significhi progettare il futuro di una nazione: lavoro e ambiente. «La prolungata fase di debolezza dell’economia ha inciso pesantemente sul’apparato produttivo del nostro Paese, con pesanti conseguenze occupazionali e gravi fenomeni di disgregazione sociale. Ecco la missione per cui combattere e il nemico da sconfiggere insieme: il lavoro che manca, quel lavoro indicato come fondamento della nostra Repubblica». E ancora di più la progettualità della politica si dovrà inevitabilmente confrontare con l’ambiente: «oggi i mutamenti climatici fanno apparire fragili ed esposti i nostri territori, insicure le popolazioni. E questo cambiamento è evidente e dirompente. Serve una nuova cura del territorio».

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Di Maio dice che Lannutti non guiderà la commissione banche

Luigi Di Maio ha confermato che il senatore grillino ha deciso di fare un «passo di lato» rinunciando alla presidenza. In pole per sostituirlo Maniero e Ruocco.

A piccoli passi verso l’intesa sulla commissione banche. Luigi Di Maio, dopo giorni di polemiche, ha annunciato il «passo di lato» di Elio Lannutti dalla presidenza della commissione banche fornendo così il suo volto più dialogante al Pd. È stato il segno di una relativa tregua che, all’indomani dell’arrivo di Beppe Grillo, ha sembrato caratterizzare le fine dell’anno della maggioranza. La nomina del senatore grillino aveva fatto scoppiare diverse polemiche. Da un lato c’era chi lo attaccava per vecchi post antisemiti, dall’altro chi evidenziava come il figlio fosse un dipendente della Banca popolare di Bari, salvata recentemente da un intervento del governo.

AL SUO POSTO FORSE RUOCCO O MANIERO

Di Maio ha annunciato il ritiro di Lannutti in tv, nel salotto di Bruno Vespa. Un ritiro volontario, ci ha tenuto a dire il capo politico, ben consapevole che, tuttavia, con il senatore M5s l’accordo con i Dem era impossibile. E ora gli occhi sono puntati sui secondi più votati dal M5S, il deputato Alvise Maniero e la presidente della commissione Finanze Carla Ruocco. Senza escludere dalla gara il Questore del Senato Laura Bottici e il deputato Raphael Raduzzi.

UN PASSAGGIO PER RINSALDARE LA MAGGIORANZA

L’accordo con il Pd ora è alla portata. La presidenza resterebbe comunque al M5s e si potrebbe incrociare con una girandola di nuove nomine (in sostituzione di Ruocco o di Bottici) e con l’elezione del presidente della commissione sui fatti di Forteto. Intesa che sarà concretizzata a gennaio, mese comunque decisivo per Conte: all’inizio del 2020 il premier lancerà il decreto sul “cantiere Taranto“, dove si potrebbe recare alla metà del mese, e conta di trovare un punto di caduta anche sul nodo prescrizione. Nelle prossime ore – o venerdì – un vertice di maggioranza sulla giustizia potrebbe invece trovare l’intesa sul dossier intercettazioni: il suo rinvio dovrebbe andare nel milleproroghe, che il Cdm varerà venerdì 20. Ma sarà un rinvio meramente tecnico, al quale il Pd vuole accompagnare un accordo politico.

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Di Maio dice che Lannutti non guiderà la commissione banche

Luigi Di Maio ha confermato che il senatore grillino ha deciso di fare un «passo di lato» rinunciando alla presidenza. In pole per sostituirlo Maniero e Ruocco.

A piccoli passi verso l’intesa sulla commissione banche. Luigi Di Maio, dopo giorni di polemiche, ha annunciato il «passo di lato» di Elio Lannutti dalla presidenza della commissione banche fornendo così il suo volto più dialogante al Pd. È stato il segno di una relativa tregua che, all’indomani dell’arrivo di Beppe Grillo, ha sembrato caratterizzare le fine dell’anno della maggioranza. La nomina del senatore grillino aveva fatto scoppiare diverse polemiche. Da un lato c’era chi lo attaccava per vecchi post antisemiti, dall’altro chi evidenziava come il figlio fosse un dipendente della Banca popolare di Bari, salvata recentemente da un intervento del governo.

AL SUO POSTO FORSE RUOCCO O MANIERO

Di Maio ha annunciato il ritiro di Lannutti in tv, nel salotto di Bruno Vespa. Un ritiro volontario, ci ha tenuto a dire il capo politico, ben consapevole che, tuttavia, con il senatore M5s l’accordo con i Dem era impossibile. E ora gli occhi sono puntati sui secondi più votati dal M5S, il deputato Alvise Maniero e la presidente della commissione Finanze Carla Ruocco. Senza escludere dalla gara il Questore del Senato Laura Bottici e il deputato Raphael Raduzzi.

UN PASSAGGIO PER RINSALDARE LA MAGGIORANZA

L’accordo con il Pd ora è alla portata. La presidenza resterebbe comunque al M5s e si potrebbe incrociare con una girandola di nuove nomine (in sostituzione di Ruocco o di Bottici) e con l’elezione del presidente della commissione sui fatti di Forteto. Intesa che sarà concretizzata a gennaio, mese comunque decisivo per Conte: all’inizio del 2020 il premier lancerà il decreto sul “cantiere Taranto“, dove si potrebbe recare alla metà del mese, e conta di trovare un punto di caduta anche sul nodo prescrizione. Nelle prossime ore – o venerdì – un vertice di maggioranza sulla giustizia potrebbe invece trovare l’intesa sul dossier intercettazioni: il suo rinvio dovrebbe andare nel milleproroghe, che il Cdm varerà venerdì 20. Ma sarà un rinvio meramente tecnico, al quale il Pd vuole accompagnare un accordo politico.

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Cosa prevede il Patto della Salute per il periodo 2019-2021

Intesa raggiunta tra governo e regioni sui fondi per la Sanità. Misure per inserire gli specializzandi e tenere a lavoro i medici fino a 70 anni. Ma anche maggiore elasticità di spesa. Cosa c'è nell'accordo.

Più risorse per la sanità, specializzandi in corsia, possibilità per i medici di rimanere al lavoro fino ai 70 anni, ma anche sei mesi di tempo per la revisione delle procedure sui commissariamenti, che tenderanno sempre più a essere una extrema ratio. È l’«ampia intesa» trovata sul Patto della Salute 2019-2021, firmato il 18 dicembre dopo una lunga trattativa tra il governo e le Regioni.

SBLOCCATI FONDI PER 9 MILIARDI E MEZZO IN TRE ANNI

Il punto di caduta sembra quello giusto: «Governo e Regioni insieme a difesa del diritto alla salute», ha twittato il ministro Roberto Speranza, «Ora è più forte il nostro Servizio sanitario nazionale». Per il presidente della Conferenza delle Regioni Stefano Bonaccini «finisce la stagione dei tagli»: il Patto, anzi, «sancisce il notevole incremento delle risorse destinate alla Sanità». Due miliardi già a partire dal prossimo anno, 3,5 con l’anno successivo, a cui si aggiunge quanto previsto dal Bilancio con un incremento, dopo i 4 miliardi già previsti per il 2019, di 2 miliardi per gli investimenti per l’edilizia sanitaria e l’aumento di 1,5 miliardi di quelli per l’ammodernamento tecnologico.

