Luciana Littizzetto a Mediaset nella giuria di Tu sì que vales: l’indiscrezione

Luciana Littizzetto potrebbe essere pronta a passare a Mediaset. L’indiscrezione è stata diffusa da Giuseppe Candela su Dagospia. La comica e attrice, oltre che conduttrice radiofonica, scrittrice e opinionista, potrebbe fare il suo ingresso nella società televisiva come giurata del talent show di Canale 5 Tu sì que vales.

Luciana Littizzetto pronta a passare in Mediaset. L'indiscrezione è stata diffusa da Giuseppe Candela su Dagospia.
Fabio Fazio e Luciana Littizzetto (Getty Images).

Luciana Littizzetto al posto di Teo Mammucari

Secondo quanto riportato da Candela, Teo Mammucari sarebbe sul punto di lasciare il suo ruolo da giurato all’interno di Tu sì que vales e al suo posto arriverebbe proprio la Littizzetto. Ecco dunque che l’umorista si troverebbe a dividersi tra due ruoli: con Fabio Fazio a Discovery Channel e al fianco dei nomi già confermati di Gerry Scotti, Rudy Zerbi e Sabrina Ferilli a Tu sì que vales.

 

È stata Giorgia Soleri a tradire per prima Damiano dei Maneskin? Chi è l’altro uomo

Nuovi aggiornamenti sulla fine della relazione fra Giorgia Soleri e Damiano David. Secondo Novella 2000, che per prima ha pubblicato la notizia, la influencer avrebbe avuto per diversi mesi una relazione parallela con un imprenditore del settore dei cosmetici. Quest’ultimo però l’avrebbe già lasciata poiché scontento di alcune sue recenti dichiarazioni. Soleri e Damiano avevano ufficializzato la rottura dopo che sui social era trapelato un video in cui il frontman dei Maneskin baciava un’altra ragazza.

Giorgia Soleri: «La nostra relazione non era monogama»

Al momento, come ha sottolineato ancora Novella 2000, non si conosce l’identità dell’imprenditore e (ormai pure lui già ex) fidanzato di Giorgia Soleri. Stando ad alcuni rumors, si pensa possa essere una figura legata ai prodotti che la stessa influencer promuove da tempo sui suoi profili online. Ha infatti da poco lanciato una propria linea di cosmetici, la Neonude, in collaborazione con il brand italiano Mulac. Damiano tramite il suo profilo Instagram aveva fatto sapere: «Sono molto dispiaciuto sia uscito questo video, non era così che volevamo gestire questa situazione. Io e Giorgia ci siamo lasciati da qualche giorno, quindi non ci sono tradimenti di nessun tipo. Spero che questa cosa non infici l’immagine di Giorgia e che possiate rispettare la delicatezza di questo momento».

Secondo Novella 2000, Giorgia Soleri aveva da tempo un’altra relazione, tra l’altro già finita. Ignota però l’identità del partner.
I quattro membri dei Maneskin in un recente evento pubblico (Getty Images)

L’annuncio aveva però diviso l’opinione pubblica sui social network, con i fan dell’uno e dell’altra che hanno commentato a lungo la rottura. Non si era fatta attendere pertanto la replica di Soleri, intervenuta come Damiano tramite i propri canali social: «Trovo che poter vivere la propria sessualità in modo libero, consensuale e completo sia bellissimo e arricchente per sé e per tutte le persone che, in modi diversi, si rapportano a noi». L’influencer aveva proseguito dicendosi aperta sostenitrice dell’inclusività invece che dell’esclusiva. «La relazione tra me e Damiano era, di comune accordo e in modo del tutto consensuale, non monogama». Alcuni utenti hanno però notato che, al momento della separazione, ha smesso di seguire l’intera band dei Maneskin.

È stata Giorgia Soleri a tradire per prima Damiano dei Maneskin? Chi è l’altro uomo

Nuovi aggiornamenti sulla fine della relazione fra Giorgia Soleri e Damiano David. Secondo Novella 2000, che per prima ha pubblicato la notizia, la influencer avrebbe avuto per diversi mesi una relazione parallela con un imprenditore del settore dei cosmetici. Quest’ultimo però l’avrebbe già lasciata poiché scontento di alcune sue recenti dichiarazioni. Soleri e Damiano avevano ufficializzato la rottura dopo che sui social era trapelato un video in cui il frontman dei Maneskin baciava un’altra ragazza.

Giorgia Soleri: «La nostra relazione non era monogama»

Al momento, come ha sottolineato ancora Novella 2000, non si conosce l’identità dell’imprenditore e (ormai pure lui già ex) fidanzato di Giorgia Soleri. Stando ad alcuni rumors, si pensa possa essere una figura legata ai prodotti che la stessa influencer promuove da tempo sui suoi profili online. Ha infatti da poco lanciato una propria linea di cosmetici, la Neonude, in collaborazione con il brand italiano Mulac. Damiano tramite il suo profilo Instagram aveva fatto sapere: «Sono molto dispiaciuto sia uscito questo video, non era così che volevamo gestire questa situazione. Io e Giorgia ci siamo lasciati da qualche giorno, quindi non ci sono tradimenti di nessun tipo. Spero che questa cosa non infici l’immagine di Giorgia e che possiate rispettare la delicatezza di questo momento».

Secondo Novella 2000, Giorgia Soleri aveva da tempo un’altra relazione, tra l’altro già finita. Ignota però l’identità del partner.
I quattro membri dei Maneskin in un recente evento pubblico (Getty Images)

L’annuncio aveva però diviso l’opinione pubblica sui social network, con i fan dell’uno e dell’altra che hanno commentato a lungo la rottura. Non si era fatta attendere pertanto la replica di Soleri, intervenuta come Damiano tramite i propri canali social: «Trovo che poter vivere la propria sessualità in modo libero, consensuale e completo sia bellissimo e arricchente per sé e per tutte le persone che, in modi diversi, si rapportano a noi». L’influencer aveva proseguito dicendosi aperta sostenitrice dell’inclusività invece che dell’esclusiva. «La relazione tra me e Damiano era, di comune accordo e in modo del tutto consensuale, non monogama». Alcuni utenti hanno però notato che, al momento della separazione, ha smesso di seguire l’intera band dei Maneskin.

Nella società iper veloce anche una hit dura quanto un meme

La SPA – no, non quelle dove andiamo a rilassarci sbocconcellando sedani e tisane avvolti da accapatoi immacolati tra una sauna e un massaggio col sale – è la Sindrome da Pensiero Accelerato. Qualcosa di molto vicino alla cristallizzazione dell’oggi, quell’oggi in cui siamo talmente sommersi da continui input, spesso virtuali, frammentati, iperveloci, continui, da rimanere come intossicati dalle troppe informazioni, sul punto di entrare in overdrive e collassare, psicoticamente. Più in concreto la SPA è quella condizione per la quale possiamo passare qualche minuto, pochi, a leggere un articolo, una pagina di libro, a parlare distrattamente con qualcuno, a guardare una puntata di una serie tv, senza però trattenere nessun tipo di informazioni, tabula rasa, o per dirla coi CSI, tabula rasa elettrificata. Questo ovviamente nei casi più leggeri, perché la SPA è una patologia, quindi gli effetti sul nostro corpo, meglio sulla nostra mente, possono essere anche gravi, dagli attacchi di panico al disturbo dell’attenzione, passando per i burnout, altra caratteristica saliente dei nostri tempi, via via fino a disturbi cardiaci e veri e propri attacchi psicotici.

Il cretino giovane, che non ha paura di risultare idiota su TikTok
L’app TikTok (Getty)

Dai 15 minuti di Andy Warhol ai 15 secondo di un reel

Lasciando però da parte l’ambito sanitario, che non ci compete, è evidente che una certa accelerazione della comunicazione sia tratto saliente di questi malsani tempi. Niente a che vedere con la fretta che un tempo associavamo, quasi ingenuamente, a chi viveva nelle città industriali, specie quelle del Nord, contrapposta a una lentezza quasi marqueziana, tipica dei luoghi che nella vulgata sono associati al viversi la vita come viene. Piuttosto la vaporizzazione dei contenuti, estremizzazione della realtà liquida ipotizzata o fermata su carta da Bauman, le informazioni che si affastellano una sull’altra, disordinatamente, riempiendo velocemente la memoria, non solo quella digitale, e rendendo di conseguenza impossibili l’utilizzo di molte applicazioni, mi si passi la metafora. Siccome però viviamo in questi tempi qui – non dentro un romanzo di fantascienza, ma in una perenne connessione, come ipotizzato dai cattivi ragazzi del cyberpunk (cattivi ragazzi si fa per dire, William Gibson è un anziano signore di 75 anni) e nessuno vive su Marte: non siamo in guerra con gli alieni né i robot sono sul punto di soppiantarci dal dominio del pianeta Terra (bè, sì, forse questo sì, credo a giorni arriverà un nuovo Asimov a vergare le tre leggi dell’Intelligenza artificiale) – continuiamo a stare pragmaticamente coi piedi per terra. Questa frammentazione iperveloce la possiamo riscontrare non nel vivere fisicamente tutta una vita in poche settimane, quanto piuttosto in un processo di esposizione sotto i riflettori e relativa scomparsa che ha trasformato i famosi 15 minuti di andywarholiana memoria nei 15 secondi scarsi di un reel.

