Se lo scorretto Salvini si indigna per un dito medio

Il politico più aggressivo attacca la maleducazione della sua compagna di volo. E scatena i pretoriani della Rete contro l'autrice del post. A cui auguriamo di tornare subito nella riservatezza dei suoi 19 anni.

La ragazza del dito medio – rapidamente assurta a icona collettiva, come una versione contemporanea e social de La ragazza con l’orecchino di perla – nega tutto: in un post su Facebook giura che quel gesto non fosse malignamente rivolto al senatore Matteo Salvini, beatamente addormentato al suo fianco su un volo Ryanair. «Il gestaccio», scrive, «era rivolto alle persone a cui ho inviato la foto privatamente e nulla aveva a che vedere con Salvini, volevo solo evidenziare l’incredibile coincidenza di prendere un volo low cost e trovarsi seduti accanto a Salvini».

«NON SONO UNA SARDINA E NON SONO NÉ DI DESTRA NÉ DI SINISTRA»

Cioè, immaginiamo, si trova lì e manda la foto agli amici per dire: ma guardate che combinazione, mi trovo in aereo vicino a una celebrity, come si farebbe con qualunque altro famoso in una situazione analoga. E precisa nel suo post: «Non sono una sardina. Non sono di sinistra e non sono di destra…».

INSULTI E MINACCE DI MORTE ALLA RAGAZZA

Ma ormai la frittata è fatta, la foto consegnata al circo social-mediatico e soprattutto al Salvini risvegliato, che si sente offeso e scatena la sua orda di bulli «facendo sì», racconta la ragazza, Erika, «che mi arrivassero insulti pesanti, minacce di morte, intimidazioni varie e materiale pornografico». Tutta roba fuori luogo, perché Erika, nella foto, aveva persino messo dei cuoricini intorno a Salvini, come racconta lei stessa.

IL BELLO ADDORMENTATO: DALLA ISOARDI ALL’IRRISIONE

Impossibile, però, non associare questa immagine a quella altrettanto celebre del Salvini addormentato accanto a Elisa Isoardi dopo probabili fatiche amorose (o forse dopo una serie di comizi a raffica). Là teneramente accudito, qua malignamente irriso, seppure non nelle intenzioni della passeggera fanciulla.

Quando il dito medio lo fa Salvini.

L’INDIGNAZIONE DEL PIÙ AGGRESSIVO

Resta la gragnuola di offese, di insulti, di minacce indirizzate a Erika per quella foto, che aveva tutt’altro spirito. «Di politica mi importa poco», scrive infatti su Facebook, perché ha solo 19 anni e «forse tra qualche anno capirò meglio…». Ecco, forse ha già amaramente capito come funziona, se il politico più scorretto e aggressivo, immortalato in innumerevoli situazioni con il dito medio proteso, si indigna per la maleducazione di questa immagine e scatena i suoi pretoriani della Rete contro l’autrice del post, la quale, con notevole saggezza, commenta «non mi aspettavo un’esposizione mediatica di questa portata e non sono minimamente interessata a diventare “famosa” per qualcosa che ho fatto con tutt’altre intenzioni».

ERIKA, TORNA PRESTO ALLA TUA RISERVATEZZA

Ecco, Erika, ti auguriamo di rientrare nella riservatezza dei tuoi 19 anni. Se diventerai “famosa”, che sia per qualcos’altro, per tua scelta, volontà e talento.

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Per l’Istat in Italia ci sono almeno 2 milioni di giovani in sofferenza

Secondo il rapporto "Benessere equo e sostenibile" nel nostro Paese ci sono milioni di giovani che soffrono privazioni nelle dimensioni del benessere, come lavoro, salute o istruzione.

Sono quasi due milioni i giovani tra i 18 e i 34 anni in condizioni di sofferenza, ovvero a cui mancano due o più dimensioni del benessere (dalla salute al lavoro, dalla sfera sociale a quella territoriale, passando per l’istruzione). È quanto è emerso da rapporto Istat sul Benessere equo e sostenibile (Bes). Quella che l’Istituto chiama la “multi-deprivazione” è più alta, si sottolinea, «tra i giovani adulti di 25-34 anni e nel Mezzogiorno».

IL REDDITO NON È TUTTO, FELICI SE LAUREATI

Il dossier si legge anche che sui livelli di benessere pesa di certo la componente economica, in primis il reddito familiare, ma «in misura minore rispetto ad altre caratteristiche come il titolo di studio, le condizioni di salute, l’occupazione e le condizioni abitative». «Ad esempio», ha scritto l’Istat, «la propensione a essere molto soddisfatti della vita è circa il triplo tra i laureati rispetto a coloro che posseggono al massimo la licenza secondaria inferiore, mentre all’aumentare del reddito familiare la propensione a essere molto soddisfatti cresce in misura minore».

UN RAGAZZO SU TRE INSUFFICIENTE IN ITALIANO

I ricercatori si sono concentrati anche sull’istruzione dei giovanissimi e hanno sottolineato che tra i ragazzi del secondo anno delle scuole superiori la quota di coloro che non «raggiunge la sufficienza (low performer) nelle competenze è del 30,4% per l’italiano e del 37,8% per la matematica». I dati del Bes si riferiscono in particolare all’anno scolastico 2018/2019. «Nelle regioni del Mezzogiorno la quota di studenti che non raggiungono un livello sufficiente sale al 41,9% per le competenze in italiano e al 53,5% per quelle in matematica».

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Così gli italiani si stanno scocciando del fannullone Salvini

La Lega scende nei sondaggi. Perché la gente si è accorta che l'ex ministro non sa niente, non studia e a parte viaggiare, bere e occupare le tivù non fa altro. Di Maio in confronto è uno stacanovista. Sotto quelle felpe manca la voglia di lavorare.

La Lega ha iniziato a scendere nei sondaggi sotto il 30%. Poca roba ancora, ma è un segnale. Per tutta risposta il leader del partito Matteo Salvini continua imperterrito a occupare le tivù sotto lo sguardo ancillare dei conduttori, prevalentemente Mediaset, che giocando a tombola con lui o facendo altre idiozie cercano di farlo apparire umano per far dimenticare la faccia feroce, e un po’ brilla, dell’estate 2019.

RIEQUILIBRIO A DESTRA A FAVORE DELLA MELONI

Come da tempo segnalato, e da me previsto, scusate la vanteria, Giorgia Meloni invece continua poco per volta a salire nelle intenzioni di voto. Non siamo alle viste di un rapido capovolgimento di fronte nel campo sovranista, ma a un riequilibrio.

SOTTO L’IMITAZIONE MUSSOLINIANA DI SALVINI NON C’È NULLA

Le due destre si faranno concorrenza, ma finora non è chiaro su che cosa. Su un punto, invece, la differenza appare evidente e sfavorevole a Salvini. Per una volta ha ragione Marco Travaglio: anche la pubblica opinione di destra comincia a capire che il pericolo Salvini non è la sua banale imitazione mussoliniana, ma il fatto che niente sa, niente studia e soprattutto, a parte viaggiare, bere e andare in televisione, non ha proprio voglia di fare alcunché. Siamo arrivati al punto che Luigi Di Maio appare una stacanovista di fronte al figlio del Nord che chiacchiera-chiacchiera.