MISURE PER SPECIALIZZANDI E MEDICI ANZIANI

Nell’accordo sono rientrate anche due misure fortemente richieste dalle Regioni, ha spiegato l’assessore laziale Alessio D’Amato, entrambe legate al personale: l’impiego degli specializzandi già dal terzo anno nelle strutture sanitarie, ma anche la possibilità su base volontaria per i medici di rimanere in attività anche oltre i 40 anni di servizio e fino a 70 anni d’età. Nel Patto è inoltre prevista la revisione dei meccanismi e degli strumenti relativi ai piani di rientro e ai commissariamenti. «È stata inserita su richiesta della Regione Molise», ha spiegato il presidente Donato Toma, «ma condivisa da tutte le altre, la revisione delle procedure entro i prossimi 180 giorni anche alla luce delle disposizioni della Consulta», che si era pronunciata contro l’incompatibilità tra le figure di governatore e di commissario ad acta. Commissariamento che, si legge nel testo, «costituisce un rimedio ultimo dettato da circostanze eccezionali»: dall’anno prossimo il Comitato dei Lea (i Livelli essenziali d’assistenza) effettuerà ogni anno un monitoraggio, e in caso di «gravi criticità in almeno due macro-livelli di assistenza», si legge nel Patto, il Comitato inviterà la Regione entro trenta giorni a presentare un piano di risoluzione (‘Intervento di potenziamento dei Lea’) «nell’ambito della sostenibilità economica del Servizio sanitario regionale interessato».

MAGGIORE ELASTICITÀ SUL TETTO DELLA SPESA PER IL PERSONALE

Nel Patto è prevista inoltre, ha spiegato ancora Bonaccini, la rimodulazione «nella direzione di una maggiore flessibilità» del tetto di spesa del personale dal 5% al 10%, valutando la possibilità di un ulteriore innalzamento al 15%, e quella del tetto relativo agli acquisti di prestazioni dai privati accreditati. Prevista inoltre la revisione del decreto 70/2015 che fissava gli standard per l’assistenza ospedaliera. Tutti «strumenti importanti» secondo il coordinatore nazionale della commissione Salute Luigi Genesio Icardi. Scettici invece i ‘camici bianchi’ dello Smi, il Sindacato medici italiani: per il segretario generale Pina Onotri è un provvedimento «con luci e ombre, in cui ci sono poche risorse per i rinnovi contrattuali dei medici di famiglia». Il giudizio dei presidenti di Regione è però positivo: soddisfatto il governatore della Sardegna Christian Solinas («le nostre richieste più importanti sono state recepite») e quello del Veneto Luca Zaia («in questo documento c’è molto della nostra Regione»). «Per la sanità nuove assunzioni, investimenti, servizi migliori. Apriamo una nuova stagione di giustizia sociale» ha sintetizzato il presidente del Lazio, e segretario del Pd, Nicola Zingaretti.

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Cosa prevede il Patto della Salute per il periodo 2019-2021

Intesa raggiunta tra governo e regioni sui fondi per la Sanità. Misure per inserire gli specializzandi e tenere a lavoro i medici fino a 70 anni. Ma anche maggiore elasticità di spesa. Cosa c'è nell'accordo.

Più risorse per la sanità, specializzandi in corsia, possibilità per i medici di rimanere al lavoro fino ai 70 anni, ma anche sei mesi di tempo per la revisione delle procedure sui commissariamenti, che tenderanno sempre più a essere una extrema ratio. È l’«ampia intesa» trovata sul Patto della Salute 2019-2021, firmato il 18 dicembre dopo una lunga trattativa tra il governo e le Regioni.

SBLOCCATI FONDI PER 9 MILIARDI E MEZZO IN TRE ANNI

Il punto di caduta sembra quello giusto: «Governo e Regioni insieme a difesa del diritto alla salute», ha twittato il ministro Roberto Speranza, «Ora è più forte il nostro Servizio sanitario nazionale». Per il presidente della Conferenza delle Regioni Stefano Bonaccini «finisce la stagione dei tagli»: il Patto, anzi, «sancisce il notevole incremento delle risorse destinate alla Sanità». Due miliardi già a partire dal prossimo anno, 3,5 con l’anno successivo, a cui si aggiunge quanto previsto dal Bilancio con un incremento, dopo i 4 miliardi già previsti per il 2019, di 2 miliardi per gli investimenti per l’edilizia sanitaria e l’aumento di 1,5 miliardi di quelli per l’ammodernamento tecnologico.

MISURE PER SPECIALIZZANDI E MEDICI ANZIANI

Nell’accordo sono rientrate anche due misure fortemente richieste dalle Regioni, ha spiegato l’assessore laziale Alessio D’Amato, entrambe legate al personale: l’impiego degli specializzandi già dal terzo anno nelle strutture sanitarie, ma anche la possibilità su base volontaria per i medici di rimanere in attività anche oltre i 40 anni di servizio e fino a 70 anni d’età. Nel Patto è inoltre prevista la revisione dei meccanismi e degli strumenti relativi ai piani di rientro e ai commissariamenti. «È stata inserita su richiesta della Regione Molise», ha spiegato il presidente Donato Toma, «ma condivisa da tutte le altre, la revisione delle procedure entro i prossimi 180 giorni anche alla luce delle disposizioni della Consulta», che si era pronunciata contro l’incompatibilità tra le figure di governatore e di commissario ad acta. Commissariamento che, si legge nel testo, «costituisce un rimedio ultimo dettato da circostanze eccezionali»: dall’anno prossimo il Comitato dei Lea (i Livelli essenziali d’assistenza) effettuerà ogni anno un monitoraggio, e in caso di «gravi criticità in almeno due macro-livelli di assistenza», si legge nel Patto, il Comitato inviterà la Regione entro trenta giorni a presentare un piano di risoluzione (‘Intervento di potenziamento dei Lea’) «nell’ambito della sostenibilità economica del Servizio sanitario regionale interessato».

MAGGIORE ELASTICITÀ SUL TETTO DELLA SPESA PER IL PERSONALE

Nel Patto è prevista inoltre, ha spiegato ancora Bonaccini, la rimodulazione «nella direzione di una maggiore flessibilità» del tetto di spesa del personale dal 5% al 10%, valutando la possibilità di un ulteriore innalzamento al 15%, e quella del tetto relativo agli acquisti di prestazioni dai privati accreditati. Prevista inoltre la revisione del decreto 70/2015 che fissava gli standard per l’assistenza ospedaliera. Tutti «strumenti importanti» secondo il coordinatore nazionale della commissione Salute Luigi Genesio Icardi. Scettici invece i ‘camici bianchi’ dello Smi, il Sindacato medici italiani: per il segretario generale Pina Onotri è un provvedimento «con luci e ombre, in cui ci sono poche risorse per i rinnovi contrattuali dei medici di famiglia». Il giudizio dei presidenti di Regione è però positivo: soddisfatto il governatore della Sardegna Christian Solinas («le nostre richieste più importanti sono state recepite») e quello del Veneto Luca Zaia («in questo documento c’è molto della nostra Regione»). «Per la sanità nuove assunzioni, investimenti, servizi migliori. Apriamo una nuova stagione di giustizia sociale» ha sintetizzato il presidente del Lazio, e segretario del Pd, Nicola Zingaretti.

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Il Cda di CDP approva nuove misure a sostegno degli Enti Locali

In particolare i provvedimenti verteranno sulle nuove modalità di utilizzo dei risparmi provenienti dalle rinegoziazioni e il pagamento differito delle rate dei mutui concessi al Comune di Genova.