Damiano David e Giorgia Soleri si sono lasciati: il leader dei Maneskin ufficializza la rottura dopo un video. In una clip mostrato il cantante che bacia un'altra
La story di Damiano (Instagram)

Da Damiano che limona a Luis Sal fino al dito medio di Arisa: la trottola social-mediatica

Prendiamo i trending topic, un tempo oggetto di discussioni per giorni, a volte anche settimane. Oggi si susseguono alla velocità della luce, vecchio retaggio di un linguaggio che appunto a una fantascienza quasi verniana fa riferimento, spesso senza lasciare traccia dietro di sé, alla faccia della lunga memoria della Rete, quella per cui tutto tornerebbe a galla con una certa celerità. Succede quindi, ma magari è un caso limite, che un breve video nel quale Damiano David dei Maneskin limona con una tipa, tale Martina Taglienti, professione modella, non la sua Giorgia Soleri, scateni l’inferno di voci sulla fine della relazione tra i due, voci che lo stesso Damiano conferma, da una parte prendendosi colpe per aver incautamente spoilerato la notizia che i due avrebbero dovuto annunciare insieme, dall’altra chiedendo un rispetto e una discrezione che limonare in discoteca potrebbe non comprendere. Così Giorgia Soleri defollowa tutti i membri della band. Neanche il tempo di commentare che ecco che Luis Sal risponde alle stories con cui Fedez ci aveva, da parte sua, spiegato che fine avesse fatto il suo ex socio di Muschio Selvaggio, andando a creare il meme dei meme «Dillo alla mamma, dillo all’avvocato», scatenando a sua volta una serie di risposte del rapper di Rozzano, letteralmente seppellite da una sorta di plebiscito a favore di Luis. E via, ecco che Arisa sfancula Paola Iezzi, rea di aver cautamente risposto a esplicita domanda riguardo le uscite della prima su Giorgia Meloni, sede la conferenza stampa del Pride di Roma, una risposta assai scomposta, quella di Arisa, con tanto di dito medio finale, prontamente rinnegato dalla medesima, nel mentre divenuta ovvio oggetto a sua volta di meme e di critiche piuttosto feroci sui social. Una notizia via l’altra, senza modo di lasciare però traccia nella memoria, a meno che la memoria non sia quella cosa flebile che ci permette di fare di quel “dillo alla mamma…” o quel “dito medio” qualcosa di facilmente decodificabile, scorciatoia ulteriore verso una frammentazione che ha sempre più bisogno di essere stringati, veloci, sintetici.

Fedez svela i motivi della rottura con Luis Sal: «Tutto nato a Sanremo». L'addio dell'influencer spiegato su Youtube dal rapper
Luis Sal e Fedez (Getty)

Anche in musica si brucia velocemente per dirla alla Kurt Cobain

Tutto questo, atterrando sul pianeta musica, si traduce in un vero bombardamento di brani, tipo notte di Dresda, quasi sempre collaborazioni tra più artisti, spesso lì a scambiarsi ruoli di brano in brano con la certezza di rimanere impigliati nella memoria dell’ascoltatore, quindi nelle classifiche di vendita, ci si passi un termine decisamente fuori tempo massimo, tanto quanto il termine discografia, lo spazio di un meme, poco più. E lo spazio di un meme, poco più, sembra oggi il tempo medio di durata delle carriere di artisti, Dio ci perdoni, che danno il senso all’immagine del “bruciare velocemente” evocata da Kurt Cobain nella sua lettera d’addio, anno del Signore 1994, anche se in questo caso non è certo la volontà degli artisti in questione a rendere possibile il tutto. Pensiamo, che so?, a gente come Benji e Fede, che a lungo hanno dominato le classifiche coi loro singolini leggeri leggeri e oggi sono praticamente relegati al ruolo di comparse. E il resto che scorre velocemente in un piano inclinato che prevede un cestino dell’immondizia alla fine, come certi scivoli per i panni sporchi degli hotel nei quali personaggi in fuga trovano scampo dai propri inseguitori. Volendo lasciare da parte pensieri anche sensati come quello che vuole che ci si faccia molto male se quando si cade lo si fa dall’alto, indicando nel “sei un talento” o nei “dove eri nascosto fino a oggi” tipici dei complimenti che si ascoltano dai giudici dei talent una qualche aggravante, illudere è sempre qualcosa di abietto, resta che la carriera media di un artista, pregate per la mia anima, oggi dura davvero il tempo che un tempo si concedeva a un pari artista per capire che nome usare nel primo album, spesso anche meno. Certo, ascoltando le musiche che detti artisti producono si potrebbe chiosare che non tutti i mali vengono per nuocere; come diceva un vecchio inciso di quando non era ancora stato codificato il politicamente corretto, era meglio ammazzarli da piccoli, ma in questa continua accelerazione della realtà anche la colonna sonora sembra destinata a durare pochi secondi, giusto il tempo di arrivare a un inutile ritornello per scomparire dai radar, breve ma intenso, diremmo in un meme. È proprio vero, mai come oggi in cui siamo tutti sempre connessi, connettere sembra essere diventato un privilegio per pochi.

Tutte le nomination agli Oscar 2020

Joker è il film con maggiori candidature. A sorpresa escluso Robert De Niro anche se The Irishman conquista nove papabili piazzamenti.

Il 9 febbraio il Dolby Theatre di Hollywood si appresta a ospitare la cerimonia di premiazione degli Oscar edizione 2020. In vista di uno degli eventi più attesi del mondo, l’Academy ha reso note nella giornata di lunedì 13 gennaio le nomination per il conseguimento della prestigiosa statuetta. di film, registi e attori candidati a una statuetta. Joker, il film di Todd Phillips con Joaquin Phoenix nei panni del rivale di Batman, è stato candidato a 11 statuette. Segue con 10 C’era una volta Hollywood di Quentin Tarantino e The Irishman di Martin Scorsese con nove nomination. Ma non sono mancate nemmeno le sorprese. Come ad esempio l’assenza di Robert De Niro tra i papabili vincitori di una statuetta o le sei candidature per 1917.

LE NOMINATION AGLI OSCAR 2020

Miglior film
1917
The Irishman
Piccole donne
Jojo Rabbit
Joker
Storia di un matrimonio
C’era una volta… a Hollywood
Parasite
Le Mans 66 – La grande sfida

Miglior attore protagonista
Joaquin Phoenix – Joker
Adam Driver – Storia di un matrimonio
Leonardo DiCaprio – C’era una volta… a Hollywood
Jonathan Pryce – I due papi
Antonio Banderas – Dolor y Gloria

Miglior regia
Martin Scorsese – The Irishman
Sam Mendes – 1917
Quentin Tarantino –  C’era una volta… a Hollywood
Bon Joon Ho – Parasite
Todd Phillips – Joker

Miglior attrice protagonista
Scarlett Johansson – Storia di un matrimonio
Saorsie Ronan – Piccole donne
Charlize Theron – Bombshell
Renee Zellweger – Judy
Cynthia Erivo – Harriett

Miglior attore non protagonista
Tom Hanks – Un amico straordinario
Anthony Hopkins – I due papi
Al Pacino – The Irishman
Joe Pesci – The Irishman
Brad Pitt – C’era una volta… a Hollywood

Miglior attrice non protagonista
Laura Dern – Storia di un matrimonio
Scarlett Johansson – Jojo Rabbit
Margot Robbie – Bombshell
Kathy Bathes – Richard Jewell
Florence Pugh – Piccole donne

Miglior sceneggiatura originale
C’era una volta… a Hollywood
Storia di un matrimonio
Parasite
Cena con delitto – Knives Out
1917

Miglior sceneggiatura non originale
Jojo Rabbit
Joker
Piccole donne
The Irishman
I due papi

Miglior film di animazione
Dov’è il mio corpo?
Klaus
Dragon Trainer – Il mondo nascosto
Toy Story 4
Missing Link

Migliore film straniero
Les Misérables (Francia)
Honeyland (Macedonia del Nord)
Corpus Christi (Polonia)
Parasite (Corea del Sud)
Dolor y Gloria (Spagna)