ANCHE CHI CERCA L’UOMO FORTE SI STA STUFANDO

La Bestia salviniana ha avuto idee perverse ma geniali: la principale è stata quella di mettere Salvini in mezzo al popolo, facendogli indossare felpe d’occasione e innalzare cartelli ridicoli in cui tutto veniva prima di tutto. Molti italiani rincoglioniti, soprattutto al Sud, gli sono andati dietro. Ma anche quella tipologia di italiano meridionale che cerca l’uomo forte soprattutto se protegge e dà da mangiare, si sta scocciando di fronte a un signore che non lavora. Perché anche il politico più dissipatore di denaro pubblico, a un certo punto, deve lavorare.

ZERO LAVORO, SOLO PENOSE SCENETTE CON MARIO GIORDANO

Salvini invece pensa che una penosa scenetta con Mario Giordano porti molti voti. Quello che i leader – che salgono e poi inesorabilmente iniziano a scendere fino a rotolare – non capiscono è che la società della comunicazione in cui si sono infilati non è un artifizio tecnico, non è neppure la lettura disincantata degli umori peggiori degli italiani peggiori, è anche e soprattutto dare una risposta a problemi attraverso una leadership che lavori. Salvini capisce la parola “lavorare”?

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Matteo Salvini ospite della trasmissione di Rete 4 Fuori dal coro condotta da Mario Giordano.

LA SILENZIOSA LAMORGESE FA PASSI DA GIGANTE

Dopo un anno di urla contro i poveracci raggiungendo zero risultati, mentre la silenziosa Luciana Lamorgese ha fatto passi da gigante, dopo mesi in cui Salvini si è intrattenuto sull’economia scappando dal governo quando ha temuto di dover aumentare l’Iva, alcuni italiani, siamo ancora a pochi decimali, hanno cominciato a capire che sotto quella felpa c’è niente.

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Luciana Lamorgese, successore di Salvini al Viminale.

COMPRERESTE UN’AUTO USATA DAL CAPITANO?

Il segreto di Salvini è convincere la parte di quel 30% che vorrebbe scappare che la guerra civile che ha promesso si farà e che la vincerà lui. Intanto è costretto a chiedere la tregua nell’indifferenza generalizzata. Abbiamo così un leader che sulla carta ha molti voti, ma da cui nessuno comprerebbe un’auto usata.

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Le reazioni internazionali dopo l’impeachment contro Donald Trump

Il mondo sovranista si stringe intorno al presidente Trump dopo la messa in stato d'accusa. Putin: «Solo accuse inventate». E Salvini parla di una sinistra globale che «vuole sovvertire la volontà popolare».

L’internazionale sovranista si muove in difesa di Donald Trump, dopo il via libera della Camera dei Rappresentati all’impeachment. Il presidente russo Vladimir Putin, nella sua conferenza stampa di fine anno, ha toccato brevemente il caso sottolineando che la messa in stato d’accusa «si basa su accuse inventate e il Senato respingerà le imputazioni contro il presidente americano». «È estremamente difficile», ha aggiunto il capo del Cremlino, «che i repubblicani tolgano la carica di presidente a un rappresentante del loro stesso partito per motivi che sono assolutamente inventati».

ANCHE SALVINI CORRE IN DIFESA DI TRUMP

In Italia intanto è corsa a destra per dare il proprio sostegno al tycoon. Matteo Salvini, che dovrà fronteggiare la Giunta per le Immunità sul caso Gregoretti, ha espresso tutto il suo sostegno a Trump e vedendo nei due casi un certo parallelismo: «Mal comune e mezzo gaudio», ha detto in una conferenza stampa alla Camera, «Evidentemente c’è una reazione al sistema politico mediatico e giudiziario, non solo in Italia: pensiamo agli Usa, coi risultati economici della presidenza Trump che sta ottenendo dati alla mano… C’è un Presidente che deve passare le sue giornate preoccupandosi di difendersi da un impeachment che lo vedrebbe come traditore del popolo… Evidentemente in giro per il mondo a sinistra c’è qualcuno che usa qualsiasi arma per sovvertire la volontà popolare».

MELONI ESPRIME SOLIDARIETÀ VIA TWITTER

Appoggio sovranista via Twitter anche dalla presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni: «Negli Usa una sinistra perdente e incapace di dare risposte tenta di salire al potere rovesciando con ogni mezzo chi è stato eletto e sta ottenendo risultati straordinari. La sinistra è uguale in tutto il mondo. Solidarietà e sostegno a Donald Trump e al popolo americano».

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Scontro sugli sci a Plan de Corones: un morto e un ferito

Un turista sloveno ha perso la vita sulla pista Sonne. Ricoverato a Brunico in condizioni non gravi un giovane tedesco.

Un turista sloveno di 47 anni ha perso la vita in un incidente sugli sci in Val Pusteria. Sulla pista Sonne a Plan de Corones l’uomo si è scontrato con un giovane tedesco. Lo sloveno è morto, mentre il tedesco è stato trasportato all’ospedale di Brunico con ferite giudicate non gravi. Sul posto sono, tra l’altro, intervenuti i carabinieri per i rilievi di legge.

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La Corte Ue intima alla Spagna di liberare Junqueras

L'immunità del leader indipendentista catalano parte dal momento della proclamazione delle Europee. Per questo viene chiesta la scarcerazione dopo la condanna a 13 anni seguita al referendum.

L’immunità del leader indipendentista catalano Oriol Junqueras, eletto al parlamento Ue a maggio 2019, parte dal momento della proclamazione dei risultati delle elezioni europee. Quindi la Spagna dovrebbe rilasciarlo immediatamente affinché possa assumere il suo incarico. Lo ha stabilito la Corte di Giustizia della Ue che ha dato ragione a Junqueras, condannato dalla giustizia spagnola a 13 anni di prigione e di allontanamento dal pubblico ufficio per l’organizzazione del referendum sull’indipendenza della Catalogna.

GARANTITO ANCHE IL DIRITTO DI VIAGGIARE

La Corte ha prima di tutto stabilito che «la persona eletta al parlamento Ue acquisisce lo status di membro al momento della proclamazione e da allora gode dell’immunità». Inoltre, scrivono i giudici, Junqueras gode da quel momento anche del diritto di viaggiare, «connesso allo status di membro del parlamento Ue». Infine, l’immunità e il diritto di viaggiare «comprendono la soppressione di misure di detenzione imposte prima dell’elezione, per consentire alla persona di spostarsi e prendere parte alla sessione inaugurale del parlamento Ue. Di conseguenza, se la Corte competente nazionale ritiene che la misura debba essere mantenuta, deve il prima possibile chiedere al parlamento Ue di derogare all’immunità».