Il Consiglio di amministrazione di Cassa Depositi e Prestiti, riunitosi oggi, ha approvato due nuove misure finalizzate ad erogare risorse per gli enti locali, con l’obiettivo di garantire una maggiore flessibilità finanziaria e contribuire al superamento dello stato di emergenza della Città di Genova.

RINEGOZIAZIONE DEI MUTUI PER MAGGIORE FLESSIBILITÀ FINANZIARIA

Il Cda ha autorizzato nuove modalità di utilizzo dei risparmi provenienti dall’ adesione alle operazioni di rinegoziazione 2019 dei mutui concessi alle Città Metropolitane, e ai Comuni capoluogo di Regione o sede di Area Metropolitana. Le somme, precedentemente vincolate all’estinzione degli eventuali derivati e alla realizzazione degli investimenti, ora possono essere utilizzate senza vincolo di destinazione. La misura approvata potrà consentire una maggiore flessibilità finanziaria a beneficio degli enti fornendo loro un ausilio per il superamento delle rigidità di bilancio. L’iniziativa rientra nell’ambito delle attività di CDP a supporto degli enti nella gestione del proprio debito.

RATE DEI MUTUI DILAZIONATE SENZA ULTERIORI INTERESSI

Il Cda ha approvato il differimento, senza addebito di ulteriori interessi, delle rate in scadenza nel 2020 dei mutui concessi da CDP al Comune di Genova. Con tale misura, in linea con la proroga dello stato di emergenza approvato dal Governo nel luglio scorso, CDP fornisce un ulteriore supporto al Comune per superare le criticità conseguenti al crollo del viadotto Polcevera contribuendo, più in generale, al potenziamento dei collegamenti viari del territorio ligure. Il differimento del pagamento delle rate dei Prestiti in scadenza nel 2020 consentirà di liberare risorse finanziarie da destinare prioritariamente al superamento della fase di emergenza, alla ricostruzione delle aree colpite dal crollo del viadotto e alla realizzazione di iniziative per il rilancio del territorio.

Le misure approvate oggi riflettono l’attenzione posta da CDP a supporto dello sviluppo sostenibile dei territori quale volano della crescita e del benessere del Paese. L’attività del Gruppo è stata infatti ridisegnata in funzione delle esigenze delle comunità locali, attraverso un rinnovato sostegno alle pubbliche amministrazioni e alle imprese.

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I rumors da Sanremo: nel toto giuria spunta la sardina Santori

A 50 giorni dal Festival di tutto si parla fuorché di cantanti. Ospiti, influencer e un giudice "popolare": i nomi che rimbalzano nei corridoi dell'Ariston.

Sarà un caso, ma a 50 giorni dal Festival di Sanremo, e il 70esimo Festival, mica uno qualunque, di tutto si parla fuorché di cantanti; et pour cause, come vedremo tra un attimo. Anzitutto, si parla di ospiti: e Tiziano Ferro, che se no un Festival non è un Festival, e Jovanotti, per un Sanremo più equo e solidale, tanto gli uccelli fratini all’Ariston non fanno il nido, almeno loro, e Rosario Fiorello, che all’Ariston ci ha messo radici, e Roberto Benigni che all’Ariston ci ha messo le tende. Benigni arriverà zompettando su musica pinocchiesca, dirà le due solite amenità ammuffite, zomperà in braccio al Nasone Amadeus, leggerà, male, malissimo, qualche terzina incatenata di Dante e tutti, all’unisono: ah, Benigni, che grosso genio che è lui. Perché il cattoprogressista reazionario Benigni ormai è intoccabile, insindacabile, garantisce Mollica, che del Festival è il corifeo.

UNA INFLUENCER AL FIANCO DI AMADEUS

Poi si parla di vallette, termine sessista, in disuso ma non è colpa nostra, è il Nasone che le concepisce così: preso da megalomania alla geom. Calboni, ne vorrebbe dieci, due per sera, ma tutte gli danno picche, Monica Bellucci gli dà picche, Lady Gaga picche, o è scarso l’appeal del nasone o è scarso l’appeal del gettone (di presenza). A fianco di Amadeus, siccome Sanremo è impagabile nel prendere il peggio del presente, dovrebbe andare una influencer. Tramontata, pare, la stella sanremese di Chiara Ferragni, eclissata quella di Giulia de Lellis, manda bagliori Diletta Leotta, a meno di qualche concorrente dell’ultimo minuto ancor meno adatta al ruolo, che so, una Taylor Mega. Comunque vada sarà un successo, perché nessuna di queste è minimamente in grado di presentare e le gaffe e gli imbarazzi non si conteranno; ed è per questo che sarà un successo, si punta, come è chiaro, sull’inadeguatezza, cosa che, oltre a divertire “il pubblico a casa”, a intasare i social, a scandalizzare, ma neanche tanto, i severi critici stampati, farà risaltare la professionalità del Nasone, secondo la celeberrima legge di Murri, il medico che usava circondarsi di macellai: ne accoppavano a dozzine, ma lui per converso risaltava come eminente scienziato.

UNA SELVA DI CANTANTI RIBOLLITI

E veniamo così al piatto debole, i cantanti. E che? Siamo sempre alla ribollita, alla rifrittura più micidiale: si parla di Elodie, per la serie “kikazè”; di Levante, la indie più mainstream che c’è; Anastasio, che è l’unico solido ma pare già normalizzato; Irene Grandi, altra habitué spietata, Francesco Renga, un anno sì e l’altro pure, e così Arisa, che a quanto pare torna, sospinta dalla Sugar di Caterina Caselli, dopo la partecipazione di appena un anno fa: cantava Mi sento bene ma, essendo costipata, la sera della finale fece una figura imbarazzante. Ma si parla pure di Marco Masini, il più classico dei rieccoli, Enrico Ruggeri, che forse lo supera, Bianca Atzei, che si legge RTL 102,5, Marcella Bella e Riccardo Fogli (stavolta senza Facchinetti), e perfino Paolo Vallesi, di cui non si sentiva la mancanza da 29 anni, e perfino Max Pezzali, quando si dice “non ci libereremo mai degli anni Novanta, Ottanta, e pure dei Settanta, e pure, volendo, dei Sessanta. Al Bano, che a Sanremo partecipava già prima ancora che fosse inventato, ha declinato la gara, “non ho più l’età”, ma non l’ospitata con Romina e qui siamo all’eterno ritorno dell’uguale, all’infinità circolare del tempo.

ospiti-sanremo-2020-partecipanti
Il conduttore Amadeus.

Un altro che lontano dalla Riviera non ci sa stare è Ermal Meta, per non dir di Rocco Hunt, rapper boomerang, da Napoli a Sanremo quasi tutte le edizioni, di Francesca Michielin, la promessa più eterna che c’è, di Chiara Galiazzo, e si torna alla categoria “kikazè”. Altri sugheri che riemergono inesorabili dal mar di Sanremo, e dei quali si fa il nome: Giusy Ferreri la “tormentara”, Samuele Bersani, Noemi, Anna Tatangelo, Alex Britti, Gianluca Grignani. Tra i rapper, Rancore e Tormento, una ventata di positività e gioia di vivere; mormorato anche Michele Bravi, che tornerebbe così alla musica dopo l’annunciato ritiro a seguito del dramma stradale che lo coinvolse. Quindi i solisti rimasti soli: Tommaso Paradiso, che non è più thegiornalista, Francesco Gabbani, che non è più l’erede di Celentano (e quando mai lo è stato?) e nessuno se lo fila già più, secondo profezia Pippobaudesca (“Non dura, questo non dura…”), Francesco Bianconi, dai Baustelle alle fustelle festivaliere, Enrico Nigiotti, che non è più il cocco di Mara Maionchi e, boja dè, torna, forse, sull’Ariston per la seconda volta consecutiva: altro che Nonno Hollywood, questo qui a Sanremo ci stationa, Nonno Ariston.