Miglior documentario
American Factory
The Cave
The Edge of Democracy
For Sama
Honeyland

Miglior cortometraggio documentario
In the Absence
Learning to Skateboard in a Warzone (Id You’re a Girl)
Life Overtakes Me
St. Louis Superman
Walk Run Cha-Cha

Miglior cortometraggio
Brotherhood
Nefta Football Club
The Neighbor’s Widow
Saria
A Sister

Miglior cortometraggio animato
Dcera
Hair Love
Kitbull
Memorable
Sister

Migliore colonna sonora
Joker
Piccole Donne
Storia di un matrimonio
1917
Star Wars: L’ascesa di Skywalker

Migliore canzone originale
“I’m standing With You” da Atto di fede
“Into the Unknown” da Frozen II – Il segreto di Arendelle
“Stand Up” da Harriet
“(I’m Gonna) Love Me Again” da Rocketman
“I Can’t Let You Throw Yourself Away” da Toy Story 4

Miglior fotografia
1917
C’era una volta… a Hollywood
Joker
The Irishman
The Lighthouse

Miglior effetti speciali (“visual effects”)
Avengers: Endgame
The Irishman
Il re leone
1917
Star Wars: L’ascesa di Skywalker

Miglior trucco e acconciature
Bombshell
Joker
Judy
Maleficent – Signora del Male
1917

Migliore scenografia
The Irishman
1917
C’era una volta… a Hollywood
Parasite
Jojo Rabbit

Migliori costumi
Joker
Piccole donne
C’era una volta… a Hollywood
The Irishman
Jojo Rabbit

Miglior montaggio
Le Mans 66 – La grande sfida
The Irishman
Parasite
Jojo Rabbit
Joker

Miglior sonoro (“sound editing”)
1917
Le Mans 66 – La grande sfida
Joker
C’era una volta… a Hollywood
Star Wars: L’ascesa di Skywalker

Miglior montaggio sonoro (“sound mixing”)
1917
Le Mans 66 – La grande sfida
Joker
C’era una volta… a Hollywood
Ad Astra

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Il senso di Rula Jebreal al Festival di Sanremo

Il veto Rai alla presenza della giornalista ha scatenato le polemiche. Ma cosa ci faceva la Jebreal in una kermesse canora? Quale sarebbe stato il suo ruolo? E in quanti si sono chiesti «che ci azzecca»?

Quando ha cominciato a montare – sui giornali e sui social – la polemica sulla partecipazione di Rula Jebreal al prossimo Festival di Sanremo, in non pochi ci siamo chiesti «che ci azzecca?», Che ci azzecca la polemica (con tutto quel che sta succedendo nel mondo), ma anche che ci azzecca Rula con il Festival.

CANTANTE O VALLETTA?

Rula cantante? Rula valletta? Non sembrerebbe il ruolo adatto per questa giornalista ormai di profilo internazionale, cittadina del mondo, consulente del presidente Macron per il gender gap, stabilmente insediata nell’élite intellettuale ed ebraica newyorchese, ma spesso di ritorno in Italia per partecipare a talk show televisivi in cui non le manda certo a dire.

PERCHÉ ACCETTARE?

Cioè, ancora prima di chiedersi perché è stata invitata, ci si domanda perché lei avrebbe accettato, con quale intento e con quale scopo. Tanto più che il direttore artistico del Festival, Amadeus, ha precisato in un’intervista a Repubblica che quello di Jebreal «non sarà un intervento politico, chi viene a Sanremo non farà politica. Non mi interessa». E allora, che cosa farà? Sfilerà indossando preziose creazioni degli stilisti Made in Italy? Presenterà le canzoni? Reciterà un monologo teatrale? Danzerà? Nemmeno il tempo di approfondire la questione, che già erano partiti i razzi della polemica, dopo la decisione dei vertici Rai di sospendere la firma del contratto e non confermare i voli per la discussa ospite.

LA POLITICA CHE SI DIVIDE

Da un lato, coloro che inneggiano alla decisione della Rai, contestando la Jebreal soprattutto per la veemenza con cui esprime le sue critiche a un’Italia gretta, razzista e fascisteggiante; dall’altra i suoi difensori, che sbandierando l’hashtag #iostoconRula denunciano censura e discriminazione contro la giornalista, segno della sottomissione della Rai alle volontà sovraniste e leghiste. «La Jebreal potrebbe essere incaricata a Sanremo di spiegarci quanto le facciamo schifo» (Daniele Capezzone). «Sarebbe “discriminazione di Stato” non dare a Rula Jebreal il palco dell’Ariston con i soldi degli italiani. Gli stessi italiani accusati dalla signora di essere fascisti, razzisti, impresentabili» (Daniela Santanché). Sul fronte opposto, soprattutto esponenti di Italia Viva, come per esempio Gennaro Migliore («L’estromissione di #RulaJebreal dal festival di Sanremo puzza lontano un miglio di epurazione sovranista») e Davide Faraone («Vergognoso che la Rai, la tv pubblica si pieghi al diktat di Salvini. Porterò il caso in vigilanza Rai. Non possiamo stare zitti»).

LA SOLIDARIETÀ FEMMINISTA

E naturalmente non manca la solidarietà femminile e femminista: «Si esclude un’ottima giornalista per le proteste dei sovranisti. Dimenticando che la presenza di Rula al Festival avrebbe dimostrato che le persone non si scelgono per il genere o per il colore della pelle, ma solo per competenza e professionalità», (Teresa Bellanova); «Se è vero che sulla decisione hanno pesato le polemiche scatenate sui social dai sovranisti allora non ci siamo. Il servizio pubblico deve valutare le competenze di una persona non piegarsi alla prepotenza di chi la insulta», (Laura Boldrini). Già, ma torniamo a bomba. Di quali competenze parliamo, nell’ambito del Festival di Sanremo?

UNA TOP TEN DI DONNE PER AMADEUS

Secondo le anticipazioni di Amadeus, Rula Jebreal avrebbe fatto parte di una top ten di donne che dovrebbero affiancarlo sul palco, donne speciali per meriti e talenti particolari, dunque rappresentative di un universo femminile positivo e vincente. Peccato che delle altre nove non si sia saputo nulla. Tranne di una, la co-conduttrice Diletta Leotta, indubbiamente una ragazza di successo. I cui meriti e talenti sono ben chiari nella mente e nelle fantasie di milioni di maschi italiani, che pur di accarezzarne le curve per tre o quattro serate, si beccherebbero pure le rampogne antirazziste della Jebreal, peraltro non meno bella e fascinosa della Leotta. Al limite, il sovranista toglierà l’audio, il democratico di sinistra posterà sui social #iostoconRula e qualcuno risponderà al volo «sì, ti piacerebbe».

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Film e serie tv premiati ai Golden Globe 2019

Sam Mendes e Quentin Tarantino conquistano i premi per i migliori film. Netflix esce ridimensionata dopo le 34 nomination.

Due grandi firme sui Golden Globe 2019. I premi più ambiti, quelli per il miglior film drammatico e la migliore commedia cinematografica, sono andati a Sam Mendes, con 1917 e Quentin Tarantino, con C’era una volta…a Hollywood. Mendes e Tarantino si sono portati a casa anche un altro premio a testa, il primo come miglior regista, il secondo per la sceneggiatura. C’era una volta… a Hollywood è poi valso a Brad Pitt il riconoscimento come migliore attore non protagonista. Beffata Netflix, che per la prima volta sembrava superfavorita della vigilia con le sue produzioni e che aveva messo insieme ben 34 candidature, e che invece è uscita ridimensionata dai premi.

LA SALA BATTE LO STREAMING

«Spero che significhi che la gente vada a vedere questi film sul grande schermo, nel modo che era inteso», ha detto Mendes inserendosi nella lunga e infinita diatriba tra sala e streaming. Solo due i premi per Netflix, quello a Laura Dern per Marriage Story e quello a Olivia Colman per The Crown, che però è una serie tv, quindi decisamente fuori dal perimetro della distribuzione cinematografica.

MENDES BATTE IL JOKER

Marriage Story e Due Papi, altre due produzioni Netflix, hanno subito la sconfitta da 1917, esattamente come Joker di Todd Phillips. Quattro premi su 15 candidature per Hbo, con Chernobyl e Succession, due per Amazon, grazie a Fleabag, che si è aggiudicata il globo come miglior serie comica e quello come migliore attrice per Phoebe Waller-Bridge. Successo di Parasite del sudcoreano Bong Joon-Ha nella categoria dei film stranieri, mentre Renée Zellweger e Joaquin Phoenix hanno vinto come migliori attori protagonisti.