JUNQUERAS: «LA GIUSTIZIA È ARRIVATA DALL’EUROPA»

«La giustizia è arrivata dall’Europa», ha scritto su Twitter Junqueras. «I nostri diritti e quelli di 2 milioni di cittadini che hanno votato per noi sono stati violati. Nullità della pena e libertà per tutti noi! Continuiamo come abbiamo fatto fino adesso!»

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La Corte Ue intima alla Spagna di liberare Junqueras

L'immunità del leader indipendentista catalano parte dal momento della proclamazione delle Europee. Per questo viene chiesta la scarcerazione dopo la condanna a 13 anni seguita al referendum.

L’immunità del leader indipendentista catalano Oriol Junqueras, eletto al parlamento Ue a maggio 2019, parte dal momento della proclamazione dei risultati delle elezioni europee. Quindi la Spagna dovrebbe rilasciarlo immediatamente affinché possa assumere il suo incarico. Lo ha stabilito la Corte di Giustizia della Ue che ha dato ragione a Junqueras, condannato dalla giustizia spagnola a 13 anni di prigione e di allontanamento dal pubblico ufficio per l’organizzazione del referendum sull’indipendenza della Catalogna.

GARANTITO ANCHE IL DIRITTO DI VIAGGIARE

La Corte ha prima di tutto stabilito che «la persona eletta al parlamento Ue acquisisce lo status di membro al momento della proclamazione e da allora gode dell’immunità». Inoltre, scrivono i giudici, Junqueras gode da quel momento anche del diritto di viaggiare, «connesso allo status di membro del parlamento Ue». Infine, l’immunità e il diritto di viaggiare «comprendono la soppressione di misure di detenzione imposte prima dell’elezione, per consentire alla persona di spostarsi e prendere parte alla sessione inaugurale del parlamento Ue. Di conseguenza, se la Corte competente nazionale ritiene che la misura debba essere mantenuta, deve il prima possibile chiedere al parlamento Ue di derogare all’immunità».

JUNQUERAS: «LA GIUSTIZIA È ARRIVATA DALL’EUROPA»

«La giustizia è arrivata dall’Europa», ha scritto su Twitter Junqueras. «I nostri diritti e quelli di 2 milioni di cittadini che hanno votato per noi sono stati violati. Nullità della pena e libertà per tutti noi! Continuiamo come abbiamo fatto fino adesso!»

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Eni, un’agenda digitale per un Gruppo sempre più sostenibile

Tecnologia, decarbonizzazione, transizione energetica e valorizzazione delle persone. Luigi Lusuriello, Chief Digital Officer di Eni, spiega a Lettera 43 come sta cambiando il volto della multinazionale.

Sicurezza delle persone e degli impianti, decarbonizzazione, transizione energetica e miglioramento dell’efficienza su tutti i fronti. Sono questi i capisaldi sui quali il gruppo Eni vuole focalizzare la sua strategia per la trasformazione digitale del gruppo. A spiegarlo a Lettera43 è Luigi Lusuriello, Chief Digital Officer della multinazionale. «Nel nostro processo di trasformazione in campo digitale», sottolinea il manager, «utilizziamo tutte le tecnologie disponibili sul mercato, singolarmente o combinate tra loro: parlo in particolare di intelligenza artificiale, robotic process automation, deep learning, ma anche blockchain per gestire i processi interni, IoT, realtà virtuale e aumentata».

Lusuriello, tutta questa tecnologia non fa passare in secondo piano il ruolo delle persone?

La nostra visione riguarda anche e soprattutto una trasformazione del modo di lavorare e di relazionarsi delle persone coinvolte, alle quali la tecnologia, se adottata attraverso soluzioni efficaci, può portare nuovi strumenti a supporto e rafforzamento delle proprie capacità. La tecnologia può esprimere il proprio potenziale solo se mettiamo al centro le persone, che devono essere libere di personalizzare gli strumenti sviluppati e così migliorare le proprie performance.

Tutto ciò richiede anche un grande sforzo di change management, per avvicinare sempre più le persone alla tecnologia, utilizzandola come uno strumento per migliorare la qualità e l’efficacia del loro lavoro e non per sostituire la loro capacità ed esperienza, che hanno valore fondamentale e distintivo per Eni. 

Come riuscite a misurare l’efficacia dei vostri processi di digitalizzazione?

È molto importante per noi tenere sotto controllo l’efficacia delle iniziative di trasformazione digitale, sia dal punto di vista economico che qualitativo per migliorare processi, efficienza e sicurezza. Le nostre iniziative di Open Innovation valorizzano idee provenienti dall’esterno, da startup o da centri di ricerca universitari con i quali collaboriamo stabilmente, e i progetti vengono sempre sottoposti, in una prima fase di validazione, a test tecnici e di resa economica, superata la quale vengono poi rapidamente implementati nei nostri siti o nei nostri processi, passando da scala sperimentale a scala industriale. Per questo motivo, Eni è fortemente impegnata nella costante analisi del rapporto costi/benefici delle sue iniziative in ambito digital transformation attraverso la definizione di indicatori specifici di performance per ogni ambito delle sue operazioni, e allineando sempre misurazione e pianificazione al più ampio piano strategico adottato per perseguire la propria mission di decarbonizzazione.

Ha parlato di progetti: quali state portando avanti?

Nel nostro Piano 2020-2023 ci siamo dati un programma strutturato, una “agenda digitale”, che include 11 gruppi di iniziative in tutti gli ambiti delle nostre attività, come quello delle geoscienze, delle analisi avanzate dei giacimenti, o del training simulativo tramite lo sviluppo di vere e proprie “copie digitali” dei nostri impianti. Altre iniziative riguardano ad esempio l’area logistica, della sicurezza delle persone o delle funzioni di compliance, o ancora della gestione integrata dei nostri impianti. Uno dei nostri principali progetti è quello della Lighthouse, un impianto completamente digitalizzato dove da un unico sistema di controllo, l’Integrated Operation Center (IOC), si ha accesso in tempo reale a tutte le informazioni dei processi principali del sito e si ricevono alert, generati dai modelli predittivi, su potenziali eventi rilevanti.

Ci dica di più sul progetto Lighthouse…

Si ha accesso a tutte le informazioni dei processi più rilevanti per il sito e si ricevono le indicazioni operative che si generano dalle soluzioni digitali adottate. Per costruire la Lighthouse il personale operativo del sito dispone di una “biblioteca” di soluzioni digitali già testate e seleziona quelle che meglio si adattano allo specifico sito: al centro della trasformazione digitale c’è sempre la persona con le sue competenze.

Come può la digitalizzazione migliorare la sostenibilità ambientale delle attività di Eni, nell’ottica di una strategia di riduzione delle emissioni ed economia circolare?

Per Eni il digitale è la leva per lo sviluppo sostenibile, per accelerare la crescita economica, favorire l’accesso all’energia e il rispetto dell’ambiente. È anche attraverso il digitale che Eni punta ad essere carbon neutral nel lungo termine e ad avere un impatto sempre più positivo per la società, in linea con la propria mission. L’adozione di soluzioni digitali innovative apporta un contributo decisivo alla visione di Eni per l’economia circolare, ad esempio tramite programmi di gestione della supply chain sostenibile, nell’ambito della bio-raffinazione, o anche in ambito retail, grazie alla diffusione di applicazioni mobili sia all’interno dell’azienda che presso i clienti.