IL MANUALE CENCELLI DEL FESTIVAL

Ma la vera libidine, come diceva Jerry Calà negli Anni 80, sono gli outsider (maddeché?): Diodato, Gualazzi, la ereditiera di professione Elettra Miura Lamborghini, responsabile dell’epocale singolo Pem Pem, poi i sottokikazè: Fred de Palma, rapperon del reggaeton che ha già rotto i maron, forse in duetto con tale Ana Mena, e sai la menata; Pinguini Tattici Nucleari, perché la quota indie va sempre rispettata (indie de che, li pompa la Sony), Alberto Urso, perché pure sulla quota Maria de Filippi non si scherza, e infine la Quota X Factor, perché a Sanremo si va col vecchio infallibile manuale Cencelli: oltre a un figlio famoso, di cui si dirà tra poco, i nomi che girano sono, purtroppo, quelli di Luna Melis, che il talent di Fremantle ha bruciato come babycantante ma lanciato come babypresentatrice, e di Martina Attili, assai presunta genietta già all’ultima spiaggia sanremese.

Tommaso Paradiso.

Sulla pletoria dei probabili, però, si staglia come un totem lui, l’unico e il solo: Piero Pelù, rockstar stagionata, look da ciucaio di Pinocchio, profeta del vaffanculoooh ante Grillo: Andreotti vaffanculooh, Craxi vaffanculooh, Licio Gelli vaffanculoooh (poi ci finì a Villa Wanda a prendere il tè), Renzi vaffanculoooh, Salvini vaffanculoooh, attualmente in quota grillina. Simpatico, originale, sempre coerente. E va a Sanremo a portare il rock formato mezzo toscano.

Per un Bocellino che non c’è, Matteo, segato o ritirato lui dalle selezioni, un Gassmanino invece c’è, sia pure nel sottoclou dei giovani

Categoria figli di un cognome. Per un Bocellino che non c’è, Matteo, segato o ritirato lui dalle selezioni, un Gassmanino che invece c’è, sia pure nel sottoclou dei giovani: Leo a X Factor non aveva brillato, ma così carino, così educato, così (in)titolato, come fai a dirgli di no? Si toglie anche Brunori sas, che la promozione al nuovo album se la fa altrove. Tutto il cast di Sanremo, condotto da Amadeus, comunque, sotto la direzione artistica di Amadeus, verrà annunciato il 6 gennaio durante I soliti ignoti, presentato da Amadeus, il quale ha appena fatto sapere che il dado è tratto: ha deciso, ha scelto i 22, sempre lui, Amadeus, perché le sinergie sono importanti e Amadeus modestamente è una sinergia umana, sinergia di se stesso, una Matrioska singerica. Tanto la minestra sarà più o meno sempre quella.

METTI UNA SARDINA ALL’ARISTON

In compenso, succose indiscrezioni a livello portineria si sprecano, eccone una dal sen fuggita di uno che sta nel business: «Sai, stiamo valutando se chiamare il capo delle sardine, Mattia Santori, magari infilandolo in extremis nella giuria di qualità: di musica non sa niente, ma effettivamente è molto televisivo. Oh, però mi raccomando, è ancora tutto in forse, dipende anche da come vanno le elezioni in Emilia Romagna [sic!], tu però non scrivere niente, eh!». Io lo scrivo. Perché niente andrà tenuto nascosto al popolo. Aggiungendo, però, che allo stato è solo una pazza idea (o qualcosa di più? Ah, saperlo…). Dulcis in fundo, sembra molto, molto pompata la partecipazione di quest’astro nascente della discografia molto alternativa, oh, un altro “erede di Lucio Battisti” (Dente ci è ormai morto sulle dita mentre scrivevamo, appena ieri, che era l’erede di Lucio Battisti). Ha un nome d’arte vagamente indisponente, tale Fulminacci e, a richiesta se a Sanremo ci va, risponde con decisione: «Sì, no, beh, non lo so, non se n’è parlato, però, chissà, potrebbe anche essere, che ne so». Sardinitas sardinitatum, et omnia sardinitas.

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Popolare di Bari, nel 2016 un’ispezione di Bankitalia rilevò ritardi e incertezze

Palazzo Koch ha pubblicato gli esisti di un'ispezione nell'istituto pugliese avvenuto nel novembre di tre anni fa. Trovati ritardi e incertezze del management, errori sui prestiti rischiosi e troppa tolleranza del cda.

«Ritardi e incertezze» sul rafforzamento del capitale della Popolare di Bari, e un’azione del cda «non pienamente adeguata» ad affrontare l’acquisizione di Tercas, che ha generato «in misura rilevante l’elevata incidenza» dei crediti deteriorati (il 40% degli Npl derivavano dalla banca teramana e da Caripe). È quanto rilevava Bankitalia in un’ispezione condotta nel 2016 e terminata il 10 novembre di quell’anno sulla Banca popolare di Bari.

LEGGI ANCHE: Le vere cause della bancarotta della Popolare di Bari

ERRORI SULLE RISCHIOSITÀ DEI PRESTITI

L’ispezione evidenziò anche «errori», sia pure di «portata non significativa», nel quantificare i prestiti ponderati al rischio emergevano nel 2016, nel mezzo del piano di risanamento successivo all’acquisizione di Tercas. Nel dossier si legge anche che l’ispezione su 383 ‘rapporti’, pari a crediti soppesati per il rischio per 165 milioni ha fatto emergere «errori nel 20% dei casi esaminati, con punte del 30% per quelle garantite da immobili».

SOTTOSTIMATO L’IMPATTO DELL’USCITA DEI SOCI

In uno dei passaggi dell’ispezione si legge anche che le stime della Popolare di Bari sul proprio capitale «non hanno finora tenuto conto dei potenziali impatti dei rischi derivanti dall’imponente stock di azioni della Banca poste in vendita da oltre undicimila soci» pari a 281 milioni di controvalore, quasi un quarto del capitale sociale. «Le formulazioni delle ipotesi a base degli stress test sono risultate non sufficientemente conservative con riferimento all’emissione di strumenti di capitale».

QUEL CDA TOLLERANTE SUL RIENTRO DEI PRESTITI

Tra i vari aspetti portati alla luce dall’indagine c’erano anche «profili di debolezza» nel gestire i crediti che non rientravano, «mancata definizione» da parte del cda su tempi e modi del rientro, e «una gestione improntata a tolleranza». Le «ipotesi a base degli stress test», si legge el dossier, «sono risultate non sufficientemente conservative». Per alcune sofferenze, poi, «ai fini dell’attualizzazione è stato utilizzato, in luogo del tasso originario, l’ultimo applicato, di sovente inferiore, generando una sottostima della rettifica». E ancora, per valutare gli immobili a garanzia «non sono definiti i criteri e le metodologie per le stime affidate a soggetti esterni» e «per numerose posizioni esaminate riferibili alle due banche incorporate (Tercas e Caripe, ndr) le perizie degli immobili a garanzia non erano aggiornat».