LA POLITICA NEI DISCORSI DELLE STAR

Spizzichi di politica nella serata condotta dal britannico Ricky Gervais: Michelle Williams ha fatto appello per la difesa dei diritti di scelta delle donne in fatto di aborto accettando il premio come migliore attrice in una miniserie per Fosse/Verdon, mentre Joaquin Phoenix ha chiesto ai vip dell’entertainment di far di più per combattere il clima impazzito. Nicole Kidman è apparsa in lacrime sul red carpet per gli incendi che stanno devastando la sua Australia.

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Film e serie tv premiati ai Golden Globe 2019

Sam Mendes e Quentin Tarantino conquistano i premi per i migliori film. Netflix esce ridimensionata dopo le 34 nomination.

Due grandi firme sui Golden Globe 2019. I premi più ambiti, quelli per il miglior film drammatico e la migliore commedia cinematografica, sono andati a Sam Mendes, con 1917 e Quentin Tarantino, con C’era una volta…a Hollywood. Mendes e Tarantino si sono portati a casa anche un altro premio a testa, il primo come miglior regista, il secondo per la sceneggiatura. C’era una volta… a Hollywood è poi valso a Brad Pitt il riconoscimento come migliore attore non protagonista. Beffata Netflix, che per la prima volta sembrava superfavorita della vigilia con le sue produzioni e che aveva messo insieme ben 34 candidature, e che invece è uscita ridimensionata dai premi.

LA SALA BATTE LO STREAMING

«Spero che significhi che la gente vada a vedere questi film sul grande schermo, nel modo che era inteso», ha detto Mendes inserendosi nella lunga e infinita diatriba tra sala e streaming. Solo due i premi per Netflix, quello a Laura Dern per Marriage Story e quello a Olivia Colman per The Crown, che però è una serie tv, quindi decisamente fuori dal perimetro della distribuzione cinematografica.

MENDES BATTE IL JOKER

Marriage Story e Due Papi, altre due produzioni Netflix, hanno subito la sconfitta da 1917, esattamente come Joker di Todd Phillips. Quattro premi su 15 candidature per Hbo, con Chernobyl e Succession, due per Amazon, grazie a Fleabag, che si è aggiudicata il globo come miglior serie comica e quello come migliore attrice per Phoebe Waller-Bridge. Successo di Parasite del sudcoreano Bong Joon-Ha nella categoria dei film stranieri, mentre Renée Zellweger e Joaquin Phoenix hanno vinto come migliori attori protagonisti.

LA POLITICA NEI DISCORSI DELLE STAR

Spizzichi di politica nella serata condotta dal britannico Ricky Gervais: Michelle Williams ha fatto appello per la difesa dei diritti di scelta delle donne in fatto di aborto accettando il premio come migliore attrice in una miniserie per Fosse/Verdon, mentre Joaquin Phoenix ha chiesto ai vip dell’entertainment di far di più per combattere il clima impazzito. Nicole Kidman è apparsa in lacrime sul red carpet per gli incendi che stanno devastando la sua Australia.

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La Rai verso l’esclusione di Rula Jebreal da Sanremo

Secondo Repubblica l'azienda di viale Mazzini avrebbe respinto la proposta di Amadeus di invitare la giornalista palestinese. E Iv prepara la battaglia in commissione vigilanza.

La Rai sembra intenzionata a tenere fuori da Sanremo Rula Jebreal. Secondo quanto scrive Repubblica, l’azienda di Viale Mazzini sarebbe intenzionata a respingere l’idea di Amadeus, direttore artistico del Festival, di avere la giornalista come ospite in una delle serate della kermesse. Stando a quanto scrive il quotidiano la decisione sarebbe maturata per le polemiche arrivate sopratutto dal fronte sovranista che si è scagliato contro la giornalista palestinese naturalizzata italiana nel timore che la gara canora venisse politicizzata.

VERSO LA BATTAGLIA IN COMMISSIONE VIGILANZA

Il caso però non è chiuso. Il presidente dei senatori di Italia Viva, Davide Faraone, ha già annunciato battaglia in commissione Vigilanza. «Dieci donne a Sanremo 2020 ma non Rula Jebreal. Nessuno spazio ad una nuova italiana di successo», ha attaccato, «Nella narrazione sovranista stona e anche parecchio. La Rai, la tv pubblica, si piega al diktat di Salvini. Credo sia semplicemente vergognoso. Ho deciso di portare il caso in vigilanza Rai ed intanto denuncio pubblicamente un’autentica discriminazione di Stato. Non possiamo stare zitti».

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La Rai verso l’esclusione di Rula Jebreal da Sanremo

Secondo Repubblica l'azienda di viale Mazzini avrebbe respinto la proposta di Amadeus di invitare la giornalista palestinese. E Iv prepara la battaglia in commissione vigilanza.

La Rai sembra intenzionata a tenere fuori da Sanremo Rula Jebreal. Secondo quanto scrive Repubblica, l’azienda di Viale Mazzini sarebbe intenzionata a respingere l’idea di Amadeus, direttore artistico del Festival, di avere la giornalista come ospite in una delle serate della kermesse. Stando a quanto scrive il quotidiano la decisione sarebbe maturata per le polemiche arrivate sopratutto dal fronte sovranista che si è scagliato contro la giornalista palestinese naturalizzata italiana nel timore che la gara canora venisse politicizzata.

VERSO LA BATTAGLIA IN COMMISSIONE VIGILANZA

Il caso però non è chiuso. Il presidente dei senatori di Italia Viva, Davide Faraone, ha già annunciato battaglia in commissione Vigilanza. «Dieci donne a Sanremo 2020 ma non Rula Jebreal. Nessuno spazio ad una nuova italiana di successo», ha attaccato, «Nella narrazione sovranista stona e anche parecchio. La Rai, la tv pubblica, si piega al diktat di Salvini. Credo sia semplicemente vergognoso. Ho deciso di portare il caso in vigilanza Rai ed intanto denuncio pubblicamente un’autentica discriminazione di Stato. Non possiamo stare zitti».

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Nessuno si salva da solo, nemmeno nella moda maschile

Ai piccoli nomi servono i grandi per crescere. E a questi ultimi serve un sistema compatto che garantisca loro un humus fertile per continuare a svilupparsi e anche a scippare talenti ed eccellenze, all’occorrenza.

L’unico vantaggio di avere 15670 messaggi nella memoria e 4446 mail ancora da leggere in uno solo degli account di posta elettronica di cui siamo disgraziatamente titolari è la possibilità di verificare fatti ormai remoti per la velocità e le capacità mnemoniche di oggi. Per esempio, che cosa ci venisse proposto come moda maschile di tendenza nel 2010 e 2011 attraverso i comunicati delle aziende espositrici di Pitti Uomo. La nuova edizione, la numero 97, aprirà ufficialmente domani sera, 6 gennaio, con una cena presso il Maggio Musicale Fiorentino (neanche il tempo di ammirare l’Arno, ed ecco il nuovo sovrintendente Alexander Pereira pronto a replicare la formula-Scala dell’evento sponsorizzato a go-go, nell’obiettivo di allontanare gli spettri del profondo rosso di bilancio prodotti dal mastodontico edificio): la data dimostra in via inequivocabile quanto il business conti davvero per questo settore e come i calendari internazionali se ne infischino delle “Befane”.

L’EVOLUZIONE DEL LINGUAGGIO

L’edizione di Pitti Uomo del 2010, la numero 77, venne inaugurata il 12 gennaio (si apre sempre il secondo martedì dell’anno nuovo, con cena di gala la sera precedente), prevedeva il nuovo allestimento di Patricia Urquiola nel Padiglione Centrale, concentrato sul tema dei Pop Up Store e delle “moderne combinazioni” dell’abbigliamento maschile fra i temi forti. Marina Yachting aveva allestito fra la ghiaia dell’antico forte militare un porto di derive d’epoca, e ricordiamo che accorremmo per vedere il primo Skiff inglese, (anno 1860), e il mitico Dinghy di George Cockshott, icona degli appassionati dal 1913. Il tutto era sintetizzato dalla società organizzatrice, Pitti Immagine, in un paio di pagine. Il lessico delle aziende espositrici ruotava attorno a concetti come “tradizione e innovazione”, “molteplici esigenze dell’uomo metropolitano”, “nuovo appeal in tagli classici”.