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I sondaggi politici elettorali del 19 dicembre 2019

La Lega torna saldamente sopra il 30%, cresce ancora Fratelli d'Italia. Pd al 19,6%, avanzano Renzi e Calenda.

Lega di nuovo sopra il tetto del 30% e Fratelli d’Italia in crescita costante. Sono questi i dati più significativi emersi dal sondaggio di Emg Acqua presentato il 19 dicembre ad Agorà, il programma condotto da Serena Bortone in onda su RaiTre.

FRATELLI D’ITALIA ANCORA SOPRA IL 10%

Se si andasse al voto oggi, la Lega sarebbe saldamente il primo partito con il 31,2% delle preferenze, seguita a oltre 10 punti percentuali dal Partito democratico, stabile al 19,6%. Il Movimento 5 stelle resta fermo al 16,1% e vede avvicinarsi ulteriormente Fratelli D’Italia, che si issa al 10,6%.

FORZA ITALIA TALLONATO DA ITALIA VIVA

Forza Italia si ferma al 6,7%, mentre il neonato Italia viva di Matteo Renzi è al 5%. Bene anche il nuovo soggetto politico di Carlo Calenda: nella rilevazione Emg Azione, è al 2,3%: per La Sinistra 2%, +Europa all’1,9%, Europa verde all’1,6% e Cambiamo! (Toti) all’1%.

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Il nuovo allarme di Dombrovskis sul deficit dell’Italia

Intervistato da La Stampa il vice presidente Dombrovskis ha messo in guardia il governo sui conti pubblici: «Riportare i parametri in linea con quanto previsto dal Patto di Stabilità e Crescita».

«L’Italia è a rischio di non conformità con le regole Ue, sia per quest’anno che per il prossimo. Per questo chiediamo di riportare il deficit in linea con quanto previsto dal Patto di Stabilità e Crescita», la mazzata è arrivata da Valdis Dombrovskis, vice-presidente esecutivo della Commissione europea con responsabilità su tutti i portafogli economici, in un’intervista a La Stampa.

LA COMMISSIONE VUOLE NUOVI STRUMENTI D’AZIONE

«In passato abbiamo proposto sanzioni per Paesi con alto deficit, ma poi parlamento e Consiglio le hanno respinte». Per questo, ha spiegato Dombrovskis, la possibilità che la Commissione abbia nuovi strumenti per intervenire con maggiore efficacia «sarà certamente uno dei temi da discutere nel contesto della revisione del Two Pack e del Six Pack», cioè i regolamenti introdotti nel Patto di Stabilità e Crescita. «Al momento prevediamo una revisione non legislativa, ma lanceremo una discussione», ha aggiunto.

VERSO LA REVISIONE DEI PARAMETRI UE

«Ci sono diverse questioni sul tavolo: gli aspetti legati al Green Deal, la semplificazione delle regole, ma anche un meccanismo rafforzato per la loro applicazione». Ci sono alcuni Stati che vogliono più flessibilità, altri che chiedono maggiore disciplina di bilancio. Se ne esce soltanto trovando un accordo. Per questo dico che non si può andare ad aprire il tema delle regole di bilancio, se non c’è la ragionevole possibilità di concludere il lavoro con un risultato migliore rispetto al punto di partenza». Tuttavia, ha aggiunto, «ci sono alcuni elementi su cui molti Stati sembrano essere d’accordo. Per esempio sulla necessità di abbandonare alcuni indicatori come il deficit strutturale».

DOMBROVSKIS: «SERVE CAUTELA SULLA FLESSIBILITÀ»

Sulla possibilità di scorporare gli investimenti green dal deficit, «già oggi abbiamo una clausola di flessibilità per gli investimenti cofinanziati dall’Ue, l’abbiamo introdotta nel 2015. Si può discutere se estenderla a quelli green, ma in ogni caso bisogna essere molto cauti sui limiti da non superare: va garantita la sostenibilità di bilancio», ha aggiunto il vice presidente, che sul Mes ha eslcuso l’ipotesi di un rinvio a giugno: «I negoziati sono già in una fase avanzata. Sono emerse alcune preoccupazioni ‘last minute’ dall’Italia e bisogna vedere come affrontarle nel modo migliore. Ma in ogni caso credo che nel giro di un paio di mesi si troverà un accordo».

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Le inutili regole di Confindustria per i candidati alla presidenza

Puntuali, ogni quattro anni, arrivano le raccomandazioni del sindacato degli imprenditori nei confronti di chi vuole iscriversi alla corsa. Peccato che tutti se ne freghino bellamente. Come nel caso dell'orafa Mattioli, di cui è stata annunciata la discesa in campo anche se non si potrebbe.

Ogni quattro anni, puntuale come un orologio svizzero, la corsa alla presidenza di Confindustria si apre al medesimo scenario: candidati che scalpitano, giochi di Palazzo che spesso fanno impallidire quelli della politica, vorace caccia ai voti per arrivare alla meta. E come ogni quattro anni, puntuale come un orologio svizzero, il “Consiglio di indirizzo etico e dei valori associativi” del sindacato degli imprenditori rilascia le sue raccomandazioni. Una sorta di “Order!!”, per parafrasare il famoso appello dello speaker della Camera dei Comuni inglese John Bercow, tanto dettagliato quanto disatteso.

IL TENTATIVO DI FARE UN’ORDINATA CAMPAGNA ELETTORALE

L’ “Order!!” di Confindustria porta la data del 4 dicembre 2019, ed è un documento di tre paginette spedito a consiglieri e presidenti delle territoriali in cui si dettano le regole per procedere a una ordinata campagna elettorale.

VERIFICA DEI REQUISITI RICHIESTI E PROGRAMMI

Tra le varie raccomandazioni, si avvisa con una certa perentorietà che «c’è un momento preciso nel quale poter formalizzare eventuali auto candidature alla presidenza confederale, snodo dal quale poi discende una sequenza di adempimenti che riguardano la verifica dei requisiti richiesti, la formalizzazione dei programmi e l’informativa al sistema associativo che vedranno un impegno coordinato e convergente della Commissione di designazione, del nostro Consiglio e dei probiviri confederali. È assolutamente evidente – fermo restando che ogni assetto normativo può sempre essere migliorato – che l’obiettivo strategico che il nuovo quadro vuole realizzare sia quello di permettere una partecipazione e un dibattito ampi e diffusi ma circoscritti all’interno del perimetro confederale, evitando il trasferimento in sedi esterne ed improprie di un confronto che deve invece restare riservato – nei modi e nei contenuti – agli organi individuati dallo statuto».