I RISCHI SULLA FATTIBILITÀ DELL’AUMENTO DI CAPITALE

Altra criticità messa in luce dall’ispezione ha riguardato la ricerca di nuovi soci. Nel rapporto di Palazzo Koch si legge ancora che «la concreta realizzabilità degli interventi di ‘capital raising dovrà misurarsi con l’attuale sentiment non positivo» degli investitori verso le banche; con le incertezze sulla trasformazione in spa; con 281 milioni di controvalore messo in vendita dagli azionisti; con un prezzo delle azioni della Popolare di Bari che, anche dopo il ribasso da 9,53 a 7,5 euro nell’aprile 2016, «esprime multipli di patrimonio significativamente superiori” rispetto a banche comparabili. Considerando la scarsa reddivitità, ha avvertito poi il documento, «non è da escludere che nel breve periodo il valore dell’azione possa essere oggetto di un deprezzamento».

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Il 30 dicembre si decide sul ricorso contro lo stop all’altoforno 2 dell’Ilva

A ridosso della fine dell'anno si deciderà sul ricordo dei commissari straordinari contro la decisone del Tribunale di Taranto sul blocco dell'impianto.

È stata fissata per il 30 dicembre la decisione in camera di consiglio sul ricorso dell’Ilva in amministrazione straordinaria contro lo stop all’altoforno due dell’acciaieria di Taranto. È dello scorso 10 dicembre la decisione del Tribunale di Taranto che ha rigettato la richiesta di proroga presentata dai commissari straordinari Ilva sull’uso dell’Altoforno, sequestrato e dissequestrato più volte nel corso dell’inchiesta sull’incidente che nel 2015 costò la vita all’operaio Alessandro Morricella.

LEGGI ANCHE: Cosa prevede la bozza del decreto Taranto

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Cosa succede ora col referendum sul taglio dei parlamentari

Raggiunte le firme di 65 senatori per convocare la consultazione confermativa sulla riforma approvata dalle Camere a maggioranza assoluta a ottobre 2019. Salvini: «Ho votato sì, ma far scegliere ai cittadini è la cosa migliore». Così il bivio può avere ripercussioni sulla legislatura.

E ora gli anti-Casta diranno che i politici vogliono salvare le “poltrone“. Il referendum sul taglio del numero dei parlamentari diventato legge a ottobre 2019 infatti è cosa (quasi) fatta. Secondo quanto hanno riferito fonti della Fondazione Einaudi, promotrice della raccolta firme, l’obiettivo dei 65 senatori necessario a indire il referendum costituzionale è stato raggiunto. Il 12 gennaio 2020, snodo da tempo segnalato come cruciale per la legislatura, era il termine ultimo fissato dalla legge per il raggiungimento dell’obiettivo.

IL PD: «DARE UN SENSO AL TAGLIO LINEARE»

Il senatore del Partito democratico Tommaso Nannicini, che ha promosso la raccolta delle firme insieme con i colleghi di Forza Italia Andrea Cangini e Nazario Pagano, ha detto che si tratta di «una buona notizia, perché l’ultima parola spetterà ai cittadini e potremo finalmente aprire una discussione pubblica sul tema». Sul piano politico Nannicini ha aggiunto che bisogna «dare un senso a un taglio lineare della rappresentanza politica che al momento un senso non ce l’ha».

IL MINISTRO D’INCÀ (M5S): «NESSUN PERICOLO PER IL GOVERNO»

La questione può avere ripercussioni anche sulla tenuta del governo? Non per il Movimento 5 stelle. Il ministro dei Rapporti con il parlamento Federico D’Incà ha detto che «si continuerà a lavorare come governo e maggioranza per raggiungere risultati come l’approvazione del decreto scuola al Senato e la chiusura della manovra alla Camera. Non vedo alcun problema all’orizzonte».

SALVINI: «CHIEDERE AI CITTADINI È LA SCELTA MIGLIORE»

Anche i Radicali si erano spesi per promuovere la convocazione di un referendum confermativo, secondo quanto previsto dall’articolo 138 della Costituzione. E proprio a Radio radicale ha spiegato il suo punto di vista Matteo Salvini: «Sono d’accordo sui referendum in generale, ho votato quella riforma, quando i cittadini confermano o smentiscono una riforma approvata dal parlamento secondo me è sempre la scelta migliore».

MELONI: «DIREMO DI VOTARE SÌ»

Giorgia Meloni ha dichiarato che «Fratelli d’Italia ha votato a favore del taglio del numero dei parlamentari, sia alla Camera sia al Senato, e il nostro contributo è stato decisivo per approvare questa riforma attesa da anni dai cittadini. Manterremo la nostra coerenza anche in caso di referendum confermativo e annunciamo, sin da ora, che chiederemo agli italiani di andare alle urne e votare sì».

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Cosa succede ora col referendum sul taglio dei parlamentari

Raggiunte le firme di 65 senatori per convocare la consultazione confermativa sulla riforma approvata dalle Camere a maggioranza assoluta a ottobre 2019. Salvini: «Ho votato sì, ma far scegliere ai cittadini è la cosa migliore». Così il bivio può avere ripercussioni sulla legislatura.

E ora gli anti-Casta diranno che i politici vogliono salvare le “poltrone“. Il referendum sul taglio del numero dei parlamentari diventato legge a ottobre 2019 infatti è cosa (quasi) fatta. Secondo quanto hanno riferito fonti della Fondazione Einaudi, promotrice della raccolta firme, l’obiettivo dei 65 senatori necessario a indire il referendum costituzionale è stato raggiunto. Il 12 gennaio 2020, snodo da tempo segnalato come cruciale per la legislatura, era il termine ultimo fissato dalla legge per il raggiungimento dell’obiettivo.

IL PD: «DARE UN SENSO AL TAGLIO LINEARE»

Il senatore del Partito democratico Tommaso Nannicini, che ha promosso la raccolta delle firme insieme con i colleghi di Forza Italia Andrea Cangini e Nazario Pagano, ha detto che si tratta di «una buona notizia, perché l’ultima parola spetterà ai cittadini e potremo finalmente aprire una discussione pubblica sul tema». Sul piano politico Nannicini ha aggiunto che bisogna «dare un senso a un taglio lineare della rappresentanza politica che al momento un senso non ce l’ha».

IL MINISTRO D’INCÀ (M5S): «NESSUN PERICOLO PER IL GOVERNO»

La questione può avere ripercussioni anche sulla tenuta del governo? Non per il Movimento 5 stelle. Il ministro dei Rapporti con il parlamento Federico D’Incà ha detto che «si continuerà a lavorare come governo e maggioranza per raggiungere risultati come l’approvazione del decreto scuola al Senato e la chiusura della manovra alla Camera. Non vedo alcun problema all’orizzonte».

SALVINI: «CHIEDERE AI CITTADINI È LA SCELTA MIGLIORE»

Anche i Radicali si erano spesi per promuovere la convocazione di un referendum confermativo, secondo quanto previsto dall’articolo 138 della Costituzione. E proprio a Radio radicale ha spiegato il suo punto di vista Matteo Salvini: «Sono d’accordo sui referendum in generale, ho votato quella riforma, quando i cittadini confermano o smentiscono una riforma approvata dal parlamento secondo me è sempre la scelta migliore».