FENOMENOLOGIA DI UN GIGANTE

Essendo il linguaggio dell’edizione 97, cioè di un decennio dopo, perfino invecchiato, tanto da risultare incredibilmente ancorato agli Anni 80 (pesco a caso dalle decine di comunicati giunti in queste ore: “appeal pratico ma raffinato”, “innovazione e lusso in un unico tessuto”, “una collaborazione che stupisce e affascina”), ed essendo i giacconi impermeabili e high tech di dieci anni fa non proprio diversissimi, ecosostenibilità a parte, da quelli che ci verranno mostrati dopodomani e sui quali i più sgraneranno gli occhi come davanti a un’apparizione (la moda è business per tutti, bellezza), ci domandiamo dunque che cosa sia cambiato in un decennio di moda maschile per far sì che Pitti Uomo da Firenze sia diventato un gigante in grado di dettare legge all’intero sistema mondiale, che il suo comunicato abbia assunto le dimensioni di un saggio monografico, i suoi eventi muovano circa 20 mila persone e il presidente della Camera della Moda Carlo Capasa abbia dato fondo a tutte la propria vis diplomatica per riportare Gucci non solo a sfilare a Milano, cosa che farà il 14, ma a dividere nuovamente le presentazioni delle collezioni uomo e donna nel tentativo di difendere quella che appariva fino a ieri come la progressiva e ineluttabile estinzione del calendario milanese maschile.

LA CAPACITÀ DI FARE SPETTACOLO E CULTURA

Possiamo buttare a mare le nostre dissertazioni, più o meno competenti e dotte, sulle sfilate co-ed e sulle tante ragioni logistiche, ecologiche, industriali, commerciali, per cui le presentazioni congiunte della moda uomo e donna, lanciate cinque anni fa, avessero tanto senso (e continuiamo a pensarlo): i nostri articoli resteranno negli annali come prova, quelli sì, di un mondo che fu e di una stagione davvero finita di fronte alle esigenze di un business che, per sostenersi a moltiplicarsi in nome di quel bene superiore che è il made in Italy, deve continuare ad andare in scena il più spesso possibile e con il maggior sfarzo possibile. Le ragioni per le quali Pitti Uomo e in generale tutto il network di Pitti Immagine chiude bilanci in crescita ogni anno e sia abbastanza liquido da essersi potuto comprare a fine 2018 la Stazione Leopolda dove ogni anno Matteo Renzi organizza i propri stati generali, risiedono in questa capacità di fare spettacolo e cultura attorno alla banalità del giaccone impermeabile high tech, cioè dell’azienda che non può permettersi il geniale estensore delle cartelle stampa di Gucci e fa accorpare quattro luoghi comuni dalla nipote laureata in comunicazione, corso triennale.

BRET EASTON ELLIS DIXIT

La forza risiede nel benchmark, nel marchio di garanzia, negli eventi speciali come saranno, per questa edizione, il ritorno di Sergio Tacchini, la sfilata di Jil Sandr, brand di culto nonostante un percorso societario e commerciale non sempre semplice, le celebrazioni per il 190esimo anniversario di Woolrich, il debutto di Chiara Boni nel maschile (e se mai le sue giacche “trailblazer” dovessero “fittare” come i suoi abitini femminili e non sgualcirsi mai, darà certamente del filo da torcere ai competitor), la presentazione di un raffinato “naso” come Sileno Cheloni. Lo spostamento e l’adeguamento progressivo dell’asse del potere nella moda maschile, unico fatto davvero rilevante del decennio in Italia, dimostra senza ombra di dubbio che ai piccoli nomi servono i grandi per crescere, e che a questi ultimi serve un sistema compatto che garantisca loro un humus fertile per continuare a svilupparsi e anche a scippare talenti ed eccellenze, all’occorrenza. Per usare una di quelle formule sentimentali che piacciono tanto in questi anni e che Bret Easton Ellis ha infilzato in quella meraviglia di saggio che è Bianco, nessuno si salva da solo.

I GRANDI MARCHI A RACCOLTA

Per questo, dopo aver visto la rilevanza della settimana della moda maschile milanese assottigliarsi sempre di più, Capasa ha chiamato a raccolta i grandi marchi, le aziende potenti, mettendo a disposizione tutte le risorse di cui dispone e che non sono pochissime, e per questo ha fatto molto bene: perché la moda, più di ogni altro settore, non può permettersi di non fare sistema. Ne va dell’indotto che genera (alberghi, ristoranti, shopping, anche per gli stessi turisti, attirati ed eccitati dalla speciale “fauna” del comparto) e della sua stessa esistenza. «Caro Carlo, grazie per il tuo invito: le sfilate di Milano incarnano la forza e la bellezza del Made In Italy, rappresentano un appuntamento fondamentale per il mondo della moda e riconfermano a ogni appuntamento stagionale il ruolo fondamentale, creativo e manifatturiero, dell’Italia», scriveva il ceo di Gucci Marco Bizzarri qualche mese fa a Capasa, e non faccia specie l’evidenza che nessuno più di lui, membro del consiglio di Camera Moda e figura di spicco nel sistema mondiale, dovrebbe saperlo. Dirlo era una riconferma e un riconoscimento, e pure una certa, vogliamo dire magnanima, acquiescenza al famoso bene superiore.

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I cantanti in gara a Sanremo 2020 svelati da Amadeus

Per la prima volta Piero Pelù. Ma ci sono anche Bugo (in coppia con Morgan) ed Elettra Lamborghini. Sul palco dell'Ariston torna Francesco Gabbani.

Amadeus, conduttore e direttore artistico di Sanremo 2020, ha annunciato in un’intervista a Repubblica i nomi dei cantanti in gara alla 70esima edizione del Festival. Tanti i rapper e gli artisti provenienti dai talent, ma non mancano le sorprese.

I NOMI DEI 22 BIG IN GARA

I Big sono in tutto ventidue: Marco Masini, Michele Zarrillo, Alberto Urso (il tenore pop vincitore di Amici), Elettra Lamborghini, Achille Lauro, Anastasio (vincitore di X Factor), Bugo e Morgan, Diodato, Elodie, Enrico Nigiotti, Francesco Gabbani. E poi: Irene Grandi, Le Vibrazioni, Levante, Junior Cally, Paolo Jannacci, Piero Pelù (prima volta assoluta) e Giordana Angi (da Amici). Infine Pinguini Tattici Nucleari, Rancore, Raphael Gualazzi e Riki (anche lui da Amici). Tutti gli artisti saranno ospiti il 6 gennaio nella puntata speciale di Rai 1 de I Soliti ignoti dedicata alla Lotteria Italia e annunceranno nel corso della trasmissione i titoli delle loro canzoni.

NON SI CONOSCE ANCORA L’OSPITE INTERNAZIONALE

Per le Nuove Proposte i nomi si sapevano già. Sul palco si sfideranno: Eugenio in Via Di Gioia, Fadi, Fasma, Gabriella Martinelli e Lula, Leo Gassmann, Marco Sentieri, Matteo Faustini, Tecla Insolia. Le due categorie non saranno accorpate, a differenza di quanto accaduto nel 2018. Amadeus ha detto di aver scelto gli artisti tenendo conto «soltanto delle canzoni». Voleva «dei pezzi radiofonici, delle potenziali hit». Tra gli ospiti ci saranno Fiorello, Roberto Benigni, Salmo (la prima serata) e Tiziano Ferro per tutte e cinque le serate. Non si sa ancora quale sarà l’ospite internazionale.

IL NODO DELLE PRESENZE FEMMINILI SCIOLTO IL 3 GENNAIO

Accanto ad Amadeus si alterneranno diverse donne: Antonella Clerici sarebbe felice di partecipare e il conduttore ha confermato di aver contattato la giornalista Rula Jebreal. Ma tutto si deciderà il 3 gennaio: «Vedrò il direttore di rete e solo allora si concretizzeranno le scelte sulle presenze femminili al Festival. Saranno legate alla sola logica dello spettacolo e nient’altro». Sanremo, ha detto ancora Amadeus, «è come un cavallo imbizzarrito, ma io sono figlio di un istruttore di equitazione. Non si dica che ho subito pressioni, non so neanche di quali case discografiche fossero i 22 cantanti che ho scelto».

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Le polemiche per la possibile partecipazione di Rula Jebreal a Sanremo 2020

Bufera dopo l'indiscrezione di Dagospia sulla possibile partecipazione della giornalista palestinese alla kermesse musicale. Bordate da Capezzone a Gervasoni. Dubbi del consigliere Rai Rossi: «Sarebbe divisiva».

Con l’arrivo di Sanremo arrivano anche le immancabili polemiche. L’ultima in ordine di tempo è arrivata dopo un’indiscrezione uscita su Dagospia sulla possibile partecipazione alla kermesse canora della giornalista Rula Jebreal al fianco di Amadeus per condurre una delle serate. Secondo il sito online di Roberto D’Agostino, il conduttore Rai avrebbe incontrato Rula in un albergo milanese proponendole di affiancarlo per una sera sul palco dell’Ariston. E lei avrebbe dato la sua disponibilità. Subito dopo la pubblicazione della notizia, giornali e social dell’area sovranista sono insorti contro la reporter palestinese.