L’UTOPIA DI REGOLARE LO SPREGIUDICATO GIOCO DELLE PARTI

Insomma, nel florilegio di manovre, candidature annunciate, vorticosa girandola di nomi che spesso nascondono uno spregiudicato gioco delle parti, il sindacato degli industriali vorrebbe porsi come regolatore. «La raccomandazione e l’auspicio», vi si legge ancora, «sono quelli di osservare puntualmente – fino al momento dell’insediamento della Commissione di designazione di fine gennaio 2020 – un rigoroso allineamento ai meccanismi che sono stati ritenuti, nell’ultima revisione statutaria, i più adatti ed efficaci ad evitare l’accreditarsi di una sensazione falsata di come l’organizzazione confederale si appresta a vivere e ad interpretare l’avvicendamento nella presidenza».

PREVISTE (SULLA CARTA) SANZIONI PER CHI SGARRA

Alle raccomandazioni seguono le sanzioni per chi trasgredisce. Se qualcuno si autocandida o viene candidato prima del gennaio 2020, data in cui si insedierà la Commissione di designazione, scatteranno provvedimenti. Si afferma infatti che «l’utilizzo dei media per anticipare una disponibilità a candidarsi ovvero declinazioni programmatiche per un eventuale incarico di vertice, così come manifestazioni di sostegno formalizzate fuori dalle consultazioni della Commissione di designazione, rappresenteranno comportamenti rispetto ai quali gli organi confederali deputati al controllo e alla verifica dovranno necessariamente intervenire, con le conseguenze previste dalle norme».

MA L’ULTIMO CASO DI MATTIOLI CONFERMA L’INFRAZIONE DELLE NORME

E i candidati che fanno? Se ne fregano bellamente. È giusto di mercoledì 18 dicembre, tanto per citare l’ultimo caso, l’Ansa contenente le dichiarazioni con cui il presidente degli industriali piemontesi Fabio Ravanelli e quello dei torinesi Dario Gallina lanciano la discesa in campo dell’industriale orafa Licia Mattioli (cui auguriamo una felice corsa), trincerandosi dietro l’artificio retorico della «candidatura probabile ma che sarà eventualmente ufficializzata solo a fine gennaio». Insomma, Mattioli c’è, non si potrebbe dire, ma lo diciamo fingendo di non dirlo ufficialmente. Come si comporteranno al riguardo gli inflessibili custodi (Floriano Botta, Daniela Gennaro Guadalupi, Michele Matarrese, Mario Mazzoleni, Aurelio Regina, Marta Spinelli) dell’ortodossia confindustriale?

Quello di cui si occupa la rubrica Corridoi lo dice il nome. Una pillola al giorno: notizie, rumors, indiscrezioni, scontri, retroscena su fatti e personaggi del potere.

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Due arresti per il crack di Banca Base

Si tratta del presidente del Consiglio d'amministrazione Bottino e del direttore generale Sannolo. Accuse di aggiotaggio, bancarotta fraudolenta e ostacolo all'esercizio delle funzioni di vigilanza.

Il presidente del Consiglio d’amministrazione e il direttore generale di Banca Base, Piero Bottino, di 63 anni, e Gaetano Sannolo, di 47, sono stati arrestati, e posti ai domiciliari, da militari della guardia di finanza di Catania e del nucleo speciale di polizia valutaria nell’ambito dell’inchiesta sul crack dell’istituto di credito. Militari delle Fiamme gialle stanno inoltre notificando un avviso di conclusione indagini nei confronti di 18 indagati emesso dalla procura distrettuale.

TRA LE IPOTESI DI REATO BANCAROTTA E AGGIOTAGGIO

I reati ipotizzati, a vario titolo, per gli arrestati e i 18 indagati, sono, in concorso, bancarotta fraudolenta, falso in prospetto, ostacolo all’esercizio delle funzioni di vigilanza e aggiotaggio. Al centro dell’inchiesta lo stato d’insolvenza della Banca Sviluppo Economico s.p.a. (Banca Base) dichiarato dal tribunale civile di Catania nel dicembre 2018 e confermato in appello nell’aprile 2019. L’operazione delle Fiamme Gialle, denominata “Fake Bank“, secondo l’accusa, avrebbe consentito di «tracciare la perpetrazione ripetuta di illecite condotte operate dalla governance della ‘fallita’ banca etnea consistenti in operazioni finanziarie anti-economiche e dissipative del patrimonio societario in dispregio dei vincoli imposti dall’Autorità di Vigilanza».

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Gli Usa e la guerra del gas a Russia e Germania

Pronta a inizio 2020, la pipeline del Baltico russo-tedesca è stata colpita dalle sanzioni americane. Democratici compatti con Trump in difesa della Nato. E dell’Ucraina. Il risiko per Berlino e l’Ue.

Per la Germania di peggiore dei dazi sull’import di auto, minacciati da Donald Trump, c’erano solo le sanzioni Usa sul gasdotto russo-tedesco Nord Stream 2, e sono arrivate. Un affronto per il ministro degli Esteri tedesco Heiko Maas, socialdemocratico (Spd), atlantista, più critico di molti altri ministri e politici europei su Vladimir Putin. Questo Natale anche in crisi con Mosca per l’espulsione reciproca di diplomatici russi e tedeschi, a causa dell’omicidio di un ceceno a Berlino, che si sospetta mirato e sul quale dal Cremlino non collaborano. Ma sulle politiche energetiche non si scherza: «Quelle europee si decidono nell’Ue, non negli Stati Uniti» ha twittato Maas all’approvazione della Camera americana di misure «inaccettabili» contro il Nord Stream 2. Licenziate definitivamente il 17 dicembre al secondo passaggio al Senato, con 86 sì e appena 8 no.

I DEMOCRATICI CON TRUMP

Appena insediato alla Casa Bianca, Trump aveva parlato chiaro con la cancelliera Angela Merkel: «Avrete del fantastico gas americano al posto di quello russo». Ma stavolta non si tratta solo del presidente: le sanzioni contro Russia e Germania – e contro tutte le aziende impegnate nel grande appalto – sono passate senza battute di ciglio alla Camera a maggioranza democratica come al Senato a maggioranza repubblicana. Nei giorni dell’impeachment, tutto il Congresso di Washington si è schierato compatto con Trump. Contro un progetto strategico che gli Usa ritengono un’invasione di campo inaccettabile dei russi nel territorio della Nato. Il guaio è che la Germania ha voluto, cercato e realizzato per anni la partnership energetica sul Nord Stream 2. Pronto nel 2020 per far arrivare il gas all’Europa continentale attraverso il mar Baltico.

L’ex cancelliere tedesco Gerhard Schroeder nel board di Gazprom per il Nord Stream 2. GETTY.

COMPLETATO PER L’80%

L’80% del Nord Stream 2 è stato completato. A novembre anche la Danimarca ha approvato il passaggio del gasdotto, raddoppio della già contestata creatura di Gerhard Schröder: il Nord Stream che dal 2011 pompa fino a 55 miliardi di metri cubi di gas l’anno dalla Russia distribuendolo in Europa, erodendo i business delle altre pipeline che corrono attraverso i Paesi dell’Est (Polonia, Slovacchia, Bielorussia e Ucraina). Agli Stati Uniti i piani energetici della Germania non sono mai andati giù: le condutture del gas sono geopolitica, tanto più quando di mezzo c’è un partner come la Russia. Ma per i tedeschi è imprescindibile realizzare la rete del Nord Stream: un raddoppio costato quasi 10 miliardi di euro, il Nord Stream 15 miliardi. Tutti i ministri tedeschi che hanno dovuto affrontare la questione, Sigmar Gabriel prima di Maas, si sono scontrati con gli Usa «sull’interesse nazionale».