MELONI: «DIREMO DI VOTARE SÌ»

Giorgia Meloni ha dichiarato che «Fratelli d’Italia ha votato a favore del taglio del numero dei parlamentari, sia alla Camera sia al Senato, e il nostro contributo è stato decisivo per approvare questa riforma attesa da anni dai cittadini. Manterremo la nostra coerenza anche in caso di referendum confermativo e annunciamo, sin da ora, che chiederemo agli italiani di andare alle urne e votare sì».

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Perché la Juventus gioca mercoledì 18 dicembre e la Lazio no

Veleni e polemiche per le date diverse tra le due sfidanti della Supercoppa che si gioca il 22 dicembre a Riad. Impossibile anticipare la sfida per i biancocelesti che sfideranno la Lazio il 5 febbraio.

Polemiche in vista della Supercoppa italiana che si giocherà il 22 dicembre al King Saud University Stadium di Riad. I veleni riguardano soprattutto la 17esima giornata di campionato prevista per il 18 e il 22. La Juventus scenderà in campo nell’anticipo di mercoledì 18 dicembre contro la Sampdoria, mentre per la Lazio si prospetta un rinvio al 5 febbraio 2020. Perché questa anomalia? Con scelte forse non del tutto ponderate in fase di stesura dei calendari.

SAMPDORIA UDINESE PREVISTA PER IL 18 DICEMBRE

Vista la gara fissata per il 22, la Lega di Serie A aveva iniziato a cercare la prima data libera e non essendoci impegni extra campionato era stato individuato il 18. Anche per evitare di spostare tutto al nuovo anno, quando la Juventus si troverà impegnata non solo in campionato ma anche in Europa e Coppa Italia

PERCHÈ LAZIO-VERONA SI GIOCA IL 5 FEBBRAIO

Per la Lega non è stato però possibile compiere la stessa operazione per la formazione biancoceleste. La squadra di Simone Inzaghi non ha potuto infatti anticipare il turno per colpa di un calendario che ha collocato il posticipo della 16esima giornata, Cagliari-Lazio al 16 dicembre, scelta dettata dall’impegno in Europa League del 12 dicembre contro il Rennes in Francia. Per evitare, quindi trasferte così ravvicinate, la prima data utile è arrivata in febbraio, dato che l’ipotesi dell’8 gennaio è saltata.

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Matera 2019, presentato il programma della giornata conclusiva

È stato presentato questa mattina Sala Mandela del Comune di Matera il programma della Notte Bianca di Matera Capitale Europea della Cultura 2019 Coprodotta da Comune di Matera e Fondazione Matera Basilicata 2019 in collaborazione con il Polo Museale Regionale della Basilicata in programma il 20 dicembre, giornata conclusiva del programma ufficiale del 2019.
Un programma – è stato spiegato – che arricchisce la serata “Open Future Togheter!” ospitato alla Cava del Sole, luogo dedicato ai grandi eventi per la sua capienza, e che propaga i festeggiamenti in tutta la città, attraverso il coinvolgimento delle scuole e delle associazioni sportive, proiettando Matera verso le sue prossime sfide.
A ciò si aggiungono i momenti istituzionali – Consiglio di amministrazione della Fondazione e Conferenza stampa - che vedranno la presenza del Ministro per i Beni e le Attività Culturali e il Turismo, Dario Franceschini, il Ministro per il Sud e la Coesione Territoriale, Giuseppe Provenzano, il Presidente del Parlamento Europeo, David Sassoli.
Ad illustrare le iniziative sono stati i vari soggetti coinvolti nelle programmazione: il sindaco di Matera Raffello de Ruggeri, il Presidente della Fondazione Matera Basilicata 2019, Salvatore Adduce, la Direttrice del Polo Museale della Basilicata, Marta Ragozzino, l’assessore alla Cultura Giampaolo D’Andrea, l’assessore al Turismo Mariangela Liantonio, l’assessore alle politiche sociali e scuola Marilena Antonicelli, l’assessore allo sport Giuseppe Tragni, con il coordinamento del Direttore della Fondazione Matera Basilicata 2019, Paolo Verri.
Un ringraziamento è stato rivolto al neo Direttore dell’Apt Basilicata, Antonio Nicoletti, per aver voluto aprire in occasione della giornata, l’Open Space di Palazzo dell’Annunziata che per la giornata e fino alla conclusione delle celebrazioni della notte bianca, ospiterà video promozionali sui comuni lucani e tavoli con il gioco di società “Lucanum”, dedicato al patrimonio culturale e turistico della Basilicata.
L’intera giornata - è stato sottolineato - non intende solo concludere un percorso ma aprirne uno nuovo, anche in virtù dei brillanti risultati ottenuti. È già in programma, il 19 gennaio 2020, a distanza di un anno dalla cerimonia di apertura di Matera 2019, una giornata in cui rilanciare le attività future, a partire dalle scuole di tutta la regione.

Per la Rai è stato un 2019 da dimenticare

Veti incrociati Pd-M5s sulle nomine alle direzioni di tg e reti. La bandiera del cambiamento già ammainata dall'ad Salini. Alle prese con la questione dei soldi da extra gettito gestita male, il caso dell'intervista ad Assad oltre che la vicenda delle società Stand by Me e Mn Italia.

È la Rai dei veti incrociati, il cui consiglio di amministrazione si ritrova per l’ennesima volta giovedì 19 dicembre, e per l’ennesima volta rischia di concludersi con un nulla di fatto.

VETI DI DI MAIO E ZINGARETTI SU ORFEO E DI MARE

Un esempio di come i veti si incrociano viene dalle tormentate nomine alle direzioni dei telegiornali e delle reti: e per un Luigi Di Maio che mette il veto su Mario Orfeo alla guida del Tg3, c’è un Nicola Zingaretti che non vuole assolutamente vedere Franco Di Mare, in quota grillina, alla direzione della rete che ospita la testata.

ANCHE IN VIALE MAZZINI CONFUSIONE POLITICA

Del resto, da sempre, Viale Mazzini è lo specchio della situazione politica: e se quest’ultima è confusa e caotica, non si può certo pensare che all’interno della tivù di Stato regnino decisionismo e chiarezza.

IL CAMBIAMENTO PROMESSO DA SALINI DOV’È?

Di questa paralisi, questa impossibilità di procedere ad avvicendamenti che si trascinano da tempo, ne paga il prezzo l’amministratore delegato Fabrizio Salini che pure era arrivato pieno di propositi brandendo la bandiera del cambiamento poi laconicamente ammainata. E a nulla serve, evidentemente, che a suo tempo gli siano stati conferiti i pieni poteri: in Rai non si muove foglia che capo partito, di corrente, o di sotto corrente non voglia.

L’ad della Rai Fabrizio Salini (a sinistra) con il presidente Marcello Foa (Ansa).

FARO DEL MISE SULLE RISORSE DA EXTRA GETTITO

L’ultima spina nel fianco dell’ad viene dal capitolo risorse da extra gettito (80 milioni in due anni) gestito in modo non proprio ineccepibile, tanto che dal ministero dello Sviluppo economico è arrivato chiaro l’avvertimento: se mai arrivassero, vogliamo sapere come vengono spesi i soldi fino all’ultimo centesimo.