L’ATTACCO DELLA DESTRA SOVRANISTA

In prima linea Daniele Capezzone, cronista de La Verità, che ha attaccato a testa bassa su Twitter: «Mi par di capire che con i soldi del canone #Rai #RulaJebreal potrebbe essere incaricata a #Sanremo di spiegarci quanto le facciamo schifo. Se poi qualcuno si lamenterà sui social, seguiranno accuse di: -razzismo -sessismo – machismo. Pure nel 2020, ci avete già rotto….». Per gli haters, la eventuale presenza di Rula sul palco di Sanremo sarebbe «un insulto a tutti gli italiani». Durissima anche la presa di posizione di Marco Gervasoni docente dell’Università del Molise (noto alle cronache per aver pubblicato tweet offensivi nei confronti della senatrice a vita Liliana Segre) che sempre su Twitter ha commentato: «Mitica la definizione che ne diede in un talk show anni fa Sapelli “gnocca senza testa”. Aspettatevi un Sanremo pro clandestini, pro islam, pro lgbt, pro utero in affitto, pro sardine, pro investitori d’auto (purché con suv)». Nel frattempo sui social qualcuno ha lanciato l’hashtag #BoicottaSanremo.

I DUBBI DEL CONSIGLIERE RAI ROSSI: «RULA SAREBBE DIVISIVA»

Sentito dall’Adnkronos, il consigliere Rai in quota Fratelli d’Italia, Giampaolo Rossi, ha esconfermato i contatti «tra la direzione artistica del Festival di Sanremo e la signora Rula Jebreal», e si è detto «piuttosto stupito». «Sono note le sue posizioni ideologiche radicali, filoislamiste e dichiaratamente antisraeliane così come le fake news raccontate sulla guerra in Siria, ma ignoravo che Rula Jebreal fosse esperta di musica italiana», ha attaccato. «Credo», ha aggiunto, «che il Festival di Sanremo debba essere un momento di unione del nostro Paese e non lasciare spazio, quindi, a sentimenti divisivi e a persone che li alimentano».

LE VOCI IN DIFESA DI RULA

Tra Facebook e Twitter arrivano però anche dei messaggi di sostegno. «Io sono italiano, pago le tasse, e non mi sono mai sentito schifato da Rula Jebreal», ha scritto un utente. «Grazie #Amadeus per aver scelto #RulaJebreal, stai mandando in tilt i cervelli dei razzisti perché è una donna, straniera, che ha detto chiaramente che l’Italia è un paese fascista. Spero faccia qualche discorsetto durante il festival», ha attaccato un altro.

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Il governo britannico pubblica per errore gli indirizzi di alcuni vip

Online gli indirizzi di oltre mille destinatari dei New Year Honours: tra loro politici, star del calibro di Elton John.

Il governo britannico è in imbarazzo dopo la pubblicazione, per errore, degli indirizzi di oltre mille destinatari dei cosiddetti New Year Honours, le tradizionali onorificenze reali: tra loro politici, star del calibro di Elton John, ma anche decine di funzionari della difesa e dell’antiterrorismo, con evidenti implicazioni per la sicurezza. Una svista, ha ammesso l’ufficio del gabinetto che si è scusato per quanto accaduto, assicurando di aver rimediato in breve tempo.

ANCHE OLIVIA NETWON JOHN E BEN STROKES TRA LE VITTIME DELLA ‘SVISTA’

Tra i 1.097 destinatari delle onorificenze del 2020 ci sono anche il giocatore di cricket Ben Stokes, l’attrice Olivia Newton John, l’ex leader del Partito conservatore Iain Duncan Smith, la cuoca televisiva Nadiya Hussain e l’ex capo dell’Ofcom (l’authority per le comunicazioni) Sharon White. Tra gli altri, diversi funzionari di governo, accademici, leader religiosi, sopravvissuti all’Olocausto. Ma anche funzionari della Difesa e alte gerarchie della polizia, quindi personalità considerate sensibili dal punto di vista della sicurezza. C’è chi ha preso questa vicenda con filosofia, come Mete Coban, pioniere delle attività caritatevoli che ha ricevuto un’onorificenza per il suo lavoro con i giovani, che si è detto non troppo preoccupato per l’errore. Al contrario, Big Brother Watch, organizzazione britannica che si occupa di privacy e tutela delle libertà civili, ha definito «estremamente preoccupante che il governo non mantenga una solida stretta sulla protezione dei dati e che le persone che ricevono alcuni dei più alti onori siano messe a rischio per questo». Ed il ministro ombra per l’ufficio del gabinetto, Jon Trickett, ha evidentemente rincarato la dose: «Se il governo non è in grado di proteggere dati sensibili, come possiamo aspettarci che risolva le importanti questioni del nostro Paese?».

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Il governo britannico pubblica per errore gli indirizzi di alcuni vip

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Il governo britannico è in imbarazzo dopo la pubblicazione, per errore, degli indirizzi di oltre mille destinatari dei cosiddetti New Year Honours, le tradizionali onorificenze reali: tra loro politici, star del calibro di Elton John, ma anche decine di funzionari della difesa e dell’antiterrorismo, con evidenti implicazioni per la sicurezza. Una svista, ha ammesso l’ufficio del gabinetto che si è scusato per quanto accaduto, assicurando di aver rimediato in breve tempo.

ANCHE OLIVIA NETWON JOHN E BEN STROKES TRA LE VITTIME DELLA ‘SVISTA’

Tra i 1.097 destinatari delle onorificenze del 2020 ci sono anche il giocatore di cricket Ben Stokes, l’attrice Olivia Newton John, l’ex leader del Partito conservatore Iain Duncan Smith, la cuoca televisiva Nadiya Hussain e l’ex capo dell’Ofcom (l’authority per le comunicazioni) Sharon White. Tra gli altri, diversi funzionari di governo, accademici, leader religiosi, sopravvissuti all’Olocausto. Ma anche funzionari della Difesa e alte gerarchie della polizia, quindi personalità considerate sensibili dal punto di vista della sicurezza. C’è chi ha preso questa vicenda con filosofia, come Mete Coban, pioniere delle attività caritatevoli che ha ricevuto un’onorificenza per il suo lavoro con i giovani, che si è detto non troppo preoccupato per l’errore. Al contrario, Big Brother Watch, organizzazione britannica che si occupa di privacy e tutela delle libertà civili, ha definito «estremamente preoccupante che il governo non mantenga una solida stretta sulla protezione dei dati e che le persone che ricevono alcuni dei più alti onori siano messe a rischio per questo». Ed il ministro ombra per l’ufficio del gabinetto, Jon Trickett, ha evidentemente rincarato la dose: «Se il governo non è in grado di proteggere dati sensibili, come possiamo aspettarci che risolva le importanti questioni del nostro Paese?».

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Madonna ha interrotto il suo tour per un dolore insopportabile

La popstar cancella la tappa di Miami e si scusa coi fan. Preoccupazioni per il suo stato di salute e il rischio di danni permanenti al fisico.

Ancora uno stop per il tour di Madonna. ‘Madame X’ si ferma ancora e ad annunciarlo è proprio la popstar con un video e un lungo messaggio su Instagram. Nel suo post, Madonna parla di un dolore fortissimo che è arrivato a farla piangere durante le prove per lo show a Miami. Per questo è stata fermata dai medici che la seguono, per evitare il rischio di danni permanenti al suo fisico.

CONFERMATO PER ORA IL TOUR EUROPEO

L’ultima parte del tour di Madonna in Nord America si sarebbe dovuta concludere a Miami. Restano per ora confermate, invece, le date in Europa, in programma a partire da gennaio. «Mentre salivo la scala per cantare ‘Batuka’ sabato sera a Miami», ha scritto Madonna su Instagram, «ero in lacrime per il dolore causato dalle mie lesioni che è stato indicibile negli ultimi giorni… Mi considero una guerriera, non mollo mai tuttavia ora è il momento di dare retta al mio corpo e di accettare che il dolore è preoccupante. Voglio dire quanto mi dispiace a tutti i miei fan per essere costretta a cancellare il mio ultimo spettacolo».

CONSIGLIATA DAI MEDICI

A consigliare lo stop alla popstar sono stati i medici: «Hanno detto chiaramente che se voglio continuare il mio tour devo riposarmi il più possibile in modo da non causare danni irreversibili al mio fisico», ha scritto Madonna. «Non ho mai lasciato che una lesione mi impedisse di esibirmi ma questa volta devo accettare che non c’è alcuna vergogna nell’essere umana e di premere il pulsante pausa».