Per completare il Nord Stream 2 restano 2 mila chilometri di pipeline offshore, circa 2 mesi di lavori

LE COMPAGNIE EUROPEE A RISCHIO

I 55 miliardi di metri cubi di gas l’anno di forniture da aggiungere o da spostare con il Nord Stream 2 sono un affare per diverse compagnie energetiche europee che partecipano al progetto della sussidiaria del colosso russo Gazprom, Nord Stream 2: per il 50% finanziato da Gazprom, e per il 10% ciascuna dall’anglo-olandese Royal Dutch Shell, dalle tedesche E.On e Basf/Wintershall, dall’austriaca Omv e dalla francese Engie (ex Gdf Suez). Non solo: anche gli svizzeri di Allseas, aggiudicatari dell’appalto da Mosca per la parte offshore, saranno colpiti dalle sanzioni americane (revoca del visto e blocco delle proprietà per gli individui, multe per le aziende) se entro 30 giorni non cesseranno le loro operazioni. Alla loro nave restano da completare più di 2 mila chilometri (circa 2 mesi di lavoro) di tubature nel Baltico. Ma anche il sistema bancario tedesco, da Deutsche Bank a Commerzbank, avrebbe ricadute per le sanzioni.

«UN ATTACCO ALLA SOVRANITÀ NAZIONALE»

È questione di giorni: ci si attende il via libera di Trump alle sanzioni entro Natale, al più tardi la fine dell’anno. Poi l’Amministrazione Usa avrà 60 giorni di tempo per la lista delle compagnie e le persone fisiche coinvolte nella costruzione del Nord Stream 2. La cancelliera Merkel (Cdu-Csu) non ha ancora proferito parola, ma ha sempre difeso il pilastro delle politiche energetiche nazionali, pur senza fare sconti al Cremlino sull’Ucraina e su altri dossier. Per i conservatori ha parlato il referente della Cdu all’Onu, e deputato, Andreas Nick, preoccupato del caso di «sovranità nazionale». Rapporti commerciali ed energetici sacri, con la Russia, anche per i socialdemocratici: l’ex cancelliere Schröder, d’altronde, fu l’anima del consorzio Nord Stream; è in ottimi rapporti con Putin perciò fonte di imbarazzo per la stessa Spd, presiede il board del Nord Stream e accelera sul decollo del raddoppio.

La guerra degli Usa al Nord Stream 2 Germania Russia
Il presidente russo Vladimir Putin durante la costruzione del Nord Stream nel Mar Baltico. GETTY.

I RUSSI PER LE CONTROSANZIONI

La Camera di commercio russo-tedesca ha dichiarato «essenziale» per la sicurezza energetica dell’Europa la nuova conduttura nel mar Baltico e chiede in rappresaglia controsanzioni per gli Stati Uniti, per il Cremlino, una «concorrenza sleale che viola del diritto internazionale». In effetti, come ha fatto presente la rete di industrie tedesche che opera nell’Est, l’Ue ha concesso tutte le autorizzazioni richieste per raddoppiare il Nord Stream, che dal Mar Baltico in Germania si allaccia alla rete di distribuzione europea. La Russia avrebbe da perdere più di tutti dallo stop: con un Nord Stream 2 a regime aumenterebbe le forniture di gas al Nord Europa, il flusso di metano via mare di 110 miliardi di metri cubi all’anno superebbe i 75 miliardi trasportati attraverso l’Ucraina e la Slovacchia, la pipeline finora con la capacità maggiore.

Tutte le rotte del gas attraverso l’Europa dell’Est perderebbero forza e gli ex satelliti dell’Urss sarebbero più esposti alle pressioni russe

L’UCRAINA PUÒ RIESPLODERE

L’Ucraina più di tutti perderebbe almeno 2 miliardi di euro l’anno dalla Russia di diritti di transito. Il rinnovo dei contratti sul gas con l’Ucraina è una delle parti più spinose degli accordi che hanno tamponato precariamente la crisi russo-ucraina del 2014. Il fronte di guerra tra Mosca e Kiev potrebbe riaprirsi, e ancora una volta la Germania si troverebbe in prima linea nei negoziati, più che mai con forti interessi in gioco. Ma in generale tutte le rotte del gas attraverso l’Europa dell’Est perderebbero forza e gli ex satelliti dell’Urss sarebbero più esposti alle pressioni russe. Non caso la Polonia è tra i bastioni del no al Nord Stream 2, appoggiata a spada tratta dagli Stati Uniti che a sorpresa hanno inserito le misure sul gasdotto nel National defense authorization act per l’anno fiscale del 2020. Putin sperava anche di aggirare, con i nuovi contratti, le sanzioni per l’annessione della Crimea, ma non ci riuscirà

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Cosa sappiamo sul maxi blitz contro la ‘ndrangheta nel Vibonese

Vasta operazione del Ros in Calabria e nel resto dl'Italia. In manette oltre 300 persone tra avvocati, politici e membri della cosca Mancuso. Le accuse vanno da associazione mafiosa, all'estorsione e omicidio.

Una maxi operazione dei Carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Vibo Valentia è in corso per l’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare del gip di Catanzaro su richiesta della Dda a carico di 334 persone. L’operazione ‘Rinascita-Scott‘ ha disarticolato tutte le organizzazioni di ‘ndrangheta operanti nel Vibonese e facenti capo alla cosca Mancuso di Limbadi. Complessivamente sono 416 gli indagati, accusati a vario titolo di associazione mafiosa, omicidio, estorsione, usura, fittizia intestazione di beni, riciclaggio e altri reati aggravati dalle modalità mafiose.

IN MANETTE ANCHE POLITICI

Tra le persone arrestate ci sono politici, avvocati, commercialisti, funzionari infedeli dello Stato e massoni. Tra loro anche l’avvocato ed ex parlamentare di Forza Italia Giancarlo Pittelli. In manette è finito anche il sindaco di Pizzo e presidente di Anci Calabria Gianluca Callipo, del Pd, l’ex consigliere regionale del Pd Pietro Giamborino (ai domiciliari) e il segretario del Psi calabrese Luigi Incarnato (domiciliari). Il gip ha imposto il divieto di dimora in Calabria per l’ex parlamentare ed ex assessore regionale del Pd Nicola Adamo, indagato per traffico di influenze. Tra gli arrestati c’è anche l’ex comandante del reparto operativo dei carabinieri di Catanzaro Giorgio Naselli, adesso comandante provinciale a Teramo. Contestualmente all’ordinanza di custodia cautelare, i carabinieri stanno notificando anche un provvedimento di sequestro beni per un valore di circa 15 milioni di euro.