IL REGOLAMENTO SOCIAL E LA GRANA MAGGIONI

In precedenza, c’è stata la bocciatura in cda del regolamento per l’uso dei social network che aveva fortemente richiesto la commissione di vigilanza sin dall’estate. Infine l’episodio, ai limiti del parossismo, del caso Monica Maggioni, grottesco rimpallo di responsabilità sull’intervista che l’ex presidente della Rai aveva fatto a Bashar al Assad, tenuta per giorni nei cassetti per poi mandarla semi clandestinamente su Rai Play senza alcuna comunicazione preventiva, dopo che i canali siriani e libanesi l’avevano trasmessa.

maggioni assad intervista raiplay
L’intervista di Monica Maggioni al presidente siriano Bashar al Assad.

RETROMARCIA SUI CONTRATTI DI SANREMO E FIORELLO

È poi scoppiato il caso Stand by Me e Mn Italia, due società che furono vicine all’ad e a Marcello Giannotti, il direttore della comunicazione, che hanno portato la Rai alla frettolosa retromarcia sui contratti di Sanremo e Fiorello.

PRESSIONI PER “LA PORTA DEI SOGNI” DELLA VENIER

Ma nonostante la martellante campagna di Striscia la notizia, la vicenda Mn lascia ancora qualche propaggine. Per La porta dei sogni, programma condotto da Mara Venier il venerdì in prima serata su cui punta molto la rete ammiraglia, l’ufficio stampa – seppur a carico dalla società di produzione – è ancora di Mn da cui proviene l’attuale direttore della comunicazione. Non a caso Giannotti si sarebbe attivato con il Tg1 facendo una richiesta del tutto insolita: un servizio lancio su La porta dei sogni da mandare in onda dentro il telegiornale.

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Per l’Onu l’Ue non ha sostenuto appieno Italia e Grecia sui migranti

Guterres si schiera con gli stati mediterranei: «Hanno diritto alla solidarietà».

«Stati mediterranei come Italia e Grecia hanno diritto alla solidarietà e al supporto da parte del resto dell’Unione europea» per quanto riguarda la crisi dei migranti «ma finora non abbiamo visto questa solidarietà e questo supporto pienamente materializzati». Dura la presa di posizione del segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres, ospite al Senato che ha affrontato anche il flop del Cop 26: «A Madrid è stata persa un’ opportunità – ha detto – ma se falliamo ora i nostri nipoti non ci perdoneranno». Guterres si è poi detto “scioccato” dalla situazione a Venezia. «La prossima Cop 26, organizzata da Regno Unito e Italia – ha detto – sarà un momento decisivo, abbiamo piena fiducia nella leadership dell’Italia».

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Le reazioni sul caso di razzismo a Sondrio

Il caso della madre insultata dopo la morte della figlia ha indignato la politica, per una volta senza distinzioni.

Muore una bambina di 5 mesi, la madre urla il suo dolore, nella sala d’attesa non c’è alcuna solidarietà, ma solo commenti razzisti. Lo scrive Sondriotoday, la notizia fa il giro del web. Questi i fatti: la mattina di sabato scorso, 14 dicembre, la mamma della piccola, una donna nigeriana residente a Sondrio, si era accorta che la piccola non stava bene e non respirava normalmente. È scesa in strada chiedendo aiuto e ha trovato un uomo che ha portato lei e la piccolina in ospedale in auto. Quando sono arrivati al Pronto soccorso dell’ospedale civile di Sondrio, però, la bimba era in condizioni disperate e non respirava già da tempo. I medici che l’hanno presa in cura non hanno potuto salvarle la vita. Poco dopo al nosocomio è arrivato anche il papà della neonata, avvisato dalla madre, e i genitori hanno purtroppo ricevuto la terribile notizia.

LA TESTIMONIANZA DI UNA RAGAZZA

Alla scena che è seguita ha assistito una giovane, Francesca Gugiatti, che era al pronto soccorso per un malore e che poi ha scritto su Facebook: «Dalla sala d’attesa iniziano commenti di ogni tipo. Chi parla di b, chi di satanismo, chi di scimmie, chi di ‘tradizioni loro’, chi di manicomi. Giudizi, parole poco appropriate, cattiveria, tanta». «La tristezza ha iniziato ad invadermi», ha raccontato agli amici la ragazza, «nel frattempo ho sperato più che mai che calasse il silenzio fra le voci insopportabili e malvagie di quegli individui. E invece no, anche di fronte alla morte di un innocente, le voci hanno continuato. La più tremenda è stata: ‘tanto loro ne sfornano uno all’anno’. Siete davvero schifosi».

LE REAZIONI DELLA POLITICA

Per una volta, i commenti e le reazioni della politica sembrano essere unanimi.

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Per il tribunale dei ministri Salvini ha abusato del suo potere coi migranti

Per il caso della nave Gregoretti bloccata nel porto di Augusta, il leader della Lega è accusato anche di sequestro di persona e abuso di potere. Mentre il Carroccio cala nei sondaggi.

L’atto d’accusa è di quelli che negli Stati Uniti varrebbero l‘impeachment. «Ha abusato dei suoi poteri privando della libertà personale 131 migranti a bordo dell’unità navale Gregoretti della guardia costiera italiana alle 00,35 del 27 luglio 2019». È l’atto di accusa del tribunale dei ministri di Catania dopo gli accertamenti sull’ex ministro degli Interni Matteo Salvini. Il documento del Tribunale dei ministri è stato pubblicato dal Corriere della Sera e l’ex ministro ha già replicato alla notizia il 18 dicembre sera nel corso di una intervista a Rete4.

LEGGI ANCHE: La bestia di Salvini nei sondaggi non tira più

«HO FATTO L’INTERESSE DEL PAESE»

«A firma del presidente del tribunale dei ministri Lamantia, iscritto a Magistratura democratica, viene trasmesso al presidente del Senato che Salvini sarebbe colpevole di reato di sequestro di persona aggravato abusando dei suoi poteri. Rischio fino a 15 anni di carcere. Ritengo che sia una vergogna che un ministro venga processato per aver fatto l’interesse del suo Paese», aveva annunciato Salvini. Salvini è accusato di aver «determinato consapevolmente l’illegittima privazione della libertà dei migranti, costretti a rimanere in condizioni psico fisiche critiche a bordo», scrivono i giudici.

Il segretario della Lega Matteo Salvini rilascia dichiarazioni ai giornalisti nella sala stampa del Senato, Roma, 17 dicembre 2019. RICCARDO ANTIMIANI

QUATTRO NOTTI DI BLOCCO NEL PORTO DI AUGUSTA

La vicenda riguarda la nave Gregoretti: il pattugliatore della Guardia Costiera era stato fermo nel porto militare di Augusta (Siracusa) dalla notte del 27 luglio con a bordo oltre 100 migranti soccorsi in mare fino al 31 luglio quando era arrivato il via libera allo sbarco. La Procura a settembre aveva ufficializzato la richiesta di archiviazione, ma aveva comunque trasmesso gli atti al Collegio per i reati ministeriali del Tribunale di Catania.

NIENTE SCAMBIO DI AUGURI AL QUIRINALE

Intanto Salvini ha fatto sapere che non andrà allo scambio di auguri con le alte cariche dello Stato al Quirinale. Lo ha annunciato lo stesso leader della Lega a un evento di Confapi. «È in concomitanza con la recita di Natale di mia figlia. So che ci sarà polemica su questo ma dovendo scegliere… Ubi maior…».

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Per il tribunale dei ministri Salvini ha abusato del suo potere coi migranti

Per il caso della nave Gregoretti bloccata nel porto di Augusta, il leader della Lega è accusato anche di sequestro di persona e abuso di potere. Mentre il Carroccio cala nei sondaggi.