LA RABBIA DEI FAN

Eppure, secondo il tabloid Daily Mail, alcuni fan non l’avrebbero presa bene, arrabbiandosi per la cancellazione dello spettacolo a due ore dal suo inizio. Nel suo ultimo post su Instagram, Madonna appare in posa da modella. «Se proprio devo riposarmi e fare niente almeno posso parlo con stile», ha scherzato Madonna, che già a fine novembre aveva cancellato alcune tappe a Boston. Anche se non ci sono notizie ufficiali sulle cause dei suoi problemi di salute, alcuni media hanno rivelato che si tratta di una lesione al legamento crociato.

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Perché la Disney ha sbagliato (quasi) tutto con Star Wars

Il 18 dicembre è uscito L'ascesa di Skywalker, ultimo capitolo della nuova trilogia. Il film ha riscosso timide critiche e chiuso un cerchio non facile. Dimostrando tutte le lacune della produzione.

Diventare il conglomerato più grosso di Hollywood non è stato sufficiente a maneggiare una delle saghe più delicate della cinematografica contemporanea. Potrebbe essere sintetizzato così il tormentato rapporto tra la Walt Disney Company e il mondo di Star Wars. E l’uscita nelle sale di Star Wars – L’ascesa di Skywalker rappresenta l’epilogo di questa produzione travagliata. Il 18 novembre l’episodio nove della serie partorita dalla mente di George Lucas è sbarcato in sala. E le timide reazioni di critica e pubblico hanno confermato che il cerchio non si è chiuso al meglio. Il problema è che la parabola iniziata nel 2015 con l’uscita del Ritorno della forza ha subito talmente tante correzioni che centrare l’obiettivo era impossibile.

UN FILM TROPPO DENSO PER ESSERE APPREZZATO

Partiamo dal finale, ovviamente senza spoiler. Nelle oltre due ore e 22 minuti J.J. Abrams, che è tornato dietro la macchina da presa e alla sceneggiatura dopo la parentesi di Rian Johnson, è stato costretto agli straordinari. Sì, perché la direzione di Johnson, oltre a scontentare ampiamente i fan più ortodossi, aveva scardinato quasi completamente i piani originali di Abrams delineati due anni prima con l’episodio sette. La sensazione, mano mano che la pellicola scorre, è quella di vedere due film.

SMANTELLATA L’EREDITÀ DI JOHNSON

La prima ora circa è un film a sé. Smonta pezzo per pezzo quanto fatto ne Gli Ultimi Jedi, e riannoda i fili con il capitolo del 2015. Allo stesso tempo il vero episodio nove ha solo un ora e 20 per tirare le conclusioni. Ecco quindi che il montaggio è serrato, pure troppo. I personaggi, e gli spettatori, praticamente non respirano mai. Mancano i momenti per gustarsi i paesaggi e le situazioni, come ha scritto Adi Robertson su The Verge. Si può avere un’idea di questa altalena nei primi minuti forsennati quando il personaggio di Poe Dameron, interpretato da Oscar Isaac, guida il Millennium Falcon in una serie di salti nell’iperspazio che fanno più che altro girare la testa. Il resto del film risponde a molte delle domande che erano rimaste in sospeso. Johnson le aveva semplicemente ignorate, Abrmas, che le aveva poste, salva capra e cavoli cercando risposte coerenti, anche se non sempre ci riesce. Al termine della forsennata corsa dei personaggi resta un buon finale, scontato, ma non troppo, fedele ai fan, ma fino a un certo punto. Il problema è che in questa fetta restano indietro diversi dettagli che avrebbero meritato più respirto e che forse potrebbero trovare posto in spin-off dedicati.

Adam Driver nei panni di Kylo Ren in una scena di Star Wars – L’ascesa di Skywalker

GLI EFFETTI DELLE “INNOVAZIONI” DI JOHNSON SULLA SAGA

La sensazione è che Abrams abbia voluto sconfessare quanto fatto dal predecessore. E questo è uno dei limiti di questa nuova trilogia. Ci sono film simili, il primo e il terzo, e il secondo che si erge come barriera tra i due. Le “colpe” di Johnson sono evidenti. Ha deluso i fan soprattutto per non aver rispettato i personaggi, distorcendo quelle che erano le loro caratteristiche e questo ha complicato tutta la storyline principale. Quello che ha fatto il regista di Silver Spring non è stato però tutto da buttare. Gli Ultimi Jedi ha introdotto e allargato l’universo Jedi innovando, a modo suo, anche in maniera curiosa. E infatti quegli spunti sono rimasti anche nell’ultimo capitolo. La dicotomia tra Rian e Abrams non è però il frutto di due modi diversi in intendere la saga, ma dei pesanti limiti della produzione Disney.

I LIMITI DELLA PRODUZIONE DISNEY

Visti tutti e tre insieme, i film della trilogia targata Disney sembrano slegati, sfilacciati. Sono capitoli consecutivi di una stessa storia che però procedono per contro proprio e questo non può essere responsabilità di questo o quel regista, ma delle scelte dei vertici che non hanno saputo disegnare un progetto coerente. La carenza più grave risiede nel fatto che è stato portato avanti un lavoro senza aver bene in mente dove arrivare. Quando negli Anni 80 Lucas si occupò degli episodi cinque e sei, lasciò sceneggiatura e regia ad altri per preoccuparsi della produzione. E infatti uscirono i migliori film dell’intera saga. Lucas aveva delineato i soggetti costruendo una storyline coerente che poi altri avevano arricchito. Così non ha fatto la Disney. Quando nel 2012 la major di Burbank completò l’acquisizione della Lucasfilm, Lucas lasciò in eredità un plot che indicava la possibile eredità dei personaggi, in particolare la famiglia Skywalker, ma in casa Disney venne ignorato tutto.

Daisy Ridley interpreta Rey in una scena di Star Wars – L’ascesa di Skywalker.

PERCHÈ A STAR WARS SAREBBE SERVITO UNO SHOWRUNNER

Kathleen Kennedy, storica produttrice dei film di Steven Spielberg, nel 2012 venne messa a capo della Lucasfilm e da allora si è occupata di creare, ammodernare ed espandere l’universo di Star Wars. Il problema è che ciò è stato portato avanti senza progettualità. Soprattutto nel gestire la trilogia è mancata una figura centrale di coordinamento. Una specie di “showrunner” che, come nelle serie tivù, si occupasse della coerenza interna. Qualcuno che tenesse a bada l’estro di Johnson e rendesse i tre film più amalgamati. Kennedy, intervistata da Rolling Stone in occasione dell’uscita de L’ascesa di Skywalker, ha spiegato che ogni film della trilogia «è difficile da completare. Non c’è materiale su cui basarsi. Non abbiamo i fumetti. Non abbiamo romanzi da 800 pagine. Non abbiamo altro che narratori pieni di passione che si riuniscono e parlano di quale potrebbe essere la prossima avventura». Un problema sicuramente reale, ma forse si poteva fare meglio e paradossalmente la Disney aveva la soluzione in casa.

COSA POTEVA FARE DISNEY PER GESTIRE LA SAGA

In anni recenti, dove il pubblico nutrito a base di Netflix si è abituato alla serialità, è paradossalmente diventato difficile costruire saghe cinematografiche. Ne sa qualcosa ad esempio la Warner Bros che ha cercato di creare un’universo intorno ai personaggi dei fumetti DC mancando il bersaglio, pur mettendo insieme degli stand-alone, come Wonder Woman e Aquaman, che hanno sbancato i botteghini. Il punto però è che Disney aveva in casa il know-how necessario per provare a fare qualcosa di meglio, e questo già dal 2009 quando ha acquisito la Marvel. In particolare la soluzione aveva un nome cognome: Kevin Feige. O meglio il suo metodo.

Il presidente dei Marvel Studios Kevin Feige.

UN “METODO FREIGE” PER SALVARE LA COERENZA DELLA SAGA

Proprio quest’anno con Endgame si è chiuso l’ampio ciclo del Marvel Cinematic Universe, unico, e per ora solo, esperimento riuscito di universo cinematografico. I giganteschi fumettoni Marvel, pur con tutti i limiti che queste produzioni portano con sé, avevano il merito di avere una visione, una linea abbastanza coerente. Vien da chiedersi se un po’ di questa esperienza non sarebbe servita alla Lucasfilm. Forse il “metodo Feige” resta più adatto per lo sviluppo dei fumetti, ma probabilmente avrebbe aiutato a sviluppare una saga in modo più equilibrato.