OPERAZIONI ANCHE AL NORD E IN EUROPA

L’imponente operazione, frutto di indagini durate anni, oltre alla Calabria interessa varie regioni d’Italia dove la ‘ndrangheta vibonese si è ramificata: Lombardia, Piemonte, Veneto, Liguria, Emilia-Romagna, Toscana, Lazio, Sicilia, Puglia, Campania e Basilicata. Alcuni indagati sono stati localizzati e arrestati in Germania, Svizzera e Bulgaria in collaborazione con le locali forze di Polizia e in esecuzione di un mandato di arresto europeo emesso dall’autorità giudiziaria di Catanzaro. Nell’operazione sono impegnati 2500 carabinieri del Ros e dei Comandi provinciali che in queste ore stanno lavorando sul territorio nazionale supportati anche da unità del Gis, del Reggimento Paracadutisti, degli Squadroni Eliportati Cacciatori, dei reparti mobili, da mezzi aerei e unità cinofile.

GRATTERI: «PIÙ GRANDE BLITZ DOPO IL MAXI PROCESSO»

«È la più grande operazione dopo il maxi processo di Palermo». Così il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri ha sintetizzato l’operazione che ha portato ai 334 arresti. «Abbiamo disarticolato completamente le cosche della provincia di Vibo», ha aggiunto, «ma ha interessato tutte le regioni d’Italia, dalle Alpi alla Sicilia. Nell’ordinanza ci sono 250 pagine di capi di imputazione. È stato un grande lavoro di squadra fatto dai carabinieri del Ros centrale, di quello di Catanzaro, e del Comando provinciale di Vibo Valentia. Alla fase esecutiva dell’operazione hanno preso parte circa 3000 militari con tutte le specialità, dal Gis al Tuscania ai Cacciatori, tutte le sezioni Ros d’Italia e tutti i carabinieri della Calabria». Solo pochi giorni fa il neoprocuratore di Vibo, Camillo Falvo, che si è insediato il 18, salutando i colleghi della Procura di Catanzaro, dove per la Dda seguiva l’area di Vibo, aveva detto «ora o mai più». «Se era un riferimento a oggi? Anche», ha detto Gratteri.

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Donald Trump è stato messo sotto impeachment

La Camera ha approvato i due capi di imputazione contro il presidente con poche defezioni. Furiosa la reazione di Trump che in un comizio in Michigan attacca: «Vogliono annullare le elezioni».

Agognava di finir nei libri di scuola come un presidente migliore di Abramo Lincoln. Invece Donald Trump è entrato nella storia indossando gli umilianti panni del terzo presidente Usa messo in stato d’accusa con la procedura di impeachment. Prima di lui sono finiti a giudizio solo Andrew Johnson nel lontano 1868 e Bill Clinton nel 1998. Entrambi sono stati assolti in Senato, come succederà con ogni probabilità in gennaio anche al tycoon, che conta sulla granitica maggioranza repubblicana nella camera alta del parlamento. Richard Nixon invece si dimise nel 1974 prima di essere imputato.

LEGGI ANCHE: Perchè l’impeachment contro Trump può essere un boomerang sui dem

MOZIONE VOTATA DOPO UN DIBATTITO DURATO ORE

Due i capi di imputazione: abuso di potere per le pressioni su Kiev per far indagare il suo principale rivale nella corsa alla Casa Bianca Joe Biden e ostruzione del Congresso per aver bloccato testimoni e documenti. Il voto della Camera è arrivato dopo settimane di aspre polemiche e dopo un lungo, a tratti velenoso dibattito in un ramo del Congresso saldamente controllato dai democratici. Alcuni repubblicani sono arrivati a paragonare l’indagine di impeachment all’attacco di Pearl Harbor o alla crocefissione di Cristo, sostenendo che Ponzio Pilato si è comportato meglio con Gesù. Alla fine i due articoli sono stati approvati rispettivamente con 230 e 229 voti, tutti dem tranne tre contrari. Compatto invece il no del Grand Old Party.

La prima pagina della risoluzione contro Donald Trump.

SI PREPARA LA BATTAGLIA AL SENATO

Ma ora si apre un nuovo fronte di guerra: dopo il voto la speaker della Camera Nancy Pelosi ha annunciato che i due articoli non saranno inviati al Senato finchè non ci saranno garanzie di un processo giusto in quel ramo del Congresso, finora negate a suo avviso dalle mossa del leader dei senatori Mitch McConnell, che è andato alla Casa Bianca per coordinare le strategie e affermato che non sarà un giudice imparziale. Secondo quanto scrive Politico i due articoli votati nella notte non sono sufficienti a far transitare il fascicolo al Senato. Serve infatti un altro voto che nomini i deputati incaricati di portare avanti il “processo” al presidente davanti ai senatori. Questo secondo step di fatti trasmette gli atti alla camera alta. Mettendo in stanby questa risoluzione Pelosi e i leader dem possono mantenere il controllo della procedura per qualche settimana con lo scopo di mettere sotto pressione McConnell. Secondo la Costituzione, infatti, una volta votata a maggioranza semplice la messa in stato d’accusa, il procedimento passa alla Camera alta dove il procedimento verrà presieduto dal giudice capo della Corte Suprema. Con ogni probabilità sarà a questo punto che il procedimento verrà respinto: per l’approvazione servono i due terzi dei senatori, ma al momento il Gop controlla la camera con 53 rappresentanti e non sembra intenzionato ad abbandonare il tycoon.

LA RISPOSTA DI TRUMP IN UN COMIZIO DI DUE ORE

Nel giorno più buio della sua presidenza, il tycoon ha aspettato la votazione prima twittando nel bunker della Casa Bianca e poi tenendo un comizio di due ore in Michigan, Stato cruciale per la sua rielezione. È li che ha saputo la notizia ma ha reagito come sempre attaccando, osannato dalla folla che gridava «altri quattro anni».

I democratici stanno cercando di annullare il voto di decine di milioni di patrioti americani

Donald Trump

«VOGLIONO ANNULLARE LE ELEZIONI»

«Non abbiamo fatto nulla di sbagliato. Abbiamo l’appoggio del partito repubblicano», ha esordito. «Dopo tre anni di caccia alle streghe, bufale, vergogne, truffe, i democratici stasera stanno cercando di annullare il voto di decine di milioni di patrioti americani», ha denunciato, accusando l’opposizione di «abuso di potere». «Questo è il primo impeachment dove non c’è un reato», ha incalzato, convinto che sarà un «suicidio politico» per i dem. E ha vantato l’unità del partito: «Non abbiamo perso neanche un voto dei repubblicani e tre democratici hanno votato con noi». La sua bestia nera resta Nancy Pelosi, cui alla vigilia del voto aveva inviato un’infuocata lettera di sei pagine accusandola di aver «dichiarato guerra aperta alla democrazia americana» con la «crociata» di un impeachment che è «un fazioso e illegale colpo di stato».