L’atto d’accusa è di quelli che negli Stati Uniti varrebbero l‘impeachment. «Ha abusato dei suoi poteri privando della libertà personale 131 migranti a bordo dell’unità navale Gregoretti della guardia costiera italiana alle 00,35 del 27 luglio 2019». È l’atto di accusa del tribunale dei ministri di Catania dopo gli accertamenti sull’ex ministro degli Interni Matteo Salvini. Il documento del Tribunale dei ministri è stato pubblicato dal Corriere della Sera e l’ex ministro ha già replicato alla notizia il 18 dicembre sera nel corso di una intervista a Rete4.

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«HO FATTO L’INTERESSE DEL PAESE»

«A firma del presidente del tribunale dei ministri Lamantia, iscritto a Magistratura democratica, viene trasmesso al presidente del Senato che Salvini sarebbe colpevole di reato di sequestro di persona aggravato abusando dei suoi poteri. Rischio fino a 15 anni di carcere. Ritengo che sia una vergogna che un ministro venga processato per aver fatto l’interesse del suo Paese», aveva annunciato Salvini. Salvini è accusato di aver «determinato consapevolmente l’illegittima privazione della libertà dei migranti, costretti a rimanere in condizioni psico fisiche critiche a bordo», scrivono i giudici.

Il segretario della Lega Matteo Salvini rilascia dichiarazioni ai giornalisti nella sala stampa del Senato, Roma, 17 dicembre 2019. RICCARDO ANTIMIANI

QUATTRO NOTTI DI BLOCCO NEL PORTO DI AUGUSTA

La vicenda riguarda la nave Gregoretti: il pattugliatore della Guardia Costiera era stato fermo nel porto militare di Augusta (Siracusa) dalla notte del 27 luglio con a bordo oltre 100 migranti soccorsi in mare fino al 31 luglio quando era arrivato il via libera allo sbarco. La Procura a settembre aveva ufficializzato la richiesta di archiviazione, ma aveva comunque trasmesso gli atti al Collegio per i reati ministeriali del Tribunale di Catania.

NIENTE SCAMBIO DI AUGURI AL QUIRINALE

Intanto Salvini ha fatto sapere che non andrà allo scambio di auguri con le alte cariche dello Stato al Quirinale. Lo ha annunciato lo stesso leader della Lega a un evento di Confapi. «È in concomitanza con la recita di Natale di mia figlia. So che ci sarà polemica su questo ma dovendo scegliere… Ubi maior…».

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Erdogan e il vizio di minacciare la chiusura delle basi Usa in Turchia

Ankara risponde con la sua arma preferita alla minaccia di sanzioni americane per l'acquisto del sistema missilistico russo. Perché l'aeroporto di Incirlik è uno snodo strategico fondamentale per Washington.

«Se serve, possiamo chiudere una o entrambe» le basi militari gestite dagli Usa in Turchia di Incirlik e Kurecik. Lo ha ribadito il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, parlando con i reporter a margine del Forum mondiale sui rifugiati a Ginevra. «Sappiamo bene quando agire con moderazione e quando essere determinati», ha aggiunto il leader di Ankara, criticando Washington per le minacce di sanzioni per l’acquisto del sistema missilistico russo di difesa aerea S-400.

L’IMPORTANZA STRATEGICA DI INCIRLIK

Incirlik è considerata una delle basi più strategiche degli Usa nella regione. Al suo interno sono anche custodite numerose testate nucleari tattiche americane. La base è già stata al centro di diversi bracci di ferro in passato tra Washington e Ankara, che l’aveva aperta alle operazioni aeree della Coalizioni anti-Isis nel 2015. Kurecik è un’installazione miliare radar impiegata per scopi di difesa aerea.

Incirlik è snodo chiave per decine di operazioni, comprese le guerre in Iraq e le missione in Afghanistan (che attraverso questo hub riceve il 70% del traffico cargo militare) e in Siria. È la ‘casa’ del 39/o gruppo Air Wing Base (il cui mandato è assistere e proteggere interessi Usa e della Nato), del 728/o squadrone mobilità aerea nonché del 717/o e 425/o squadrone di trasporto dell’aviazione Usa. Sono presenti anche forze della Raf britannica e della Luftwaffe tedesca.

LA BASE “OSTAGGIO” DI ANKARA

La tendenza a utilizzare l’aeroporto come minaccia o merce di scambio non è nuova per la Turchia. Nel 2003, il governo di Ankara negò l’autorizzazione all’uso della base a Washington per l’invasione dell’Iraq: uno spartiacque nei rapporti con l’alleato storico. L’accordo tra Stati Uniti e Turchia per l’uso di Incirlik come aeroporto per i voli della coalizione anti-Isis è stato formalmente firmato il 29 luglio 2015, dopo che per quasi un anno la Turchia aveva negato l’autorizzazione all’uso delle piste. Nel luglio del 2016 la base fu usata da alcuni militari golpisti nella notte del tentato colpo di Stato contro Erdogan. All’epoca il presidente reagì con il “sequestro” immediato della base da parte della magistratura, e negli Usa si aprì il dibattito sulla convenienza nel tenere le testate nucleari stipate a Incirlik.

CIPRO E IL GENOCIDIO ARMENO ALIMENTANO LE TENSIONI

Ad alimentare le tensioni tra Usa e Turchia anche l’ipotesi della fine dell’embargo sulla vendita di armi alla Repubblica di Cipro, votata ieri dal Congresso Usa e in attesa della firma del presidente Trump. L’embargo era stato introdotto nel 1987 per evitare una corsa agli armamenti e incoraggiare una soluzione politica a Cipro, divisa in due dal 1974 dopo un’invasione dell’esercito turco a seguito di un tentativo di golpe filo-greco. Ankara mantiene nella parte settentrionale dell’isola oltre 30 mila soldati e diverse basi militari. Inoltre, Erdogan ha dovuto subire lo smacco del riconoscimento da parte del Senato Usa del genocidio armeno, un tema su cui la Turchia è da sempre molto sensibile.

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Americano bendato, i carabinieri rischiano il processo

Chiuse le indagini sui due militari che erano con Hjorth durante lo stato di fermo. Mentre l'ex comandante Ottaviani è accusato di falso per aver testimoniato la consegna della pistola del compagno di Cerciello Rega.

Il caso dell‘omicidio di Mario Cerciello Rega rischia di avere sviluppi inattesi, rischiano il processo i carabinieri accusati, a seconda delle posizioni, di avere bendato Chistian Gabriel Natale Hjorth, colpevole dell’uccisione, mentre era in stato di fermo. Così come rischia il processo il comandante che che attestò di aver ricevuto la pistola del compagno di pattuglia di Cerciello.

VERSO IL RINVIO A GIUDIZIO PER DUE MILITARI E L’EX COMANDANTE

Per il bendaggio di Hjorth, la Procura di Roma ha chiuso le indagini, atto
che precede la richiesta di rinvio a giudizio, nei confronti di
due militari dell’Arma in servizio all’epoca dei fatti in via
Selci. Inoltre i magistrati romani hanno contestato il reato di falso all’ex comandante dei carabinieri della stazione di Romapiazza Farnese, Sandro Ottaviani, che registrò falsamente come Andrea Varriale gli avesea consegnato l’arma al pronto soccorso dell’ospedale Santo Spirito.

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