Ma in casa Disney non è tutto da buttare. Il 12 novembre 2019, con il lancio della propria piattaforma di streaming, Disney+, è stata resa disponibile The Mandalorian, serie ambientata tra il capitolo sei e sette e che vede tra i protagonisti un cacciatore di taglie e una nuova-vecchia creatura che ha fatto impazzire i social: Baby Yoda. Un prodotto che ha subito riscosso il plauso dei fan. Una serie costata moltissimo, quasi 100 milioni di dollari e ideata da Jon Favreau, lo stesso Favreau che ha prodotto e diretto i primi due Iron Man, un caso? Forse no.

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Chi sono i cantanti di Sanremo giovani 2020

Da Leo Gasmann agli Eugenio in via di Gioia: i protagonisti che si sono aggiudicati il palco dell'Ariston. Che vedrà anche Tiziano Ferro presente tutte le sere.

I magnifici otto sono stati scelti. Il 19 dicembre i nomi dei partecipanti a Sanremo giovani 2020 sono stati finalmente svelati e così il prossimo festival targato Amadeus inizia a prendere forma. In attesa di conoscere i nomi dei Big e gli ospiti delle cinque serate in programma dal 4 all’8 febbraio – il conduttore ha già spiegato che Tiziano Ferro sarà presente tutte le sere, le porte dell’Ariston si sono spalancate agli otto cantanti che parteciperanno tra i Giovani.

DA LEO GASMANN A TECLA VINCITRICE DI SANREMO YOUNG

Leo Gassmann (con Va bene così), Fadi (Due noi), Marco Sentieri (Billy Blu), Fasma (Per sentirmi vivo), Eugenio in via di Gioia (Tsunami) sono i cinque protagonisti, in diretta tv su Rai1, si sono sfidati a colpi di duelli e musica per conquistare un posto in prima fila all’Ariston. A loro si aggiungono, da Area Sanremo, Gabriella Martinelli e Lula (Il gigante d’acciaio, dedicata a Taranto e alle vicende dell’ex Ilva) e Matteo Faustini (Nel bene e nel male). Approda di diritto all’Ariston anche la giovanissima Tecla Insolia, vincitrice di Sanremo Young.

TEMI SOCIALI E MALESSERE GENERAZIONALE

Temi sociali e malessere generazionale corrono tra i brani, gli stessi che arriveranno a febbraio. Sfide secche, dentro o fuori. Per quella che qualcuno considera l’occasione della vita, qualcuno un passaggio obbligato verso il successo. Sono emozionati i ragazzi (e si vede, dalle mani che si contorcono, dagli sguardi persi, dalle gambe che non stanno ferme), anche se molti di loro hanno già alle spalle talent e gavetta. Come Thomas che arriva da Amici, ma deve cedere il passo a Leo Gassmann, da X Factor, figlio di Alessandro – che via Twitter fa il tifo: be brave and rock on! – e nipote di Vittorio (e più di uno gli ricorda che porta un cognome “ingombrante”, mentre la rete ipotizza raccomandazioni, ma lui ribatte che «è la musica a vincere»). Gli Eugenio in via di Gioia portano una ventata di allegria e lasciano fuori il bravo Avincola (con un brano sui rider). Eliminati anche Shari e i Reclame.

I CINQUE GIUDICI SENIOR

A decidere i più meritevoli sono televoto, Commissione musicale del festival, giuria demoscopica e giuria televisiva, ovvero i cinque senatori del festival Pippo Baudo, Antonella Clerici, Carlo Conti, Gigi D’Alessio e Piero Chiambretti, alla quale spettava l’ultima parola in caso di parità. E non è mancata qualche stoccata via social, come quella di Enzo Mazza, ceo della FIMI, che in un tweet ha polemicamente sottolineato le differenze d’età tra giudicanti e giudicati. «Date di nascita super giuria #sanremogiovani: 1936, 1956, 1961, 1962, 1967. Artisti in gara secondo regolamento: non aver superato i 36 anni. Ovvero non essere nati dopo 1983. Età media utilizzatori di Spotify: 25 anni, ovvero nati nel 1994». I giudici, tutti veterani del festival, non raccolgono la provocazione, arrivata già nei giorni della loro ufficializzazione. Appuntamento, dunque, al 4 febbraio (e prima anche a Potenza con il Capodanno di Rai1, sempre condotto da Amadeus) con in testa già le canzoni

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Chi è Sofia Tornambene, la vincitrice di X Factor 2019

La cantante, della squadra under di Sfera Ebbasta ha avuto la meglio sui tre finalisti Davide Rossi, La Sierra e i Booda.

La tredicesima edizione di X Factor ha il suo vincitore. Dopo un’accesa sfida, dove non sono mancati come da tradizione i colpi di scena, a spuntarla è stata Sofia Tornambene. Fuori dai giochi quindi Davide Rossi, La Sierra e i Booda che completavano il quartetto arrivato alla finale del talent show musicale in onda su Sky Uno.

CHI È SOFIA TORNAMBENE

GLI ELIMINATI DELLA FINALE DI X FACTOR

Il quarto classificato della finale di X Factor è stato Davide Rossi. Il cantante era nella squadra di Malika Ayane, che è rimasta così senza concorrenti come Mara Maionchi, ed è stato anche il primo ad abbandonare la competizione. Terzi classificati i La Sierra di Samuel che aveva a disposizione per la finalissima a due contro Sofia anche i Booda. Proprio questi ultimi si sono posizionati sul secondo gradino del podio lasciando il primo posto a Sofia Tornambene.

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Le cose da sapere sulla finale di X Factor 2019

Dai concorrenti rimasti in gara a quelli esclusi, passando per gli ospiti e i contenuti extra. Ecco tutte le curiosità sull'ultima puntata del talent di Sky.

È giunto il momento. Giovedì 12 dicembre, in prima serata su Sky Uno, gli appassionati di X Factor 2019 conosceranno il vincitore del talent musicale. Tutto pronto quindi al Mediolanum Forum di Assago per la sfida finale dei quattro concorrenti rimasti.

A CHE ORA INIZIA LA FINALE DI X FACTOR 2019

Televisori sintonizzati quindi su Sky Uno già dalle ore 20.25. Prima della finale, infatti, è prevista una speciale edizione dell’Ante Factor condotta da Pilar Fogliati Achille Lauro. Una puntata in stile amarcord dove è possibile rivedere i protagonisti dell’Extra Factor e le loro performance tra l’esilarante e il grottesco. Il pre-show ha in scaletta anche diversi ospiti di punta. Tra i più attesi i tre giudici di MasterChef Italia Antonino Cannavacciuolo, Bruno Barbieri e Giorgio Locatelli. Ma anche il giudice di Italia’s Got Talent Frank Matano e la conduttrice Lodovica Comello. Ma c’è spazio anche per I delitti del Barlume con Lucia Mascino, Enrica Guidi e Michele Di Mauro. Alle 21.15 è invece prevista la finale vera e propria con Alessandro Cattelan nel ruolo di conduttore e traghettatore della lunga serata Sky.

CHI SONO I FINALISTI DI X FACTOR

Dicevamo dei finalisti. Quattro in tutto, due dei quali sono stati portati avanti da Samuel. Il frontman dei Subsonica è riuscito ad avere la meglio sugli altri giudici vincendo la sua personalissima scommessa con i La Sierra e i Booda. Al contrario Malika Ayane punta tutto su Davide Rossi, mentre Sfera Ebbasta è ancora in gara grazie a Sofia Tornambene. Fuori dai giochi invece Mara Maionchi che quest’anno non è riuscita a portare in finale nessuno dei suoi artisti. Potrebbe quindi essere lei l’ago della bilancia per la finalissima al Forum di Assago.

CHI SONO GLI OSPITI DELLA FINALE

La 13esima edizione di X Factor ha in serbo anche ospiti eccezionali. Su tutti Robbie Williams chiamato a calcare il palco insieme ai concorrenti cantando Time for change e Let it snow. Oltre alla star britannica anche Ultimo, l’atteso ospite italiano della finalissima. Per lui è previsto un medley delle sue canzoni più belle. The last but not the least, direbbero gli inglesi, è la stella nascente Lous and the Yakuza. La giovanissima artista belga autrice del singolo Dilemme è l’ultima degli artisti famosi chiamati a esibirsi sul palco del talent di Sky Uno.

GLI ESCLUSI ILLUSTRI

Tra i papabili vincitori dell’edizione 2019 di X Factor c’era Eugenio Campagna. Era lui l’ultimo over della squadra di Mara Maionchi che si è ritrovata così senza concorrenti in finale. Anche Lorenzo Rinaldi era stato indicato dai giudici come uno dei possibili finalisti. Il cammino del concorrente finito nella squadra under di Malika Ayane si è però interrotto un paio di puntate prima. Un altro lutto per i fan sono state le eliminazioni di Giordana e Mariam tra le più apprezzate della 13esima edizione del talent.

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