LA SPEAKER DELLA CAMERA PELOSI: «NON AVEVAMO ALTRA SCELTA»

Una lettera «ridicola» e «triste», ha replicato la Pelosi, ammonendo che «se consentiamo ad un presidente, qualsiasi presidente, di proseguire su questa strada, diremo addio alla repubblica e buongiorno al presidente re». La speaker democratica ha rincarato la dose aprendo il dibattito alla Camera. «Trump non ci ha dato altra scelta. Il presidente ha violato la costituzione e resta una costante minaccia per la sicurezza del nostro Paese e l’integrità delle nostre elezioni», ha denunciato, dopo aver letto accanto ad un tricolore americano il Pledge of Allegiance, il giuramento di fedeltà alla bandiera degli Stati Uniti.

La prima pagina dle New York Times del 19 dicembre 2019

UN PAESE SPACCATO SULL’IMPEACHMENT

Nel frattempo davanti a Capitol Hill centinaia di attivisti manifestavano a sostegno dell’impeachment, dopo gli oltre 600 tra raduni e marce in varie città di tutti i 50 Stati Usa, a partire da New York. «Che atroci bugie. Questo è un assalto all’America e al partito repubblicano», le ha risposto su Twitter il tycoon, che mira a galvanizzare la sua base e a trasformare l’impeachment in un boomerang politico contro i democratici. I sondaggi mostrano un Paese spaccato a metà sulla messa in stato d’accusa ma nel frattempo il gradimento del presidente sembra salire, stando all’ultimo sondaggio di Gallup: dal 39% di quando è iniziata l’indagine all’attuale 45%.

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Le quotazioni di Borsa e spread del 19 dicembre 2019

Piazza Affari vira in negativo. Il differenziale a quota 159 punti. I mercati in diretta.

Seduta debole per la Borsa italiana quella del 19 dicembre 2019. L’indice Ftse Mib ha segnato un +0,08% in avvio per poi attestarsi a -0,01%. Nella giornata precedente Piazza Affari aveva chiuso piatta (-0,01%). Giornata poco mossa anche per le principali Borse europee. Londra guadagna lo 0,1%, Parigi resta piatta mentre Francoforte e Madrid cedono lo 0,3% .

LO SPREAD RIPARTE DA 159 PUNTI

Sessione con poche oscillazioni per lo spread tra Btd e Bund. Il differenziale tra il decennale italiano e quello tedesco si attesta a 159,6 punti sugli stessi livelli del 18 dicembre a fine giornata. Il rendimento del Btp è all’1,35%.

BORSE ASIATICHE IN ATTESA DI NUOVI SVILUPPI SUI DAZI

Seduta debole sui listini asiatici reduci dal maggiore rally dell’anno, grazie all’accordo sui dazi annunciato venerdì ma non ancora firmato, mentre i futures americani sono piatti in attesa del voto della Camera dei deputati sull’impeachment per Donald Trump. Negativi gli indici di Tokyo (-0,29%) e Hong Kong (-0,42% a seduta ancora aperta), poco mossa Seul (+0,08%). Invariata la Borsa di Shanghai e positiva Shenzhen (+0,21%) dopo aver azzerato i cali della giornata sulla scia dell’iniezione di nuova liquidità nel sistema finanziario da parte della Banca centrale cinese.

GLI AGGIORNAMENTI DEI MERCATI IN DIRETTA

13.40 – LISTINI PIATTI IN ATTESA DI WALL STREET

Poche ripercussioni sui mercati azionari del Vecchio continente dalla scelta della Bank of England di lasciare i tassi fermi allo 0,75%: in attesa dell’avvio di Wall street, Londra sale dello 0,1%, Milano e Parigi sono piatte, Francoforte e Madrid scendono dello 0,3%. In Piazza Affari sempre buoni acquisti su Nexi dopo l’accordo con Intesa nei sistemi di pagamento e l’ingresso della banca nel capitale con una quota del 9,9%: il titolo Nexi sale del 2% con Intesa leggermente positiva. Tra gli altri gruppi principali, Ferragamo e A2A crescono di circa un punto percentuale mentre Buzzi e Unicem perdono oltre l’1%.

11.20 – PIAZZA AFFARI AZZERA I GUADAGNI

Piazza Affari ha azzerato i guadagni (-0,01%) in linea con le altre Borse europee compresa Londra (+0,02%) in attesa della decisione della Bank of England sui tassi, prevista all’ora di pranzo, mentre la Banca centrale della Norvegia li ha lasciati invariati. Arretra Francoforte (-0,15%), è invariata Parigi, restano intanto positivi i futures Usa senza effetti dall’impeachment votato dalla Camera contro Trump. Sul listino milanese le prese di profitto colpiscono titoli di diversi settori: Buzzi (-1,69%), Recordati (-1,29%), Generali (-0,83%), Amplifon e Azimut (entrambi -0,78%) e la Juve (-0,71%) all’indomani della chiusura dell’aumento di capitale dove il socio Exor (-0,09%) ha fatto la sua parte. Gli acquisti spingono invece sul podio UnipolSai (+0,79%), Moncler (+0,75%) e Snam (+0,55%).

9.16 – L’EUROPA APRE POCO MOSSA

Apertura poco mossa sulle principali borse europee. Londra cede alle prime battute lo 0,04%, Parigi sale dello 0,07% e Francoforte dello 0,03%.

9.08 – APERTURA BORSA DI MILANO IN RIALZO

Avvio di seduta in cauto rialzo per Piazza Affari. L’indice Ftse Mib segna un aumento dello 0,08% a 23.647 punti.

7.27 – CHIUSURA BORSA DI TOKYO INVARIATA

La Borsa di Tokyo termina la seduta col segno meno, con gli investitori che fanno scattare le prese di profitto dopo le indicazioni della Banca del Giappone (Boj) – ha lasciato la politica monetaria invariata, e gli ultimi sviluppi sulla procedura di impeachment del presidente Usa Donald Trump. Il Nikkei cede lo 0,29% a quota 23,864.85, con una perdita di 69 punti. Sui mercati dei cambi lo yen è poco variato sul dollaro a 109,50, mentre si rivaluta sull’euro a 121,90.

3.05 – HONG KONG APRE POSITIVA

La Borsa di Hong Kong apre la seduta poco mossa, con l’attenzione puntata su Washington per la procedura di impeachment a carico del presidente Donald Trump: l’Hang Seng segna nelle prime battute un progresso frazionale dello 0,06%, a 27.908,78 punti. Poco mosse anche Shanghai e Shenzhen, i cui indici Composite segnano rispettivamente rialzi di 0,11 punti (a 3.017,15) e di 0,60 punti (a 1.710,04).

1.27 – APERTURA BORSA DI TOKYO IN CALO

La Borsa di Tokyo inizia gli scambi poco variata, con gli investitori che attendono maggiori indicazioni sulla politica monetaria della Banca del Giappone (Boj), la cui riunione con la decisione del comitato è prevista in tarda mattinata. Il Nikkei mostra una variazione appena negativa dello 0,15% a quota 23,897.99, con una perdita di 36 punti. Sui mercati dei cambi lo yen si mantiene stabile sul dollaro a 109,50, mentre si apprezza sull’euro a 121,70.

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